• Storie in XR: Andrea Giglio

    Le storie in XR si occupano oggi di realtà virtuale ed incontrano Andrea Giglio che ho conosciuto grazie a Pyramid Cafè e alla Meta Oculus Community Italy®. Ci siamo ritrovati più volte ad eventi in AltspaceVR sia divulgativi sia d’intrattenimento come, ad esempio, le serate cinema o l’incontro con Paolo Nespoli di qualche settimana fa. Recentemente Andrea ha tenuto due incontri dedicati a XR e disabilità all’interno di AltspaceVR e Second Life e mi ha permesso di approfondire un tema che è ancora poco conosciuto.

    Spesso la realtà virtuale e il social VR vengono accusati di allontanare dalla realtà, di isolare i giovani con effetti negativi sulla loro personalità. Non si considerano invece le opportunità offerte dalle tecnologie di creare connessioni virtuose, di mettere in contatto persone da tutto il mondo, nonostante diversità e problemi fisici.

    Ne ho avuto la prova circa due anni fa quando ho partecipato ad una mostra di una pittrice e poetessa con problemi motori, organizzata da Francesco Spadafina in AltspaceVR. Ho avvertito chiaramente la gioia dell’artista di potersi muovere liberamente nello spazio immersivo e dialogare con tutti noi come fossimo ad un vernissage in presenza.

    Chi è Andrea Giglio

    Andrea Giglio è un XR Consultant, socio di  Connected Reality Italy, docente di tecnologie immersive, modellazione 3D e sviluppo esperienze XR ed è specializzato sui temi di inclusione.

    La storia di Andrea

    Come sapete, nelle mie interviste cerco di conoscere i professionisti dal punto di vista umano e non solo lavorativo. Desidero capire e condividere con voi le loro esperienze, le loro emozioni. Ho scoperto uomini e donne davvero sensibili ed unici.

    Conosciamo insieme i primi passi di Andrea nell’XR e le sue passioni per la realtà estesa. L’ho intervistato per voi.

    Andrea Giglio
    Andrea con il suo avatar di AltspaceVR

    Quando hai approcciato la VR e quali sono state le tue prime esperienze? 

    Il mio primo approccio con la realtà virtuale è stato all’inizio del 2017 quando ho preso parte al progetto “Virtual Reality Innovation” finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale della Provincia di Bolzano. Il progetto prevedeva la realizzazione di quattro prototipi di esperienze virtuali per la formazione in quattro settori differenti, quali la gestione delle riunioni aziendali, la sicurezza nell’organizzazione degli eventi, i progetti di vinificazione e i servizi relativi alle information technologies. Qualche prototipo faceva uso di riprese a 360, mentre altri erano esperienze VR interattive vere e proprie.

    Ho letto che hai frequentato a Sidney corsi di modellazione e animazione 3D con Andrew Silke. Quanto ha inciso quest’esperienza formativa sulla tua professione?

    Esatto, all’età di 31 anni ho messo letteralmente la mia vita in una valigia, ed, essendo l’ultimo anno in cui potevo fare il visto Working Holiday Visa, mi sono trasferito a Sydney. Il viaggio in Australia è stata un’esperienza cruciale nel mio percorso. Una volta arrivato a Sydney ho iniziato a cercare quali erano le offerte formative che la città poteva offrire ad un giovane modellatore 3D e ho scoperto che Andrew Sike, già supervising animator di colossal hollywoodiani quali Avatar, Gravity, Happy Feet e “Harry Potter e i Doni della More, Parte 2a” (per soddisfare la curiosità dei Potterhead, Andrew è responsabile della sequenza animata dei tre fratelli) aveva trovato una nuova vocazione nell’insegnamento. All’epoca Andrew aveva aperto il sito, ancora esistente, “Create 3D Characters”, una vera miniera per i giovani apprendisti in questo settore. Oltre a quanto ho appreso da un punto di vista tecnico, anche il modo in cui faceva docenza è stata un’esperienza unica. In puro Australian style, immersi da tavoli da surf e giganteschi pupazzi di Totoro provenienti dallo studio Ghibli Andrew faceva le lezioni private a casa sua, oltre ad essere docente alla Sydney University. Ad intervalli regolari organizzava nel suo giardino barbecue a cui prendevano parte studenti universitari, studenti privati e aziende locali; in questo modo i giovani avevano modo di mostrare i loro showreel e le aziende di scegliere i ragazzi più meritevoli. Rispondendo alla tua domanda l’esperienza con Andrew Silke è stata fondamentale per me, perché mi ha offerto un approccio alla creazione di contenuti digitali davvero unico, internazionale e collaborativo. Ancora oggi Andrew offre docenze online e chiunque può prenotare lezioni con lui.

    Si parla molto di Metaverso come luogo adatto a giovanissimi e gamers, quasi un po’ distopico. Tu come lo vedi e come pensi si svilupperà? 

    Io sono molto positivo nello sviluppo dei Metaversi, quello che mi porta ad esserlo è l’entusiasmo che vedo in molte ragazze e molti ragazzi che si ritrovano nelle piattaforme virtuali. Sicuramente c’è molta disinformazione in merito alle tecnologie immersive collaborative, e poca attenzione viene data, ad esempio, alla realtà aumentata che già potremmo usufruire tutti attraverso i nostri smartphone. Tale disinformazione porta molti italiani ad un approccio scettico e a vedere le nuove tecnologie come un punto di rottura con la nostra tradizione. Forti della nostra storia e della nostra tradizione artistica penso che queste tecnologie siano un mezzo eccellente per portare questi saperi millenari in una nuova dimensione, dopotutto noi siamo il popolo che ha scoperto la prospettiva e ha pianificato spazi tridimensionali secoli fa.
    Quanto al timore che i nostri ragazzi saranno assorbiti giorno e notte nei loro visori, per me è una paura infondata. Se c’è un ottimo modo per evitare che i ragazzi passino ore ed ore a giocare ai videogiochi, questo modo sta nell’insegnare loro a realizzare i videogiochi. La chiave per me sta nella formazione al giusto uso e consumo di queste tecnologie che caratterizzeranno la vita di tutte e tutti.

    Sei molto presente su piattaforme come AltspaceVR, Second Life ed altre. Quale preferisci e perché? 

    Penso che tutto dipenda dall’utilizzo che se ne vuole fare. Ogni piattaforma risponde ad esigenze specifiche. Spatial è ottima per le riunioni di lavoro, così come lo diventerà sempre di più Oculus Workrooms. È molto interessante la possibilità di poter interagire e toccare altri avatar offerta da VR chat. Quella che preferisco per interagire con altre persone e fare eventi serali e conferenze è sicuramente AltSpace VR, anche per le splendide comunità italiane che la caratterizzano. Ogni evento è fonte di arricchimento personale ed un ottimo strumento per il team building e la condivisione di saperi e passioni.

    Per quanto riguarda Second Life penso che il valore aggiunto di questa piattaforma è la sua storia di oltre vent’anni che può essere un faro nella realizzazione di nuovi mondi virtuali. Penso che tutti noi possiamo imparare molto dai successi e dai momenti bui che l’hanno caratterizzata, così come dalla qualità intellettuale ed estetica dei suoi contenuti, particolarmente in momento in cui siamo chiamati a realizzare nuove comunità digitali. Abbiamo oggi la possibilità di trasportare gli stessi contenuti all’interno di esperienze immersive. Per quanto avveniristiche potranno essere le tecnologie, la qualità delle esperienze sarà infatti direttamente proporzionale ai loro contenuti.

    Hai tenuto recentemente due speech in AltspaceVR e in Second Life su ‘Tecnologie immersive e disabilità’. Da quando e perché ti sei specializzato su questo tema?

    Nel 2018 sono stato docente nel primo corso di realizzazione di contenuti di realtà virtuale ed aumentata. Pochi mesi dopo dal corso un mio corsista, e attuale collega, ha avuto un incidente grave ed ha dovuto passare un lungo periodo di riabilitazione. Mentre era all’ospedale ha avuto modo di capire quanto le tecnologie immersive potessero aiutare persone con disabilità, persone anziane e persone che devono fare riabilitazione. La sua esperienza ci ha aperto gli occhi su quello che potesse essere uno degli utilizzi migliori delle tecnologie immersive.

    Evento sulla disabilità in Second Life
    Andrea alla serata di Pyramid Cafè

    Quali vantaggi potrebbe offrire la VR a persone con disabilità fisica?

    Veramente tanti. Le tecnologie immersive sono effettivamente degli abilitatori di esperienze, permettendo a persone disabili possibilità che gli erano finora precluse, quali nuotare, fare una scalata, andare in skate o in bicicletta, fare visite o escursioni.

    Questi mezzi innovativi consentono alle persone su sedia a rotelle di pianificare percorsi accessibili all’interno delle aree metropolitane, in stazioni, supermercati o centri commerciali. Ciò porta a una notevole riduzione dell’ansia legata all’esplorazione di luoghi sconosciuti quando si troveranno a visitarli nella realtà. Tali esperienze sono anche utili a preparare anche i loro accompagnatori. Quando nella progettazione e nella creazione di spazi virtuali viene data attenzione a tutte le misure legate all’inclusività questa attenzione resterà con noi anche quando ci troveremo a costruire gli spazi reali.

    Per persone ipovedenti la realtà virtuale offre la possibilità di vedere le immagini più chiaramente, mentre la realtà aumentata può aiutarle a riconoscere volti ed evitare ostacoli. Cruciale in questo caso anche lo sviluppo di interfacce ricche di informazioni utili in tempo reale. Feedback sonori o tattili consentono di fare esperienze a persone prive di vista.

    Per persone con problemi d’udito infografiche sovrapposte al video delle esperienze virtuali possono permettere loro di capire quanto stanno dicendo le persone che le circondano o riconoscere dei suoni. In questo ambito sono già stati sviluppati dei guanti in grado di interpretare e tradurre il linguaggio dei segni.

    Per persone anziane o affette da Alzheimer la realtà virtuale agisce da abilitatrice di esperienze, perché funge da switch on del loro cervello, facendoli sentire riconnessi alla vita. Per persone anziane non affette da disabilità, ma impossibilitate a muoversi, offre la possibilità di essere connessi da remoto in tempo reale, ad esempio, nella stanza dove si sta sposando il proprio figlio o la propria figlia. 

    In un’ottica di life reviewing la VR offre la possibilità di rivisitare luoghi legati ad episodi poco piacevoli della vita, avendo vicino un parente mentre si fa l’esperienza virtuale. Ciò può essere importante per andare a risolvere tutto quello che si è lasciato incompiuto nell’esistenza e recuperare finalmente un senso di pace. 

    La realtà virtuale può permettere alle persone anziane anche di viaggiare virtualmente nei luoghi che hanno visitato in passato, in cui si sono sposati, in cui hanno fatto il servizio militare, andando a riattivare dei ricordi, cosa importantissima, ad esempio, per chi soffre di demenza senile.

    Può inoltre essere un valido strumento per far fare esercizio fisico in maniera avvincente e collaborativa, andando ad aumentare i riflessi in condizioni sicure. 

    Persone con autismo o Asperger possono apprendere abilità sociali e le abilità della vita in un ambiente che non avvertono essere minaccioso. Esistono inoltre visori in grado di rilevare le risposte emotive degli utenti. Ciò può rivelarsi utile per monitorare paralisi facciali, depressione, disturbi bipolari e Parkinson. 

    Le persone disabili si trovano spesso a dover dipendere da altre persone. In un interessante ottica di ribaltamento delle parti Maestro Games ha sviluppato un’esperienza  in cui gli utenti vestono i panni di un direttore d’orchestra e un’orchestra virtuale dipende dai loro movimenti. Esperienze di questo tipo sono molto importanti per rafforzare un senso di autostima, calma ed empowerment. 

    Che percorso consiglieresti ad un/una giovane che desideri specializzarsi in XR con focus su disabilità? 

    Anche se le tecnologie immersive permettono di sperimentare cosa voglia dire vivere con certe limitazioni è importante far provare la realtà aumentata o la realtà virtuale direttamente alle persone disabili per capire effettivamente quali siano i loro desideri e le loro esigenze. Una delle caratteristiche della realtà virtuale è una forte personalizzazione; una volta che vengono individuate le necessità di una specifica utenza sarà possibile realizzare degli spazi virtuali ad hoc nei quali tali bisogni verranno soddisfatti. 

    Sono stati stilati da Meta così come da altre compagnie una serie di criteri per rendere le esperienze più inclusive. Ogni creatore di spazi virtuali dovrebbe conoscerli e tenerli a mente mentre realizza i metaversi. Ad esempio, bisognerebbe mantenere l’azione delle esperienze virtuali frontalmente, impostare i visori in modo tale che l’altezza degli avatar corrisponda a quella di una persona seduta e dare l’accesso ad un secondo utente tramite controller dove la persona non è in grado di farlo indipendentemente. 

    Altrettanto importante è non considerare le disabilità un tabù e rappresentarle anche nei mondi virtuali. 

    Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di documentarsi bene sugli studi già effettuati sul tema della disabilità e delle tecnologie immersive. La virtual e l’augmented reality possono cambiare effettivamente la vita delle persone disabili. Vivere la nostra professione come una missione mirata all’inclusività rappresenta la perfetta fusione tra un sapere tecnico ed una responsabilità morale. 

