• Storie in social VR: Stefano Lazzari

    Le storie in XR e social VR tornano in Italia ed incontrano Stefano Lazzari noto nel metaverso con l’avatar Stex Auer. Ci siamo conosciuti in alcuni eventi in AltspaceVR, perché fa parte del gruppo Pyramid Cafè e di Meta Oculus Community Italy® | Italia. Affascinata dalla sua competenza su VR e mondi immersivi, ho scoperto di avere molte conoscenze in comune con lui. In fondo i mondi XR e social VR sono delle piazze virtuali dove il networking esce dalla rete e diventa reale.

    Chi è Stex Auer

    Stefano Lazzari aka Stex Auer è un Innovation evangelist, Media Content Manager e Social Media Strategist. Nel 2018 ha fondato Digitalguys.it, un network tra professionisti del digitale. A mio parere, risponde perfettamente all’archetipo dell’esploratore, perché fin dagli anni del boom di Second Life ha continuato a far ricerca e a tracciare nuove vie.

    La storia di Stex

    Scopriamo insieme i primi passi di Stex nell’XR e le sue passioni per i mondi immersivi. L’ho intervistato per voi.

    Stefano Lazzari
    Stex Auer

    Ciao Stefano, presentati ai nostri lettori con 3 parole chiave

    Ah, partiamo difficile, Simo!  ma è una sfida a pensare, e dunque l’accolgo ben volentieri e… fammici pensare… a few more minutes of waiting…ecco.

    Traiblazer

    Sono un trapper, un tracciatore di piste, ho vissuto da pioniere quando i modem pigolavano a 54 k, quando le pagine web erano grigie, i testi del minitel erano verde fosforo, quando la rete, tutto quello che stiamo vivendo era nei  romanzi cyberpunk, e si faceva phreaking nelle cabine della SIP, ci si incontrava con Gomma e Caronia a COX18, si  leggeva Decoder e Neural e si ascoltavano le Posse e i Talking Heads.

    Chi è pioniere, pioniere resta, annusa il vento per sapere da che parte arriverà la pioggia, e legge le orme sul terreno per capire il futuro… con il  GPS in tasca ovviamente. Spento. Tanto non serve.

    Space cowboy

    Dei miei trent’anni ho perso l’elasticità, ma perdio sulla tastiera vado veloce, molto veloce, e giù nel ciberspazio poco  conta quanto l’entropia universale ha influito sul tuo corpo fisico. Il bello di essere un vecchio geek è che non c’è missione disperata che ti  spaventi, non c’è ingaggio economico, o carriera che ti alletti o debba raggiungere o  difendere. Un grande sogno e i soldi per realizzarlo. Io ci sto,  vengo anche solo per divertirmi. Anzi, spesso solo per  quello.

    Zoomer

    Sì, sono un Boomer, ma zip.  Moses Znaimer è il nostro campione.  everythingzoomer.com la nostra bandiera.

    Una buona definizione di noi Zoomers italiani potrebbe essere quella di “Generazione de I Quindici” di cui io mi onoro di avere la prima edizione del 1964 e sulle cui solide fondamenta basa tutta la mia insaziabile sete di  futuro. “il meglio deve ancora venire” ci diceva. Ed è il  minimo che mi aspetto.

    Stex alle origini del metaverso
    Stex alle origini del metaverso

    Ti definisci nel tuo profilo LinkedIn ‘Innovation evangelist’ che cosa significa per te l’innovazione?

    Altra bella domanda. Mi sarebbe piaciuto lasciarmi trasportare dalla poesia e darti la risposta che più mi  piace.

    L’innovazione è  “La lotta fra tradizione e invenzione, tra ordine e avventura“.

    Queste belle, bellissime parole che mi commuovono alle lacrime non sono mie, sono di Guillaume Apollinaire, il poeta con cui ho condiviso la mia educazione sentimentale e la crescita del mio immaginario e delle visioni che solo la  sensibilità al futuro ti sa dare.

    Credo che la nostra sia stata la generazione che ha avuto la fortuna di vedere arrivare l’onda delle nuove tecnologie, e di averne costruito gli scenari che noi oggi viviamo… o subiamo, perché non siamo stati in grado di governarli. Questo sarà compito della generazione che ci segue e che avrà questa grande sfida da risolvere: fare andare il futuro  dove è meglio, possibilmente con equità, inclusività e resilienza.

    Per questo motivo e non per altro, per dare il testimone di questa corsa, dò la mia seconda definizione preferita:

    L’innovazione è la  capacità di realizzare l’improbabile

    Queste sono le parole di Piero Bassetti,  fondatore e guida della Fondazione Giannino Bassetti, che sintetizza molto  bene il mio pensiero nella sua trasformazione da poetico a pratico, probabilmente più utile come strumento per  manipolare il futuro. Diamoci una mossa!

    Il tuo avatar ‘Stex Auer’ che definisci ‘gemello digitale’ è lo stesso fin dal 2006 quando sei entrato nel Metaverso? Perché hai scelto questo nickname?

    Intanto sapere cos’è un gemello digitale, aiuta.  Ci dice Wikipedia:

    Un gemello digitale è la rappresentazione virtuale di un’entità fisica, vivente o non vivente, di una persona o di un sistema anche complesso.”

    Di me stesso ho spesso detto: “io  sono tutti i miei  dispositivi”, mettendo sullo stesso piano ogni  forma nella quale  si  rappresenta la mia personalità, che sia un profilo social, un avatar, la mia persona.

    Dunque sì, io sono me stesso in tutte le mie manifestazioni digitali o fisiche, Stex è Stefano, e lo è da sempre, e lo sarà: se ho tante espressioni corporee, ho un’ identità unica.

    Anche il mio Nickname è in effetti il frutto di una fusione: Stex è un mio soprannome storico. Me lo diede la fidanzata di Alberto Marchisio negli anni  ’90 una sera a casa sua, ragionando di musica (Alberto stava scrivendo per Castelvecchi “Trance & Drones” un libro sulla musica elettronica), mentre Auer era un “cognome di generazione” in Second Life, lo si poteva scegliere da abbinare al nome da una lunga lista. Cercavo Willer, Stex Willer,  ma non c’era. Ho scelto Auer, suonava altrettanto bene. Da allora Stex e Stefano sono la stessa cosa. Stefano non mi chiama più nessuno, neppure  mia moglie.

    Stex Auer
    Stex nel metaverso

    Ricordi le tue prime esperienze in XR e il tuo primo visore?

    Certo che si! Sarebbe come non ricordarsi della prima bicicletta, del primo bacio.  Mi ricordo, inquadrai la cover del  libro di Steve Jobs,  editato poco dopo la sua scomparsa, dove campeggiava il suo ritratto che si mise a parlare. Come un quadro a Hoghwarts. Fantastico. Il mio primo visore è stato un Oculus Rift, tutt’ora perfettamente  funzionante a fianco del fratellino Quest. Che dire? Avevo gli occhiali appannati, metterlo fu un casino, e togliendomelo mi caddero a terra. Non un grande inizio. Ma poi è stato amore.

    casa di Stex Auer nel metaverso
    La casa di Stex

    Eri appassionato di Second Life e all’epoca conoscevi già Magicflute Oh? Ci puoi raccontare qualche aneddoto curioso e/o divertente dei mondi virtuali che frequentavi?

    Sì,  ci siamo conosciuti in Second Life,  negli anni del Boom della  piattaforma. Cose mai viste. E  ancora oggi rimane  quella che più si avvicina al concetto di Metaverso… ma è un altro discorso. Dunque dicevo… certo non era l’unico  mondo possibile, anche allora ci furono diversi esperimenti.

