• Storie in XR: Artematiko

    Le storie in XR e social VR proseguono con un artista, Settimo Marrone, aka Artematiko, che ho conosciuto agli incontri di Pyramid Cafè in AltspaceVR. Vi ho già parlato del founder, Francesco Spadafina e degli eventi MagicFlute Show. Un giorno Francesco mi contatta in chat, dicendo di essere stato invitato da Artematiko come speaker a un evento della Cappella Orsini di Roma e di volermi coinvolgere. Spesso si pensa che i mondi di social VR siano legati solo al gaming, a mondi effimeri e poco concreti. In realtà posso dimostrarvi che mettono in contatto artisti, professionisti, sviluppatori, ecc., creando connessioni e legami reali e di grande interesse.

    Telefonate, chat e due speech in modalità phygital si sono susseguiti. In quei giorni alla Cappella Orsini di Roma si svolgeva una doppia mostra – virtuale e reale- con la partecipazione delle opere in realtà aumentata di Artematiko dal titolo: ‘Dalle Maschere Rituali a quelle Virtuali‘. 

    Il 10 febbraio abbiamo tenuto in forma ibrida il primo speech dal titolo ‘Comunicazione virtuale e stili di vita‘. Ecco una schermata dell’evento a cui ho avuto il piacere di partecipare.

    Evento alla Cappella Orsini dal titolo ‘Comunicazione virtuale e stili di vita’

    La collaborazione nel mondo reale è continuata con un secondo speech, sempre alla Cappella Orsini, dal titoloCosa c’è oltre Zoom. Modalità efficaci per la comunicazione online‘. Colgo quest’occasione per ringraziare Artematiko e il dr. Roberto Lucifero, antropologo e direttore artistico della Cappella Orsini.

    Dopo questa premessa, nella quale vi ho narrato com’è entrato nella mia vita professionale Settimo, veniamo alla storia che desidero condividere con voi.

    Chi è Settimo Marrone aka ARTEMATIKO

    Settimo ama presentarsi nella sua biografia come: un artigiano dello spettacolo, che produce spettacolari contenuti visuali, video e audio.Potrei definirlo uno sperimentatore o se preferite, facendo riferimento agli archetipi junghiani, un ‘esploratore’.

    La storia di Artematiko

    Scopriamo insieme com’è nata la passione di Artematiko per la realtà aumentata e perché ha scelto questo nickname. Una storia che risale al lontano 2009, ma non vi anticipo nulla di più, perché vi lascio all’intervista. Troverete spunti davvero interessanti, perché dietro gli avatar e le opere in extended reality (XR) si celano artisti e professionisti di grande spessore.

    L’intervista

    Artematiko raccontaci quando ti sei avvicinato per la prima volta alla realtà aumentata.

    Grazie per quest’occasione di raccontare un tipo di arte così effimera eppure così pervasiva ed emozionante.
    Ho cominciato ad approcciarmi alla Realtà Aumentata intorno al 2009. In quel periodo di traslochi continui, accedere a internet era problematico. Usavo il cellulare con i 3 Giga mensili o meglio una pennetta wifi collegata ad un cavo usb di un paio di metri, per posizionarla dove potessi captare i rari segnali wifi liberi intorno a me. A volte ho anche costruito piccole parabole in cartone e fogli di alluminio, per poter meglio ricevere i segnali.

    Il bisogno aguzza l’ingegno.

    La rete mi offriva letteratura varia sulla realtà virtuale e comprenderla per impiegarla in ambito artistico e poetico era prioritario. Dopo la tesi di qualche anno prima, sul piccolo museo degli automi, realizzata con la tecnologia vrml (Virtual Reality Modeling Language) volevo saperne di più. Nella tesi ho sostenuto che con la vrml chiunque potesse costruire il proprio spazio tridimensionale online, il proprio personaggio e socializzare con altri.

    Qualche tempo dopo, in effetti, nel 2003 in America viene lanciato il primo social network sviluppato in un mondo tridimensionale online, Second Life, e sappiamo il successo di questa piattaforma che divenne un fenomeno pop.

    Nelle mie ricerche mi imbattevo in articoli piuttosto generici, che descrivevano come alcune aziende o sfruttassero le animazioni tridimensionali “appiccicandole” su dei marcatori bidimensionali (ARtags) in bianco e nero e sfruttandole per dimostrazioni pubblicitarie.
    Quella che mi colpì di più fu un’animazione della General Electric Company (GE). Bastava andare sul loro sito, inquadrare con la webcam un particolar marcatore nero su un foglio bianco (non avendo la stampante ho dovuto disegnarlo a mano su un A4), e dal disegno usciva letteralmente fuori una mini centrale elettrica solare o eolica, come un popup.
    Questa cosa la trovai magica e divertente e, visto che questa è sempre stata la linea dei miei progetti e delle mie ricerche, mi conquistò totalmente.

    animazione della General Electric Company
    animazione della GE

    Con il tempo ho fruito di applicazioni sempre più complesse, giochi come quelle prodotti per la psp della Sony: Eyepet era sicuramente la più divertente perché era possibile interagire nell’ambiente reale, con un cucciolo simile ad una piccola scimmia da accudire.

    gioco della Sony: Eyepet
    gioco della Sony: Eyepet

    Ho entrambi i dischi di Invizimals, un altro gioco per psp in cui bisogna scovare e addomesticare creature particolari, ma dopo la fase di ricerca, mi sono stufato presto: non ho mai amato addomesticare e far combattere fra di loro qualunque tipo di creatura. Sì anche quelle virtuali.

    Invizimals, gioco per psp

    Nel 2012 la Nokia diede uno scossone nel campo delle applicazioni in Realtà Aumentata utilizzando il gps del cellulare per riconoscere l’ambiente reale. Quando usci l’app chiamata semplicemente City Lens, ne fui strabiliato. Con il Lumia 920, puntando la fotocamera intorno a me, potevo riconoscere i punti d’interesse, con recensioni, distanza, altezza del piano ecc. Quindi, ristoranti, negozi, musei e quant’altro.

    City Lens- Nokia

    Solo grazie alla compagnia Autonomy della HP, sono riuscito a fare i miei primi esperimenti come creatore di contenuti in AR. La compagnia aveva creato un App nel 2011 per device mobili chiamata Aurasma (In seguito chiamata Hp Reveal), e uno studio raggiungibile da browser del computer Aurasma Studio appunto, per applicare video, immagini o animazioni ad una qualunque immagine (visual trigger) da visualizzare poi con l’app di cui sopra. Ho cominciato ad usarla seriamente solo nel 2019, insieme ad altre piattaforme per creare contenuti in AR. Purtroppo il progetto HP Reveal ha chiuso i battenti nel 2020, anche se usato come strumento educativo in alcune scuole italiane.

    Sempre nel 2019 mi sono orientato su altre due piattaforme per creare contenuti in AR, Arize e Artivive, preferendo quest’ultima con la quale collaboro ormai ancora oggi.

    Artivive è particolarmente orientata ad artisti, illustratori, eventi museali e per poter fruire del servizio di creazione di contenuti, durante l’iscrizione, bisogna presentare un portfolio con le proprie opere. Una volta iscritti, l’azienda offre la possibilità di creare tre progetti gratuiti e poi di acquistare altri. Non ricordo il costo di ogni “progetto” perché collaborai con loro per la creazione di un video tutorial in italiano e l’azienda mi offri la possibilità di realizzare ben quindici progetti.
    Ovviamente l’app per smartphone e tablet è scaricabile gratuitamente: serve solo a riconoscere le illustrazioni (i visual triggers) su cui sono applicate animazioni in AR.

    Che cosa significa per te ‘aumentare la realtà’?

    Prendo spunto dal significato ufficiale di AR, una tecnologia con la quale è possibile rappresentare una realtà alterata e non percepibile grazie ai nostri sensi, ma solo grazie a device elettronici come speciali visori. Nel mio caso basta uno smartphone o un tablet.

    Personalmente l’uso che ne faccio è quello di creare un’anima di un’opera che racconti una storia silenziosa, nascosta, che non è percepibile con i sensi, ma per scoprirla è necessario un medium, uno strumento elettronico.

    La ricerca artistica che porto avanti da tanti anni è sempre poggiata su quattro pilastri, il gioco, la poesia, l’arte e la tecnologia. Poter creare dei dipinti che, grazie alla Realtà Aumentata, riescano a mostrare la propria anima musicale in movimento, è un processo che mi ha entusiasmato e commosso.

    Volevi diventare un artista fin da bambino? In che misura ti ha influenzato la famiglia o un mentore, se ne hai avuto uno?