  • Gen Z e Metaverso ad oggi

    La Gen Z è la prima generazione che frequenta da sempre il metaverso. Hanno vissuto sin da subito una vita connessa online e offline senza alcuna divisione, più precisamente ‘onlife‘, secondo il termine coniato dal filosofo Luciano Floridi. I nati tra il 1996 e il 2012 rappresentano la fascia dei consumatori più giovani ed appetibile per molte aziende. 

    Qual è il loro atteggiamento verso la XR, il gaming e i mondi virtuali?

    Recentemente ho seguito alcuni talk e letto ricerche proprio su questo tema e ho cercato di approfondire per comprendere meglio e poter consigliare i miei clienti sull’approccio da tenere nei confronti dei giovani. Ecco alcuni aspetti che mi hanno interessato e i concetti chiave emersi.

    Ricerca Razorfish e VICE Media Group

    Condotta da Razorfish e VICE Media Group su 1.000 gamers negli USA, ha cercato di indagare l’impatto che il Metaverso ha sull’identità, relazioni sociali e propensione d’acquisto dei Gen Z.

    It’s not a foreign or futuristic concept for them – it’s their reality. Through virtual events, AR, gaming, and other immersive experiences, the metaverse is impacting the way Gen Z thinks, acts, socializes, and spends money every day.

    Quali aspetti tenere presenti?

    Il sondaggio ha evidenziato che la Gen Z trascorre molto tempo con gli amici nel Metaverso (12,2 ore a settimana a giocare ai videogiochi rispetto alle ca. 6 ore in cui si vedono e si frequentano di persona), perché è un’estensione della vita reale e non una fuga dalla realtà.

    Acquistano oggetti come nella vita reale sia per i loro avatar sia per loro stessi. Ritengono che avere successo nel Metaverso sia importante come nella vita reale e vorrebbero guadagnare grazie al gaming o ad attività da svolgere nei mondi virtuali.

    L’avatar non è qualcosa di separato, ma “MY AVATAR IS ME” – A TRUER EXPRESSION OF WHO I AM.” per il 56% degli intervistati.

    Our study shows that Gen Z is using the metaverse to cultivate connections and explore who they really are” afferma Julie Arbit, Global SVP, Insights at VICE Media Group.

    1 giocatore su 3 della Generazione Z vorrebbe che i marchi fornissero negozi virtuali per la navigazione e l’acquisto di prodotti nel metaverso e che vendessero skin e abbigliamento per i propri avatar.

    ricerca sulla Gen Z

    Rispetto alle generazioni precedenti appaiono meno sensibili nei confronti della privacy e questo aspetto è sicuramente da migliorare soprattutto con una buona educazione digitale e consapevolezza dei rischi.

    Ecco uno schema utile da tenere presente per comprendere le evoluzioni future:

    The Metaverse trend report di YPulse

    La ricerca mette due generazioni a confronto: Millennials e Gen Z ed è stata condotta su 1.450 persone di età 13-39 anni in Nord America a gennaio 2022. Per gli utenti Pro è possibile anche indagare elementi nel dettaglio quali ad esempio quanti Gen Z e Millennial hanno acquistato/sono interessati ad acquistare NFT, criptovalute e digital land, come le loro relazioni sui social media si confrontano con le loro relazioni nei mondi virtuali e chi pensano sia in grado di creare un unico metaverso.

    Negli ultimi due anni, a causa della pandemia e del distanziamento, la Generazione Z ha trascorso più tempo in questi mondi virtuali rispetto ai Millennial alla ricerca d’intrattenimento e socializzazione.

    Gaming

    I titoli più giocati dalla Gen Z nel mondo virtuale sono stati: Minecraft, Fortnite, Roblox e Animal Crossing. Proprio nel periodo del Covid alcune piattaforme hanno ampliato il loro ambito da gaming a spazi per concerti, eventi personali e altro ancora, cercando di limitare il senso d’isolamento dei più giovani.

    Che cosa pensano Gen Z e Millennials del Metaverso?

    Gen z e metaverso

    Circa il 50% degli intervistati appartenenti alla Gen Z vedono il Metaverso in modo positivo: ‘cool, fun and exciting’ e solo il 22% lo trova spaventoso e allarmante. Questa fiducia dipende anche dall’abitudine di utilizzo, in quanto questa generazione è solita trovarsi e giocare in mondi virtuali come MinecraftFortniteRoblox, e Animal Crossing.

    Quali attività svolgono all’interno del Metaverso?

    ricerca sul metaverso e Gen Z

    Da notare che l’acquisto di beni virtuali e digitali e di valuta all’interno di un gioco è superiore nella Gen Z rispetto ai Millennials che hanno tuttavia un potere d’acquisto sicuramente superiore. I videogiochi come Fortnite, Roblox e Minecraft hanno la propria valuta di gioco (V-Bucks, Robux e Minecoin) che i giocatori usano per acquistare oggetti, inclusi skin e accessori esclusivi.

    L’interesse/spesa nelle crypto e NFT è invece decisamente superiore nei Millennials.

    Il comportamento della Gen Z è più forte al di fuori del gaming: è più probabile che abbiano creato avatar per se stessi sui social media e che seguano una persona virtuale sui social media.

    Un dato interessante che emerge dalla ricerca è che la Gen Z, che già trascorre molto tempo a socializzare e a giocare nei mondi virtuali, non pensa a questi spazi in termini di “metaverso” o “realtà virtuale”, ma li considera parte della loro vita che dicevamo all’inizio si svolge onlife dove c’è una continua interazione tra realtà virtuale e interattiva e quella analogica e materiale.

    Il tipo di contenuto che è entrato nella top 10 della Gen Z e non nei Millennials è il gaming/eSports. La ricerca sui giochi di YPulse ha rilevato che la maggior parte della Gen Z ama impegnarsi nel gioco, ma anche guardare altre persone giocare ai videogiochi.

    Ricerca del Center for Generation Kinetics

    L’onlife torna come specificità della Gen Z anche nella ricerca condotta dal Center for Generation Kinetics. I giovani fanno pochissima distinzione tra il mondo online e quello fisico ed assegnano valore alla competenza tecnologica quasi quanto alla libertà (rispettivamente 19% e 22%).

    L’87% della Gen Z gioca ai videogiochi su smartphone, console di gioco e computer settimanalmente se non tutti i giorni, giochi che ha conosciuto già durante l’infanzia.

    Secondo la ricerca questa generazione ricoprirà un ruolo fondamentale nel far avvicinare Millennials e Gen X al Metaverso. Può essere considerata il principale fattore abilitante per il successo e lo sviluppo di una struttura interdipendente del Metaverso in cui possono interagire molteplici spazi online e di XR. Le intuizioni di questi giovani sono vitali per le aziende che desiderano avere successo all’interno di questo spazio in espansione poiché la loro influenza modella quello stesso spazio mentre evolve.

    Ricerca Piper Sandler

    Pare che i giovani della Gen Z, nonostante siano assidui frequentatori di videogiochi, siano scettici sull’idea di un mondo online definito. Il 50% dei 7.100 adolescenti intervistati nel progetto di ricerca semestrale sulla Gen Z della società finanziaria Piper Sandler ha affermato di non essere sicuro, o di non avere alcuna intenzione, di acquistare un dispositivo per accedere al metaverso, come un visore per realtà virtuale. Solo il 9% ha dichiarato di essere interessato al punto di effettuare un acquisto e il 26% ha affermato di possedere già un dispositivo. Di quel 26%, solo il 5% è entra nel metaverso quotidianamente e l’82% poche volte al mese.

    Il sondaggio ha intervistato adolescenti di 44 stati, con un’età media di 16,2 anni.

    Ricerca Student Beans

    La ricerca Student Beans ha rilevato che il 44% della Gen Z del Regno Unito non sa cosa sia il metaverso, mentre negli Stati Uniti il 66% lo conosce, anche se ha sentito il termine per la prima volta nel 2021 dopo il rebranding di Meta.

    In generale l’atteggiamento dei giovani risulta abbastanza positivo: la maggioranza (47%) ha detto che “potrebbe essere divertente”, con il 36% che ha affermato che “sembra fantastico” e il 17% che ha mostrato una mancanza di interesse.

    Considerazioni su GenZ e Metaverso

    Dalle ricerche fin qui esaminate emergono alcuni elementi comuni:

    1. da anni la Gen Z è abituata a frequentare le piattaforme gaming e non pensa al Metaverso come a qualcosa di nuovo o sconosciuto, piuttosto un contenitore al cui interno convoglieranno varie piattaforme e brand che già conoscono.
    2. lo percepisce in modo positivo, ma ancora come una realtà in evoluzione e poco definita.
    3. sensibile agli acquisti virtuali per se stessa o per gli avatar accoglie le proposte dei brand in modo leggero e divertente, curiosa soprattutto di vivere esperienze.
    4. vede gli ambienti virtuali come piazze dove ritrovarsi con gli amici, fare nuove conoscenze, sperimentare, apprendere, giocare con il proprio gruppo, andare ad eventi e divertirsi.

    I brand dovranno considerare con attenzione gli interessi della Gen Z e soprattutto tenere presenti le loro caratteristiche e comportamenti che sono state evidenziati nella ricerca condotta da McKinsey&Company (2018). Vediamo alcuni aspetti:

    • verità e dell’autenticità Fondamentali per questi giovani che cercano modi di espressione personali autentici
    • inclusività. La vita online e offline è considerata come singola. Le communities online rivestono grande importanza.
    • realismo. Utilizzano internet e i social media non solo per intrattenimento, ma anche per informarsi ed aggiornarsi.
    • identità e consumo. Cercano valore nei prodotti e nei servizi e personalizzazione. L’individualità diventa importante e desiderano trovare nel consumo l’espressione del sé tanto da essere disposti anche a pagare di più.
    • etica. Il purpose e la trasparenza sono valori fondanti che i giovani pretendono dai brand e dalle aziende.

    Conclusioni

    Quali conclusioni possiamo trarre? Il Metaverso è ancora in costruzione, anche se le sperimentazioni da parte dei brand sono sempre più frequenti ed innovative. La Gen Z è sensibile all’innovazione, ma non percepisce il Metaverso come una grande novità e soprattutto resta in attesa, continuando a frequentare le ‘piazze’ digitali che già conosce ed ama.

    Il consiglio è quello di restare costantemente aggiornati sugli sviluppi per poter analizzare i comportamenti degli users ed in particolar modo dei giovani della Gen Z e consigliare ai nostri clienti gli approcci migliori con un po’ di sano buon senso ed ottimismo. 🙂

    Fonti:

    https://www.razorfish.com/articles/perspectives/razorfish-vmg-metaverse-research/

    https://www.ypulse.com/

    https://goknit.com/gen-z-is-taking-over-the-metaverse/

    https://www.fastcompany.com/90740073/if-the-metaverse-is-the-future-of-social-media-teens-arent-convinced

    https://www.pipersandler.com/1col.aspx?id=6217

    https://partner.studentbeans.com/blog/retail-insights/gen-z-metaverse/

    https://cultadv.com/generazione-z-chi-sono-e-come-conquistare-i-nativi-digitali/

    https://www.mckinsey.com/~/media/McKinsey/Industries/Consumer%20Packaged%20Goods/Our%20Insights/True%20Gen%20Generation%20Z%20and%20its%20implications%20for%20companies/Generation-Z-and-its-implication-for-companies.pdf

  • “Women in the Metaverse”: dietro le quinte

    Come nasce il progetto narrativo “Women in the Metaverse”, dedicato all’empowerment femminile? Parto dall’inizio e vi narro il dietro le quinte e le motivazioni che mi hanno spinto a coinvolgere nove donne a raccontare la loro storia.

    Era l’estate 2021 e avevo iniziato a condurre diverse interviste a persone e professionisti conosciuti nei mondi di social VR. Mi avevano affascinato le loro storie, la loro passione per la realtà estesa e i loro primi passi nella tecnologia.

    È opinione diffusa che la XR sia popolata da gamer e da ragazzini, in particolar modo da persone di sesso maschile. In realtà ho conosciuto tante professioniste e fan di XR di tutte le età e di tutte le professioni. Ho scoperto un mondo di donne variegato ed appassionato che costruisce mondi immersivi, che lavora nel gaming, nella blockchain, nell’XR e in settori, anche molto tecnici, del Metaverso.

    Da questi incontri e dalle prime interviste è nato il desiderio di approfondire, di dare voce a queste donne, di far emergere la loro professionalità per far capire alle ragazze che devono ancora scegliere le loro strade professionali e alle donne che magari hanno perso il lavoro a causa del covid o della crisi economica che esistono nuove opportunità.

    In qualche modo ho voluto costruire ponti tra le generazioni, portare un contributo concreto all’empowerment femminile con un progetto fatto da donne per le donne.

    Il progetto

    Non vuole essere solo un ebook, ma un progetto articolato che mira a diffondere conoscenza ed esperienze alle lettrici e al pubblico femminile in generale.

    Per prima cosa ho voluto fornire un panorama del Metaverso ad oggi con i cambiamenti in atto, le diverse definizioni date dagli esperti e le lotte tra i Big Player. Ho scelto alcune professioniste che ho conosciuto nei mondi di social VR o su LinkedIn e ho raccolto, in interviste mirate, le loro storie, i loro primi passi nella tecnologia, i loro dubbi, le loro emozioni e le scelte che hanno segnato le loro vite e le loro professioni.

    Il ricavato dell’ebook torna alle donne attraverso un’associazione che promuove l’empowerment femminile e sostiene gli studi delle ragazze nel settore STEM.