    Uno riuscito era v-Side,  un mondo oggi scomparso.

    Sono entrato in vSide nel 2006, allora si chiamava ancora “The Lounge”. Bello graficamente, con molte possibilità di lavorare sul movimento e l’espressività dell’avatar: danzare, muoversi, esprimere emozioni con il corpo. Gli ambienti statici, ma pieni di luci e ombre, anche se le texture erano evidentemente fasulle e un po’ piatte, sembra di muoversi in ambienti profondi.

    Un ambiente blindato, senza altra possibilità che giocare, ballare, fare shopping. In giro, nugoli di ragazzini dai nomi improbabilissimi e dal linguaggio fatto di “yo!” “lol” e poche altre parole acronimizzate, del tutto incomprensibili. Giocano a fare piramidi umane, balletti sincronizzati o cascano a terra dal ridere.

    Me ne sono andato perchè non capivo letteralmente nulla di quello che si dicevano, Uno slang che mi ha  condannato all’esclusione. Le poche volte che cercai di dialogare,  mi sgamavano subito, usavo troppe parole…

    Sei da vent’anni nel digitale e soprattutto nel content. Quali cambiamenti positivi e negativi hai notato e puoi evidenziare?

    Cambiamenti, nel  senso di evoluzione, tantissimi. Posso dirti tranquillamente che praticamente nulla di quello che  erano le procedure e le tecnologie per lavorare nel digitale a fine anni  ’90 e poi nel web del 2001 esiste oggi. La cosa  che però mi preme sottolineare che nulla di quello che riguarda il mio lavoro esisteva prima.  Letteralmente. Ce lo siamo praticamente inventato.  Siamo stati in assoluto i primi a comunicare con il digitale. E questo mi fa pensare che molto probabilmente fra vent’anni, quando si  farà questa domanda a chi oggi inizia il percorso delle  VR/XR/AR si  troverà a dire le mie stesse parole, e tutte le tecnologie che useranno,  oggi  semplicemente,  non esistono.

    Il  digitale, per sua natura, è una cultura che non ha pratiche tradizionali, è continuamente in perpetual  beta, l’instabilità è il suo stato naturale. Leggete Kevin Kelly,  in “L’Inevitabile”,  racconta bene questo stato. Non so se è bene o male.

    Com’è nata l’idea di fondare nel 2016 il network Digitalguys.it? Quali esigenze può soddisfare?

    Nasce dall’idea di mettere a fattore comune le conoscenze che avevano un gruppo di colleghi e amici per seguire sentieri fuori dai percorsi professionali convenzionali, esplorando percorsi nel digitale e nelle tecnologie poco battuti: in primo l’etica, e poi oggi, la virtualità. In futuro, vedremo!

    Hai collaborato alla costituzione di Meet The Media Guru e ora sei all’interno di Meet – Digital Culture Center. Recentemente mi hai scritto: È ora che la tecnologia si rifletta nella cultura e non viceversa’. Ci spieghi il tuo pensiero e il tuo ruolo in Meet?

    La mia storia professionale si è intrecciata con quella del Meet veramente in tempi non sospetti, all’alba di quegli anni  ’90 in cui tutto è cominciato. Sin da subito la rivoluzione digitale si rivelò come un processo innovativo, nato tecnologico, ma che in effetti coinvolgeva tutti gli ambiti del nostro vivere. È così pervasivo, così facilitante, così leggero e così rapido, così adattabile a tutte le nostre attività che l’abbiamo fatto nostro con entusiasmo, senza troppo soffermarci sulle sue esternalità.

    I cambiamenti avvengono in corso d’opera e non è facile riconoscere quando è il caso d’intervenire. È il dilemma di  Collongridge:

    Quando il cambiamento è ancora facile non ne comprendiamo la necessità. Quando il bisogno di un cambiamento è evidente, è ormai difficile e costoso introdurlo.”

    Ebbene è ora di iniziare a ragionare sul futuro della nostra società digitale a tempo, prima che sia troppo difficile e  costoso farlo. Noi crediamo che per poter effettuare questo cambiamento, il driven sia la cultura che deve condurre, e  non farsi più condurre dalla tecnologia.

    Intelligenza Artificiale, Virtualità, Robotica, Blockchain, cosa ne vogliamo fare?

    Parte del mio lavoro al MEET è proprio questo, ed è quello che ho sempre fatto: esplorare, guardare lontano. L’altro  è comunicare quello che si è visto e metterlo in pratica.  

    Che percorso consiglieresti ad un giovane che desideri approcciarsi all’XR?

    El niño que no estudia no es un buen revolucionario,  mi diceva Castro. Io da giovane studente negli anni  ’70 ho  cercato (malissimo) di attuare l’idea di studio come pratica rivoluzionaria,  come esplorazione non convenzionale  della realtà, come servizio alla comunità. Forse questa visione non è così obsoleta come sembra, e comunque merita a chi oggi inizia un percorso, una riflessione su come uscire dall’area di comfort dei propri interessi e di proseguire oltre.

    In fondo, niente di diverso da quello che ha detto Jobs: “stay hungry, stay foolish

    In una serata in AltSpace VR ci hai parlato della tua idea di Metaverso dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto etico. Quali sviluppi possiamo aspettarci a breve?

    A breve prevedo grandi spostamenti di denaro. Gli imperi si stanno muovendo sullo scacchiere del Metaverso,  qualunque cosa sia nella testa dei grandi investitori. Credo che di etica tocchi a noi parlarne, ma con meno, molto  meno soldi.  Conto che ad ascoltarci ci siano ragazzi affamati e pazzi.

  • Storie in XR: Carlos J. Ochoa Fernández

    Le storie in XR hanno un respiro internazionale nel 2022. Chi frequenta i mondi di social VR e si occupa di XR conosce bene Carlos J. Ochoa Fernández che ho avuto il piacere d’intervistare per voi. Il nostro incontro è nato grazie alla VR/AR Association e in particolare all’Education Committee di cui Carlos è Co-Chair. Da formatrice ed appassionata di extended reality ho iniziato a seguire i suoi speech e a partecipare agli eventi da lui organizzati. Nel 2019 ho avuto anche l’occasione di ascoltarlo dal vivo a Piacenza all’evento ‘Scuola e virtuale’ dedicato all’education.

    Per la prima volta l’intervista sarà in lingua inglese, ma ‘stay tuned’, perché ne seguiranno altre. Ampliamo i nostri orizzonti per conoscere e comprendere i cambiamenti in atto nella formazione e nella comunicazione.

    Incontriamo Carlos J. Ochoa FernándezLet’s meet Carlos J. Ochoa Fernández

    Founder and CEO of ONE Digital Consulting, President VRAR Madrid Chapter, Co-Chair of VR/AR Education Committee, Immersive Learning Founding Member, ICICLE X-Reality for Learning and Performance Augmentation SIG, Member of Smart Cities Experts Group of AENOR (Spain).

    Engineer from Madrid Polytechnic University, MBA from Babson College, Postgraduate in Innovation and Entrepreneurship by Maryland University, Master in Digital Marketing for International Business Development (ICEX) and ITC & Gis Certificate by Siemens Data-Technic Schule (Germany).

    With over 30 years of International experience in the Innovation and New Advance Digital Technologies in ITC Industry and Digital Education. Leading successful organizations (SIEMENS, Sagentia, Altran, Founder and CEO of E_Learning Consulting, ONE Digital Consulting & SmartEducationLabs) with a balanced strategic mission and innovative business development vision.

