• Navigare nella complessità: etica e cultura digitale

    Il tema dell’etica e cultura digitale è diventato cruciale in un contesto sociale e culturale complesso e in continua evoluzione come quello attuale. Ci porta a riflettere sulla trasparenza, riservatezza dei dati e responsabilità dei singoli e delle istituzioni. Fino a dove ci si può spingere con la tecnologia?  Con l’avanzare e la diffusione dell’AI generativa, del quantum computing, della robotica e della blockchain accanto al digitale più classico è necessario fermarsi a pensare a come queste innovazioni influenzino già oggi i nostri valori, le nostre relazioni e la nostra privacy.

    Nel 2020 aveva fatto scalpore la storia di Jang Ji-sung, protagonista del documentario sudcoreano ‘I met you, trasmesso dalla Munhwa Broadcasting Corporation (Mbc). Se ricordate il video trasmesso anche su Youtube ritraeva l’incontro di una donna con la figlia Nayeon, morta nel 2016. Quest’applicazione della realtà virtuale che permette di rivedere i congiunti ricreati con il computer ci aveva posto dei dubbi sui limiti che è lecito superare.

    Ad agosto 2024 la campagna delle elezioni americane è stata caratterizzata dalla pubblicazione di  diverse immagini fake generate dall’intelligenza artificiale sul social Truth, tra cui un falso endorsement da parte della stella pop Taylor Swift a Trump, generando notevoli polemiche sulla disinformazione e manipolazione elettorale (1).

    Post su X

    Come espresso chiaramente nel paper di Alessandro De Cesaris dal titolo “Quale etica per il digitale? Note sulle condizioni formali dell’agire pratico nelle nuove società ipertecnologiche “ (2)

    la condizione contemporanea pone sicuramente in modo inedito l’esigenza di un’impostazione etica di tipo strutturale, fondata su una comprensione radicale delle trasformazioni antropologiche e sociali introdotte dai media digitali. Ciò significa certamente ripensare i problemi classici e proporne di nuovi, ma anche e soprattutto chiarire nuovamente la nozione stessa di ethos, a partire da una ricomprensione radicale dei processi di soggettivazione, della natura dell’azione e dunque del senso stesso di una “etica” in relazione a una più generale teorizzazione antropologica, sociologica e ontologica del mondo in cui viviamo.

    Rinascimento digitale e culturale

    Siamo davvero pronti a questo rinascimento culturale? L’impatto delle tecnologie sulla nostra vita quotidiana sta diventando sempre più significativo e sta cambiando le relazioni tra le persone, tra gli individui e le aziende e l’approccio alla cultura.

    La tecnologia non sostituisce, ma esalta le capacità distintive del capitale umano, supportandone l’empatia, la visione strategica e la capacità di innovare, sostenendolo nella generazione di valore e nella trasformazione positiva della società di domani – avevano sottolineato Simona Maggini, Country Manager di WPP in Italia e Daniel Hulme, Chief Artificial Intelligence Officer di WPP e CEO & Founder di Satalia al 13° Forum WPP | The European House – Ambrosetti: Capitale umano e sviluppo del Paese: strategie di crescita e cambiamento (3).

    Da un lato si assiste ad una rivoluzione digitale rapida e impattante tanto che nel settore AI si è passati da primi abbozzi poco realistici a immagini e video difficilmente distinguibili da quelle reali. Si possono creare nuove espressioni d’arte, produrre dei fake, realizzare progetti, utilizzando Midjourney, Gemini, Chat GPT, creare musica con AI Suno e persino clonare voci di personaggi famosi con, ad esempio, Celebs AI text to voice clone o Vidnoz AI.

    Dall’altro lato nel nostro paese siamo in preoccupante ritardo nelle competenze digitali come evidenziato dall’ISTAT (vedi Statistiche Today del 21 giugno 2024) (4). 

    Nel 2023 nel nostro Paese solo il 45,9% degli adulti possiede competenze digitali adeguate, oltre un terzo (36,1%) ha competenze insufficienti e il 5,1%, pur essendo utente di Internet, non ha alcuna competenza. Nel panorama europeo, l’Italia è uno dei Paesi con la quota più bassa di persone con competenze digitali almeno di base, con una distanza dalla media Ue27 di quasi 10 punti percentuali.