    La squadra

    Le prime ad essere coinvolte sono state quattro professioniste che conosco e frequento da più di due anni in AltspaceVR: la formatrice Edu3D Francesca M.R. Bertolami, nota nei mondi virtuali come Eva Kraai, la docente Cristiana Pivetta, la travel blogger Bruna Athena Picchi e la community manager di Meta Oculus Community Italy® | Italia Petra Škachová.

    Con Petra e altri amici in AltspaceVR

    Per dare una visione più completa alle lettrici ho consultato il mio network su LinkedIn e deciso di coinvolgere nel progetto “Women in the Metaverse” altre donne attive nel metaverso. Ho contattato nel mondo del gaming la player professionista Federica Campana, l’esperta di blockchain e NFT Sara Noggler (CEO di Polyhedra), l’esperta di XR Elisabetta Rotolo (CEO di MIAT), l’artista in VR Carli Susu e l’esperta di AR Katherina Ufnarovskaia (CEO di Augmented.City).

    Il lavoro non era però finito. Dovevo organizzare la prefazione e la grafica della copertina.

    Chi poteva scrivere una prefazione adatta a incoraggiare le donne a crescere nel settore della tecnologia? Un’altra donna che conosco e apprezzo da diversi anni, Linda Serra di Work Wide Women, da sempre impegnata nel promuovere l’empowerment femminile, diffondere la conoscenza del web e di materie tecniche presso le donne e, al contempo, difendere la diversity e l’inclusione.

    Per la copertina sono stata molto indecisa se ingaggiare una mano femminile o se scelgliere un altro punto di vista. Ho voluto uno sguardo maschile sul mondo delle donne e ho contattato l’illustratore, Andrea Calisi, autore di immagini e copertine per Einaudi, Rizzoli, L’Espresso, Linus, Edizioni Corsare ed altri editori.

    La progettazione

    La squadra era completa e si poteva iniziare la seconda fase, la progettazione. Ho quindi pensato alla struttura narrativa da dare al progetto e mi sono ritrovata nel classico ‘narrative arc’ in 3 atti.

    classico arco narrativo
    classic narrative arc

    Come poter applicare l’arco narrativo al progetto “Women in the Metaverse”?

    Eroine: le lettrici che possono lasciare la comfort zone ed iniziare un cambamento

    Mentori: le intervistate che accompagnano e guidano la trasformazione appena iniziata

    Difficoltà da superare: la crisi del lavoro femminile, la scarsa conoscenza di nuove professioni, di materie tecniche e del Metaverso

    Climax: perdita del lavoro o esigenza di cambiarlo, momento di grande confusione nella scelta di un nuovo percorso di studio.

    Oggetto magico: l’ebook che aiuta a conoscere ed ispira. Favorisce un cambiamento ed il superamento dell’incertezza.

    Un filo rosso collega tutte le storie. Alla fine di ogni intervista trovate una frase d’ispirazione che incoraggia le lettrici a iniziare o a proseguire il percorso.

    Premio/tesoro: la conoscenza, la crescita dell’autostima e la scoperta di strade spesso ancora sconosciute.

    Dono: il ricavato della vendita dell’ebook che verrà restituito alle donne attraverso un’associazione che promuove l’empowerment femminile e suporta le ragazze nelle professioni STEM.

    Perché narrazione e Metaverso?

    Vi chiederete perché ho scelto di parlare di narrazione e Metaverso e non delle classiche materie STEM.

    Il mio interesse per i mondi immersivi non è nato nel momento in cui è diventato un hype con l’annuncio di Marc Zucherberg che ha fatto rebranding di Facebook in META e da quando tutti ne parlano: dagli psicologi ai sociologi, dagli influencer ai social media manager, ecc.

    La passione e lo studio dell’XR erano iniziati molti anni prima. Già dal 2015 avevo portato i cardboard nei miei corsi di storytelling e avevo parlato di immersive e VR storytelling. Da allora ho approfondito questi temi, cercando di diffondere cultura. Dall’inizio del lockdown ho frequentato assiduamente i mondi immersivi di social VR grazie anche al mio META Quest che è arrivato proprio a marzo 2020.

    Ho conosciuto molti professionisti tramite la rete e nelle fiere di settore, ma ho notato che la presenza femminile in Italia è ancora oggi poco diffusa. Ho pensato, quindi, di avviare un progetto di empowerment femminile con lo scopo di far conoscere alcune professioni legate al Metaverso ed ispirare le altre donne.

    Metaverso o multiverso?

    Si parla di Metaverso, ma in realtà siamo immersi in tante piattaforme differenti e a sé stanti che hanno specificità, regole e grafiche diverse. Tanti universi dove si muovono e sperimentano i brand più innovativi. Alcuni hanno adottato piattaforme già esistenti e tipicamente di gaming come Roblox, Fortnite, Zepeto, Decentreland, ecc., altri ne hanno costruite di proprietarie. Possiamo quindi assistere a spettacoli, interagire con gli amici e vedere, scegliere ed acquistare prodotti nei mondi immersivi, ad esempio nell’abbigliamento sportivo con Nike e Adidas, nel turismo con Vienna Tourist Board e Alpitour World, nella ristorazione e food con Wendy’s e Budweisers, nella larga distribuzione con Carrefour o nella consulenza con Accenture e così via.

    Le esperienze possono anche uscire dai mondi virtuali e arrivare nel reale come è successo a Milano all’inizio di aprile nel Metabar, un temporary bar in piazza Sempione creato da Heineken per lanciare l’Heineken Silver, presentata a marzo in Decentraland. Uno spazio virtuale con buttafuori e baristi avatar in grado di intrattenere, suonare e interagire con gli avventori.

    Ma chi frequenta il Metaverso e quanti lo conoscono?

    Pare che sia già molto popolato a livello mondiale, circa 350 milioni di persone e 43 mondi digitali attualmente esistenti (vedi articolo de Il Sole 24 Ore). Questi dati sono forniti dalla recentissima ricerca di Vincenzo Cosenza aka Vincos che ha prodotto una mappa dei mondi digitali, rivolti ai consumatori.

    mappa del Metaverso fonte: https://vincos.it/2022/04/16/la-mappa-del-metaverso/

    Cosenza ha dato vita ad un Osservatorio sul Metaverso ‘con l’idea di studiare l’evoluzione degli spazi tridimensionali immersivi, raccogliere le migliori pratiche di branded experience e fare cultura attorno a questi temi’, come leggiamo sul sito.

    Com’è la situazione in Italia? Secondo la ricerca di Sensemakers risulta che solo il 25% degli italiani sa cos’è il Metaverso, mentre il 41% ne ha appena sentito parlare. Significativa è la posizione delle donne intervistate nella ricerca: del 38% che risulta non interessato al metaverso il 45% è donna.

    Metaverso
    Ricerca Metaverso Sensemakers

    Di qui l’esigenza di fare cultura e d’invitare le donne non solo a frequentare i mondi virtuali, ma a comprenderne le applicazioni e le opportunità di lavoro.

    Con le nove protagoniste dell’ebook ho avviato questo progetto di divulgazione e ho trovato l’appoggio di tante amiche ed appassionate che lavoreranno al mio fianco.

    Vuoi partecipare anche tu e sostenere il progetto? Puoi contribuire sia acquistando l’ebook sulle maggiori piattaforme tra cui: Youcanprint, Amazon, Mondadori, ecc. sia facendolo conoscere alle tue amiche.

    Entra con noi nel Metaverso e lasciati ispirare!

    Vieni a conoscere l’iniziativa a Meet Digital Culture Center a Milano il 19 maggio dalle ore 18:30 in poi. Ti aspetto!

    ebook Women in the Metaverse
    ebook: “Women in the Metaverse”

    Fonti:

    https://www.sensemakers.it/news/di-traverso-al-metaverso

    http://www.osservatoriometaverso.it/

    Credits Photo by julien Tromeur on Unsplash

  • Storie in social VR: Stefano Lazzari

    Le storie in XR e social VR tornano in Italia ed incontrano Stefano Lazzari noto nel metaverso con l’avatar Stex Auer. Ci siamo conosciuti in alcuni eventi in AltspaceVR, perché fa parte del gruppo Pyramid Cafè e di Meta Oculus Community Italy® | Italia. Affascinata dalla sua competenza su VR e mondi immersivi, ho scoperto di avere molte conoscenze in comune con lui. In fondo i mondi XR e social VR sono delle piazze virtuali dove il networking esce dalla rete e diventa reale.

    Chi è Stex Auer

    Stefano Lazzari aka Stex Auer è un Innovation evangelist, Media Content Manager e Social Media Strategist. Nel 2018 ha fondato Digitalguys.it, un network tra professionisti del digitale. A mio parere, risponde perfettamente all’archetipo dell’esploratore, perché fin dagli anni del boom di Second Life ha continuato a far ricerca e a tracciare nuove vie.

    La storia di Stex

    Scopriamo insieme i primi passi di Stex nell’XR e le sue passioni per i mondi immersivi. L’ho intervistato per voi.

    Stefano Lazzari
    Stex Auer

    Ciao Stefano, presentati ai nostri lettori con 3 parole chiave

    Ah, partiamo difficile, Simo!  ma è una sfida a pensare, e dunque l’accolgo ben volentieri e… fammici pensare… a few more minutes of waiting…ecco.

    Traiblazer

    Sono un trapper, un tracciatore di piste, ho vissuto da pioniere quando i modem pigolavano a 54 k, quando le pagine web erano grigie, i testi del minitel erano verde fosforo, quando la rete, tutto quello che stiamo vivendo era nei  romanzi cyberpunk, e si faceva phreaking nelle cabine della SIP, ci si incontrava con Gomma e Caronia a COX18, si  leggeva Decoder e Neural e si ascoltavano le Posse e i Talking Heads.

    Chi è pioniere, pioniere resta, annusa il vento per sapere da che parte arriverà la pioggia, e legge le orme sul terreno per capire il futuro… con il  GPS in tasca ovviamente. Spento. Tanto non serve.

    Space cowboy

    Dei miei trent’anni ho perso l’elasticità, ma perdio sulla tastiera vado veloce, molto veloce, e giù nel ciberspazio poco  conta quanto l’entropia universale ha influito sul tuo corpo fisico. Il bello di essere un vecchio geek è che non c’è missione disperata che ti  spaventi, non c’è ingaggio economico, o carriera che ti alletti o debba raggiungere o  difendere. Un grande sogno e i soldi per realizzarlo. Io ci sto,  vengo anche solo per divertirmi. Anzi, spesso solo per  quello.

    Zoomer

    Sì, sono un Boomer, ma zip.  Moses Znaimer è il nostro campione.  everythingzoomer.com la nostra bandiera.

    Una buona definizione di noi Zoomers italiani potrebbe essere quella di “Generazione de I Quindici” di cui io mi onoro di avere la prima edizione del 1964 e sulle cui solide fondamenta basa tutta la mia insaziabile sete di  futuro. “il meglio deve ancora venire” ci diceva. Ed è il  minimo che mi aspetto.

    Stex alle origini del metaverso
    Stex alle origini del metaverso

    Ti definisci nel tuo profilo LinkedIn ‘Innovation evangelist’ che cosa significa per te l’innovazione?

    Altra bella domanda. Mi sarebbe piaciuto lasciarmi trasportare dalla poesia e darti la risposta che più mi  piace.

    L’innovazione è  “La lotta fra tradizione e invenzione, tra ordine e avventura“.

    Queste belle, bellissime parole che mi commuovono alle lacrime non sono mie, sono di Guillaume Apollinaire, il poeta con cui ho condiviso la mia educazione sentimentale e la crescita del mio immaginario e delle visioni che solo la  sensibilità al futuro ti sa dare.

    Credo che la nostra sia stata la generazione che ha avuto la fortuna di vedere arrivare l’onda delle nuove tecnologie, e di averne costruito gli scenari che noi oggi viviamo… o subiamo, perché non siamo stati in grado di governarli. Questo sarà compito della generazione che ci segue e che avrà questa grande sfida da risolvere: fare andare il futuro  dove è meglio, possibilmente con equità, inclusività e resilienza.

    Per questo motivo e non per altro, per dare il testimone di questa corsa, dò la mia seconda definizione preferita:

    L’innovazione è la  capacità di realizzare l’improbabile

    Queste sono le parole di Piero Bassetti,  fondatore e guida della Fondazione Giannino Bassetti, che sintetizza molto  bene il mio pensiero nella sua trasformazione da poetico a pratico, probabilmente più utile come strumento per  manipolare il futuro. Diamoci una mossa!

    Il tuo avatar ‘Stex Auer’ che definisci ‘gemello digitale’ è lo stesso fin dal 2006 quando sei entrato nel Metaverso? Perché hai scelto questo nickname?

    Intanto sapere cos’è un gemello digitale, aiuta.  Ci dice Wikipedia:

    Un gemello digitale è la rappresentazione virtuale di un’entità fisica, vivente o non vivente, di una persona o di un sistema anche complesso.”

    Di me stesso ho spesso detto: “io  sono tutti i miei  dispositivi”, mettendo sullo stesso piano ogni  forma nella quale  si  rappresenta la mia personalità, che sia un profilo social, un avatar, la mia persona.

    Dunque sì, io sono me stesso in tutte le mie manifestazioni digitali o fisiche, Stex è Stefano, e lo è da sempre, e lo sarà: se ho tante espressioni corporee, ho un’ identità unica.