    Mi considero più un artigiano e da bambino dicevo di voler diventare scienziato. Da quanto ricordo, la creatività e la curiosità mi hanno sempre contraddistinto. Mi è sempre stata riconosciuta una forte propensione alla pratica dell’arte sia dai miei che da chi mi è stato intorno, con i pro e i contro.

    Ero comunque quello strano del paese. L’artista bravo, ma che comunque progettava cose inutili. Inutili come l’arte, la poesia, la letteratura, il cinema,il teatro, la musica. Insomma quelle cose inutili che poi diventano necessarie e assolute durante una pandemia mondiale o per sostenere una nazione come l’Italia che siccome “non è che la gente la cultura se la mangia” (cit.), trascura tutto il suo patrimonio artistico e culturale, riconosciuto inestimabile, ricercato e conteso da tutto il mondo (ancora per poco se continua così – vedi la trascurata Roma).

    Imparare tecniche, imparare a progettare e a esprimermi è stato un processo che non è mai finito. Non sono più bravo di altri. Ho solo una visione differente e cerco di esprimerla attraverso gli strumenti artistici che scopro o che ho adattato alla pratica dell’arte. Volta per volta acquisisco esperienze professionali in ambiti tra i più disparati, dall’artigianato al mondo del web, dalla pittura all’illustrazione digitale, dal video making alla costruzione di manufatti.

    Non ho avuto mentori che mi abbiano seguito, ma sono certo di aver avuto stima e provato entusiasmo per tantissime figure artistiche viventi o meno. Con il tempo le figure di riferimento si sono moltiplicate e gli ambiti in cui tento di esprimermi sono tanti e spesso si compenetrano: arte, musica, gioco, poesia.

    Per esempio: essendo anche scenografo ed affascinato dal virtuale, mi sarebbe sempre piaciuto collaborare alle scenografie di un video game d’avventura. Forse anche per questo nel 2000 circa ho progettato il piccolo museo virtuale d’automi e co.

    Ingresso museo degli automi
    Ingresso museo degli automi

    Probabilmente sarò un artista e anche se ci vuole molto coraggio riuscire a condividere arte con la collettività in un posto come l’Italia, non potrei fare altrimenti.

    Qual è stata la tua prima opera in realtà aumentata?

    A marzo del 2019 fui invitato a partecipare ad una collettiva, da Roberto Lucifero il direttore artistico della Cappella Orsini, una galleria d’arte di Roma. La mostra avrebbe avuto come tema Roma e i suoi Inganni a Dicembre dello stesso anno. Così ho cominciato ad elaborare il mio piano per ingannare il pubblico.

    Fu un lavoro molto intenso e ci misi tantissimo ad elaborare un idea che mi soddisfacesse. Ricordo che ad Agosto stavo ancora progettando quella che poi avrei chiamato La Cupola.

    La cupola- opera in AR
    La cupola – opera in realtà aumentata

    L’idea è stata quella di creare una sintesi illustrata della cupola di San Pietro a Roma e animarla a tempo di musica, come un meccanismo ad orologeria.

    In effetti finora, nelle opere che ho progettato, la musica fa da regia. Suggerisce e determina la maggior parte delle cose che vengono raccontate dalle Anime delle opere e mantengono il ritmo della storia.

    Una volta terminata l’illustrazione con Illustrator e Photoshop, è stata scomposta in singoli elementi e poi animati in un Vegas pro, un editor audio video. Con la cupola, scelsi anche di farne una versione a bassorilevo e trovai un artigiano che a settembre, riuscì a tagliarmi tutti pezzi con il laser, ma ho dovuto ridisegnarli per poterli poi adattare. Il risultato fu incredibilmente d’effetto. Unico problema è che il tipo di tecnologia che usa Artivive è basato sul riconoscimento di immagini complesse. Il bassorilievo crea ombre differenti a seconda dell’ambiente e proprio queste ultime vengono riconosciute come parte integrante dell’immagine. Ecco perché tutte le volte che riposiziono questa versione dell’opera devo “rimarcarla”.

    Com’è nata l’idea dell’opera ‘Sampietrini’?

    Le opere che progettato finora sono tutte degli elogi della bellezza e della meraviglia, suggeriti per la maggior parte da luoghi di Roma che mi hanno colpito ed emozionato. Tra questi posti, ci sono anche i sampietrini che creano texture incredibili.
    Fino a prima di Sampietrini, le anime musicali si sono sviluppate sempre in parallelo ai dipinti. Volevo quindi che una di loro avesse una forte connotazione verticale, spirituale, effimera come l’attimo in cui si assiste a qualcosa di bello. Quindi un illustrazione da esporre in orizzontale, magari al livello del terreno.

    Nell’opera vediamo alcuni sampietrini bagnati da luci gialle e blu e in un interstizio, un piccolo punto rosso: un seme.

    Ora ti racconto.

    Contavo di terminare le opere per marzo 2020, quando le avrei esposto per la prima volta. Ormai avevo velocizzato i processi di realizzazione, ma dopo il blocco di febbraio ho compreso che questa cosa non sarebbe successa.

    Mi sono quindi messo a curare i dettagli di ogni opera e in particolare a curare l’intera realizzazione di Sampetrini che però è durata circa 4 mesi. Questo perché l’intero processo di crescita dello stelo della pianta è disegnato fotogramma per fotogramma, è un cartone animato. Solo per realizzare la pioggia che cade a tempo di musica, ci ho impiegato un mese.

    Durante la realizzazione di quest’opera è diventato palese che Sampietrini sarebbe diventato il manifesto dei miei processi artistici: il seme cresce e si sviluppa in un ambiente particolarmente difficile e non dà importanza a quello che succederà, il suo unico scopo è diventare fiore, condividere energia e bellezza fino al momento di sparire nel nulla.

    È l’idea che sta alla base in particolare di questa operazione in AR. Belle ed effimere, basterebbe un piccolo problema elettrico per far sparire per sempre le anime di queste illustrazioni.

    Il pubblico è stato fin ora eterogeneo, ma ha dimostrato di comprendere benissimo l’intera operazione, l’idea che c’è alla base di Sampietrini, delle mostre. Si è divertito ed emozionato.

    Il brano che fa parte dell’opera è di Charlie May, un dj produttore che stimo tantissimo a cui ho mostrato la mia prima opera. Mesi prima lo avevo contattato chiedendogli il permesso di usare due suoi pezzi, ma senza sapere bene come li avrei usati. Il secondo fa parte dell’opera che omaggia il teatro.

    Ho letto che per la realizzazione delle tue opere hai sempre una fase di studio e progettazione molto lunga. Ci spieghi il motivo?

    È vero! Sono di quelli che pensa che imparare richieda tempo ed esercizio, come imparare ad amare.

    Quello che comunemente si pensa su chi pratica arte, è che abbia il talento innato, una sorta di magia con la quale basta pensare una cosa e automaticamente si avvera. La realtà è che per ottenere un risultato il più possibile vicino al tuo pensiero, c’è bisogno di tanto studio, documentazione, esercizio, lavoro.

    Ho sempre ritenuto che chiunque possa imparare a disegnare e lo dimostra il fatto che esistono persone molto più brave e accurate di me nel disegno, ma che usano un piede o la bocca. Possiamo raccontarci la favola del talento anche per loro, ma la verità che ogni qualità e azione umana va esercitata e studiata costantemente. Alcune persone hanno delle agevolazioni fisiche e/o intellettuali rispetto ad altri, ma tutto qui.

    Se, come nel mio caso, le mie ricerche sono autofinanziate, il tempo cresce, perché per sostenere quello che dovrebbe essere il mio lavoro, devo fare altri lavori.

    Chi sceglie di fare ricerca scientifica in Italia, sa che avrà pochissimi sostegni. Non parliamo di chi come me voglia fare ricerca artistica e condividerne i risultati.

    Prima di presentare qualcosa che per me abbia valore, che possa chiamare opera d’arte, devo essere sicuro che per primo io sia meravigliato di ciò che ho prodotto. Esercitare la meraviglia, su di sé e sugli altri, per quanto mi riguarda, necessita di approfondimenti su tecniche e modalità espressive.

    Comprendere come utilizzare uno strumento e come utilizzarlo ai fini di emozionare e meravigliare, necessita di tempo, ed essendo uno spirito eclettico, spesso gli strumenti non sono convenzionali.

    Devi sapere che ho cominciato ad esporre tardissimo, la mia prima mostra è avvenuta alla fine del 2018 e ho esposto per la prima volta un’opera che avevo iniziato circa vent’anni prima. Era un lavoro su diapositive sviluppate, ma non impressionate, quindi nere. Tramite processi di micro incisioni con un sottile ago e colorazioni ottenute, esponendo le pellicole a piccole quantità di acidi, ho realizzato delle micro illustrazioni.
    I mini quadri di luce esposti sono più di 50, ma realizzati effettivamente sono molto di più. Mi piacerebbe mostrarteli dal vivo, purtroppo in foto non rendono.