    Author of many publications, articles, and the White Paper “Best Practices in VR in Education” and “State of Art of XR in Education 2020” by VR/AR Association.

    Foto di Carlos Ochoa Fernàndez

    And now Simonetta and Carlos will talk about XR, VR education and many other topics.

    Let’s start with ‘WHY, as Simon Sinek’s Golden circle ‘docet’. Why did you approach XR?

    Throughout my long professional career, I have been a very restless person, always attracted by emerging technologies and their application to the real world from different perspectives.

    Especially in projects where the integration of complex solutions and technological convergence was required.

    It was during my time at Siemens, when developing the Forest Plan project of the Community of Madrid, on environmental protection in forests and natural parks, we had the need to develop a simulation model of intervention and prevention of forest fires, evaluating its impact and subsequent reconstruction over the years.

    To do this, we used different technologies, a GIS (geographical information system), integration of digital terrain models, cadaster data, land uses, and satellite images at different times of the year, in order to carry out evaluations and simulations, etc. At this time, together with engineers from different universities, we have already developed a very complex three-dimensional visualization and simulation system. Integrating vector, raster and alfa-numeric data in the same model.

    At the Polytechnic University, I specialized in geodesy and photogrammetry and later, I expanded my studies in information technology and geographic information systems for two years, at the Siemens University in Germany. Which allowed me to have a very powerful knowledge and vision of three-dimensional environments, their integration with gis and subsequent modeling for simulations and impact studies.

    I subsequently specialized in urban planning and cultural heritage, applying 3d reconstruction technologies, animations and virtual reality technologies in the development of various R&D projects in Europe.

    This is the evolution and why I entered the world of Virtual Reality. What is synthesized and summarized in one of my favorite projects: The Virtual Reconstruction of the Islamic City of Cuenca, and its evolution over the years to the present.

    City of Cuenca
    Magical and Mystery Tour around Cuenca.
    Cuenca in VR
    Virtual tour – Cuenca Islamic City

    When have you tried on your first headset? Do you remember your feelings? Do you have any funny memories to tell us?

    Yes, of course, I remember those very first experiences. Recently a colleague from the VRAR association reminded me of it. It was around 1993, more or less, at a computer fair in Madrid. When I put on my first VR helmet, that giant device, full of cables, was super heavy and uncomfortable, to say something. The experience was like getting into a diver’s scuba diving suit.

    I remember perfectly that I was in the middle of a deserted street, it seemed like the Wild West… I walked around for a while, and approached a mirror of that stage, and I began to move my arms and I could not see myself reflected. I automatically decided to take off the case and respond to the technical staff…this doesn’t work. If I don’t see myself, it’s not real… They were left with a face of absolute frustration… I left disappointed. I have to confess that I am very much an engineer, I like to touch, feel, and apply… I leave the metaphors for my intimate world.

    In that time, my team and I at Siemens, worked with stereo graphics images from satellites with 3d glasses and silicon graphics workstations, overlaying vector maps in 3d for urban planning and environmental simulation…there were really exciting times. Have a look at this video.

    You wrote the “White Paper” of “Best practices in VR Education” for the international VR/AR Association. You are a co-chair of VR/AR Education Committee and speaker in many conferences and workshops about innovation and immersive realities. What are the benefits of XR in education? Do you think that virtual education will have a great impact in 2022 in Spain and in Europe?

    This is a question I ask myself year after year. And 5 years have passed since my presentation at the International Conference on Innovation in Education ICERI 2016, Are we ready for disruptive education with VRAR?

    After all this time, many hours of investment, effort and evangelization around the world, I see that there is still a long way to go. It is an experience that is sometimes rewarding and sometimes frustrating.

    Sometimes I have the feeling that we take two steps forward and one step back. And I keep wondering why. Why do we keep talking about the same things as 5 years ago, repeating the same slogans and set phrases… without too many promises kept?

    But the lessons learned should make us reflect, listen more to the user’s needs, their priorities, in short, listen to reality, and not work and theorize about an imaginary or desired reality. This doesn’t work like that, and it’s very similar to what’s coming up with the Metaverse at the current time.

    There are experiences, exemplary use cases… but acceptance and implementation take a long time, more than expected. Changes in the educational system require time, and a clear and well-defined value proposition. Beyond slogans about advantages and benefits, what is needed is evidence that supports the use of immersive technologies in the classroom and later, to see opportunities to replicate these successful models. But always from a global perspective, integrating technologies and not observing them in an isolated way. And it is here, for many reasons, that it is worth exploring and analyzing carefully.

    How our ecosystem is configured, where we want to go, what are the real needs of the stakeholders, what is the implementation plan, the training plan, the budget and the sustainability plan that guarantees future investments based on results obtained. And this process, in public education, is very complicated to establish, beyond pilot programs, a lot of will, effort and investment.

    During the last 20 years, I have had the opportunity to work with a large number of international educational institutions, publishers, governments, etc., assisting them in their digitization processes and the results are seen over time.

    The basic pillars are well defined, and if we go down this path, the results, I am completely sure, will exceed expectations.

    To support this conviction, I would like to highlight two of the most representative activities that we have carried out this year from ONE Digital Consulting: The VR/AR Train the Trainers program, with the participation of more than 1.000 teachers from all over the world, and the project “Music with the 5 senses” with the Reina Sofia Music School, to bring classical music and values closer to young people from 13 to 17 years old, to schools.

    Music with 5 Senses. DES 2021 IFEMA

    More than 1,000 students from different educational centers in Madrid have already experienced in first person, with a truly outstanding acceptance.

    the Reina Sofia Music School

    Education and training are the basis of everything, and especially when we want to implement new changes in the society.

    The Covid-19 pandemic caused a disruption in education. We have experienced an important adoption of VR and AR in some schools and universities (Università degli Studi di Napoli ‘Parthenope’ and Politecnico of Turin). Someone started to teach in metaverse (Altspace VR, etc.)  What are the most important changes we should make in educational strategy and in learning methods?

    Education is a system; teaching is an action; learning is a process.’ Terry Heick.

    Yes, it is true that Covid has had a direct impact on all aspects of our daily lives and, of course, on the educational system. Revealing the great weaknesses that it maintains, the problems of sustainability and technological adaptation, methodologies and responsible adoption of devices, connectivity and accessible content.

    It has been a global experience, where the answer has been: save yourself.

    In the face of great challenges, small solutions. This has helped certain institutions, or rather I would say, individual evangelizers, have been able to find solutions that would allow virtual access to classes, monitoring and tutoring. And with more or less success, some institutions/teachers have entered the world of collaborative virtual platforms, learning with their students to get the best possible performance and results. Discovering how to apply them, improve performance and maintain contact with students, in the best possible way. And all this, expanding the local ecosystem and having the opportunity to share experiences with teachers and students from all over the world. Something completely unimaginable just two years ago.

    I would not dare to call these platforms Metaverse, since they were not born under that architecture or functionality, but they have served to learn to interact in a virtual environment, interact in a community and carry out activities that would have been impossible otherwise.

    During these exciting times, some truly pioneering experiences have been developed worldwide, in which I have been lucky enough to actively participate and collaborate. As the first virtual congress of AWE in 2019; the first virtual congress of Educators in VR in Altspace, with thousands of participants from all over the world connected 24-hour online sessions throughout a week; or the experience of ILRN and its virtual platform in Virbela. An authentic global virtual campus, with classrooms, work centers, meeting rooms and experiences, open to Universities and Communities from all over the world.