    Anche il mio Nickname è in effetti il frutto di una fusione: Stex è un mio soprannome storico. Me lo diede la fidanzata di Alberto Marchisio negli anni  ’90 una sera a casa sua, ragionando di musica (Alberto stava scrivendo per Castelvecchi “Trance & Drones” un libro sulla musica elettronica), mentre Auer era un “cognome di generazione” in Second Life, lo si poteva scegliere da abbinare al nome da una lunga lista. Cercavo Willer, Stex Willer,  ma non c’era. Ho scelto Auer, suonava altrettanto bene. Da allora Stex e Stefano sono la stessa cosa. Stefano non mi chiama più nessuno, neppure  mia moglie.

    Stex Auer
    Stex nel metaverso

    Ricordi le tue prime esperienze in XR e il tuo primo visore?

    Certo che si! Sarebbe come non ricordarsi della prima bicicletta, del primo bacio.  Mi ricordo, inquadrai la cover del  libro di Steve Jobs,  editato poco dopo la sua scomparsa, dove campeggiava il suo ritratto che si mise a parlare. Come un quadro a Hoghwarts. Fantastico. Il mio primo visore è stato un Oculus Rift, tutt’ora perfettamente  funzionante a fianco del fratellino Quest. Che dire? Avevo gli occhiali appannati, metterlo fu un casino, e togliendomelo mi caddero a terra. Non un grande inizio. Ma poi è stato amore.

    casa di Stex Auer nel metaverso
    La casa di Stex

    Eri appassionato di Second Life e all’epoca conoscevi già Magicflute Oh? Ci puoi raccontare qualche aneddoto curioso e/o divertente dei mondi virtuali che frequentavi?

    Sì,  ci siamo conosciuti in Second Life,  negli anni del Boom della  piattaforma. Cose mai viste. E  ancora oggi rimane  quella che più si avvicina al concetto di Metaverso… ma è un altro discorso. Dunque dicevo… certo non era l’unico  mondo possibile, anche allora ci furono diversi esperimenti.

    Uno riuscito era v-Side,  un mondo oggi scomparso.

    Sono entrato in vSide nel 2006, allora si chiamava ancora “The Lounge”. Bello graficamente, con molte possibilità di lavorare sul movimento e l’espressività dell’avatar: danzare, muoversi, esprimere emozioni con il corpo. Gli ambienti statici, ma pieni di luci e ombre, anche se le texture erano evidentemente fasulle e un po’ piatte, sembra di muoversi in ambienti profondi.

    Un ambiente blindato, senza altra possibilità che giocare, ballare, fare shopping. In giro, nugoli di ragazzini dai nomi improbabilissimi e dal linguaggio fatto di “yo!” “lol” e poche altre parole acronimizzate, del tutto incomprensibili. Giocano a fare piramidi umane, balletti sincronizzati o cascano a terra dal ridere.

    Me ne sono andato perchè non capivo letteralmente nulla di quello che si dicevano, Uno slang che mi ha  condannato all’esclusione. Le poche volte che cercai di dialogare,  mi sgamavano subito, usavo troppe parole…

    Sei da vent’anni nel digitale e soprattutto nel content. Quali cambiamenti positivi e negativi hai notato e puoi evidenziare?

    Cambiamenti, nel  senso di evoluzione, tantissimi. Posso dirti tranquillamente che praticamente nulla di quello che  erano le procedure e le tecnologie per lavorare nel digitale a fine anni  ’90 e poi nel web del 2001 esiste oggi. La cosa  che però mi preme sottolineare che nulla di quello che riguarda il mio lavoro esisteva prima.  Letteralmente. Ce lo siamo praticamente inventato.  Siamo stati in assoluto i primi a comunicare con il digitale. E questo mi fa pensare che molto probabilmente fra vent’anni, quando si  farà questa domanda a chi oggi inizia il percorso delle  VR/XR/AR si  troverà a dire le mie stesse parole, e tutte le tecnologie che useranno,  oggi  semplicemente,  non esistono.

    Il  digitale, per sua natura, è una cultura che non ha pratiche tradizionali, è continuamente in perpetual  beta, l’instabilità è il suo stato naturale. Leggete Kevin Kelly,  in “L’Inevitabile”,  racconta bene questo stato. Non so se è bene o male.

    Com’è nata l’idea di fondare nel 2016 il network Digitalguys.it? Quali esigenze può soddisfare?

    Nasce dall’idea di mettere a fattore comune le conoscenze che avevano un gruppo di colleghi e amici per seguire sentieri fuori dai percorsi professionali convenzionali, esplorando percorsi nel digitale e nelle tecnologie poco battuti: in primo l’etica, e poi oggi, la virtualità. In futuro, vedremo!

    Hai collaborato alla costituzione di Meet The Media Guru e ora sei all’interno di Meet – Digital Culture Center. Recentemente mi hai scritto: È ora che la tecnologia si rifletta nella cultura e non viceversa’. Ci spieghi il tuo pensiero e il tuo ruolo in Meet?

    La mia storia professionale si è intrecciata con quella del Meet veramente in tempi non sospetti, all’alba di quegli anni  ’90 in cui tutto è cominciato. Sin da subito la rivoluzione digitale si rivelò come un processo innovativo, nato tecnologico, ma che in effetti coinvolgeva tutti gli ambiti del nostro vivere. È così pervasivo, così facilitante, così leggero e così rapido, così adattabile a tutte le nostre attività che l’abbiamo fatto nostro con entusiasmo, senza troppo soffermarci sulle sue esternalità.

    I cambiamenti avvengono in corso d’opera e non è facile riconoscere quando è il caso d’intervenire. È il dilemma di  Collongridge:

    Quando il cambiamento è ancora facile non ne comprendiamo la necessità. Quando il bisogno di un cambiamento è evidente, è ormai difficile e costoso introdurlo.”

    Ebbene è ora di iniziare a ragionare sul futuro della nostra società digitale a tempo, prima che sia troppo difficile e  costoso farlo. Noi crediamo che per poter effettuare questo cambiamento, il driven sia la cultura che deve condurre, e  non farsi più condurre dalla tecnologia.

    Intelligenza Artificiale, Virtualità, Robotica, Blockchain, cosa ne vogliamo fare?

    Parte del mio lavoro al MEET è proprio questo, ed è quello che ho sempre fatto: esplorare, guardare lontano. L’altro  è comunicare quello che si è visto e metterlo in pratica.  

    Che percorso consiglieresti ad un giovane che desideri approcciarsi all’XR?

    El niño que no estudia no es un buen revolucionario,  mi diceva Castro. Io da giovane studente negli anni  ’70 ho  cercato (malissimo) di attuare l’idea di studio come pratica rivoluzionaria,  come esplorazione non convenzionale  della realtà, come servizio alla comunità. Forse questa visione non è così obsoleta come sembra, e comunque merita a chi oggi inizia un percorso, una riflessione su come uscire dall’area di comfort dei propri interessi e di proseguire oltre.

    In fondo, niente di diverso da quello che ha detto Jobs: “stay hungry, stay foolish

    In una serata in AltSpace VR ci hai parlato della tua idea di Metaverso dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto etico. Quali sviluppi possiamo aspettarci a breve?

    A breve prevedo grandi spostamenti di denaro. Gli imperi si stanno muovendo sullo scacchiere del Metaverso,  qualunque cosa sia nella testa dei grandi investitori. Credo che di etica tocchi a noi parlarne, ma con meno, molto  meno soldi.  Conto che ad ascoltarci ci siano ragazzi affamati e pazzi.

  • Storie in XR: Carlos J. Ochoa Fernández

    Le storie in XR hanno un respiro internazionale nel 2022. Chi frequenta i mondi di social VR e si occupa di XR conosce bene Carlos J. Ochoa Fernández che ho avuto il piacere d’intervistare per voi. Il nostro incontro è nato grazie alla VR/AR Association e in particolare all’Education Committee di cui Carlos è Co-Chair. Da formatrice ed appassionata di extended reality ho iniziato a seguire i suoi speech e a partecipare agli eventi da lui organizzati. Nel 2019 ho avuto anche l’occasione di ascoltarlo dal vivo a Piacenza all’evento ‘Scuola e virtuale’ dedicato all’education.

    Per la prima volta l’intervista sarà in lingua inglese, ma ‘stay tuned’, perché ne seguiranno altre. Ampliamo i nostri orizzonti per conoscere e comprendere i cambiamenti in atto nella formazione e nella comunicazione.

    Incontriamo Carlos J. Ochoa FernándezLet’s meet Carlos J. Ochoa Fernández

    Founder and CEO of ONE Digital Consulting, President VRAR Madrid Chapter, Co-Chair of VR/AR Education Committee, Immersive Learning Founding Member, ICICLE X-Reality for Learning and Performance Augmentation SIG, Member of Smart Cities Experts Group of AENOR (Spain).

    Engineer from Madrid Polytechnic University, MBA from Babson College, Postgraduate in Innovation and Entrepreneurship by Maryland University, Master in Digital Marketing for International Business Development (ICEX) and ITC & Gis Certificate by Siemens Data-Technic Schule (Germany).

    With over 30 years of International experience in the Innovation and New Advance Digital Technologies in ITC Industry and Digital Education. Leading successful organizations (SIEMENS, Sagentia, Altran, Founder and CEO of E_Learning Consulting, ONE Digital Consulting & SmartEducationLabs) with a balanced strategic mission and innovative business development vision.

    Author of many publications, articles, and the White Paper “Best Practices in VR in Education” and “State of Art of XR in Education 2020” by VR/AR Association.

    Foto di Carlos Ochoa Fernàndez

    And now Simonetta and Carlos will talk about XR, VR education and many other topics.

    Let’s start with ‘WHY, as Simon Sinek’s Golden circle ‘docet’. Why did you approach XR?

    Throughout my long professional career, I have been a very restless person, always attracted by emerging technologies and their application to the real world from different perspectives.

    Especially in projects where the integration of complex solutions and technological convergence was required.

    It was during my time at Siemens, when developing the Forest Plan project of the Community of Madrid, on environmental protection in forests and natural parks, we had the need to develop a simulation model of intervention and prevention of forest fires, evaluating its impact and subsequent reconstruction over the years.

    To do this, we used different technologies, a GIS (geographical information system), integration of digital terrain models, cadaster data, land uses, and satellite images at different times of the year, in order to carry out evaluations and simulations, etc. At this time, together with engineers from different universities, we have already developed a very complex three-dimensional visualization and simulation system. Integrating vector, raster and alfa-numeric data in the same model.

    At the Polytechnic University, I specialized in geodesy and photogrammetry and later, I expanded my studies in information technology and geographic information systems for two years, at the Siemens University in Germany. Which allowed me to have a very powerful knowledge and vision of three-dimensional environments, their integration with gis and subsequent modeling for simulations and impact studies.

    I subsequently specialized in urban planning and cultural heritage, applying 3d reconstruction technologies, animations and virtual reality technologies in the development of various R&D projects in Europe.

    This is the evolution and why I entered the world of Virtual Reality. What is synthesized and summarized in one of my favorite projects: The Virtual Reconstruction of the Islamic City of Cuenca, and its evolution over the years to the present.

    City of Cuenca
    Magical and Mystery Tour around Cuenca.
    Cuenca in VR
    Virtual tour – Cuenca Islamic City

    When have you tried on your first headset? Do you remember your feelings? Do you have any funny memories to tell us?

    Yes, of course, I remember those very first experiences. Recently a colleague from the VRAR association reminded me of it. It was around 1993, more or less, at a computer fair in Madrid. When I put on my first VR helmet, that giant device, full of cables, was super heavy and uncomfortable, to say something. The experience was like getting into a diver’s scuba diving suit.

    I remember perfectly that I was in the middle of a deserted street, it seemed like the Wild West… I walked around for a while, and approached a mirror of that stage, and I began to move my arms and I could not see myself reflected. I automatically decided to take off the case and respond to the technical staff…this doesn’t work. If I don’t see myself, it’s not real… They were left with a face of absolute frustration… I left disappointed. I have to confess that I am very much an engineer, I like to touch, feel, and apply… I leave the metaphors for my intimate world.

    In that time, my team and I at Siemens, worked with stereo graphics images from satellites with 3d glasses and silicon graphics workstations, overlaying vector maps in 3d for urban planning and environmental simulation…there were really exciting times. Have a look at this video.

    You wrote the “White Paper” of “Best practices in VR Education” for the international VR/AR Association. You are a co-chair of VR/AR Education Committee and speaker in many conferences and workshops about innovation and immersive realities. What are the benefits of XR in education? Do you think that virtual education will have a great impact in 2022 in Spain and in Europe?

    This is a question I ask myself year after year. And 5 years have passed since my presentation at the International Conference on Innovation in Education ICERI 2016, Are we ready for disruptive education with VRAR?

    After all this time, many hours of investment, effort and evangelization around the world, I see that there is still a long way to go. It is an experience that is sometimes rewarding and sometimes frustrating.

    Sometimes I have the feeling that we take two steps forward and one step back. And I keep wondering why. Why do we keep talking about the same things as 5 years ago, repeating the same slogans and set phrases… without too many promises kept?

    But the lessons learned should make us reflect, listen more to the user’s needs, their priorities, in short, listen to reality, and not work and theorize about an imaginary or desired reality. This doesn’t work like that, and it’s very similar to what’s coming up with the Metaverse at the current time.