    Solo pochissime persone avevano visto i risultati meravigliosi, ma solo nel 2018 dopo varie prove negli anni, sono riuscito a realizzare come esporle. Sono retro illuminate e osservabili grazie ad una lente posta sul davanti che ne esalta colori e crea un effetto tridimensionale. Queste opere sono poi state esposte sia al primo Bright Festival di Firenze che al Macro di Roma con il nome M.A.E.

    Quali sono i criteri per cui scegli le opere da ‘aumentare’?

    Per ora l’idea è stata quella di creare opere che fossero degli omaggi. Per esempio alla bellezza, al teatro, alla musica, alla danza, partendo da illustrazioni di luoghi romani, ma non ho idea se continuerò con questa linea. Magari progetterò delle opere completamente slegate da luoghi o tributi. Credo che continuerò comunque a voler raccontare mini storie silenziose.

    Descriviti con 3 parole chiave

    Ne basta una: Artematiko, è il nome che mi sono scelto che unisce Arte e Matematica (quindi tecnica e tecnologia).

    Perché, a tuo parere, la AR esalta l’arte e come si potrebbe fare cultura?

    Augmented Reality potrebbe esaltare l’arte, animando, per esempio, dipinti di altri o Murales preesistenti.

    Io non la uso così. La considero uno strumento e in quanto tale può essere impiegato per creare opere completamente nuove, tridimensionali e fruibili come percorsi meravigliosi, grazie all’uso del gps. La realtà aumentata è paragonabile ad un pennello, ai colori: il risultato sta nelle mani di chi la usa e delle sue competenze.

    Ti faccio un esempio che mi sarebbe piaciuto realizzare. Non vinco mai concorsi, ma per uno di questi mi è stato chiesto di progettare un’opera da posizionare in un ambiente urbano. Rimovibile e poco impattante per un borgo medievale vicino Roma. Quale modo migliore di sfruttare la Realtà Aumentata?

    L’idea che ho proposto è stata una vera e propria installazione scenografica con cambi scena, animazioni, suoni e musica. Chiunque avrebbe potuto visualizzarla, senza alcuna difficoltà, scaricando un’app gratuita semplicissima da usare: si scarica e si inquadra. Nessun materiale fisico avrebbe sfiorato i muri del borgo. Una scenografia animata visibile solo tramite telefono o tablet.

    Un arco cieco in pietra e muratura si sarebbe trasformato in un vero e proprio portale, attraverso cui il tempo e lo spazio avrebbero danzato a tempo di musica, offrendo al pubblico la visione di un paesaggio fantastico e suggestivo. Magari raccontando senza parole eventi avvenuti in quel luogo.

    Come ho detto, la Realtà Aumentata è uno strumento molto potente, che può esaltare la cultura di un borgo medievale, raccontarla, renderla immersiva e comprensibile, meravigliosa.

    Ora immagina di essere in un parco di una città. Passeggi su quel sentiero che ti piace tanto e in cui vedi correre puntualmente alcuni runner che vogliono tenersi in forma. Accendi il telefono, avvii un’app e inquadri il paesaggio intorno. Magari indossi anche le tue cuffie preferite.

    Sullo schermo del telefono di colpo ti ritrovi a camminare tra i corridoi fantastici di un luogo meraviglioso, ricco suoni incredibili, di animazioni tridimensionali e opere d’arte. Corridoi in cui il parco viene raccontato, la città ti viene illustrata, artisti stanno esponendo le loro opere o band musicali virtuali si stanno esibendo per farti ascoltare il loro ultimo brano.

    Tutto questo grazie alla realtà aumentata che sfrutta il gps del telefono.

    Quali sono i tuoi progetti futuri?

    Prendendo spunto dall’idea del borgo medievale, sto pensando di usare le facciate dei palazzi per creare Street Arte in AR, senza dipingere nulla sulle facciate, ma usando le peculiarità dei palazzi per creare opere in Realtà Aumentata.

    Ovviamente è un’operazione che richiede come al solito, tempo, documentazione, test, lavoro. Quindi non ho idea di quando potrò mai realizzare la prima.

    Sai che mi occupo anche di ambiti che non riguardano il virtuale. Alcuni progetti riguardano la produzione audio immersiva, in particolare di podcast. La produzione audio la trovo incredibilmente affascinante e poter lavorare sui suoni per produrre scenografie sonore lo trovo esaltante quanto costruire scenografie teatrali.

    In ogni caso sui vari social di Artematiko pubblico aggiornamenti e scoperte.

    Chi desidera sostenere il mio lavoro e miei progetti può farlo attraverso la pagina Tipeee di Artematiko.

    Grazie Simo, un abbraccio e spero di vederti presto.

  • Esperienze aumentate a Londra

    S e mi seguite sui social sapete che sono appassionata di esperienze immersive che coniugano narrazione e tecnologia. Cerco di sperimentare anche durante il tempo libero in occasione, ad esempio, di visite ai musei o di eventi per capire, valutare e consigliare i miei clienti.

    Quest’estate ho trascorso alcuni giorni di vacanza a Londra e ho pianificato una visita al Tate Britain Museum. Avevo letto un articolo in cui si annunciava l’accordo tra Facebook e il Tate per rendere più coinvolgente la visita con l’Instagram camera’s AR effect.

    Ho scaricato sullo smartphone l’app del Tate disponibile su Instagram e ho iniziato una ‘caccia al tesoro’ tra le sale permanenti.

    Solo otto opere sono state ‘aumentate’ grazie all’AR e vicino al quadro era posizionato un cartello che invitata il visitatore a scaricare l’app e a vivere l’esperienza.

    Devo dire che non era semplicissimo identificare le opere, in quanto il cartoncino non era ben visibile e l’esperienza in AR non era ben spiegata. Una volta individuati i quadri mi sono posizionata con lo smartphone e ho suscitato la curiosità di altri visitatori che non avevano colto l’opportunità.

    Un’iniziativa interessante, ma che avrebbe potuto essere gestita in modo più coinvolgente e soddisfacente per il fruitore. L’app non si caricava molto velocemente e a volte si perdeva il collegamento. Trattandosi di una prima esperienza frutto dell’accordo recentissimo tra Tate e Facebook , sarà sicuramente migliorata ed ampliata.

    Non ci resta che attendere nuove esperienze aumentate!

    Ecco i quadri che è possibile vedere in realtà aumentata:

    • Fishing upon the Blythe-Sand, Tide Setting In di Joseph Mallord William Turner
    • Amateurs of Tye-Wig Music (‘Musicians of the Old School’‘ di Edward Francis Burney
    • A Youth Relating Tales to Ladies di Simeon Solomon
    • The Cholmondeley Ladies di autore sconosciuto, Britain
    • Self-Portrait di Gwen John
    • Farm at Watendlath di Dora Carrington
    • Carnation, Lily, Lily, Rose di John Singer Sargent
    • Head of a Man (Ira Frederick Aldridge) di John Simpson

    Nel momento in cui si inquadra l’opera si attiva anche un’audioguida con testo scritto visibile sullo smartphone che fornisce informazioni sull’autore e sul quadro. Si unisce quindi l’esperienza immersiva una guida più classica.

    The Cholmondeley Ladies di autore sconosciuto, Britain.

    Tra i quadri più significativi come effetto immersivo:

    The Cholmondeley Ladies di autore sconosciuto, Britain. Il quadro ritrae due giovani donne che erano nate nella stessa data, si erano sposate e avevano partorito lo stesso giorno. Le ladies appaiono e ricompaiono quasi in una danza.

    Carnation, Lily, Lily, Rose di John Singer Sargent. L’esperienza in AR sottolinea il passaggio del tempo sugli oggetti e sulla scena: le lanterne si illuminano nella notte, i fiori appassiscono e scende il buio della sera. Improvvisamente il quadro diventa tutto scuro per indicare la notte e poi riappare la luce del tramonto. Molto coinvolgente.

    Head of a Man (Ira Frederick Aldridge) di John Simpson
    L’opera ritrae l’attore Ira Frederick Aldridge che, dopo aver lasciato gli Stati Uniti per Londra nel 1865, diventò il primo attore di colore a recitare le opere di Shakespeare in Inghilterra. Muovendo l’Instagram camera, lo sguardo si anima e ci segue e passa da drammatico a depresso.

    Self-Portrait di Gwen John. Un autoritratto della pittrice gallese che fece molta fatica ad affermarsi in un panorama artistico prettamente maschile. Nell’esperienza aumentata alcuni elementi della natura entrano ed escono dal quadro (un uccelino in particolare) e nell’opera appare la pittrice e in secondo piano il suo quadro.

