• Beni culturali e realtà immersiva: intervista a Roberto Carraro di Carraro Lab


    Nel mese di marzo ho partecipato ad un evento organizzato dall’Accademia di Brera all’interno della Milano Digital Week 2019 dal titolo ‘Cultura immersiva. Realtà virtuale e realtà aumentata nella trasformazione delle arti e nella cura dei beni culturali.‘ I temi discussi durante la giornata sono stati molteplici dalle neuroscienze e cultura con il prof. Gallese al museo M9 di Mestre, dall’anteprima italiana del visore in mixed reality, Magimask alla sperimentazione ‘Portatori di storie’ di StudioAzzurro, solo per citarne alcuni.

    Tra i relatori era presente anche Livio Karrer, curatore del Museo M9 di Mestre, il museo multimediale più interattivo d’Europa che ha presentato il progetto e ha illustrato le sezioni tematiche che esaltano la visitor experience, grazie alle nuove tecnologie immersive (VR, AR).

    Ho voluto approfondire il tema musei e tecnologie immersive con il moderatore dell’evento, il professor Roberto Carraro della Carraro Lab, docente di Didattica Multimediale all’Accademia di Brera, che per M9 ha curato la sezione dedicata alla trasformazione dei paesaggi urbani e agrari del ‘900 con 15 installazioni interattive immersive nei territori, ricostruzioni 3D, compositing e morphing interattivi, come, ad esempio, l’ascensore spazio temporale.

    Vi invito a leggere l’intervista nella quale abbiamo affrontato argomenti molto attuali dal 5G alla realtà immersiva per i musei storici, al rischio di obsolescenza dei device e molto altro. Enjoy!

    In occasione dell’evento ‘Cultura immersiva’ da voi organizzato all’Accademia di Brera è stato presentato M9 di Mestre, nel quale Carraro Lab ha curato un’importante sezione interattiva e immersiva. Il museo, inaugurato il 1 dicembre 2018, ha unito perfettamente cultura – tecnologia – didattica in un progetto globale. Come si può integrare la tecnologia VR e AR in poli museali storici?

    Certamente Realtà Virtuale ed Aumentata possono dare un fondamentale contributo per ampliare il target e intensificare l’esperienza di visita nei musei storici. I musei, tradizionalmente collezioni di reperti, oltre a preservare i beni culturali hanno da tempo il compito di fare ricerca e diffondere conoscenza.
    Le tecnologie immersive hanno come primo obiettivo il recupero del rapporto tra reperto e contesto originario, perduto con la musealizzazione.
    Grazie ad AR e VR i reperti di un museo possono inoltre essere analizzati, sezionati, comparati tra loro, ricondotti alle tecniche e alle fasi di lavorazione;  autori ed eventi storici possono presentificarsi nel museo.  Oggi i musei sono diventati anche luoghi identitari fondamentali per la valorizzazione di un territorio. Con la trasformazione digitale i musei possono sviluppare intense esperienze immersive e interattive, senza perdere la centralità delle loro collezioni. 

    Nel rapporto Federculture 2018 vengono riportati i dati dell’ultimo Censimento ISTAT  nel quale emerge che: ‘ è possibile constatare come appena il 30% dei quasi cinquemila musei presenti in Italia offra almeno un servizio digitale in loco (comprendendo tra questi app, QR code, wifi, ma anche le più tradizionali audioguide) e almeno uno online (sito web, account social, biglietteria online). La percentuale si riduce all’11% se consideriamo i musei che ne offrono almeno due.’ Secondo lei quanto potrà incidere l’avvento del 5G nello sviluppo della digitalizzazione dei distretti culturali e dei musei? 

    La diffusione della rete 5G renderà possibili nuove soluzioni per musei, città d’arte, siti archeologici. La grande capacità e la riduzione della latenza nella trasmissione dei dati renderà disponibili al visitatore contenuti di grande efficacia.
    È necessario peró pensare nuove tipologie di contenuti, pensati per la fruizione in mobilità e contestuali . Anche in questo caso AR e VR, ovviamente nelle loro versioni online, sono tecnologie centrali, insieme alle soluzioni IoT (Internet Of Things).

    Il rilascio di nuovi visori e piattaforme è sempre più veloce. L’anno scorso è stato lanciato Oculus Go e stiamo aspettando entro il mese corrente Oculus Quest, mentre durante l’evento a Brera è stato presentato Magimask, il nuovo visore in mixed reality. Può esserci il rischio di una rapida obsolescenza degli strumenti tecnologici per un polo museale? E come contrastare questo eventuale rischio? 

    L’obsolescenza tecnologica è un problema da considerare quando si progetta un museo. È consigliabile relativizzare i device tecnologici e concentrarsi sui contenuti, che devono essere di alta qualità,  aderire a standard condivisi, e sviluppare metafore interattive capaci di creare valore autonomamente dalla specifica tecnologia adottata.