    Now, with the progressive return to the new normal, it is time to carefully analyze what we have learned, and how to apply a hybrid learning model and how to restructure teaching and learning methodologies in this new context.

    At this point, many contradictions and discussions between presence and virtuality appear. And this is not the debate.

    Generally speaking, Schools and Universities must train us as citizens and future entrepreneurs or employees of organizations in the real world. And this real world is rapidly changing towards collaborative, multidisciplinary, virtual and global organizations. Where their main activities are developed focused on projects, with teams built specifically focused on that project. They start and ends very fast, and rebuilt based on the specific needs of every kind of project. Therefore, presence does not make sense and in many cases, it is expensive and unfeasible, since these multidisciplinary teams are spread all over the world, in addition to not adding value to the client.

    Obviously, educational institutions, their leaders and governors, have to be aware of this, or else, the educational system, the years lost and the degrees obtained will not serve to get a job in the digital society, reasons for frustration and drop out.

    In this context, the current staff and their role must also be redefined. They must become change agents, intrapreneurs in their organization, and be trained in new methodologies and ways of working that are closer to today’s societies, more digitized and transformed, in order to take on its new challenges and not frustrate students on their way to find work after years of study, effort and sacrifice.

    Thus, a redefinition of the educational system at a global level, a methodology review of teaching and learning methods is urgently required. Combining real life experiences, with ethics and essential foundations of philosophy and science.

    And why do I say this? Many of the current challenges of the human being have already been raised by the classics, and if we read and listened to them more often, they would help us to solve future situations much better, which have been repeated throughout the history and evolution of man on earth.

    Regulation, transparency, and ethics for meta-humans, a challenge for real humans.

    What would you suggest to a young person who wants to approach immersive realities? 

    My personal recommendations would be the same that I make to the students who carry out their internships in our company ONE Digital Consulting center.

    First, open your senses well and be willing to get excited and excited by living and experimenting unique experiences. If you’re not going to do something extraordinary, forget it. You better not to try.

    Study, read and participate in reference forums and events, which allow you to complement your education and skills, and identify your future road to success. Looking for that space, where your commitment, contribution of value and knowledge, will make you feel that you are doing something truly unique and transcendent.

    Do not get carried away by siren songs, bloggers and easy marketing mega trends, there are no shortcuts. Effort, work, study and the network will be your allies. These can be anywhere in the world and you can be one of them.

    Study and let yourself be advised by experts, mentors who will help you develop this new career, which requires time and being constantly up to date.

    Practice, enjoy and unleash the imagination where no one has gone before. There you will have your reward and it will be excellence.

    Immersive realities, is the convergence of several advanced technologies, where you must find the best journey peers to complement your value proposition. You will find them on the net, groups of experts… there are innumerable channels of experts with incredible talent, you must be there.

    During the summer of 2021 the metaverse became a buzzword and attracted many brands. What should we expect in the future?

    We live in challenging and confusing times. A very harsh reality, where great inequalities appear between countries, cultures, regions… which makes us a much more fragile society than we initially thought. And this has its impact on the economy, personal development, customs, quality of life, and of course on education…etc. You have to be prepared to act and deal with unpredictable situations at all times. Be alert to signs, changes, migrations, pandemics, climate change, new forms of work, coexistence, leisure, communication, and personal relationships. This opens opportunities and in turn, closes doors.

    The digital transformation agenda has been disrupted. There will no longer be a beginning and an end. It is a permanent state of adaptation to the social ecosystem that is in permanent transformation.

    Although it is true that apparently many of these changes are not visualized, they are perceived as a tsunami, which arrives almost without warning and devastates everything.

    The phenomenon of the Metaverse is a clear example of this. Something that everyone talks about, and very few know, understand, and are able to visualize it and materialize it in the future.

    But there is no doubt that new business models are being developed, regardless of existing rules and regulations, where winning is the fundamental objective, at any cost. After great phrases, words, and marketing actions, strong trends appear that impose their fashions or part of them. In any case, this would be part of another very dense chapter, and for now, I do not want to go much further. But I am especially interested in some aspects, in particular those related to education.

    And education is the basis of everything. Educate in, by, and for.

    I recently had the opportunity to host the Metaverse at Education panel at the VRARA Metaverse Summit. “Are we ready for MetaEducation” was a complete success, with more than two hours of debate, 5 speakers, 60% women, and more than 200 online attendees. Here we talk about the current state of the ecosystem, the progress made in these two years, and the impact it was having on the world of education. We reviewed the benefits and barriers, as well as relevant critical aspects, on security, identity, bullying, harassment, equality, etc… a very interesting debate that opens the doors for us to work on these new horizons that are opening up before us and that I have allowed myself to go back into new immersive spaces and define the interrelationships between emotions, expressions and their temporary or ephemeral materialization in micro-universes.

    Last but not least, I would love to share my very first experience around what I call “Metaphorical MicroUniverses”.

    Carlos J.Ochoa MicroUniversos
    MicroUniversos Metaforicos

    Last year I received a commission from the Escuela Superior de Música Reina Sofía to record a classical music concert with works by Mozart, Tchaikovsky, and Respighi. In order to make it reach schools, during the pandemic, through immersive virtual reality experiences.

    To do this, we recreate 13 unique experiences, around each of the themes of the three musicians. Contextualizing them around an immersive story and narrative, with the story of a luthier, who explained the history of the construction of a violin, until reaching the interpreter who manages to get the best sound out of unique wood.

    More than 2,500 hours of work, recorded with 3 360º cameras, many hours recording sessions, ambisonic sound, more than 20 different locations, 3D models and recreations, virtual environments, and their integration into an immersive space, which recreates these “Metaphorical MicroUniverses”, which have already toured several schools in Spain with truly extraordinary success.

    An experience that can only be enjoyed from this space in virtual reality, and that is the context where we continue working on new immersive experiences… that will soon see the light. Have a look at this video in YouTube.

  • Storie in XR: Antony Vitillo

    Le storie in XR sono dedicate oggi ad Antony Vitillo (Tony per la rete). Seguo Tony da diverso tempo, ma ho avuto l’occasione d’incontrarlo qualche anno fa ad un evento a Toolbox Coworking dedicato all’extended reality. Da allora ci siamo incrociati spesso sul web e nel social VR. A novembre 2020 Tony era stato tra gli host del Virtual Reality Day, una maratona di 24h internazionale che ho seguito in Altspace VR.

    Lo scorso maggio l’ho coinvolto in un panel organizzato da Viscom Italia dal titolo ‘Digital Viscom Talks – New experiences in the ‘new normal” dedicato all’XR e al gaming. Se desiderate approfondire andate su YouTube al link.

    Chi è Antony Vitillo

    Antony Vitillo è uno sviluppatore, consulente e blogger di realtà immersive. Ha iniziato a lavorare nella realtà virtuale dal 2014 e da allora si è distinto per aver preso parte a progetti dalla forte componente innovativa. Il suo blog è considerato un punto di riferimento per i tecnici di realtà virtuale e ha partecipato come speaker ad eventi di caratura internazionale.

    La storia di Tony

    Scopriamo insieme come e perché Tony si è avvicinato all’XR, il suo percorso nelle realtà immersive. L’ho intervistato per voi.

    Quando e come ti sei avvicinato alla XR? Qual è la tua storia di multimedia developer? Hai iniziato prima ad occuparti di VR o AR?