    Ecco il link al video postato da Tate Britain sulla pagina Facebook e il video su Instagram.

    Ho approfittato della permanenza a Londra per visitare anche Kensington Gardens e Hyde Park e provare l’esperienza The Deep Listener. Creata dall’artista danese Jakob Kudsk Steensen che ha collaborato con il sound designer Matt McCorkle ci guida alla scoperta di cinque piante presenti nel parco rappresentate attraverso il suono.

    Sul sito si trova una mappa precisa e, dopo aver scaricato l’applicazione sullo smartphone, inizia l’esperienza visiva e uditiva. Le piante prendono vita e si trasformano in opere d’arte.

    Come leggiamo sul sito:

    The Deep Listener invites you to be guided on a journey to both see and hear the sights and sounds of five of London’s species: London plane trees, bats, parakeets, azure blue damselflies and reedbeds, that are part of the park ecosystem that might otherwise be ignored, intangible or simply invisible. […] Through these interactions, your own body becomes the mechanism to alter the environment around you and the technology becomes an active form of communication between the human and non-human actors in the park.
    Through The Deep Listener, Kudsk Steensen builds an experience for users to explore the sublime and vexing power of our ecosystem. The park becomes, as it has throughout history, the architectural backdrop to access the natural world that exists within the city
    .”

    Mappa delle piante aumentate con l’app The Deep Listener

    Ecco il link al video di presentazione su YouTube: https://youtu.be/_b_3NhudgO8

    Vi consiglio di provare queste due esperienze se vivete a Londra o avete l’opportunità di visitarla a breve. Sarebbe interessante anche avere uno scambio d’impressioni. Buona visita!

    Fonti:

    https://augmentedarchitecture.org/

    https://www.adweek.com/digital/facebook-creative-shop-and-the-mill-brought-ar-to-art-at-londons-tate-britain-museum/

  • Beni culturali e realtà immersiva: intervista a Roberto Carraro di Carraro Lab


    Nel mese di marzo ho partecipato ad un evento organizzato dall’Accademia di Brera all’interno della Milano Digital Week 2019 dal titolo ‘Cultura immersiva. Realtà virtuale e realtà aumentata nella trasformazione delle arti e nella cura dei beni culturali.‘ I temi discussi durante la giornata sono stati molteplici dalle neuroscienze e cultura con il prof. Gallese al museo M9 di Mestre, dall’anteprima italiana del visore in mixed reality, Magimask alla sperimentazione ‘Portatori di storie’ di StudioAzzurro, solo per citarne alcuni.

    Tra i relatori era presente anche Livio Karrer, curatore del Museo M9 di Mestre, il museo multimediale più interattivo d’Europa che ha presentato il progetto e ha illustrato le sezioni tematiche che esaltano la visitor experience, grazie alle nuove tecnologie immersive (VR, AR).

    Ho voluto approfondire il tema musei e tecnologie immersive con il moderatore dell’evento, il professor Roberto Carraro della Carraro Lab, docente di Didattica Multimediale all’Accademia di Brera, che per M9 ha curato la sezione dedicata alla trasformazione dei paesaggi urbani e agrari del ‘900 con 15 installazioni interattive immersive nei territori, ricostruzioni 3D, compositing e morphing interattivi, come, ad esempio, l’ascensore spazio temporale.

    Vi invito a leggere l’intervista nella quale abbiamo affrontato argomenti molto attuali dal 5G alla realtà immersiva per i musei storici, al rischio di obsolescenza dei device e molto altro. Enjoy!

    In occasione dell’evento ‘Cultura immersiva’ da voi organizzato all’Accademia di Brera è stato presentato M9 di Mestre, nel quale Carraro Lab ha curato un’importante sezione interattiva e immersiva. Il museo, inaugurato il 1 dicembre 2018, ha unito perfettamente cultura – tecnologia – didattica in un progetto globale. Come si può integrare la tecnologia VR e AR in poli museali storici?

    Certamente Realtà Virtuale ed Aumentata possono dare un fondamentale contributo per ampliare il target e intensificare l’esperienza di visita nei musei storici. I musei, tradizionalmente collezioni di reperti, oltre a preservare i beni culturali hanno da tempo il compito di fare ricerca e diffondere conoscenza.
    Le tecnologie immersive hanno come primo obiettivo il recupero del rapporto tra reperto e contesto originario, perduto con la musealizzazione.
    Grazie ad AR e VR i reperti di un museo possono inoltre essere analizzati, sezionati, comparati tra loro, ricondotti alle tecniche e alle fasi di lavorazione;  autori ed eventi storici possono presentificarsi nel museo.  Oggi i musei sono diventati anche luoghi identitari fondamentali per la valorizzazione di un territorio. Con la trasformazione digitale i musei possono sviluppare intense esperienze immersive e interattive, senza perdere la centralità delle loro collezioni. 

    Nel rapporto Federculture 2018 vengono riportati i dati dell’ultimo Censimento ISTAT  nel quale emerge che: ‘ è possibile constatare come appena il 30% dei quasi cinquemila musei presenti in Italia offra almeno un servizio digitale in loco (comprendendo tra questi app, QR code, wifi, ma anche le più tradizionali audioguide) e almeno uno online (sito web, account social, biglietteria online). La percentuale si riduce all’11% se consideriamo i musei che ne offrono almeno due.’ Secondo lei quanto potrà incidere l’avvento del 5G nello sviluppo della digitalizzazione dei distretti culturali e dei musei? 

    La diffusione della rete 5G renderà possibili nuove soluzioni per musei, città d’arte, siti archeologici. La grande capacità e la riduzione della latenza nella trasmissione dei dati renderà disponibili al visitatore contenuti di grande efficacia.
    È necessario peró pensare nuove tipologie di contenuti, pensati per la fruizione in mobilità e contestuali . Anche in questo caso AR e VR, ovviamente nelle loro versioni online, sono tecnologie centrali, insieme alle soluzioni IoT (Internet Of Things).

    Il rilascio di nuovi visori e piattaforme è sempre più veloce. L’anno scorso è stato lanciato Oculus Go e stiamo aspettando entro il mese corrente Oculus Quest, mentre durante l’evento a Brera è stato presentato Magimask, il nuovo visore in mixed reality. Può esserci il rischio di una rapida obsolescenza degli strumenti tecnologici per un polo museale? E come contrastare questo eventuale rischio? 

    L’obsolescenza tecnologica è un problema da considerare quando si progetta un museo. È consigliabile relativizzare i device tecnologici e concentrarsi sui contenuti, che devono essere di alta qualità,  aderire a standard condivisi, e sviluppare metafore interattive capaci di creare valore autonomamente dalla specifica tecnologia adottata.

    Durante la conferenza della scorsa settimana Google I/O è stata presentata la novità della AR nei risultati della Search. Ritiene possa avere un impatto positivo sull’utilizzo dell’AR da parte del grande pubblico? Potrà favorire l’adozione delle nuove tecnologie anche da parte dei musei più resistenti alla Digital Transformation? 

    Il consolidamento della Realtà Aumentata nel web, e quindi nei motori di ricerca, è la strada maestra per la sua affermazione, oggi limitata da piattaforme proprietarie chiuse e incompatibili.
    WebAR e webVR sono due componenti chiave del nascente Web 3.0, contraddistinto dall’immersivitá.
    In questi scenari i musei potrebbero dare vita ai futuri palazzi virtuali della memoria, siti web tridimensionali  consultabili sia nel museo che a distanza, che diventeranno centrali nella diffusione della cultura nell’era digitale.

  • L’arte prende vita in AR: il museo MAUA a Torino


    La mia passione per la realtà virtuale e aumentata applicata alla cultura visuale e storytelling urbano è cresciuta negli anni. Ricordate sicuramente quando nel 2015 il New York Times magazine introdusse una nuova forma di comunicazione narrativa in VR, testata dal NYT stesso e regalò ai lettori i cardboard per poterne fruire. Nello stesso periodo avevo partecipato al convegno, ‘Urban Augmented Reality fra Arte, Gaming, Storytelling‘, organizzato dal professor Lughi dell’Università di Torino al Castello del Valentino, evento durante il quale vennero presentate alcune esperienze italiane e internazionali in realtà aumentata, racconti che avevano coinvolto il pubblico in un’esperienza indimenticabile. Potete approfondire su Pulse al link.