    Per riuscire a padroneggiare le tecnologie è necessario sviluppare il senso critico e soprattutto competenze che consentano di utilizzare questi ‘medium’ con consapevolezza e sviluppi positivi.

    Formazione digitale

    Dobbiamo formare i giovani della GenZ e Gen Alpha che sono i più avvezzi alla tecnologia, ma anche i più fragili, perché non ne conoscono e/o comprendono i rischi reali.  

    A tal fine sono nate iniziative come quella che Meta ha lanciato con il programma beta ‘Meta for Education’ (5), con oltre dodici college e università negli Stati Uniti e nel Regno Unito, focalizzato sull’uso della realtà virtuale (VR) per migliorare l’educazione. La collaborazione con educatori intende diffondere le competenze in ambienti di apprendimento per formazione personalizzata e simulazioni realistiche.

    A livello Italia si sono distinti alcuni progetti che promuovono l’uso etico e consapevole della tecnologia. Tra questi spicca l’attività di DiCultHer, Associazione Internazionale per la promozione della cultura digitale, che dal 2015, sotto la guida di Carmine Marinucci, coinvolge docenti e studenti in percorsi didattici, sfide per i giovani come HackCultura2025 e l’Hackathon. Il prossimo 10 dicembre verrà presentata la Carta dei Diritti nell’era digitale e dell’intelligenza artificiale – Stefano Rodotà, nata dalla collaborazione tra DiCultHer e P A Social, la più rilevante associazione italiana dedicata alla comunicazione e informazione digitale. (6) Come precisa Marinucci:

     “Questa Carta non è solo un documento: è un atto di fiducia nei giovani, custodi del nostro presente e creatori del futuro che desideriamo. In un mondo sempre più digitale, è fondamentale preservare l’umanità che ci rende unici.”  La Carta evidenzia il valore pedagogico di una scuola che educa alla cittadinanza attiva e alla consapevolezza digitale, facendo del patrimonio culturale una risorsa viva e accessibile. Rappresenta un patto per le nuove generazioni. Parla di diritti fondamentali come la libertà di essere sé stessi, l’accesso equo alla conoscenza e il rispetto della dignità umana nel digitale..”  

    Un’altra iniziativa da segnalare è ‘Hub Etica e Cultura Digitale’ (7), lanciata ad ottobre 2023 dalla ITS INCOM Academy, volta a fornire agli studenti una maggiore “consapevolezza digitale”, per usare le nuove tecnologie, riconoscendone opportunità e rischi. Un percorso definito con Massimo Giordani, presidente di AISM (Associazione italiana Sviluppo Marketing) e Fabrizio Bellavista, partner di Emotional Marketing Lab. Secondo quanto espresso da Davide Galeotti, coordinatore didattico dei corsi in area Comunicazione

    «Ciò che emerge più di frequente è la richiesta da parte degli studenti di una maggiore educazione sulle tecnologie digitali. L’84% degli intervistati ritiene infatti di non avere informazioni sufficienti per difendersi dai rischi online. L’istruzione digitale appare quindi come la scelta più efficace per fare in modo che i giovani possano sfruttare le nuove tecnologie senza venirne sopraffatti. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario l’impegno di tutti, dalle famiglie alle aziende, ma il ruolo principale deve essere affidato alle scuole. »

    È indispensabile non lasciare indietro nessuno in questa trasformazione digitale, in particolare i giovani e i più socialmente disagiati, come richiesto dal Goal 4 – Istruzione di qualità per tutti – degli SDGs.  Le istituzioni, in primis la scuola, e gli individui devono lavorare insieme per garantire che le tecnologie digitali siano utilizzate in modo etico e responsabile, promuovendo un futuro più giusto e sostenibile per tutti.

    Fonti

    (1) https://www.infodata.ilsole24ore.com/2024/08/31/le-elezioni-usa-i-deepfake-di-kamala-harris-e-donald-trump-e-la-strategia-dei-meme/

    (2) https://www.iris.unina.it/retrieve/handle/11588/736486/223689/2018%20-%20Quale%20etica%20per%20il%20digitale.pdf

    (3) https://www.linkedin.com/posts/the-european-house-ambrosetti_wppteha-comunicazione-teha-activity-7265738070098911235-DqmE?utm_source=share&utm_medium=member_desktop

    (4) https://www.istat.it/it/files/2024/06/STATISTICA_TODAY_ICT_2023.pdf

    (5) https://www.meta.com/it-it/blog/quest/meta-for-education-beta-program/

    (6) https://www.diculther.it/blog/2024/11/26/un-ponte-tra-i-diritti-umani-del-1948-e-le-sfide-del-futuro-digitale/

    (7) https://itsincom.it/its-incom-academy-lancia-il-progetto-hub-etica-e-cultura-digitale/

    Credits: Foto di Bench Accounting su Unsplash.