    L’anno in cui ufficialmente ho iniziato con le realtà immersive è stato il 2014, ma in realtà il mio interesse per la multimedialità era iniziato molto prima. Il mio percorso universitario era già indirizzato verso le tecnologie multimediali come computer graphics e computer vision, vista la mia passione per il gaming. La mia tesi fu nell’ambito della computer vision, e feci una ricerca sul tracciamento delle mani. A tale scopo lessi moltissimi paper di computer vision, e scoprii ad un certo punto una serie di algoritmi che permettevano di vedere degli oggetti virtuali sopra una scrivania o sopra la mano di un utente all’interno di un flusso video di una telecamera. Era realtà aumentata, ma ancora non lo sapevo, però fu una cosa che mi affascinò moltissimo e decisi di approfondire l’argomento.

    Qualche anno dopo, iniziai a collaborare con il mio ex compagno di università Gianni Rosa Gallina e a sperimentare nuove tecnologie con lui. Realizzai anche un prototipo di engine di realtà aumentata per Windows Phone… e devo dire che per 4-5 secondi funzionava anche! Ma fu il 2014 l’anno della svolta, quando Gianni e io decidemmo di unire le forze e dedicarci a fare una startup su queste nuove realtà immersive. Provammo i Google Glass, di cui c’eravamo innamorati vedendo i video promozionali su Youtube, ma… ecco… diciamo che erano mooolto prototipali (un eufemismo per non dire peggio) e inadatti a realizzare la realtà aumentata dei nostri sogni. Fortunatamente Gianni aveva comprato anche un altro dispositivo, l’Oculus Rift DK2, di cui al tempo non sapevo nemmeno l’esistenza. Lo indossai un giorno di settembre del 2014 e bam! Mi innamorai all’istante di questa tecnologia, che mi permetteva di vedermi in una verdeggiante villa in Toscana anche se in realtà ero in un grigio ufficio di Torino. Non c’erano avatar, non c’erano controller, l’ambientazione era grezza… per gli standard attuali era una esperienza pessima, ma al tempo tanto bastò per il mio colpo di fulmine verso la realtà virtuale.

    Qual è stato il tuo primo visore?

    Come ho detto, l’Oculus Rift DK2, che fu il mio primo amore. Ho ancora quel visore, che ha vissuto tante avventure ed è stato fatto provare a decine di persone durante le nostre demo del sistema Immotionar, che permetteva di avere tutto il corpo in realtà virtuale. I visori che ebbi dopo di quello furono il GearVR, che mi fece scoprire la magia della realtà virtuale senza filo, una economicissima cardboard e l’OSVR della Razer. Razer fu il primo manufacturer di VR con cui entrai in contatto personalmente.

    Quale percorso consiglieresti a un giovane che vuole studiare XR?

    Ho scritto un lungo articolo sull’argomento, che può essere letto integralmente a questo link. La cosa interessante è che nell’articolo parlo di come iniziare per essere sviluppatore, UI designer, o 3D artist, e alcuni lettori criticarono il fatto che non avevo considerato altri tipi di professioni che potevano riguardare le realtà immersive, come per esempio essere project manager. Porto questo esempio per dire che “studiare XR” può indicare tantissime professioni e valutare tutti i possibili casi vorrebbe dire probabilmente scrivere un libro intero.

    Il consiglio che mi sento di dare è di fare un percorso di studio (all’università o anche mediante corsi alternativi) che riguarda la professione che vi interessa più in generale, e poi cercare di fare esperienza sul campo nel mondo XR. Mi spiego: se qualcuno vuole fare il 3D artist per realtà virtuale, quello che deve fare è studiare per diventare 3D artist, e poi cercare di lavorare in progetti di realtà aumentata e virtuale per imparare sul campo le peculiarità del lavoro nelle realtà immersive: continuando l’esempio del 3D artist, questo vuol dire imparare ad esempio come ottimizzare i modelli 3D per l’Oculus Quest 2, che richiede di usare mesh e shader molto leggeri.

    Con il team di New Technology Walkers hai rilasciato HitMotion, il primo gioco di mixed reality per il fitness. Com’è nata l’idea e quali obiettivi vi eravate proposti?

    HitMotion: Reloaded è un gioco con una lunga storia. Il primo HitMotion nacque nel 2016, sviluppato durante una calda estate da me e dal game designer Massimiliano Ariani, che avevo conosciuto durante una Game Jam. Era una demo tecnologica fatta per dimostrare le potenzialità del sistema full body VR Immotionroom di cui vi ho parlato sopra. L’utente si trovava all’interno di un ring nello spazio e doveva colpire dei droidi che gli venivano vicino utilizzando qualunque parte del corpo, dalla testa ai piedi. Il gioco, seppur semplice, piaceva molto e la gente sudava quando lo provava. Tuttavia la startup chiuse un anno dopo, e quel gioco rimase una semplice demo.

    Fast forward al 2018, e io e Massimiliano (Max) abbiamo già creato la nostra agency New Technology Walkers, per sviluppare progetti in realtà aumentata e virtuale. Uno di questi progetti che avevamo sviluppato, anche grazie all’ispirazione data dal creativo multimediale Enea Le Fons, era un sistema per utilizzare il visore HTC Vive Focus come visore di realtà aumentata, con la passthrough AR. In quell’anno veniamo a sapere che HTC vuole lanciare un nuovo visore, il Vive Focus Plus, con tracciamento delle mani del giocatore, e sta cercando dei contenuti per questo prodotto. Io e Max ragioniamo e pensiamo che può essere una idea innovativa proporre ad HTC di lanciare un gioco in realtà virtuale per il suo visore, e che il gioco ideale per dimostrare i nuovi controller può essere qualcosa che faccia muovere molto l’utente, esattamente come faceva HitMotion. Il fitness aveva anche il vantaggio che era un tipo di contenuto che gli utenti potevano voler utilizzare tutti i giorni e che non era solo qualcosa di ludico, ma che poteva anche migliorare la qualità della vita degli utenti. Ci sembrò l’idea perfetta, così la proponemmo ad HTC che accettò e sostenne il progetto.

    Nacque così HitMotion: Reloaded, un “allenamento di boxe travestito da gioco”, che lanciammo alla Vive Ecosystem Conference a Shenzhen nel 2019. Fu un’esperienza unica. Il gioco venne rilasciato ufficialmente a novembre dello stesso anno, e dai test con gli utenti avemmo ottimi feedback.

    Quest’anno abbiamo deciso di portare il gioco sul Quest e stiamo avendo molte soddisfazioni: i giocatori riportano che il gioco è di loro gradimento e che li stanca molto, dimostrando l’effettiva efficacia del suo allenamento. Il gioco è disponibile gratuitamente su Oculus App Lab a questo link.

    Hitmotion

    Ho letto recentemente il tuo articolo  ‘Some fluff on the metaverse‘ sul metaverso nel tuo blog. L’hai definito ‘The fluffverse’. Mi è piaciuta molto la tua frase ‘The metaverse is like the Fight Club, and the first rule of the metaverse is that no one knows what is the metaverse. It is like one of those Rorschach stains, everyone sees in it what he/she wants.’ In effetti è diventato una buzzword e tutti si sono gettati a pesce dopo l’annuncio di Mark Zuckerberg di Facebook di voler trasformare FB in metaverse company. Per te che cos’è e quali aspetti salveresti del metaverso?

    Onestamente in questo momento ho la nausea di questa parola, e a volte mi riferisco ad essa ironicamente come “M-word”. Odio le buzzwords, odio tutti questi articoli che ripetono le stesse cose sul metaverso, odio tutte le discussioni fini su cosa voglia dire esattamente la parola metaverso. Sì, odio un sacco di cose!