    A settembre 2018, mentre stavo preparando il Google Day dedicato alla realtà mediata (VR e AR) con Work Wide Women, ho ricevuto su LinkedIn un messaggio e una richiesta di contatto. Era Joris Jaccarino, regista, curatore e manager culturale di Bepart che aveva letto informazioni sul workshop e desiderava presentarmi MAUA, il museo di Arte Urbana Aumentata, realizzato a Milano nel 2017. Il nostro incontro è avvenuto alla GAM di Torino e in quell’occasione ho scoperto un progetto di grande fascino che unisce arte e realtà aumentata, in particolare street art resa viva dall’AR. Le opere escono dai muri e prendono vita davanti a noi. Una magia.

    MAUA – è una galleria a cielo aperto, fuori dal centro di Milano, che consta di oltre 50 opere di street art animate con altrettanti contenuti virtuali fruibili attraverso la realtà aumentata.

    Joris era a Torino ad organizzare il secondo MAUA italiano che stava nascendo proprio in quei giorni. I numeri del museo di Torino sono davvero interessanti. La città è stata mappata in 4 aree:

    • Lungo la Dora “Alla ricerca dell’ACQUA: le fondamenta della città
    • Verso Sud “Alla ricerca del FUOCO: le stanze della fabbrica
    • Verso le montagne “Alla ricerca dell’ARIA: le pareti delle montagne
    • Verso Nord “Alla ricerca della TERRA: i muri interiori

    Sono state fotografate 300 opere, svolte 82 ore di workshop e coinvolti 123 ragazzi/e sul territorio, 57 digital artist e 39 street artist con la creazione di 46 murales in realtà aumentata.

    Dopo mesi di intenso lavoro il MAUA TORINO verrà inaugurato il prossimo 6 e 7 aprile al Parco Aurelio Peccei di Piazza Ghirlandaio.
    È stato realizzato grazie a una rete di partenariato composta da Bepart, come capofila, insieme ad altre sei realtà: BASE Milano, Avanzi – Sostenibilità per Azioni, Terre di Mezzo, PUSH., Camera – Centro Italiano per la fotografia, Iur –Innovazione sostenibile e l’associazione SAT – Street Art Torino.

    46 opere di street art animate in realtà aumentata diventano l’occasione per esplorare zone meno conosciute della città. Si parte scegliendo il proprio percorso. Poi, arrivati sul posto, l’esperienza prosegue in forma digitale: ogni opera, inquadrata con lo smartphone, ne genera una nuova e si trasforma in un lavoro di digital art, appositamente creato per il museo grazie a tecnologie di realtà aumentata.

    Vi chiederete che cosa mi abbia affascinato di questo progetto. Oltre alla tecnologia che amo, sicuramente lo scopo sociale di inclusione e di formazione. Un’opera partecipata e co-creata con il coinvolgimento di street artist, ragazzi, programmatori e i cittadini che possono fruire delle opere, partecipando ai tour organizzati o pianificando il proprio percorso. Un’opera educativa che mira a formare i più giovani alle nuove tecnologie e che promuove la riqualificazione delle aree meno conosciute delle città.

    Queste finalità sono state ampiamente illustrate da Giovanni Franchina, fondatore ed amministratore di Bepart, al convegno Narrability, che avevamo organizzato come Osservatorio di Storytelling lo scorso dicembre a Base Milano.

    In occasione della prossima inaugurazione del museo di Torino ho voluto fare una chiacchierata con Joris Jaccarino ed ecco l’intervista che desidero condividere con voi. Buona lettura!

    Ciao Joris ci racconti com’è nata l’idea di coinvolgere i giovani nel progetto MAUA?

    Mi è sempre piaciuta l’idea di creare arte in maniera partecipata. Per me il processo di creazione artistica deve essere democratico, condiviso, inclusivo. Ho cominciato durante gli anni dell’università, organizzai un laboratorio di cortometraggi per i ragazzi del mio quartiere, il Giambellino. Ogni fase era discussa e realizzata in gruppo, dalla sceneggiatura, alle riprese ed infine al montaggio. E’ un’esperienza che si è declinata in varie forme, dal laboratorio di Sociologia Visiva che ho tenuto alla Statale di Milano fino a MAUA.

    A valle delle due esperienze a Milano e a Torino, quali sono le maggiori difficoltà incontrate dai ragazzi durante lo svolgimento del progetto?

    Al di là delle problematiche strettamente tecniche, direi che la parte più difficile è quella di creare un’opera su una già esistente. L’artista digitale si trova a dover interpretare l’opera di un altro artista, con tutte le incertezze del caso. Proprio per questo motivo, a Torino abbiamo voluto fortemente coinvolgere più street artist possibili, facendoli interagire con i digital artist durante il workshop. Il confronto tra di loro ha dato vita a interessanti scambi di idee e narrazioni inaspettate. E’ stata un’esperienza arricchente per tutti.

    Una domanda tecnica: quali piattaforme utilizzate?

    Bepart è un cocktail di tecnologie che abbiamo assemblato, con lo scopo di fornire la migliore esperienza possibile della AR per l’utente. L’app permette di fruire contenuti in AR semplicemente inquadrando l’opera con la fotocamera del device. Si possono vedere questi contenuti anche non in presenza, ovvero inquadrando una foto come quelle del catalogo o delle cartoline. Inoltre è dotata di una mappa delle opere, cliccando sul pin si vede un’anteprima del contenuto digitale, i credit e una breve descrizione.  

    Quali caratteristiche devono avere i murales per entrare nel MAUA? Esiste una regola o solo la narrazione e la creatività guidano la scelta?

    Uno dei concetti alla base del progetto MAUA è quello della curatela partecipata. Per questo coinvolgiamo associazioni di quartiere attraverso cui dare vita a laboratori con gli studenti. Sono questi ultimi a mappare le opere di street art e a scegliere quelle che trovano più interessanti, basandosi non solo sul loro valore artistico intrinseco, ma anche sul valore esperienziale ed affettivo.

    Come funzionano i workshop attraverso cui prende forma MAUA?

    I workshop prendono l’avvio da una open call nazionale, un vero e proprio invito a prendere parte al progetto. Sono rivolti ai giovani dai 13 ai 35 anni. Vogliamo che MAUA non abbia valore solo come prodotto finale, ovvero il museo aumentato, ma anche come processo tramite cui i giovani possono acquisire competenze professionali specifiche e spendibili sul mercato del lavoro.


    Quali sono i momenti che ricordi con maggior intensità?

    Amo i momenti di esplorazione della città per cercare e mappare le opere. È come tornare bambini e giocare alla caccia al tesoro, scoprendo la città con occhi diversi. Magari sei in un posto abbandonato, ricoperto di cemento, senza nessuna attrattiva, giri l’angolo e ti trovi davanti a un bellissimo murales, colorato, vivo. C’è tutta la magia dell’infanzia e della scoperta.

    Quali sono i vostri progetti futuri e la prossima città di MAUA?

    Stiamo creando un progetto turistico per valorizzare e raccontare l’Oltrepo mantovano attraverso l’archeologia. Realizzeremo delle installazioni in AR lungo percorsi slow, ecosostenibili per favorire un turismo più consapevole.

    Per quanto riguarda MAUA, ci piacerebbe esportare il progetto ad altre città fuori dall’Italia, magari in America Latina. Buenos Aires, Rio? Vedremo.

  • Realtà mediata: rock your content

    Seguendo il Golden Circle di Simon Sinek partiamo dal perché. Perché ho iniziato a occuparmi di realtà mediata? Non sono una programmatrice, bensì una storyteller. Così inizia il mio speech alla Social Media Week di Milano dello scorso 14 giugno. Nella prima slide la fotografia di alcuni partecipanti a un corso di storytelling di qualche anno fa che indossavano un cardboard. Correva l’anno 2015 e mi occupavo da tempo di narrazione in particolar modo digitale e storytools. Nell’anno 2015 il New York Times aveva introdotto le storie immersive, dando vita al VR journalism. Era nata una vera passione che mi ha portato

    Credits: Roberto Morelli

    negli anni a studiare e a cercare nuove forme di comunicazione. Qual era la novità? Per la prima volta una testata giornalistica invece di portare le notizie ai lettori, li metteva al centro della storia e faceva vivere loro un’esperienza grazie al video 360. Da allora molti giornali tra cui Wall Street Journal, AlJazeera, NBC fino al Corriere 360 hanno seguito la via ormai aperta di un racconto immersivo.

    Nel 2016 un’altra novità interessava il mondo del giornalismo e il grande pubblico: veniva introdotta la realtà aumentata. Il magazine Focus proponeva ai lettori alcuni contenuti e approfondimenti fruibili solo con lo smartphone. Nello stesso anno esplodeva la passione per Pokémon Go e tutti vagavamo per le città a caccia di Pokémon e di Pokéstop che erano presenti anche in attività commerciali di grande traffico. Ora che il gioco ha perso un po’ di smalto e solo i più fanatici continuano a seguire gli aggiornamenti possiamo comunque riconoscere a Pokémon Go di aver avuto il grande merito di far conoscere la AR al grande pubblico. Dal 2016 è nato un grande interesse anche presso gli sviluppatori verso  ArKit e ArCore, le due piattaforme rispettivamente Apple e Google di realtà aumentata e verso gli utilizzi giocosi in Snapchat.