    There are experiences, exemplary use cases… but acceptance and implementation take a long time, more than expected. Changes in the educational system require time, and a clear and well-defined value proposition. Beyond slogans about advantages and benefits, what is needed is evidence that supports the use of immersive technologies in the classroom and later, to see opportunities to replicate these successful models. But always from a global perspective, integrating technologies and not observing them in an isolated way. And it is here, for many reasons, that it is worth exploring and analyzing carefully.

    How our ecosystem is configured, where we want to go, what are the real needs of the stakeholders, what is the implementation plan, the training plan, the budget and the sustainability plan that guarantees future investments based on results obtained. And this process, in public education, is very complicated to establish, beyond pilot programs, a lot of will, effort and investment.

    During the last 20 years, I have had the opportunity to work with a large number of international educational institutions, publishers, governments, etc., assisting them in their digitization processes and the results are seen over time.

    The basic pillars are well defined, and if we go down this path, the results, I am completely sure, will exceed expectations.

    To support this conviction, I would like to highlight two of the most representative activities that we have carried out this year from ONE Digital Consulting: The VR/AR Train the Trainers program, with the participation of more than 1.000 teachers from all over the world, and the project “Music with the 5 senses” with the Reina Sofia Music School, to bring classical music and values closer to young people from 13 to 17 years old, to schools.

    Music with 5 Senses. DES 2021 IFEMA

    More than 1,000 students from different educational centers in Madrid have already experienced in first person, with a truly outstanding acceptance.

    the Reina Sofia Music School

    Education and training are the basis of everything, and especially when we want to implement new changes in the society.

    The Covid-19 pandemic caused a disruption in education. We have experienced an important adoption of VR and AR in some schools and universities (Università degli Studi di Napoli ‘Parthenope’ and Politecnico of Turin). Someone started to teach in metaverse (Altspace VR, etc.)  What are the most important changes we should make in educational strategy and in learning methods?

    Education is a system; teaching is an action; learning is a process.’ Terry Heick.

    Yes, it is true that Covid has had a direct impact on all aspects of our daily lives and, of course, on the educational system. Revealing the great weaknesses that it maintains, the problems of sustainability and technological adaptation, methodologies and responsible adoption of devices, connectivity and accessible content.

    It has been a global experience, where the answer has been: save yourself.

    In the face of great challenges, small solutions. This has helped certain institutions, or rather I would say, individual evangelizers, have been able to find solutions that would allow virtual access to classes, monitoring and tutoring. And with more or less success, some institutions/teachers have entered the world of collaborative virtual platforms, learning with their students to get the best possible performance and results. Discovering how to apply them, improve performance and maintain contact with students, in the best possible way. And all this, expanding the local ecosystem and having the opportunity to share experiences with teachers and students from all over the world. Something completely unimaginable just two years ago.

    I would not dare to call these platforms Metaverse, since they were not born under that architecture or functionality, but they have served to learn to interact in a virtual environment, interact in a community and carry out activities that would have been impossible otherwise.

    During these exciting times, some truly pioneering experiences have been developed worldwide, in which I have been lucky enough to actively participate and collaborate. As the first virtual congress of AWE in 2019; the first virtual congress of Educators in VR in Altspace, with thousands of participants from all over the world connected 24-hour online sessions throughout a week; or the experience of ILRN and its virtual platform in Virbela. An authentic global virtual campus, with classrooms, work centers, meeting rooms and experiences, open to Universities and Communities from all over the world.

    Now, with the progressive return to the new normal, it is time to carefully analyze what we have learned, and how to apply a hybrid learning model and how to restructure teaching and learning methodologies in this new context.

    At this point, many contradictions and discussions between presence and virtuality appear. And this is not the debate.

    Generally speaking, Schools and Universities must train us as citizens and future entrepreneurs or employees of organizations in the real world. And this real world is rapidly changing towards collaborative, multidisciplinary, virtual and global organizations. Where their main activities are developed focused on projects, with teams built specifically focused on that project. They start and ends very fast, and rebuilt based on the specific needs of every kind of project. Therefore, presence does not make sense and in many cases, it is expensive and unfeasible, since these multidisciplinary teams are spread all over the world, in addition to not adding value to the client.

    Obviously, educational institutions, their leaders and governors, have to be aware of this, or else, the educational system, the years lost and the degrees obtained will not serve to get a job in the digital society, reasons for frustration and drop out.

    In this context, the current staff and their role must also be redefined. They must become change agents, intrapreneurs in their organization, and be trained in new methodologies and ways of working that are closer to today’s societies, more digitized and transformed, in order to take on its new challenges and not frustrate students on their way to find work after years of study, effort and sacrifice.

    Thus, a redefinition of the educational system at a global level, a methodology review of teaching and learning methods is urgently required. Combining real life experiences, with ethics and essential foundations of philosophy and science.

    And why do I say this? Many of the current challenges of the human being have already been raised by the classics, and if we read and listened to them more often, they would help us to solve future situations much better, which have been repeated throughout the history and evolution of man on earth.

    Regulation, transparency, and ethics for meta-humans, a challenge for real humans.

    What would you suggest to a young person who wants to approach immersive realities? 

    My personal recommendations would be the same that I make to the students who carry out their internships in our company ONE Digital Consulting center.

    First, open your senses well and be willing to get excited and excited by living and experimenting unique experiences. If you’re not going to do something extraordinary, forget it. You better not to try.

    Study, read and participate in reference forums and events, which allow you to complement your education and skills, and identify your future road to success. Looking for that space, where your commitment, contribution of value and knowledge, will make you feel that you are doing something truly unique and transcendent.

    Do not get carried away by siren songs, bloggers and easy marketing mega trends, there are no shortcuts. Effort, work, study and the network will be your allies. These can be anywhere in the world and you can be one of them.

    Study and let yourself be advised by experts, mentors who will help you develop this new career, which requires time and being constantly up to date.

    Practice, enjoy and unleash the imagination where no one has gone before. There you will have your reward and it will be excellence.

    Immersive realities, is the convergence of several advanced technologies, where you must find the best journey peers to complement your value proposition. You will find them on the net, groups of experts… there are innumerable channels of experts with incredible talent, you must be there.

    During the summer of 2021 the metaverse became a buzzword and attracted many brands. What should we expect in the future?

    We live in challenging and confusing times. A very harsh reality, where great inequalities appear between countries, cultures, regions… which makes us a much more fragile society than we initially thought. And this has its impact on the economy, personal development, customs, quality of life, and of course on education…etc. You have to be prepared to act and deal with unpredictable situations at all times. Be alert to signs, changes, migrations, pandemics, climate change, new forms of work, coexistence, leisure, communication, and personal relationships. This opens opportunities and in turn, closes doors.

    The digital transformation agenda has been disrupted. There will no longer be a beginning and an end. It is a permanent state of adaptation to the social ecosystem that is in permanent transformation.

    Although it is true that apparently many of these changes are not visualized, they are perceived as a tsunami, which arrives almost without warning and devastates everything.

    The phenomenon of the Metaverse is a clear example of this. Something that everyone talks about, and very few know, understand, and are able to visualize it and materialize it in the future.

    But there is no doubt that new business models are being developed, regardless of existing rules and regulations, where winning is the fundamental objective, at any cost. After great phrases, words, and marketing actions, strong trends appear that impose their fashions or part of them. In any case, this would be part of another very dense chapter, and for now, I do not want to go much further. But I am especially interested in some aspects, in particular those related to education.

    And education is the basis of everything. Educate in, by, and for.

    I recently had the opportunity to host the Metaverse at Education panel at the VRARA Metaverse Summit. “Are we ready for MetaEducation” was a complete success, with more than two hours of debate, 5 speakers, 60% women, and more than 200 online attendees. Here we talk about the current state of the ecosystem, the progress made in these two years, and the impact it was having on the world of education. We reviewed the benefits and barriers, as well as relevant critical aspects, on security, identity, bullying, harassment, equality, etc… a very interesting debate that opens the doors for us to work on these new horizons that are opening up before us and that I have allowed myself to go back into new immersive spaces and define the interrelationships between emotions, expressions and their temporary or ephemeral materialization in micro-universes.

    Last but not least, I would love to share my very first experience around what I call “Metaphorical MicroUniverses”.

    Carlos J.Ochoa MicroUniversos
    MicroUniversos Metaforicos

    Last year I received a commission from the Escuela Superior de Música Reina Sofía to record a classical music concert with works by Mozart, Tchaikovsky, and Respighi. In order to make it reach schools, during the pandemic, through immersive virtual reality experiences.

    To do this, we recreate 13 unique experiences, around each of the themes of the three musicians. Contextualizing them around an immersive story and narrative, with the story of a luthier, who explained the history of the construction of a violin, until reaching the interpreter who manages to get the best sound out of unique wood.

    More than 2,500 hours of work, recorded with 3 360º cameras, many hours recording sessions, ambisonic sound, more than 20 different locations, 3D models and recreations, virtual environments, and their integration into an immersive space, which recreates these “Metaphorical MicroUniverses”, which have already toured several schools in Spain with truly extraordinary success.

    An experience that can only be enjoyed from this space in virtual reality, and that is the context where we continue working on new immersive experiences… that will soon see the light. Have a look at this video in YouTube.

  • Storie in social VR: Eva Kraai

    Le storie in social VR si occupano oggi di didattica con la tutor Eva Kraai. Ho avuto modo di conoscere Eva nella community di Pyramid Cafè e mi ha subito incuriosito il suo avatar ricco di fascino e mistero, ma non avevo mai approfondito. Era molto attiva all’interno di Edu3d e teneva dei corsi tecnici su varie piattaforme per appassionati di mondi virtuali. Spesso pensiamo erroneamente che il mondo tecnico della XR e del social VR sia popolato da persone di sesso maschile, ma in realtà è variegato e la presenza femminile è numerosa e molto competente. Proprio per superare questi preconcetti ho scelto di dedicare nel mio progetto alcune interviste all’universo femminile.

    Chi è Eva Kraai

    Francesca M.R. Bertolami aka Eva Kraai è una tutor in Edu3d. Da tutti noi è conosciuta con il suo nickname che ha adottato la prima volta che è entrata in Second Life.

    La storia di Eva

    Scopriamo insieme com’è nata la passione di Eva per i mondi immersivi. L’ho intervistata per voi.

    Expo di Craft
    All’Expo’ di Craft 2021

    Quando e perché hai iniziato a frequentare i mondi di social VR? Perché hai scelto il tuo nickname e non il nome reale?

    In realtà ho iniziato a frequentare mondi virtuali per pura curiosità quando ho sentito parlare di Second Life (all’epoca era un fenomeno di cui si discuteva moltissimo sui media e sembrava che avrebbe rivoluzionato il modo di interagire con gli altri e introdotto gli avatar tridimensionali nelle nostre vite).

    Per motivi tecnici però, avendo come provider Fastweb, non sono riuscita a entrarci finché il mio indirizzo IP non è stato reso univoco, e nel frattempo Second Life aveva già iniziato a deludere molti  utenti.

    Il mio nickname è il nome che ho scelto proprio in Second Life, cui mi sono affezionata e che in seguito ho utilizzato anche negli altri mondi virtuali.

    All’inizio SL mi sembrava un luogo molto interessante, dove poter vivere una vita di fantasia, conoscere persone di  tutto il mondo e riuscire a costruire qualunque cosa con gli strumenti interni.

    In un primo periodo giocavo soprattutto alla Bloodline, un gioco di ruolo con vampiri e lycan,  in cui si poteva anche combattere, ma poi sono entrata in contatto con Vulcano, una sim dove era possibile costruire liberamente e dove ho conosciuto persone molto interessanti.

    Quello che trovavo irritante era il fatto di dovere acquistare qualunque cosa e pagare persino per importare oggetti costruiti da me, quando ho iniziato a lavorare con Blender. Questo è stato il motivo principale che mi ha spinto a entrare in OpenSim, che utilizza la stessa tecnonologia sviluppata dalla Linden Lab, ma in opensource.

    E lì, in una delle grid, Craft World, ho fatto amicizie virtuali che poi sono diventate reali.

    Attraverso i contatti con alcune di queste persone, soprattutto Claudio Pacchiega aka Salahzar Stenvaag e Francesco Spadafina aka Magicflute Oh, sono approdata recentemente ai mondi VR.

    Qual è la tua attività fuori dai mondi immersivi? 

    Nella vita reale sono stata per tanti anni una dirigente del Consiglio regionale della Lombardia e del Difensore regionale, quindi potevo frequentare i mondi virtuali solo nel tempo libero. Ora, essendo in pensione, posso dedicare molto più tempo a questa che è diventata una vera passione.

    Il mio limite è forse la mia formazione umanistica, che mi rende difficile a volte affrontare questioni molto tecniche (non parliamo poi dello scripting).

    Quali sono state le tue impressioni indossando un visore?

    Con il visore mi sono sentita totalmente immersa nei mondi virtuali che ho visitato; è un’esperienza molto differente rispetto alla visualizzazione su schermo, molto emozionante. Ho potuto visitare anche costruzioni che avevo realizzato io e mi sono resa conto di alcuni difetti che altrimenti non avrei notato. Peccato che in Opensim questo non sia possibile…

    Eva Kraii con Oculus
    Eva con Oculus virtuale

    Sei tutor in Edu3d da alcuni anni. Che cosa ti ha spinto a diffondere cultura e competenze?

    Il 2015 per me è stato un anno molto brutto, per motivi familiari.