    Io mi concentro su cosa vorrei per il futuro: un mondo dove siamo tutti più connessi, e dove tutti possiamo godere di una comune realtà, che non è solo la realtà “vera”, ma è un’insieme di realtà, alcune reali ed altre simulate. Ad esempio io potrei venire a trovarti a casa tua e tu potresti mostrarmi come hai decorato la casa non solo con mobili reali, ma anche con soprammobili in realtà aumentata. Oppure io potrei organizzare un party a casa mia, dove partecipano persone da tutto il mondo, e io le vedrei come se fossero veramente con me (grazie alla realtà aumentata), ma in realtà sono ognuno a casa propria. Oppure potrei voler vivere una vacanza virtuale, e chiudermi in VR e viaggiare in solitaria verso una località tropicale.

    Non so se questo lo vogliamo chiamare metaverso, mirrorworld, ar cloud… però è quello che vorrei si avverasse.

    Hai lavorato al Welcome To The Other Side con la leggenda Jean-Michel Jarre all’interno di virtual Notre-Dame Cathedral il 31 dicembre 2020. Che cosa pensi dei concerti virtuali e che futuro potranno avere una volta sdoganati i concerti negli stadi?

    Ottima domanda. E io credo che quel concerto, sviluppato dal team di VRrOOm, sia esattamente la risposta alla tua domanda. Pensiamo un attimo a come funzionava: tu ti mettevi un casco di realtà virtuale e potevi entrare dentro la cattedrale di Notre Dame di Parigi e trovare lì dentro con te altre persone da tutto il mondo. La musica partiva e vedevi la leggenda della musica elettronica Jean-Michel Jarre suonare davanti a te, con effetti di videomapping e animazioni 3D che si muovevano tutto intorno a te a tempo di musica. Questo vuol dire che:

    – Si poteva andare a Parigi senza muoversi di casa (impossibile se non in VR)
    – Si poteva visitare Notre Dame (impossibile nel mondo reale, perchè è bruciata)
    – Si poteva vedere Jean-Michel Jarre da molto vicino (molto difficile nel mondo reale)
    – Jean-Michel Jarre svolgeva un concerto di musica elettronica dentro un capolavoro come Notre Dame (impossible nel mondo reale perchè Notre Dame è una chiesa, e non ospita concerti)
    – Effetti speciali tridimensionali si muovevano a tempo nelle navate della chiesa (impossibile senza AR/VR)

    In poche parole, questo concerto sarebbe stato impossibile senza le realtà immersive. La cosa splendida delle realtà immersive è che rendono l’impossibile possibile, che usando loro è possibile realizzare degli eventi che non sono possibili in altro modo. Creano delle nuove opportunità aggiuntive rispetto a quelle degli eventi reali, che hanno un altro tipo di fascino (ad esempio fare un viaggio con i propri amici, pernottare in un’altra città e visitarla per vedere tutti insieme il concerto)

    Sicuramente ora le persone hanno voglia di andare ad eventi fisici dopo tanto tempo di clausura, ma sono sicuro che gli eventi virtuali pian piano cresceranno di importanza, perchè hanno questo potere.

    Quali mondi di social VR frequenti normalmente? Pensi che possano essere utili per il lavoro in team?

    Onestamente, non frequento molto ambienti social VR perchè non ho molto tempo di farlo. Uso molto VRChat per lavoro, e ho partecipato ad eventi in ENGAGE, Altspace, e Mozilla Hubs. Sono tutti programmi molto validi, che consiglio assolutamente.

    Per il lavoro in team trovo più utili applicazioni create specificatamente per lo scopo: ogni tanto ho usato Bigscreen VR o Facebook Workrooms per sentirmi vicino ai miei colleghi mentre lavoro al computer; e ho sentito parlare bene di NVIDIA Omniverse, che permette a molte persone di lavorare insieme sullo stesso progetto.

    Quali sono i tuoi progetti futuri?

    Sicuramente continuare a lavorare al nostro gioco HitMotion: Reloaded con NTW e agli eventi in realtà virtuale con VRrOOm. Sicuramente continuare con il mio blog The Ghost Howls. Poi vediamo le opportunità che verranno fuori strada facendo… a Novembre parteciperò ad AWE US come speaker, spero sia l’opportunità per conoscere nuove persone appassionate di XR come me.

    Il mio futuro sarà sicuramente nelle realtà immersive… credo che il bello debba ancora venire, e vorrei farne parte 😉

  • Storie in social VR: Cristiana Pivetta

    Il progetto delle storie in social VR e XR si apre con Cristiana Pivetta, una docente che ho conosciuto al MagicFlute Show di giugno 2020 dal titolo: ‘I mondi virtuali e l’apprendimento‘. Questa conferenza in Altspace VR era dedicata al mondo della scuola e all’apprendimento in VR ed era organizzata da Francesco Spadafina, founder di Pyramid Cafè. Perché iniziare il nostro percorso con la storia di Cristiana? Semplicemente perché il suo entusiasmo, il suo desiderio d’apprendere e sperimentare mi hanno piacevolmente colpita e penso che possa essere d’ispirazione per tutti noi.

    Cristiana è riuscita a rendere il mondo della scuola coinvolgente ed interessante per i più giovani attraverso le sperimentazioni in realtà virtuale e i mondi di social VR.

    Chi è Cristiana Pivetta

    Relatrice al MagicFlute Show di giugno 2020 Cristiana insegna lettere all’ITCG ANGIOY di Carbonia ed è esperta di tecnologie applicate alla didattica.

    La storia di Cristiana

    Scopriamo insieme che cosa si cela dietro l’avatar di Cristiana che ho avuto il piacere d’incontrare in Altspace VR. Perché ha scelto di dedicarsi alle tecnologie? Come si possono sfruttare la realtà virtuale e i mondi di social VR nella didattica?

    Per approfondire la sua storia l’ho intervistata per voi.

    L’intervista

    Cristiana ciao, raccontaci com’è nato il tuo interesse per la VR.

    Il mio interesse per la VR è nato quasi parallelamente all’attenzione per le tecnologie. Mi hanno sempre affascinato gli ambienti immersivi e le loro potenzialità in campo didattico per la loro prospettiva multimodale (suoni, voci, immagini, chat testuali, artefatti, simboli, script e quant’altro). Inoltre ritengo che modellare lo spazio virtuale a proprio piacimento, agitare la bacchetta magica a disposizione dell’avatar per dare forma agli oggetti costituiscono delle preziose opportunità per ingaggiare e sostenere i discenti nel loro percorso.

    "I care in the world" in edMondo

    “I care in the world” in edMondo

    Quando hai iniziato ad utilizzare le tecnologie a scuola? Hai trovato degli ostacoli da parte dei colleghi o degli studenti?

    È stato esattamente nel 2004. Lo ricordo benissimo perché in quel periodo trovavi i pc esclusivamente nelle aule informatiche e per giunta non in tutte le realtà scolastiche. La situazione disastrosa di un gruppo di studenti sotto il profilo didattico-sociale costituì una valida motivazione per provare a costruire delle esperienze significative con l’uso delle tecnologie

    Gli studenti in aula predisponevano dei mockup preparatori con i compagni del loro gruppo per poi realizzare nel laboratorio informatico semplici pagine web. Le problematiche del tempo erano legate alla difficoltà di ottenere il permesso di accedere ai laboratori informatici e alla mancanza di connessione.