    Il Content Marketing ha dovuto prendere atto dei nuovi contenuti che si sono diffusi negli ultimi anni in un mondo ‘always on every where on‘, come ha sottolineato al Netcomm Forum di maggio il presidente NetComm, Roberto Liscia. In questa ‘tempesta tecnologica cambia lo scenario competitivo’ con soluzioni personalizzate, UX e VR anche nei punti vendita. La virtualità è uno dei temi centrali, perché aumenta l’interazione con il cliente. Ma come sta cambiando il consumatore?

    Roberto Liscia, presidente NetComm

    Fornisce alcune evidenze Maresca di Google. Il consumatore, oltre a essere omnichannel e sempre più mobile, è:

    • curioso
    • cerca l’eccellenza su Google
    • impaziente.

    Le tecnologie vanno incontro a queste esigenze con la realtà aumentata che consente di acquisire informazioni in mobilità e di procedere dalla visione al processo d’acquisto, inquadrando un oggetto, ad esempio, con Google Lenses.

    Possiamo dire di essere costantemente immersi nella realtà mediata quasi senza accorgercene? Sicuramente sì!

    Applicazione SketchAR

    Si moltiplicano le applicazioni di realtà aumentata che ci consentono di misurare lo spazio intorno a noi, usando lo smartphone, di vedere oggetti ambientati prima dell’acquisto,  come Ikea Place o Amazon AR View , di configurare grazie al VR la nostra crociera personalizzata su uno schermo olografico come con MSC Crociere, di imparare a disegnare con SketchAR oppure di visitare un appartamento che intendiamo affittare o acquistare senza recarci sul luogo, ma vedendolo in video 360.

    La realtà virtuale trova utili applicazioni in campo scientifico e tecnico. Se da un lato i dipendenti della NASA o di importanti compagnie automobilistiche quali ad esempio del gruppo Volkswagen seguono corsi di addestramento con la VR nei reparti di produzione e di logistica , dall’altro i medici studiano gli organi del corpo umano nella cosiddetta “cyberanatomia”, la simulazione di un intervento chirurgico che prepara il medico ad operazioni complesse.

    Gli studenti possono apprendere la storia, la geografia e addirittura il latino senza spostarsi dalla loro aula, ma viaggiando con i visori grazie a Google Expeditions oppure a Thinglink, piattaforma interattiva che permette a publisher, marketer, brand, blogger e formatori di creare contenuto ad alto engagement in foto e video 360 o in realtà virtuale. Nei musei italiani e stranieri si stanno diffondendo sia i visori per vivere esperienze immersive (vedi ad esempio al Mudec di Milano era possibile visitare virtualmente lo studio del pittore Mirò) sia applicazioni in AR che consentono, inquadrando l’opera  con lo smartphone, di acquisire maggiori informazioni sull’autore e sul periodo artistico.

    Tanti settori tante soluzioni tecnologiche che vengono in nostro soccorso per semplificarci la vita, allontanandoci dal mondo reale (VR) in ‘presence‘ oppure arricchendolo di informazioni e d’interattività (AR). Secondo Chris Milk, founder di  VRSE and VRSE.Works la realtà virtuale può essere definita: ‘the ultimate empathy machine‘.

    VR is difficult to explain because it’s a very experiential medium. You feel your way inside of it. It’s a machine, but inside of it, it feels like real life, it feels like truth. And you feel present in the world that you’re inside and you feel present with the people that you’re inside of it with.

     

    La ricerca di Google del 2017 sul gradimento delle esperienze VR e di questa nuova forma di comunicazione (adv) ci dice che:

    VR enables viewers to better see, hear, feel and identify with what others are experiencing.

    Passiamo quindi da ‘Story telling a ‘Story living’, ossia a  ‘experiencing stories and brand messages through VR‘.

    Stiamo assistendo da un lato alla diffusione di esperienze legate al Web VR che consente di vivere la realtà virtuale nel brower a prescindere dal tipo di visore di cui si dispone, dall’altro ad una riduzione di prezzo dei visori che si stanno orientando verso la soluzione standalone. Grande apertura al mercato e attenzione ha riscosso il lancio di Oculus Go da parte di Facebook durante incontro annuale F8 con i programmatori, così come i post in 3D lanciati ad aprile.

    Oltre ad aggiornarci sugli ultimi upgrade presentati in occasione delle riunioni con gli sviluppatori da Facebook, Google, Microsoft dobbiamo valutare quali applicazioni possiamo utilizzare per rendere innovativi e coinvolgenti i nostri contenuti.

    Nell’ultimo anno ho raccolto molti esempi in eventi ed esposizioni alla costante ricerca di suggerimenti e di nuove idee per le aziende di medie dimensioni. Per le grandi aziende esistono molte soluzioni dalla formazione elearning ad hoc alle app create per fidelizzare i pubblici più giovani e tecnologici.

    Pensiamo solo al settore beauty dove da anni Sephora, Rimmel e L’Oréal sperimentano applicazione in AR che permettono, grazie al riconoscimento facciale, d’indossare nuovi rossetti o provare nuovi fard o fondotinta. Altri esempi nel settore retail sono offerti dai fashion e luxury brand Lacoste  o da Burberry con l’app realizzata in ARKit (Apple).

     

    Di seguito alcune applicazioni che mi hanno interessato e che ho potuto vedere realizzate in diversi eventi ed esposizioni da Futurland a Talent Garden Calabiana, alla Maker Faire di Roma, dal Fuori Salone di Milano al  Technology Hub a Milano e infine al Salone del libro di Torino:

    • la business card in AR che consente di vedere tutti i link social
    • l’arte e grafica in AR
    • i santini e i manifesti di propaganda elettorale in AR
    • le favole imbustate e animate grazie all’AR nel progetto  ‘L’imbustastorie’ al Salone del libro di Torino

     

    Che cosa succederà nel prossimo futuro? Secondo Matt Coleman, the head of innovation for the Magnify World AR and VR expo:

    We really believe that AR and VR is the next computer platform that everyone will be using in the future and it should be as big as the Internet in the coming years

    Non ci resta che seguire con grande attenzione gli sviluppi e introdurre nei nostri piani di marketing le applicazioni più vicine al nostro business per essere tra i primi a cogliere queste nuove opportunità.

    L’appuntamento è il 5 ottobre prossimo per un workshop dedicato al VR e AR nel Google Day organizzato da Work Wide Women presso la sede milanese di Google. Sarà un momento teorico-pratico in cui proveremo i visori e ci metteremo in gioco in un laboratorio: utilizzeremo la fotocamera per immagini Ricoh Theta e creeremo tour VR grazie a piattaforme online.

     

     

    Fonti:

    -www.viar360.com

    -https://www.youtube.com/watch?v=JcMOyMudH88

    -https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-09-27/burberry-turns-to-apple-for-augmented-reality-fashion-app

  • La tecnologia sta cambiando la nostra vita quotidiana: AI, VR e AR.

    Durante l’ultimo IAB a Milano è stato fornito a tutti i partecipanti un cardboard sponsorizzato da SKY Sport HD, iniziativa che ha incuriosito la platea e che è stata un segnale forte dell’interesse rivolto al mondo della tecnologia VR. Marco Montemagno ha spiegato l’utilizzo e ha invitato i presenti a provare il dispositivo seguendo le istruzioni fornite.

    Nella mattinata si è tenuto anche uno speech dedicato all’AI dal titolo “Intelligenza artificiale: l’intelligenza nella realtà”, tenuto da Giuseppe Riva, Direttore di interazione comunicativa e nuove tecnologie dell’Università Cattolica di Milano. E’ stato più volte sottolineato che l’intelligenza artificiale farà presto parte del nostro quotidiano.

    Riva ha anche parlato di Marketing delle Intenzioni 2.0 e ha sottolineato il valore degli investimenti fatti nel settore VR e AI da parte di Facebook e di altri players.  L’attenzione è posta sul mondo dei chatbot e dei robot sociali.

    Tutti i grandi players stanno investendo sull’intelligenza artificiale intesa non solo come robots, ma come machine learning, chatbot, computing cognitivo, servizi di traduzione simultanea come Skype translator. Sul tema chatbot ho scritto recentemente un post che potete leggere a questo link. Le applicazioni sono le più svariate e non sono prerogativa solo più di tecnici e nerd, ma impattano sulla nostra vita in quasi tutti i settori dalla medicina, all’industria fino alla musica.