    Durante l’estate, per cercare di risollevarmi un po’ avevo scoperto la Summer School di Edu3d… c’erano corsi molto semplici, come creare un albero con le texture o come scontornare le immagini, ma lo trovavo molto gradevole e rilassante.

    Così ho iniziato a frequentare Edu3d, ho conosciuto Giliola Giurgola, con cui nel corso degli anni siamo diventate amiche anche nella vita reale e ho pensato di poter condividere anch’io con gli altri allievi quel poco che sapevo fare allora.

    Dapprima solo qualcosa su come importare oggetti dal Web, come modificare gli avatar o scattare foto in Opensim, ma dal 2017 ho scoperto Blender, e da allora è nata una vera passione.

    Blender infatti permette di creare qualunque cosa si voglia importare nei mondi virtuali e, lavorando in low poli, con “pesi” delle mesh molto ridotti. Perciò ho provato, prima sotto la guida di Salahzar, poi autonomamente, a trasmettere questa passione nei corsi base o intermedi. Non ho la pretesa di essere una builder eccezionale, ma quello che riesco a fare mi piace condividerlo con gli altri – e anche imparare dagli altri, ovviamente – nello spirito di collaborazione di Edu3d.

    Quali mondi frequenti abitualmente?

    Rimango molto affezionata a Craft World, il mondo Opensim in cui sono arrivata nel 2010, quando ancora c’era pochissimo da fare o da vedere; però ultimamente sono entrata con il PC o con l’Oculus in AltspaceVR, soprattutto per il Magicflute Show, in cui abbiamo replicato un seminario sulla didattica già tenuto in Craft World e dove ho fatto parte dello staff per le riprese video.

    Magicflute Show
    Seminario al MacigFlute Show

    Un esperimento interessante è stato quello di mettere in comunicazione tre universi virtuali, Second Life, Craft e Altspace Vr attraverso StreamYard, grazie alla regia di Rubin Mayo, molto esperto di streaming.

    In VrChat ho invece ricostruito una Escape Room che avevo realizzato a Craft per un progetto collettivo di un giovane di talento, Michelangelo Tricarico.

    Escaper room in VrChat
    Escape room in VrChat

    Ho provato anche Mozilla Hubs, ma non mi ha entusiasmata.

    Attualmente con Salahzar stiamo esplorando Vircadia, un ambiente non proprietario nato dopo la chiusura di Hi Fidelity, che utilizza la stessa tecnologia.

    Eva Kraii in Vircadia
    In Vircadia

    Secondo te il social VR è adatto alle ragazze o è ancora, come il gaming, un mondo prevalentemente maschile?  Hai stretto amicizie virtuali?

    Credo che le ragazze non abbiano problemi a frequentare il social VR, alcune sono addirittura coordinatrici di community, ad esempio Beleth in VrChat. Oltre al gaming, che è spesso molto competitivo, nei mondi virtuali si possono fare tante altre esperienze, conoscere persone lontane e stringere amicizie reali, che ci portano a volerci incontrare anche di persona.

    Oltre a Giliola e Salahzar, ho conosciuto tantissime persone interessanti e che considero veri amici.

    Proprio in questo periodo stiamo lavorando al 2Lei, una serie di eventi sul contrasto alla violenza contro le donne che si svolge in parallelo in Second Life e in Craft, con il coordinamento di Rosanna Galvani del Museo del Metaverso, un ambiente che promuove l’arte in tutte le sue forme, e ho approfondito la conoscenza con tutte le persone dello staff, scoprendo dei talenti eccezionali ma anche molta umanità e spirito di collaborazione.

    2Lei contro la violenza sulle donne
    2Lei eventi

    Il metaverso, di cui oggi si parla tanto, è spesso considerato in senso negativo come un luogo di fuga dalla realtà, di alienazione. Quali aspetti positivi ti senti di evidenziare? Come pensi evolverà nel prossimo futuro? 

    E’ una bella domanda… credo che per ora il metaverso, nonostante i proclami di Zuckerberg, resti un ambiente un po’ di nicchia, circoscritto agli appassionati.

    Non lo vedo però come una fuga dalla realtà, piuttosto come un’integrazione della vita reale.

    Sono sicura che in futuro, quando la tecnologia avrà costi ridotti e sarà meno complicata, sempre più persone si lasceranno affascinare dal metaverso, e potranno navigare sia per divertirsi e giocare, ma anche utilizzarlo come strumento di cultura e conoscenza.

  • Storie in social VR: Fabrizio Di Lelio

    Le storie in social VR si occupano oggi di un tema di particolare interesse: la creazione dei mondi immersivi. Oltre agli spazi proposti dalle piattaforme, è possibile infatti creare ambienti immersivi molto diversi: dal percorso per mostre o convegni alla sala per open house dove mostrare i prodotti in 3D, dall’aula virtuale all’hotel con piscina e gonfiabile a forma di fenicottero, dalla spiaggia dove trovarsi con gli amici alla sala cinema con bar e chiosco pop-corn.

    Ho conosciuto Fabrizio Di Lelio (aka samo976) due anni fa quando ho iniziato a frequentare con assiduità AltspaceVR e le serate di Pyramid Cafè.

    Fabrizio aveva organizzato dei corsi per neofiti sulla creazione di mondi immersivi. Ci si ritrovava alla sera e si sperimentava all’interno del ‘Giardino segreto’, aperto per le esercitazioni. Nuovi mondi prendevano vita di fronte ai nostri occhi.

    Chi è Fabrizio Di Lelio

    Fabrizio Di Lelio è un ‘video technician, cameraman and Video/Graphic operator’ come leggiamo sul suo profilo LinkedIn.

    La storia di Fabrizio

    Scopriamo insieme com’è nata la passione di Fabrizio per i mondi immersivi. L’ho intervistato per voi.

    Fabrizio ciao, raccontaci chi è samo976. Perché questo nickname?

    Era il ’97 quando ho iniziato a scoprire Internet e i videogiochi, mi serviva un nickname e Samo era la firma di un artista che amo, Jean-Michel Basquiat.

    Basquiat

    Ti sei trasferito a Londra ormai da diversi anni. Ci dici il motivo e quali opportunità hai trovato?

    Sono 12 anni che vivo a Londra. Erano ancora tempi non sospetti quando ho lasciato l’Italia, purtroppo le cose non andavano bene per me. Arrivavo a stento a fine mese. Ma non l’ho fatto unicamente per una ragione economica. La mia scelta è stata per lo più dovuta alla mia carriera, che ha preso una svolta decisiva quando sono arrivato qui. Io mi occupo principalmente di video nel settore degli show ed ho avuto la possibilità di lavorare con artisti di fama internazionale, a livelli che purtroppo in Italia non avrei mai potuto raggiungere.

    Da quando e perché ti sei avvicinato alla realtà virtuale e al social VR?

    Come ho già detto sono un Gamer. Ho comprato il mio primo visore 5 anni fa. Si trattava della prima versione commerciale dall’oculus. Ero appassionato, ma in realtà lo sono ancora, di questo gioco di simulazione spaziale. Giocavo in 2d, ma ero incuriosito di vedere che effetto facesse il gioco in VR. Non posso negare di aver sofferto di motion sickness all’inizio, ma il gioco era così bello a 360° che me la sono fatta passare.

    Hai realizzato un’area espositiva in Mozilla Hubs molto interessante per MEET Digital Culture Center di Milano in occasione della mostra ‘Synthetic corpo-reality’. Ci racconti qualcosa di quest’esperienza? Perché è stato scelto Mozilla Hubs?

    Prima di parlare dell’esperienza con il Meet dovrei fare un preambolo. Io ho incominciato a costruire mondi virtuali molto per gioco, questo 2 anni fa proprio sotto la pandemia. Sono completamente autodidatta, con delle basi di grafica 3d e 2d. Altspace, la piattaforma dove ho cominciato a scoprire i social VR, è stato il mio trampolino di lancio per il Building. Ho dovuto imparare ad usare Unity che è un engine per la produzione di videogame. Con Unity si possono creare giochi senza dover conoscere i codici , sicuramente questo è stato molto utile. In Altspace mi é stato possibile conoscere nuove persone, fare nuove amicizie.

    Da qui i contatti con il Meet. Il progetto del Meet è stato per me un po’ una sfida, perché la piattaforma su cui è stato sviluppato per me era completamente nuova. Ho dovuto studiare molto e approcciarmi ad un software 3D nuovo, Blender. Sono molto contento dei risultati e come mia prima esperienza posso dire di essere molto soddisfatto, abbiamo portato in esposizione le opere di 11 artisti digitali. La scelta della piattaforma di Mozilla, Hubs, è dovuta al fatto che questo particolare social è molto facilmente accessibile da qualsiasi utente, anche senza il bisogno di scaricare un software o creare un account. Ti basta fare un click su un link per entrare.

    Quali esperienze di VR e social VR puoi narrarci per far comprendere le opportunità offerte dalla tecnologia?

    Come ti dicevo io sono un Gamer per cui le prime esperienze VR sono appunto relative al gioco. È difficile spiegare il VR. Credo che siano cose che vanno provate per capirle appieno. A me piace pensare che sia un’estensione della realtà, e non qualcosa a sé stesso. Io gioco prettamente online, quindi mi capita di conoscere molte persone. Durante questa pandemia è stato un po’ come manna dal cielo. Specialmente con Altspace dove abbiamo potuto incontrarci. Abbiamo organizzato Talk show, proiezioni di film su grandi schermi, Karaoke, o ci siamo incontrati solo per una chiacchiera. È stato sicuramente meglio di stare chiusi in casa da soli. A chi non lo avesse mai provato consiglio di fare questa esperienza.

    Hai fatto esperienze anche in realtà aumentata?

    No a livello lavorativo, solamente come fruitore.

    Ci siamo incontrati spesso in Altspace VR dove hai anche tenuto corsi gratuiti per i neofiti. Quali sono i vantaggi offerti da Altspace rispetto ad altri social VR?

    Altspace è un social VR di microsoft. Quindi un mondo virtuale dove ognuno può partecipare sotto le sembianze di un Avatar, ovvero un perseguito grafico che puòavvicinarsi alle proprie sembianze o essere completamente diverso da ciò che si è. Ci si può accedere con un visore di realtà virtuale, ma anche con un semplice PC Ti permette, non solo di visitare mondi o partecipare ad eventi, ma anche di creare i tuoi mondi o essere l’host del tuo evento personale. Consiglio Altspace per chi vuole organizzare eventi del tipo talkshow, per via della tecnologia Front Row, che permette la creazione, automatica, di stanze multiple, una volta superato il numero massimo di utenti nella prima.

    Quali altri social VR frequenti e quale ritieni sia più adatto alle aziende?

    Io personalmente ho provato diversi social VR, alcuni tramite quest e altri tramite pc. A mio avviso ho trovato Hubs quello più prático, proprio per via del fatto che non è necessario né scaricare un software, né tanto meno dover creare un account. Per quanto riguarda le aziende non posso sapere quale potrebbe essere la soluzione migliore in quanto può variare a secondo delle esigenze. Hubs stesso potrebbe essere una soluzione utilizzando un server prioritario. Inoltre ci sono differenti compagnie che offrono servizi di eventi vr per aziende che hanno dei bisogni particolari.

    Che cosa consiglieresti ad un giovane che desideri intraprendere lo studio e l’attività nella VR?

    Per i giovani interessati ad avvicinarsi al XR dico di buttarsi perché è un settore nuovo che si sta facendo strada. Non solo negli eventi o nel gaming, ma anche nel cinema. E gli consiglio di non porre freni alle loro fantasie perché nel virtuale tutto è possibile.

    Quali sono i tuoi progetti futuri?

    Io ho già ripreso a lavorare con i concerti, ma non mi spiacerebbe continuare il discorso di gallerie virtuali. Credo che è un nuovo modo di farsi pubblicità e di ridurre le distanze. Se un artista, aprisse una mostra che possa avere utenza da ogni parte del mondo e a qualsiasi ora del giorno, non può essere che una vittoria, artistica ed economica.

  • Storie in social VR: Francesco Spadafina

    Le storie in social VR proseguono oggi nei mondi immersivi. Se mi segui da tempo hai sicuramente letto il nome di Francesco Spadafina o Magicflute Oh che è il suo nickname sul web e nel social VR. Ho conosciuto Francesco in Altspace VR, perché ho partecipato a diversi eventi ed incontri da lui organizzati con The Pyramid Cafè.

    La community di italiani che si ritrova in Altspace è cresciuta soprattutto durante il lockdown, quando il virtuale è diventato un nuovo luogo in cui socializzare, trovare persone con interessi in comune. Per Francesco e per me ‘galeotta’ fu la realtà virtuale e in particolar modo il social VR.

    Ti ho già raccontato di quando Magicflute Oh mi ha coinvolto in un talk alla Cappella Orsini di Roma per l’inaugurazione della mostra in AR di Artematiko e di quando mi ha chiamato sul palco di Magicflute Show, da lui creato ed organizzato. Se vuoi puoi andare a vedere le registrazioni a questi link (Cappella Orsini Magicflute Show).

    Chi è Francesco Spadafina

    Francesco Spadafina è il founder di The Pyramid Cafè. Un organizzatore, un esperto di mondi virtuali fin dal 2007. In realtà la sua professione primaria è quella di dipendente pubblico. Tolta la divisa coordina una community di appassionati e di esperti di VR e social VR.