    Ho incontrato diffidenza o per meglio dire indifferenza quando ho portato avanti il progetto di inserire in ogni aula delle whiteboard. Ma anche in questo caso i feedback degli studenti e delle famiglie mi hanno convinto della validità del cammino intrapreso.

    Non mi sono più fermata anzi ho creato il sito Fantascrivendo, mi sono iscritta a vari social, ho aperto un canale YouTube, animata dallo spirito di condividere un approccio metodologico efficace d’uso delle tecnologie.


    Prime attività di gruppo alla LIM

    Al Magicflute Show hai parlato dei mondi virtuali per l’apprendimento. Quali vantaggi possono apportare rispetto alla didattica ‘reale’?

    I vantaggi sono enormi. Per gli studenti costituiscono delle occasioni reali per mettersi alla prova, per fare osservazioni e operare nel mondo virtuale raccordandosi alle attività svolte in aula.

    Le parole chiave sono motivazione, coinvolgimento, inclusività e creatività.

    Per i discenti agire nel mondo virtuale non è differente dal mondo reale perché la propria e/o le proprie identità reali vengono messe in relazione con il loro personaggio avatar.

    Sollecito i discenti a costruire degli ambienti (campi semantici) in cui porre artefatti significativi, espressione del loro personale e collaborativo modo di fare esperienza del mondo. Questo è il punto di arrivo di un percorso co-costruito, che implica da parte degli studenti l’apprendimento di modelli e concetti legati alla grammatica del mondo immersivo in uso.


    MagicFlute Show: Seminario Edu3d

    Quali ambienti immersivi hai sperimentato e hai trovato più adatto per coinvolgere gli studenti? Che percorso consiglieresti ad un/una collega che desiderasse iniziare ad utilizzare la didattica nei mondi virtuali?

    Il mio percorso esperienziale si è concretizzato inizialmente con edMondo, il mondo virtuale per la scuola dell’Indire. Nel tempo ho interagito con il mondo immersivo di Edu3d in Craft World, AltspaceVR, Mozilla Hubs. Questi ambienti sono tutti estremamente coinvolgenti e offrono la possibilità di interagire con comunità di docenti e di professionisti per uno scambio efficace di pratiche ed esperienze.

    Sono affascinata allo stesso modo dalle potenzialità di questi mondi e parimenti i miei studenti. A chi si voglia cimentare in un percorso simile consiglio di iscriversi alle rispettive comunità, di partecipare a uno o più corsi che periodicamente vengono proposti, e successivamente vi invito a “gettarvi nella mischia” con i vostri studenti per apprendere insieme.

    Escape room: Il ballo delle fiabe, Progetto Edu3d in Craft Word

    Ci racconti un episodio che può fare comprendere il valore di questo tipo approccio?

    Vi porto ad esempio la mia ultima esperienza, un laboratorio immersivo[1] di letteratura in edMondo. Lo spazio è stato interamente modellato dai miei studenti, due classi seconde e una classe prima dell’ITCG Angioy di Carbonia.

    La nostra sfida è stata quella di rendere la letteratura attuale in un momento in cui si è dovuto fare di necessità virtù a causa della pandemia e della didattica a distanza.

    Il mondo virtuale realizzato ruota intorno al castello dell’innominato e agli ambienti di supporto realizzati, relativi non solo all’opera “I Promessi Sposi” di Manzoni ma di tanti altri autori in prosa e poesia. Oltre agli oggetti architettonici sono state create linee del tempo, mostre, giochi di fuga (escape room), presentazioni interattive e molto di più.


    “Laboratorio Letterario” in edMondo

    Nel 2018 hai pubblicato il libro ‘In viaggio intorno al mondo. Itinerari didattici in rete’. Quale tipo di didattica illustri nel tuo libro e a chi può essere utile?

    Il 2018 è stato un anno particolare. Dopo aver scritto numerosi articoli e contributi presenti in rete e in vari libri, ho deciso di autopubblicarmi.

    Non vi dovete far ingannare dal titolo, non è un manuale e neppure un romanzo, ma il racconto, in una forma narrativa coinvolgente, dei viaggi virtuali realizzati nel web per visitare musei, siti archeologici, per fare comunità con gli studenti dei paesi di tutto il mondo. Una lezione differente che gli studenti costruiscono secondo un modello condiviso con altre classi, animata da un approccio interculturale, creativo e empatico, caratterizzato dal problem solving.

    Nel libro ho inserito risorse, proposte di attività, strumenti pronti all’uso o modificabili secondo lo stile di ogni insegnante.

    Doveva ancora travolgerci la pandemia, ma questa idea risulta più che mai attuale come i tanti progetti che propongo, sempre proiettata nel futuro.

    Concludo invitandovi a leggerlo, a seguirmi sui social e perché no a collaborare con me.

    Ringrazio Simona per l’invito. È stato molto interessante confrontarci su queste tematiche.


    [1] Per approfondimenti leggete l’articolo “Pratiche di debate nei mondi virtuali” http://www.rivistabricks.it/wp-content/uploads/2021/02/18_Bricks1-2021_Pivetta.pdf


  • Apprendimento ed extended reality


    S i può migliorare l’apprendimento grazie alle nuove tecnologie e all’extended reality? Un tema di grande attualità che è stato oggetto di discussione e di workshop lo scorso aprile a Genova durante “Futura”, l’evento itinerante organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per raccontare, promuovere e sperimentare sui territori la scuola digitale. Le classi virtuali e l’apprendimento in extended reality si stanno diffondendo nella scuola 2.0, accanto a coding e robotica e coinvolgono i docenti più sensibili all’innovazione. Gli insegnanti si confrontano sui temi della formazione, utilizzano nuovi tools e avviano, con il supporto di dirigenti scolastici illuminati, nuovi metodi e percorsi. Negli ultimi anni si sono diffuse anche piattaforme gratuite o a costo contenuto che favoriscono la co-creazione con gli studenti, come le open source Scratch, Blender per modellazione 3D ed eTwinning per scambi con istituti stranieri.

    Personalmente già da qualche anno cerco di studiare nuove modalità d’apprendimento rivolte a pubblici più o meno giovani e seguo con interesse esperimenti in realtà mediata adottati in scuole italiane e straniere.

    Durante il convegno Riconnessioni Festival  che si è tenuto a  Torino lo scorso marzo ho ascoltato con grande interesse testimonianze di scuole che hanno unito innovazione ed inclusione e che hanno visto nel digitale una grande opportunità. Vi consiglio di approfondire all’articolo ‘L’alunno al centro della scuola del XXI secolo’ pubblicato su Medium.

    Apprendimento delle lingue straniere in extended reality

    Il processo d’innovazione della scuola è seguito con attenzione anche dalle università che partecipano a sperimentazioni di nuovi approcci educativi in concerto con i colleghi delle scuole primarie e secondarie. Un esempio è stato fornito qualche settimana fa dalla prof.ssa Claudia Repetto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia durante un seminario organizzato da Cultura e Sviluppo sul tema ‘Luci ed ombre nell’uso dei social network e delle nuove tecnolgie della comunicazione‘ con l’intervento del prof. Giuseppe Riva dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

    La prof.ssa Repetto ha parlato dell’apprendimento della lingua inglese con l’utilizzo della realtà virtuale e ha illustrato l’esperienza condotta in due ITIS, istituti superiori rispettivamente di Alessandria e di Milano. Il test è durato un mese e consisteva in visualizzazioni libere fuori dal contesto scolastico di 10 video a 360 gradi fruibili con cardboard. I video erano stati arricchiti da una madrelingua inglese, voce narrante che guidava l’attenzione dello studente verso gli elementi rilevanti.