    Proprio sul tema musica ho recentemente ho letto un post interessante in Ansa.it su MusicNet, un software realizzato da ricercatori dell’Università di Washington, dedicato alla musica che non solo ‘comprende la struttura di base della musica ma può anticipare le note di una registrazione’.

    AI per la musica

    AI per la musica

    L’obiettivo è comprendere anche i gusti del fruitore e suggerire quindi la musica più adatta ai suoi interessi. Qui il link per vedere un esempio, ma potete anche iscrivervi al canale di Youtube dell’Università e andare sul sito.

    Proprio sul sito leggiamo gli obiettivi che i ricercatori si erano dati:

    • Identify the notes performed at specific times in a recording.
    • Classify the instruments that perform in a recording.
    • Classify the composer of a recording.
    • Identify precise onset times of the notes in a recording.
    • Predict the next note in a recording, conditioned on history.

    Esperimenti sulla musica sono in corso anche presso un nuovo dipartimento, chiamato Magenta, interno al progetto ‘Google Brain’ creato da Google e presentato a giugno scorso al Moogfest di Durham. L’obiettivo è:

     design algorithms that learn how to generate art and music

    quindi creare una macchina ‘dotata di creatività’, applicando l’intelligenza artificiale ai più svariati rami dell’arte dalla pittura alla musica, etc.  E’ stata composta una musica che potete ascoltare a questo link.  Si tratta di un brano semplice che, tuttavia, dà l’idea di quale possa essere lo sviluppo futuro. Andando ad approfondire sul sito di Magenta ho letto che  ha anche la finalità di costruire una community di artisti, coders e ricercatori di machine learning e  ‘biggest challenge: combining generation, attention and surprise to tell a compelling story.’ in ottica di storytelling.

    Sempre a proposito d0621-vemily-01-technology-music-computers-emily_full_600i Musical Intelligence potete ascoltare gli esperimenti realizzati da David Cope che è Dickerson Emeriti Professor at the University of California a Santa Cruz.Potete ascoltare alcuni esempi nel sito di Cope, sito nel quale trovate un racconto molto interessante sui suoi Experiments.

    Ecco un esempio pubblicato sempre sul sito:

    ftp://arts.ucsc.edu/pub/cope/visions1.mp3

    ‘I began Experiments in Musical Intelligence in 1981 as the result of a composer’s block. My initial idea involved creating a computer program which would have a sense of my overall musical style and the ability to track the ideas of a current work such that at any given point I could request a next note, next measure, next ten measures, and so on. My hope was that this new music would not just be interesting but relevant to my style and to my current work. Having very little information about my style, however, I began creating computer programs which composed complete works in the styles of various classical composers, about which I felt I knew something more concrete.’

    Tra i trend in crescita nel 2017 sono da osservare con grande attenzione anche Virtual Reality, Augmented Reality e Mixed Reality. Vediamo in cosa differiscono in modo molto semplice facendo riferimento a Wikipedia.

    • Virtual reality: è il termine utilizzato per indicare una realtà simulata.[…] attualmente il termine è applicato solitamente a qualsiasi tipo di simulazione virtuale creata attraverso l’uso del computer, dai videogiochi che vengono visualizzati su un normale schermo, alle applicazioni che richiedono l’uso degli appositi guanti muniti di sensori (wired gloves) e infine al World Wide Web.
    • Augmented reality: intende mescolare la percezione della realtà circostante con immagini generate al computer, in grado di fornire informazioni aggiuntive all’utente senza impedirgli di muoversi ed interagire con l’ambiente nativo. […] Il cruscotto dell’automobile, l’esplorazione della città puntando lo smartphone o la chirurgia robotica a distanza sono tutti esempi di realtà aumentata. […] Gli elementi che “aumentano” la realtà possono essere aggiunti attraverso un dispositivo mobile, come uno smartphone, con l’uso di un PC dotato di webcam o altri sensori, con dispositivi di visione (per es. occhiali a proiezione sulla retina), di ascolto (auricolari) e di manipolazione (guanti) che aggiungono informazioni multimediali alla realtà già normalmente percepita.
    • La realtà aumentata mista è una forma particolare di realtà aumentata in cui sullo schermo sono visualizzate sia le immagini reali che le immagini virtuali. Non si tratta soltanto di informazioni aggiuntive, in questo caso sono presenti sullo schermo anche degli ologrammi.

    Riassumendo la VR mira a “sostituire” il mondo reale, mentre la AR mira ad arricchire la realtà di informazioni utili per l’espletamento di compiti complessi.

    Secondo Mark Rosner, CRO di AppLovin la realtà virtuale può risultare un’esperienza molto coinvolgente ed emozionante, ma esiste un problema legato alla scarsità di contenuti. Al contrario la AR dominerà le nostre vite a brevissimo. Leggete l’articolo pubblicato su Venturebeat.com per comprendere meglio le ragioni.

    There’s a good chance that one day AR, broadly speaking, will be the dominant medium in our lives. […] People might be distracted by the possibilities of VR, but the truth is AR is already ahead of VR, and it’s early days. We’re going to see more applications of AR that can be monetized well’.  

    Quali saranno gli sviluppi futuri? Che cosa ci possiamo aspettare dal nuovo anno che è alle porte? 

    aug

    Dall’infografica pubblicata da Goldman Sachs sull’ecosistema VR e AR possiamo notare quanto siano numerose le aziende che operano nella ricerca e nelle applicazioni. Come afferma Heath Terry,  Internet Research, Goldman Sachs Research

    We’re going from a world where people give machines rules to a world where people give machines problems and the machines learn how to solve them on their own.

    Vi consiglio di vedere il video pubblicato sul sito, nel quale Terry afferma che, guardando all’impatto dell’intelligenza artificiale e machine learning possiamo ipotizzare già solo nel prossimo decennio ‘hundred of billions of dollars in cost savings and revenue opportunities‘.

    Questa accelerazione è dovuta, secondo Terry, a tre fattori: proliferation of  DATA, growth in speed in compute power, open source algorithms.

    L’intelligenza artificiale è già presente nella nostra vista quotidiana quando guidiamo la nostra automobile o aggiungiamo tag alle foto degli amici, ma ha un peso determinante in tutti i settori dell’industria, quali ad esempio healthcare e retail.

     

    Un esempio dell’impatto sulla nostra vita quotidiana è offerto dalla nuovissima tecnologia di Amazon Go, presentata in questi giorni. Il punto vendita hi-tech è stato aperto a Seattle, il primo di una lunga serie. Pare infatti che Amazon parli di 2.000 nuovi negozi. Leggiamo sul sito di Amazon:

    amazongo

    ‘We created the world’s most advanced shopping technology so you never have to wait in line. With our Just Walk Out Shopping experience, simply use the Amazon Go app to enter the store, take the products you want, and go! No lines, no checkout.’ 

    Potete vedere le funzionalità in un video su YouTube. Una tecnologia che rivoluzionerà il mondo della vendita al dettaglio, in quanto consentirà di raccogliere una quantità immensa di data sui consumatori oltre che facilitare la gestione del negozio.

    Dove andrà a finire però la relazione umana? Già i grandi supermercati e le casse automatiche hanno ridotto moltissimo l’interazione, togliendo quel momento di socializzazione che era il plus del piccolo esercizio. E il personale che normalmente lavora nei centri commerciali si ritroverà a cambiare presto lavoro?  Tanti quesiti che al momento non hanno una risposta, anche perché il fenomeno è solo all’inizio. Tuttavia è una tendenza che era già apparsa durante l’ultimo Expò a Milano. Ricordate l’esperienza del supermercato del futuro proposta da Coop dove era stato possibile utilizzare le etichette interattive che fornivano informazioni sui prodotti?  A settembre in occasione della presentazione del Rapporto Coop 2016 il presidente della Gdo, Marco Pedroni ha annunciato la riapertura del supermercato all’interno del Bicocca Village (vedi Ansa.it del 9 settembre).

    Vediamo quindi le previsioni contenute nella ricerca Ericsson ConsumerLab su ‘Hot consumer trends 2017′. Secondo la ricerca il video online è in continua crescita anno dopo anno ed in particolar modo i video VR accanto ai live broadcast e le video calls. Le immagini avranno un peso sempre maggiore, in quanto impieghiamo solo 13 millesimi di secondo per identificare un’immagine secondo uno studio del MIT .

    That is about 10 times faster than we are able to move our eyes.

    La tecnologia VR e AR sarà fondamentale per l’update di Microsoft Windows 10 nel primo quarter del 2017, tanto che più del 40% degli internet users evoluti vorrebbe un computer con VR/AR come interfaccia principale.