    La storia di Francesco

    Scopriamo insieme com’è nata la passione di Francesco per la realtà virtuale e i suoi primi passi nei mondi immersivi. L’ho intervistato per voi.

    Francesco ciao, ci spieghi il significato del tuo nickname ‘Magicflute Oh’? Quando hai iniziato ad usarlo e perché?

    Ciao Simonetta, intanto grazie per avermi dato l’opportunità di raccontarmi ai tuoi lettori.

    “The Magicflute” naturalmente rievoca la grande opera di Mozart ma più che l’oggetto magico in se in realtà è il concetto di Pifferaio che mi ha ispirato nella scelta del nickname e non tanto quello di Hamelin, quanto quello cantato nella celeberrima “Stairwai To Heaven” dai Led Zeppelin. Iniziai ad usare questo Nick nella preistoria dei social media, molto prima dell’avvento degli smartphone, in particolare nelle chat room di Yahoo dato che ero un assiduo frequentatore delle stanze tematiche di arte, filosofia, spiritualità, ecologia e tecnologia.. Mi sembrò del tutto naturale mantenere lo stesso nome anche in Second Life e dovendo scegliere obbligatoriamente  un cognome nella creazione dell’account, non esitai ad entrare nella grande famiglia degli “Oh” dal momento che la canzone “I bambini fanno Oh” era diventata praticamente l’inno ufficiale dell’Oratorio di Benna in Piemonte con cui avevo collaborato negli anni precedenti. 

    Da quanti anni sei in Second Life e come ti sei avvicinato alla realtà immersiva? 

    Entrai in Second Life nel 2007 dopo aver letto un articolo di Focus che ne parlava in maniera abbastanza obbiettiva, in quel periodo SL era sulla cresta dell’onda ed i social media come Facebook e Twitter muovevano i primi passi. Ebbi inizialmente la sensazione di essere in una sorta di versione tridimensionale delle chat room di cui sopra ma presto mi resi conto che le potenzialità del Metaverso erano infinitamente più grandi. Ebbi la fortuna di capitare quasi subito nell’isola della creatività : Vulcano, una sorta si esperimento sociologico avviato dal grande David Orban e lì era facile incontrare gente interessante con cui parlare di nuove tecnologie.  L’interesse per le realtà immersive comunque era già stato suscitato in me molti anni prima da classici film come The Matrix . Vi confesso che la prima volta che indossai un visore Oculus Quest mi emozionai e dissi fra me e me: “ci siamo finalmente, mi sembra di essere Johnny Mnemonic !” 

    Che cosa ti ha attirato di questi mondi e oltre a Second Life e Altspace VR quali altri frequenti?

    Sicuramente sono stato attratto dalle enormi potenzialità che hanno sia la realtà virtuale che la realtà aumentata di cui abbiamo avuto solo una prima anticipazione nei mondi virtuali visti fin qui e che a detta degli esperti del settore, sono tra quelle tecnologie che in un futuro prossimo, vedi 5G, cambieranno significativamente il nostro modo di comunicare, lavorare, apprendere e perchè no, divertirci.

    Come ho già spiegato inizialmente frequentavo prevalentemente Second Life  e successivamente anche la sua versione open source : Opensimulator . Oggi la parte del leone almeno per quanto mi riguarda la fa sicuramente  Altspace VR, la piattaforma social VR di Microsoft, perfetta per eventi e conferenze. Mi capita di utilizzarne anche altre di piattaforme social VR come Mozilla Hubs che è molto apprezzata dai docenti oppure le classiche VRchat e RecRoom per lo svago.

    Con l’artista Artematiko abbiamo realizzato questo video che oltre a raccontare la mia esperienza nei mondi virtuali mostra le varie piattaforme utilizzate.

    MagicFlute Show a Museum Island SL

    Hai creato The Pyramid Cafè e la community che si ritrova una volta al mese per il MagicFlute Show. Qual è stato il tuo obiettivo? Quali criteri determinano la scelta dei relatori? 

    A onor del vero nell’ultima stagione siamo riusciti addirittura a realizzare il MagicFlute Show con cadenza settimanale e tutto ciò è stato possibile grazie ad uno Staff meraviglioso che non finirò mai di ringraziare per l’impegno profuso.  

    Il Team è composto da veterani provenienti dai vecchi mondi su schermo e giovani della meta-comitiva-VR fondata da Enrico Carmine Ciliberti che considero a tutti gli effetti il mio erede nel Metaverso. Questo Show altro non è che  l’ennesimo format di Pyramid Cafè, gruppo che mi onoro di aver fondato nella mitica Isola di Vulcano in Second Life quattordici anni fa.

    L’obiettivo è sempre stato lo stesso : coltivare una bellissima passione senza fini di lucro che in questi anni mi ha arricchito notevolmente dal punto di vista umano facendomi incontrare persone straordinarie che non avrei mai avuto la possibilità di incontrare nel mio quotidiano.

    Per quanto concerne invece la scelta dei relatori  spessissimo è avvenuto che gli stessi inizialmente avessero fatto parte di quel pubblico estremamente interattivo del MagicFlute Show, mettendosi in luce con le loro competenze e capacità , suggerendoci loro stessi degli  argomenti di interessanti per la community. Incredibilmente è avvenuto addirittura che taluni siano entrati a far parte dello Staff forse perchè  l’aria che si respira dietro le quinte è molto frizzante.

    Primo Talk in Altspace

    Che cosa consiglieresti a chi desidera approcciare questi mondi? 

    Di non abusarne tanto per cominciare e se possibile di non indossare un visore VR o rimanere con il naso appiccicato ad un monitor quando fuori c’è una bella giornata di sole. In secondo luogo suggerirei di entrare in contatto fin da subito con quelle community che non propongono esperienze esclusivamente ludiche. Mi permetto di proporre l’iscrizione al nostro gruppo Facebook di Pyramid Cafè se non altro perché  da sempre promuoviamo non solo i nostri  eventi, ma anche quelli più interessanti di altri soggetti attivi su tutte le piattaforme.

    Il nostro motto è : Collaborazioni, Opinioni, Informazioni e Conoscenza.

    Che valore ha la community in social VR per te? Non credi sia un modo per evadere dalla realtà? 

    Io sono estremamente consapevole del fatto che dietro a quegli Avatars ci siano delle persone in carne ed ossa e che i rapporti che si sviluppano sono rapporti reali tanto che da sempre cerco di incontrare questi amici/amiche del Metaverso anche nel mondo fisico. Una community in social VR è estremamente differente da un classico gruppo di un social tradizionale per il semplice fatto che queste persone comunque si incontrano in un luogo che è uno spazio virtuale tridimensionale che da la piena sensazione di fare un’esperienza condivisa.

    Per quanto mi riguarda i mondi virtuali sono sempre stati un arricchimento e non una fuga dalla realtà, eccezion fatta forse per il primo durissimo lockdown, quello annunciato dal Premier Conte il 9 Marzo del 2020. In quel caso penso proprio che i mondi virtuali abbiano rappresentato per molti una fuga dalla triste realtà del confinamento domestico permettendo di vivere una socialità che la pandemia negava brutalmente in quel momento.

    Non è affatto un caso che l’ibernazione di Pyramid Cafè sia terminata proprio in quel periodo storico con la ripresa delle attività in sinergia con Edu3D, la communità di pratica per l’uso creativo dei mondi virtuali costituita in prevalenza da insegnanti.

    XIII complenno Pyramid Cafè con la meta-comitiva VR

    Quali progetti hai per il futuro? Hai già programmato i prossimi eventi di Magicflute Show dell’autunno? 

    Il progetto di un nuovo format ancora più interattivo e coinvolgente c’è già da un po’, ma al momento non sono in grado di fissare una data per la ripartenza autunnale del MagicFlute Show per il semplice fatto che in Pyramid c’è una regola non scritta che dice che “la Real Life ha sempre precedenza assoluta”. La passione è tanta, ma In questo momento purtroppo non ci sono le condizioni per farmi carico di un impegno così oneroso in termini di tempo … la vita è una sola nonostante che il primo vero grande mondo virtuale si chiami Second Life.

  • Storie in social VR: Enrico Carmine Ciliberti

    Le storie in social VR continuano con Enrico Carmine Ciliberti, un giovane laureato in ingegneria pieno di idee e di entusiasmo. Un vero e proprio trascinatore che coinvolge folle di giovani e meno giovani nei mondi immersivi del social VR. L’ho conosciuto in Altspace VR dove è attivissimo e ha creato un momento di networking fisso il lunedì sera dal titolo ‘Due chiacchiere in VR’.

    Lo scorso maggio è stato relatore al Magicflute Show con uno speech dal titolo ‘La Meta-Comitiva-VR: quando il metaverso tocca cuori realmente pulsanti. Lunedì scorso abbiamo festeggiato il 1° anno della community, trovandoci tutti in Altspace VR.

    Chi è Enrico Carmine Ciliberti

    Enrico Carmine Ciliberti è uno studente che ha conseguito la laurea in ingegneria informatica e dell’automazione al Politecnico di Bari e ora sta proseguendo gli studi a Milano. Editor contenuti on-line presso The Pyramid Cafè e responsabile social presso CAOS VR.

    La storia di Enrico

    Scopriamo insieme come e perché Enrico si è avvicinato ai mondi di social VR. Perché ha creato la meta-comitiva e che obiettivo aveva? L’ho intervistato per voi.

    Enrico Carmine Ciliberti

    L’intervista

    Enrico ciao, prima di tutto quale percorso di studi stai seguendo ora all’Università a Milano? Ho letto che sei laureato in ingegneria dell’automazione al Politecnico di Bari.

    Per cominciare dalla mia laurea Triennale, ho seguito il percorso di ingegneria informatica e dell’automazione al Politecnico di Bari.
    Dopo la laurea Triennale sono venuto a Milano e da allora sto seguendo il corso magistrale “Automation and Control Engineering” al Politecnico di Milano.
    Entrambi si focalizzano sul concetto di automatizzare e controllare qualsivoglia processo dinamico e non allo scopo ultimo di condurlo verso un risultato desiderato ( che siano valori, movimenti, spostamenti, efficienza nelle produzioni industriali), per farlo facciamo uso di qualsivoglia sistema informatico necessario allo scopo.

    Sei attivissimo nel social VR, ma raccontaci quando e come ti sei avvicinato ai mondi immersivi. Frequentavi già Second Life?

    La mia esperienza coi mondi virtuali è relativamente nuova, infatti ho iniziato a frequentarli solo dal luglio del 2020, subito dopo aver comprato il mio primo e unico visore per la realtà virtuale (Oculus Quest 1).
    Ho fatto I primi passi in mondi come quello di BigScreen, AltspaceVR e Recroom e non ho conosciuto il mondo di SecondLife finché non mi ci ha portato per la prima volta il mio carissimo amico Francesco Spadafina.

    Hai creato l’appuntamento del lunedì ‘Due chiacchiere in VR’ per noi italiani. Com’è nata l’idea? Quali persone partecipano?

    Tutto è iniziato con il gruppo Telegram della comunità Oculus italiana, a cui mi aggregai appena fui desideroso di incontrare altri italiani in VR. Per alcuni giorni provai a proporre a questo gruppo di incontrarsi insieme, magari in Altspace, ma la mole di messaggi riguardanti domande tecniche sul visore o sui giochi mi sovrastavano sempre nella chat, così per esasperazione pensai: “beh, se nessuno farà un evento social per italiani, allora lo farò io!”.

    Sognavo già da prima di avere un potenziale gruppo di amici che, conosciuti in VR, diventassero delle conoscenze ricorrenti in eventi settimanali e poi chissà…magari in futuro avremmo visto le nostre vere facce dal vivo e ora sono felice di dire che quel sogno si è avverato come speravo!

    Dopo un anno di eventi posso dire che si è creata una mole di persone che tornano agli eventi, perché si sentono in una vera comitiva, con un’atmosfera amicale tipica di un pub in cui incontri dal vivo degli amici.
    In questo clima abbiamo fatto qualsiasi cosa sempre ridendo tutti insieme, inoltre in questo clima familiare anche utenti nuovi e appena connessi, incuriositi dalla possibilità di incontrare italiani in VR, rimanevano magnetizzati a giocare con noi, a conoscerci e piano piano diventavano parte della “Meta-Comitiva VR”.

    A tuo parere quali opportunità può offrire la VR ai giovani della tua generazione? Solo gaming e networking o anche lavoro futuro?

    Secondo me la VR può coinvolgere ogni generazione in maniera profondamente diversa.
    I più giovani troveranno sempre esperienze videoludiche mozzafiato ed emozionanti, così come naturali occasioni per conoscere amici da tutto il mondo.

    Sono però fermamente convinto che con la VR lasci spazio anche ad esperienze di scambio culturale senza precedenti (l’occasione di incontrare persone da altre culture in stile chatroom e parlarci indefinitamente su qualsivoglia argomento), così come possibilità intriganti per la nascita di lavori nuovi in essa.
    Un esempio che ho proprio visto è la nuova frontiera della pubblicità 3D all’interno delle mappe di Altspace, dove o venivano ricreate intere vetrine di prodotti con un link alla pagina web per comprarle, oppure si facevano consulenze di nuova generazione dentro a riproduzioni di uffici reali.

    Infine a mio parere esisteranno anche intere figure lavorative nate in VR per la VR, come amministratori di eventi Social VR, creatori di Mappe a scopo lucrativo, insegnanti delle specifiche piattaforme (data la complessità iniziale della tecnologia e del software per alcuni ) e poi chissà che altro!