    Quali sono state le motivazioni che hanno convinto all’adozione della realtà virtuale? Vi riporto quanto proposto in slide dalla professoressa:

    • imparare una lingua straniera può essere noioso e frustrante
    • l’apprendimento è più efficace con l’esposizione diretta
    • la realtà virtuale permette di creare ambienti ad hoc ed offre esperienze arricchite in cui insieme allo stimolo linguistico (la parola) viene presentato anche una stimolazione sensomotoria (ciò che vedo e sento, la sensazione di movimento)

    L’arricchimento dello stimolo promuove l’apprendimento

    Le esperienze in lingua sono immersive e fondamentali per favorire l’aspetto ludico-formativo, coinvolgono i pubblici più giovani e vengono interiorizzate più facilmente.

    Classi virtuali: AR sonora

    Sempre sul tema delle classi virtuali vi suggerisco di approfondire l’esperimento condotto in un istituto superiore del Belgio ‘Élèves en Liberté, una sperimentazione che ha creato engagement e immersione grazie alla realtà aumentata sonora. Non più un visore, ma cuffie dotate di giroscopio e sensori che inviano le informazioni ad un telefono ‘intelligente’ da portare appeso al collo ti fanno entrare in un universo sonoro.

    Un casque audio qui vous localise dans une large pièce et crée un univers sonore en fonction de vos déplacements et de vos interaction

    Secondo François Fripiat, fondatore dello studio Demute

    Le son nourrit un rapport émotionnel plus fort que l’image. L’oeil est un instrument plus absolu que l’oreille. Par contre, le son permet d’accéder plus rapidement aux émotions, et de tromper plus facilement le cerveau que l’image.

    Parte delle informazioni sono condivise dall’intera classe, altre sono fruibili dal solo utilizzatore quando si avvicina o sfiora un oggetto.

    Quali piattaforme sono utili all’apprendimento?

    Nel settore delle piattaforme ha fatto scuola Google Expeditions che consente di ampliare i limiti della conoscenza fuori dalle aule scolastiche, integrando VR e AR. Leggiamo sul sito:

    With VR and AR, teachers are no longer limited by the space of the classroom. VR lets you explore the world virtually while AR brings abstract concepts to life—allowing teachers to guide students through collections of 360° scenes and 3D objects, pointing out interesting sites and artifacts along the way.

    A maggio 2018 Google ha lanciato anche la piattaforma Google Tour Creator che permette a costo zero di caricare le proprie fotografie a 360 gradi o utilizzare immagini da Google Steet View e renderle interattive, aggiungendo testo e immagini. Si possono realizzare dei tour virtuali personalizzati da fruire anche attraverso un cardboard. Al momento tuttavia non è possibile passare da un ambiente all’altro semplicemente visualizzandolo da cardboard. Seguiròi prossimi sviluppi e vi terrò aggiornati.

    Altra piattaforma molto completa e diffusa nel mondo della scuola a livello internazionale è ThingLink che, nata nel 2010, permette di creare tour virtuali sia per la didattica sia per il settore business con abbonamenti differenziati. L’utilizzo è user-friendly, anche se richiede strategia nella scelta delle foto, creazione del percorso o i percorsi nei quali guidare l’utente e narrare una location, un sito storico.

    Nella sezione didattica si possono coinvolgere gli studenti nella creazione del tour. La formazione è quindi interattiva con un livello di partecipazione inimmaginabile fino a pochi anni fa, utile per sviluppare la creatività e il pensiero critico.

    Qual è il vantaggio offerto dalla piattaforma? A parte l’integrazione con numerosi contenuti multimediali (note, tag, video in mp4, link a YouTube e Vimeo, Google Map, ecc.), a mio parere, la presenza di una community molto attiva di docenti a livello internazionale che può contribuire alla diffusione e all’apprendimento di colleghi meno esperti.

    Per approfondire vi invito a leggere l’articolo pubblicato da Ulla-Maaria Koivula, founder e CEO di ThingLink education and media technology company, su Medium in cui parla di ‘a narrated VR tour with sequential hotspot‘ come una ‘asynchronous shared VR experience’ ed evidenzia tre importanti vantaggi formativi:

    • accessibilità
    • flessibilità
    • risparmio

    La docente resta al centro dell’attività didattica, anche se l’esperienza coinvolge gli studenti anche fuori dall’ambito scolastico. Un’introduzione registrata può essere fruita in ogni momento, in ogni luogo e su ogni device, lasciando totale libertà e possibilità d’interagire all’interno dei gruppi. Le scuole non devono necessariamente affrontare importanti investimenti per l’acquisto di visori, perché i tour possono essere fruiti in piccoli gruppi o individualmente.

    L’incontro tra tecnologia e mondo classico

    Di piattaforme e di incontro tra nuove tecnologie e cultura umanistica in ambito didattico abbiamo parlato in occasione di Narrability, il convegno organizzato dall’Osservatorio di Storytelling a dicembre 2018. Al panel intitolato ‘Il racconto della cultura. L’incontro tra tecnologia e mondo classico.’ ho invitato Licia Landi, esperta di cultura classica, ricercatrice didattica e docente che da oltre 20 anni conduce attività di formazione e di ricerca all’Università di Verona.

    Grazie alla tecnologia i ragazzi diventano ricercatori e lavorando insieme possono essere produttori. Abbandoniamo la visione nozionistica e verticistica, lo studio diventa una partecipazione e i ragazzi assumono delle responsabilità. […] La tecnologia non ha un uso strumentale, ma diventa un vero ambiente di lavoro, di co-creazione e di riflessione.

    La dottoressa Landi ci ha parlato anche delle piattaforme che ha utilizzato da pioniera nell’ottica di ‘elaborare degli spazi nuovi e riprendere materiali che sono stati prodotti anche da altri. […] Ad esempio la foto 360 gradi diventa l’ambiente su cui costruire delle storie. ‘

    Se desiderate ascoltare lo speech potete trovare il video tra gli Atti del Convegno e su Youtube al minuto 22:11.

    Tendenze future

    Quale potrà essere il futuro, tenendo conto che, secondo AR Insider, alla fine del 2020, si prevedono 1.5 miliardi di smartphone e device compatibili con augmented reality e 3.4 miliardi nel 2023?

    A mio parere la diffusione della tecnologia sarà legata non tanto agli investimenti in device da parte delle scuole, ma soprattutto alle esigenze di formazione dei docenti che dovranno sempre più ampliare le conoscenze in ottica blended learning.

    Interessante sul tema apprendimento ed extended reality è l’intervista pubblicata da Kathryn Minnick su Medium a Moon Park, un Program Manager di Google ARCore. Secondo Park ci sono ancora dei problemi tecnici di fattibilità per l’adozione diffusa della tecnologia in particolar modo a tutti gli istituti scolastici, ma è solo questione di tempo.

    Presto vedremo anche gli studenti italiani integrare le lezioni frontali del docente di chimica con esperienze immersive in extended reality? Ecco un esempio di esperienza in VR per la didattica di Mel Science proposto su Twitter dall’imprenditore Rimah Harb.

    Fonti:

    http://www.benhoguet.com/eleves-en-liberte-un-cas-decole-de-realite-augmentee-sonore/

    https://medium.com/age-of-awareness/the-classroom-of-tomorrow-99f90c569033

    https://arvrjourney.com/how-to-increase-your-virtual-instruction-time-without-putting-in-more-hours-b5cb1bceeb42

    https://edu.google.com/products/vr-ar/expeditions/?modal_active=nonF