    Come possiamo notare dall’infografica pubblicata nel sito di Ericsson,  l’intelligenza artificiale  è posta al centro perché non è più considerata come pure fantascienza, ma è ormai ovunque. Anche se il 50% degli intervistati sono convinti che i robots possano presto comportare la perdita di posti di lavoro, non possiamo più farne a meno, in quanto consentono di semplificare la nostra esistenza.

    trend_infographic_1_1500x1500_900x900_90

    Fonte: Ericsson ConsumerLab

     

    La metà degli intervistati desidera utilizzare la tecnologia VR e AR per le attività quotidiane e non solo per il gaming e vuole interagire con oggetti virtuali (vedi trend n.4).

    Soffermatevi sul trend n.8: Augmented Personal Reality.  Come precisa la ricerca agli inizi del 2016 pochi consumatori avevano sperimentato la realtà aumentata, ma, grazie anche alla diffusione del gioco Pokémon GO, nel corso dell’anno la AR è diventata una buzzword. I consumatori desiderano usare la tecnologia per vivere esperienze sempre più immersive e customizzate.  Curiose le risposte degli intervistati sugli usi degli occhiali AR: un 41% vorrebbe cambiare l’ambiente circostante aggiungendo fiori, uccellini o un 34% vorrebbe eliminare elementi di disturbo quali graffiti, spazzatura.

    trend_8_graph_1500x844_900x507_90

    L’evoluzione sta avvenendo sotto i nostri occhi e comporterà una capacità di adattamento non facile per le generazioni meno digitalizzate. Sono già evidenti i timori nei confronti nelle nuove tecnologie, anche se il cambiamento è ormai inarrestabile.

     

  • Con la realtà aumentata i prodotti prendono vita

    Ho letto recentemente un articolo molto interessante sulla realtà aumentata, applicata al marketing e desidero condividere con voi alcuni esempi e riflessioni sul tema. Abbiamo già parlato di immagini che si animano grazie al QR, ad app che possono fornirci approfondimenti, farci immergere in una vera e propria storia.

    Ricordate  Le notti di Tino di Bagdad’, un’opera trasmediale di Coniglio Viola? Si tratta di un interessante progetto sperimentale di videoarte, sviluppato in Realtà Aumentata e presentato al Salone Internazionale del Libro nel 2015 e tuttora attivo. Se volete potete approfondire al mio post su Pulse.

    coniglio viola

    La tecnologia in grande evoluzione, coinvolge vari settori dall’arte al giornalismo, al marketing.  Ci consente di leggere ricette direttamente dalla bottiglietta di sugo, di vedere un video promo dall’etichetta di un prodotto, di leggere una rivista e, puntando con lo smatphone su una pagina, accedere ad altri contenuti online .

    Le possibilità sono infinite e sono le nuove frontiere della comunicazione narrativa, perché, come gli esperti di marketing ci ricordano costantemente, i clienti non comprano un prodotto, ma un’esperienza, i valori, una narrazione nella quale identificarsi. Le aziende cercano sempre nuove vie per coinvolgere ed emozionare, ma dovrebbero ricordare sempre i principi espressi dal grande esperto di marketing, Seth Godin nel suo Marketing in 4 passi, recentemente  postato sul suo blog.

    Marketing in four steps’:  vediamoli insieme:

    • The first step is to invent a thing worth making, a story worth telling, a contribution worth talking about.
    • The second step is to design and build it in a way that people will actually benefit from and care about.
    • The third one is the one everyone gets all excited about. This is the step where you tell the story to the right people in the right way.
    • The last step is so often overlooked: The part where you show up, regularly, consistently and generously, for years and years, to organize and lead and build confidence in the change you seek to make.

    I valori, un prodotto o servizio realmente utile, il customer care diventano fondamentali, così come le storie ‘worth telling’. Non tutte le storie sono di valore e non tutte possono essere trattate con Virtual reality o Augmented reality. Riflettiamo anche sui costi per produrre contenuti di buona qualità in tecnologia VR, costi ancora proibitivi per la maggior parte dei brand. Facciamo, tuttavia, un passo indietro e chiediamoci se conosciamo davvero la differenza tra realtà aumentata e virtuale. E la mixed reality? Spesso si fa molta confusione. Per chiarirci le idee andiamo a consultare Wikipedia:

    Per realtà aumentata (o realtà mediata dall’elaboratore in inglese augmented reality, abbreviato “AR”), si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi.

    La realtà virtuale (in inglese virtual reality, abbreviato VR) è il termine utilizzato per indicare una realtà simulata. […] L’avanzamento delle tecnologie informatiche permette di navigare in ambientazioni fotorealistiche in tempo reale, interagendo con gli oggetti presenti in esse. […]attualmente il termine è applicato solitamente a qualsiasi tipo di simulazione virtuale creata attraverso l’uso del computer, dai videogiochi che vengono visualizzati su un normale schermo, alle applicazioni che richiedono l’uso degli appositi guanti muniti di sensori (wired gloves).

    Mixed reality (MR), spesso riferito a hybrid reality, è un mix tra il mondo reale e virtuale per produrre environment dove oggetti fisici e digitali co-esistono e interagiscono in real time.

    Leggiamo anche in un interessante post di Focus.it che con mixed reality ‘possiamo osservare il mondo reale che ci circonda traendone informazioni utili (in AR), ma anche vedere e muovere oggetti virtuali come fossero reali’

    Vediamo insieme qualche caso studio interessante nel settore della realtà virtuale e aumentata. 

    msc

    Nel mese di maggio 2016 la MSC Crociere ha proposto il nuovo catalogo immersivo in 360 VR. Accluso al catalogo cartaceo viene fornito un cardboard brandizzato che consente, come precisa la app di:

    • esplorare le nostre destinazioni ed escursioni
    • salire a bordo delle nostre navi
    • osservare gli interni delle cabine, il teatro, le piscine, la palestra e l’esclusivo MSC Yacht Club;
    • scoprire in anteprima le nuove Ammiraglie MSC Meraviglia e MSC Seaside.

    Avevo testato l’applicazione, disponibile per iOS e Android e consentiva, effettivamente, di essere virtualmente nella sala colazione e in vari ambienti della nave. Per le destinazioni al momento rimandava al catalogo online.

    AR4

    Un catalogo in AR dedicato all’arredamento era stato creato da Ikea già nel 2013 in USA. Su Youtube è possibile vedere il video Ikea USA e  il video del 2015 di Ikea Australia. Grazie all’applicazione i clienti potevano inquadrare con lo smatphone il proprio ambiente da arredare, scegliere complementi d’arredamento del brand Ikea e posizionarli prima di procedere all’acquisto. Una modalità nuova e coinvolgente per aiutare gli utenti nella fase decisionale. Capita sicuramente a tutti di non riuscire a visualizzare un’ambientazione e l’app si è rivelata  una risorsa molto valida.

    focusUn altro esempio interessante è l’edizione di agosto della rivista Focus che, grazie alla applicazione “Focus Realtà Aumentata”, disponibile gratuitamente per iOS e Android, consente di approfondire i contenuti della rivista cartacea, navigando tra foto a 360°, video e render 3D. Come leggiamo nell’articolo di Focus è sufficiente  scaricare l’app e ‘puntarla sulle pagine con l’icona AR+, copertina compresa, e sullo schermo dello smartphone partirà l’esperienza in realtà aumentata.’

    Nel settore beauty è interessante la nuova app realizzata da Rimmel London che, secondo un articolo di Forbes dello scorso luglio, consente con un sistema avanzato di tracking di ‘detect make-up on the subject being scanned before colour-matching it with cosmetics by Rimmel. The user can then steal the look by seeing it on themselves in a virtual sense via their smartphone cameras, and even clicking to buy the corresponding products.’ Una sorta di Shazam per la bellezza.

    Altri casi di brand che hanno utilizzato la AR per commercials negli ultimi anni sono evidenziati in un video pubblicato a giugno 2016 su Youtube. Ad esempio, Heinz ha utilizzano la realtà aumentata per fidelizzare il consumatore, prolungando l’esperienza d’acquisto.

    AR2

    L’utente poteva inquadrare con lo smartphone la bottiglia, ricevere ricette e video-tutorials. Le ricette venivano integrate settimanalmente e, una volta terminata la bottiglia di ketchup, il consumatore restava fedele al brand per poter usufruire ancora delle ricette.

    Altro noto brand citato nel video è Wheaties, il primo produttore americano di cereali per colazione dal 1920. Dal lontano 1934 aveva iniziato a inserire fotografie di atleti nel packaging con lo slogan, “The Breakfast of Champions.”, negli anni successivi aveva spostato la foto dei campioni sul fronte della scatola dei cereali, dandole sempre più rilievo ed infine, grazie alla realtà aumentata, ha puntato sul coinvolgimento dei consumatori.

    Buona visione!