    Restando sul tema giovani quale percorso consiglieresti a chi desidera avvicinarsi a questi studi?

    Chiunque fosse interessato alla realtà virtuale dovrà senza ombra di dubbio avvicinarsi ad un contesto accademico vicino all’ingegneria informatica, o all’informatica vera e propria, per poter avere delle basi tecniche necessarie a poter contribuire o alla creazione dei device hardware futuri, oppure alla creazione e manutenzione dei software del futuro.
    Questo non esclude però percorsi di studio differenti se il contributo che si vuole avere sulla VR vuole essere più incentrato sulla creazione di contenuti al suo interno.

    Carriere umanistiche possono portare al miglioramento dello status quo psicologico e culturale all’interno di determinati software atti alla creazione di contenuti liberamente (seminari di cultura, sedute psicologiche di gruppo etc.), così come saranno necessari alla rifinitura tecnica di alcuni aspetti della VR o della generica informatica ( ad oggi molti filosofi ed umanisti vengono chiamati per la creazione di AI complesse, e per curare il rapporto uomo-algoritmo e tracciare i limiti sani di esso).

    Io, ad esempio, ho almeno tre amici che sono entrati o stanno entrando nel campo della VR a seguito di lauree in informatica ( in alcune città esistono già percorsi differenziati per indirizzare in maniera ancora più diretta e precoce )

    Viaggiare in mondi immersivi e avere la possibilità di visitare virtualmente luoghi lontani quali emozioni può dare? Non appare tutto un po’ fasullo e costruito?

    L’esperienza in VR può variare molto dal punto di vista grafico, a seconda di decine di fattori determinanti, però la maggioranza di persone che vi ho conosciuto, me compresa, ha sempre messo da parte il reparto grafico per lasciare spazio ad una maggiore immersione, che a sua volta portava ad emozioni realistiche di stupore, meraviglia e senso di scoperta.
    Inoltre il cervello si abitua all’esperienza visiva e dopo un po’ “riempie i buchi” autonomamente fino a quasi confondere la realtà nonostante la palese differenza!
    Questo si amplifica enormemente se si aggiunge l’esperienza di gruppo, perché con altre persone con cui confrontarsi e interagire ci si dimentica sempre più di essere in un mondo costruito e ne conseguono emozioni e ricordi che sono reali a tutti gli effetti.

    Tutt’ora ricordo con piacere le feste natalizie passate con la mia Meta-Comitiva nella nostra baita di montagna ( costruita da noi dentro RecRoom ) perché per noi era un luogo reale in cui incontrarsi davvero nelle serate più fredde, in cui ci saremmo riscaldati davanti ad un fuoco virtuale che, con chissà quale magia della mente, faceva davvero tepore tra i nostri veri sorrisi e risate.

    E che cosa pensi della moda degli spettacoli e dei concerti in VR e social VR? Con i teatri e stadi chiusi per la pandemia una miriade di eventi musicali si sono trasferiti su Altspace VR e in piattaforme di gaming come Roblox dove ad aprile ha tenuto un concerto Lady Gaga. Potranno sostituire i live oppure essere complementari?

    Secondo me la moda di spettacoli e concerti in VR va incoraggiata ed apprezzata, insieme alla Social VR, però non come sostituzione dell’esperienza nel mondo reale, ma come sua piacevole implementazione aggiuntiva.
    Le persone non devono sostituire tra loro cose che tra loro centrano relativamente.
    Esperienze come concerti ecc. nella vita reale avranno un super riscontro di persone interessate a viaggiare verso il luogo, aspettare in fila, con la trepidazione dell’attesa, il piacere di chiacchierare con amici fino al momento designato, e chissà quante altre cose.

    L’esperienza VR ha determinate cose in meno e altre in più, pertanto merita di esistere, ma come cosa separata e aggiuntiva. In particolare, l’esperienza in VR offre un abbattimento di barriere geografiche e fruizione di contenuti senza precedenti, mantenendo il più possibile il senso di immersione e godibilità di cose come un concerto o una stand up comedy.
    Quindi credo fermamente nella complementarietà delle due cose.

    Che cosa possiamo aspettarci dalla ‘moda’ che ha investito recentemente il metaverso? Ormai non si parla d’altro

    Se l’Italia abbraccerà sempre più questa moda ritengo ci saranno sempre più persone a portare contenuti come questo in VR, aumentando così la propria visibilità, la rapidità dello scambio di informazioni, e si concluderà con la creazione di una sottocultura interamente indipendente da quella nel mondo reale, dove vi sarà una quantità di contenuti esclusivi che si sosterranno da soli economicamente e sarà allora che non solo avremo una vera cultura in VR, ma quasi una vera realtà sociale in VR, con tradizioni tipiche e cittadini residenti.

    Durante la serata MagicFlute Show hai parlato delle community. Che valore ha una community nel metaverso?

    Se il metaverso va paragonato ad un luogo in cui incontrarsi e fruire di contenuti esclusi di varia natura, avere una community in esso significa aggiungerci un vero senso di appartenenza e familiarità che ti faccia godere quei contenuti in maniera ancora più reale e piacevole.

    L’uomo è un animale sociale e come tale trova infinitamente più piacere nel condividere un’esperienza con altri che non viverla in totale solitudine; questo discorso va in parallelo con il nostro, perché, anche se i giochi VR sono uno spasso da giocare anche da soli, in gruppo lo sono sempre un tantino di più, quindi avere un gruppo di amici ricorrenti con cui giocare assicura un’esperienza consistentemente migliorata.
    Questo discorso poi ignora che su certi software VR l’esperienza si “limita” alla condivisione verbale o alla creazione di contenuti 3D in gruppo e qui certamente avere una community fa nascere esperienze uniche e irripetibili.

    Noi abbiamo creato insieme delle case sull’albero grandi come chiese rinascimentali, riempiendole di vari giochini, ottenendo la nostra mitica Club House “BionicMetaCrew” in RecRoom.
    Ciò è stato frutto di un lavoro di gruppo durato settimane, dove la presenza di ognuno ha dato spazio alla creatività, inoltre essere membri di una stessa community ci ha unito ancora di più nell’atto creativo allo scopo di creare qualcosa di bello non solo per noi, ma anche per chiunque altro ci sarebbe entrato per giocare o conoscerci in futuro.

    Infine senza una community non potrebbero mai nascere iniziative come il Magicflute Show, che necessitava sempre di diverse mani a collaborare nel nome di un ideale comune che solo una community può avere!

    Origini della Meta-Comitiva

    Quali progetti hai per il futuro?

    Grazie a questa meravigliosa esperienza in VR avuta in quest’anno con la Meta-Comitiva VR, mi sento di dire che continueremo a crescere insieme, utilizzando questo grandioso strumento per continuare a conoscerci, farci ridere e far conoscere ad altri novizi le meraviglie del metaverso e la bellezza di esplorarlo con una Community al seguito.
    Oltre al VR però, ho in programma di terminare gli studi d’ingegneria, e poi trovare il mio posto nel mondo in cui poter fare un onesto lavoro, magari legato alla creazione di robot di nuova generazione oppure alla creazione di arti bionici.
    Inoltre sarò onesto, tra i miei progetti futuri a pari passo col lavoro c’è il mettere su famiglia!
    Sogno ormai da diverso tempo, al fianco del diventare un esperto di robotica avanzata, anche di diventare un padre giocherellone, scherzoso e ottimista sul futuro, quest’ultimo perché le generazioni che ci seguiranno hanno bisogno di ottimismo concreto in cui poter credere a cuore aperto!

  • Storie in social VR: Bruna Athena Picchi

    Le storie riprendono nel mondo social VR. Avete seguito il mio progetto fin dall’inizio? Se desiderate saperne di più potete leggere la presentazione al link. Questa volta incontriamo una travel blogger, Bruna Picchi che sul web e in Altspace VR ha adottato il nickname Athena. Ci siamo conosciute grazie a The Pyramid Cafè e spesso ci siamo ritrovate agli eventi, condividendo interessi per i social e il turismo. Da tempo seguo il suo ‘Il mondo di Athena Blog‘ dove parla di: ‘racconti di viaggio, consigli di lettura e scrittura sul web e blogging, ossia contenuti speciali per chi vuole essere blogger e web writer’.

    Il 25 marzo scorso ha tenuto uno speech dal titolo ‘Travel blogger ai tempi del Covid-19‘ nel quale ha illustrato come l’attività del travel blogger abbia dovuto evolvere durante il periodo della pandemia, causa lockdown, azzeramento dei viaggi, timore del contagio. Non si è fermata, ma ha trovato nuove espressioni per aiutare a superare il periodo d’incertezza e ritrovare, sognando, il desiderio di viaggiare.

    Chi è Bruna Athena Picchi

    Bruna Picchi è una web copywriter, una travel blogger e social media strategist. Nel suo blog scrive della sua attività: ‘In altre parole, scrivo testi per il web e mi prendo cura delle strategie di comunicazione digitale per aziende e professionisti.’

    La storia di Athena

    Scopriamo insieme come Athena si è avvicinata ai mondi di social VR e alla realtà virtuale. Come può essere utile la VR a una travel blogger? L’ho intervistata per voi.

    L’intervista

    Ciao Bruna ci racconti come e quando ti sei avvicinata alla VR? 

    Ciao Simonetta, sono molto contenta di essere tua ospite! 

    Mi sono avvicinata alla VR durante il primo lockdown, decretato a causa della pandemia da Covid-19, nella primavera del 2020. 

    Conoscevo da tempo l’esistenza dei metaversi e dell’utilizzo della VR in diversi contesti, ma non mi ci ero mai accostata. Non è stato così per diffidenza, ma molto più banalmente perché non ne avevo avuto mai occasione. E poi l’occasione è arrivata.

    Sei una travel blogger che frequenta assiduamente e con passione il social VR. Come utilizzare al meglio questi mondi? 

    I mondi virtuali sono un valido strumento per conoscere persone e altre realtà – quelle analogiche, per capirci. 

    Sono mondi “democratici”, perché chiunque può accedervi. Si conoscono persone con le quali si condividono interessi o che si dedicano ad attività completamente differenti alle nostre. 

    In ogni caso, entrare in un metaverso significa avere un ulteriore varco di accesso alla Conoscenza. Per me questo è un elemento di grande valore.

    In VR si possono “vedere” anche luoghi che appartengono al mondo in cui viviamo in carne e ossa, e questo può essere una grande opportunità per chi non può o non vuole spostarsi. 

    Tuttavia, e qui parlo da persona che ama viaggiare, non è solo la possibilità di visitare diversamente città e nazioni che mi entusiasma. Mi alletta il confronto a proposito delle esperienze vissute, quindi la trasmissione del sapere. 

    È un po’ quel che credo debba essere il file ultimo e forse più nobile di un travel blog come il mio: non offrire, banalmente, consigli (un po’ stento a crederlo ma è così: i lettori desiderano sapere cosa fare, dove e come), ma raccontare esperienze e creare lo spazio giusto per discuterne. 

    Utilizzi altre piattaforme oltre ad AltspaceVR?

    Ad ora no, purtroppo, anche perché non sono ancora adeguatamente attrezzata. Quando avrò le tecnologie adatte, di sicuro sperimenterò altre piattaforme.

    Durante il tuo speech a MagicFlute Show hai parlato del mestiere di travel blogger e il digitale. Quali sono, a tuo parere, le opportunità che la realtà virtuale e soprattutto il video 360° possono offrire ai racconti di viaggio?

    Quando la realtà virtuale vedrà una maggiore partecipazione dell’utenza italiana (scrivo solo in italiano), essa permetterà di fare un’esperienza che altro non è che l’estensione, più vivida, del racconto di viaggio. 

    Questa narrazione potenziata dei luoghi potrebbe davvero fare la differenza, quando un lettore deciderà se visitare o meno un luogo. A maggior ragione, penso, dovrebbero essere proprio le destinazioni turistiche a doversi dedicare allo storytelling con il supporto della VR. 

    Che cosa consiglieresti di sperimentare ai tuoi colleghi?

    Consiglierei di familiarizzare con le piattaforme e, perché no, proprio a partire da Altspace, che è piuttosto semplice. Li inviterei a partecipare agli appuntamenti che siamo soliti darci con una certa regolarità, per poi partire tutti insieme in un bel tour di esplorazione dei mondi.

    La VR va per forza provata, altrimenti, al riguardo, si parla solo a vanvera.

    Hai già creato itinerari con contenuti in 360°? 

    Non l’ho fatto, ma in futuro vorrei creare la mia galleria per portare le persone nei luoghi che ho più amato.

    Quali programmi hai per il prossimo futuro?

    Chiaramente, il grosso delle mie energie è riservato al mio lavoro di web writer. 

    Tuttavia, dopo lo scorso inverno trascorso per lo più in casa, mi sto godendo la mia città e la mia regione. Ho intenzione di raccontarli il più possibile, attraverso il blog: non è solo un piacere, è proprio una vocazione. 

    Raccontare il viaggio

    Per forza di cose, ciò mi “costringe” a considerare quanta reale necessità esiste di narrare i luoghi attraverso nuovi e più potenti linguaggi. Ecco, nel mio piccolo mi piacerebbe diffondere l’idea che lo storytelling è più di una parola che va di moda, ma un modo per valorizzare e promuovere i luoghi, portarvi nuovi visitatori e riportarvi i cittadini, e creare valore per tutti.