  • L’arte prende vita in AR: il museo MAUA a Torino


    La mia passione per la realtà virtuale e aumentata applicata alla cultura visuale e storytelling urbano è cresciuta negli anni. Ricordate sicuramente quando nel 2015 il New York Times magazine introdusse una nuova forma di comunicazione narrativa in VR, testata dal NYT stesso e regalò ai lettori i cardboard per poterne fruire. Nello stesso periodo avevo partecipato al convegno, ‘Urban Augmented Reality fra Arte, Gaming, Storytelling‘, organizzato dal professor Lughi dell’Università di Torino al Castello del Valentino, evento durante il quale vennero presentate alcune esperienze italiane e internazionali in realtà aumentata, racconti che avevano coinvolto il pubblico in un’esperienza indimenticabile. Potete approfondire su Pulse al link.

    A settembre 2018, mentre stavo preparando il Google Day dedicato alla realtà mediata (VR e AR) con Work Wide Women, ho ricevuto su LinkedIn un messaggio e una richiesta di contatto. Era Joris Jaccarino, regista, curatore e manager culturale di Bepart che aveva letto informazioni sul workshop e desiderava presentarmi MAUA, il museo di Arte Urbana Aumentata, realizzato a Milano nel 2017. Il nostro incontro è avvenuto alla GAM di Torino e in quell’occasione ho scoperto un progetto di grande fascino che unisce arte e realtà aumentata, in particolare street art resa viva dall’AR. Le opere escono dai muri e prendono vita davanti a noi. Una magia.

    MAUA – è una galleria a cielo aperto, fuori dal centro di Milano, che consta di oltre 50 opere di street art animate con altrettanti contenuti virtuali fruibili attraverso la realtà aumentata.

    Joris era a Torino ad organizzare il secondo MAUA italiano che stava nascendo proprio in quei giorni. I numeri del museo di Torino sono davvero interessanti. La città è stata mappata in 4 aree:

    • Lungo la Dora “Alla ricerca dell’ACQUA: le fondamenta della città
    • Verso Sud “Alla ricerca del FUOCO: le stanze della fabbrica
    • Verso le montagne “Alla ricerca dell’ARIA: le pareti delle montagne
    • Verso Nord “Alla ricerca della TERRA: i muri interiori

    Sono state fotografate 300 opere, svolte 82 ore di workshop e coinvolti 123 ragazzi/e sul territorio, 57 digital artist e 39 street artist con la creazione di 46 murales in realtà aumentata.

    Dopo mesi di intenso lavoro il MAUA TORINO verrà inaugurato il prossimo 6 e 7 aprile al Parco Aurelio Peccei di Piazza Ghirlandaio.
    È stato realizzato grazie a una rete di partenariato composta da Bepart, come capofila, insieme ad altre sei realtà: BASE Milano, Avanzi – Sostenibilità per Azioni, Terre di Mezzo, PUSH., Camera – Centro Italiano per la fotografia, Iur –Innovazione sostenibile e l’associazione SAT – Street Art Torino.

    46 opere di street art animate in realtà aumentata diventano l’occasione per esplorare zone meno conosciute della città. Si parte scegliendo il proprio percorso. Poi, arrivati sul posto, l’esperienza prosegue in forma digitale: ogni opera, inquadrata con lo smartphone, ne genera una nuova e si trasforma in un lavoro di digital art, appositamente creato per il museo grazie a tecnologie di realtà aumentata.

    Vi chiederete che cosa mi abbia affascinato di questo progetto. Oltre alla tecnologia che amo, sicuramente lo scopo sociale di inclusione e di formazione. Un’opera partecipata e co-creata con il coinvolgimento di street artist, ragazzi, programmatori e i cittadini che possono fruire delle opere, partecipando ai tour organizzati o pianificando il proprio percorso. Un’opera educativa che mira a formare i più giovani alle nuove tecnologie e che promuove la riqualificazione delle aree meno conosciute delle città.

    Queste finalità sono state ampiamente illustrate da Giovanni Franchina, fondatore ed amministratore di Bepart, al convegno Narrability, che avevamo organizzato come Osservatorio di Storytelling lo scorso dicembre a Base Milano.

    In occasione della prossima inaugurazione del museo di Torino ho voluto fare una chiacchierata con Joris Jaccarino ed ecco l’intervista che desidero condividere con voi. Buona lettura!

    Ciao Joris ci racconti com’è nata l’idea di coinvolgere i giovani nel progetto MAUA?

    Mi è sempre piaciuta l’idea di creare arte in maniera partecipata. Per me il processo di creazione artistica deve essere democratico, condiviso, inclusivo. Ho cominciato durante gli anni dell’università, organizzai un laboratorio di cortometraggi per i ragazzi del mio quartiere, il Giambellino. Ogni fase era discussa e realizzata in gruppo, dalla sceneggiatura, alle riprese ed infine al montaggio. E’ un’esperienza che si è declinata in varie forme, dal laboratorio di Sociologia Visiva che ho tenuto alla Statale di Milano fino a MAUA.

    A valle delle due esperienze a Milano e a Torino, quali sono le maggiori difficoltà incontrate dai ragazzi durante lo svolgimento del progetto?

    Al di là delle problematiche strettamente tecniche, direi che la parte più difficile è quella di creare un’opera su una già esistente. L’artista digitale si trova a dover interpretare l’opera di un altro artista, con tutte le incertezze del caso. Proprio per questo motivo, a Torino abbiamo voluto fortemente coinvolgere più street artist possibili, facendoli interagire con i digital artist durante il workshop. Il confronto tra di loro ha dato vita a interessanti scambi di idee e narrazioni inaspettate. E’ stata un’esperienza arricchente per tutti.

    Una domanda tecnica: quali piattaforme utilizzate?

    Bepart è un cocktail di tecnologie che abbiamo assemblato, con lo scopo di fornire la migliore esperienza possibile della AR per l’utente. L’app permette di fruire contenuti in AR semplicemente inquadrando l’opera con la fotocamera del device. Si possono vedere questi contenuti anche non in presenza, ovvero inquadrando una foto come quelle del catalogo o delle cartoline. Inoltre è dotata di una mappa delle opere, cliccando sul pin si vede un’anteprima del contenuto digitale, i credit e una breve descrizione.  

    Quali caratteristiche devono avere i murales per entrare nel MAUA? Esiste una regola o solo la narrazione e la creatività guidano la scelta?

    Uno dei concetti alla base del progetto MAUA è quello della curatela partecipata. Per questo coinvolgiamo associazioni di quartiere attraverso cui dare vita a laboratori con gli studenti. Sono questi ultimi a mappare le opere di street art e a scegliere quelle che trovano più interessanti, basandosi non solo sul loro valore artistico intrinseco, ma anche sul valore esperienziale ed affettivo.

    Come funzionano i workshop attraverso cui prende forma MAUA?

    I workshop prendono l’avvio da una open call nazionale, un vero e proprio invito a prendere parte al progetto. Sono rivolti ai giovani dai 13 ai 35 anni. Vogliamo che MAUA non abbia valore solo come prodotto finale, ovvero il museo aumentato, ma anche come processo tramite cui i giovani possono acquisire competenze professionali specifiche e spendibili sul mercato del lavoro.


    Quali sono i momenti che ricordi con maggior intensità?

    Amo i momenti di esplorazione della città per cercare e mappare le opere. È come tornare bambini e giocare alla caccia al tesoro, scoprendo la città con occhi diversi. Magari sei in un posto abbandonato, ricoperto di cemento, senza nessuna attrattiva, giri l’angolo e ti trovi davanti a un bellissimo murales, colorato, vivo. C’è tutta la magia dell’infanzia e della scoperta.

    Quali sono i vostri progetti futuri e la prossima città di MAUA?

    Stiamo creando un progetto turistico per valorizzare e raccontare l’Oltrepo mantovano attraverso l’archeologia. Realizzeremo delle installazioni in AR lungo percorsi slow, ecosostenibili per favorire un turismo più consapevole.

    Per quanto riguarda MAUA, ci piacerebbe esportare il progetto ad altre città fuori dall’Italia, magari in America Latina. Buenos Aires, Rio? Vedremo.