    Durante la conferenza della scorsa settimana Google I/O è stata presentata la novità della AR nei risultati della Search. Ritiene possa avere un impatto positivo sull’utilizzo dell’AR da parte del grande pubblico? Potrà favorire l’adozione delle nuove tecnologie anche da parte dei musei più resistenti alla Digital Transformation? 

    Il consolidamento della Realtà Aumentata nel web, e quindi nei motori di ricerca, è la strada maestra per la sua affermazione, oggi limitata da piattaforme proprietarie chiuse e incompatibili.
    WebAR e webVR sono due componenti chiave del nascente Web 3.0, contraddistinto dall’immersivitá.
    In questi scenari i musei potrebbero dare vita ai futuri palazzi virtuali della memoria, siti web tridimensionali  consultabili sia nel museo che a distanza, che diventeranno centrali nella diffusione della cultura nell’era digitale.

  • Apprendimento ed extended reality


    S i può migliorare l’apprendimento grazie alle nuove tecnologie e all’extended reality? Un tema di grande attualità che è stato oggetto di discussione e di workshop lo scorso aprile a Genova durante “Futura”, l’evento itinerante organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per raccontare, promuovere e sperimentare sui territori la scuola digitale. Le classi virtuali e l’apprendimento in extended reality si stanno diffondendo nella scuola 2.0, accanto a coding e robotica e coinvolgono i docenti più sensibili all’innovazione. Gli insegnanti si confrontano sui temi della formazione, utilizzano nuovi tools e avviano, con il supporto di dirigenti scolastici illuminati, nuovi metodi e percorsi. Negli ultimi anni si sono diffuse anche piattaforme gratuite o a costo contenuto che favoriscono la co-creazione con gli studenti, come le open source Scratch, Blender per modellazione 3D ed eTwinning per scambi con istituti stranieri.

    Personalmente già da qualche anno cerco di studiare nuove modalità d’apprendimento rivolte a pubblici più o meno giovani e seguo con interesse esperimenti in realtà mediata adottati in scuole italiane e straniere.

    Durante il convegno Riconnessioni Festival  che si è tenuto a  Torino lo scorso marzo ho ascoltato con grande interesse testimonianze di scuole che hanno unito innovazione ed inclusione e che hanno visto nel digitale una grande opportunità. Vi consiglio di approfondire all’articolo ‘L’alunno al centro della scuola del XXI secolo’ pubblicato su Medium.

    Apprendimento delle lingue straniere in extended reality

    Il processo d’innovazione della scuola è seguito con attenzione anche dalle università che partecipano a sperimentazioni di nuovi approcci educativi in concerto con i colleghi delle scuole primarie e secondarie. Un esempio è stato fornito qualche settimana fa dalla prof.ssa Claudia Repetto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia durante un seminario organizzato da Cultura e Sviluppo sul tema ‘Luci ed ombre nell’uso dei social network e delle nuove tecnolgie della comunicazione‘ con l’intervento del prof. Giuseppe Riva dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

    La prof.ssa Repetto ha parlato dell’apprendimento della lingua inglese con l’utilizzo della realtà virtuale e ha illustrato l’esperienza condotta in due ITIS, istituti superiori rispettivamente di Alessandria e di Milano. Il test è durato un mese e consisteva in visualizzazioni libere fuori dal contesto scolastico di 10 video a 360 gradi fruibili con cardboard. I video erano stati arricchiti da una madrelingua inglese, voce narrante che guidava l’attenzione dello studente verso gli elementi rilevanti.

    Quali sono state le motivazioni che hanno convinto all’adozione della realtà virtuale? Vi riporto quanto proposto in slide dalla professoressa:

    • imparare una lingua straniera può essere noioso e frustrante
    • l’apprendimento è più efficace con l’esposizione diretta
    • la realtà virtuale permette di creare ambienti ad hoc ed offre esperienze arricchite in cui insieme allo stimolo linguistico (la parola) viene presentato anche una stimolazione sensomotoria (ciò che vedo e sento, la sensazione di movimento)

    L’arricchimento dello stimolo promuove l’apprendimento

    Le esperienze in lingua sono immersive e fondamentali per favorire l’aspetto ludico-formativo, coinvolgono i pubblici più giovani e vengono interiorizzate più facilmente.

    Classi virtuali: AR sonora

    Sempre sul tema delle classi virtuali vi suggerisco di approfondire l’esperimento condotto in un istituto superiore del Belgio ‘Élèves en Liberté, una sperimentazione che ha creato engagement e immersione grazie alla realtà aumentata sonora. Non più un visore, ma cuffie dotate di giroscopio e sensori che inviano le informazioni ad un telefono ‘intelligente’ da portare appeso al collo ti fanno entrare in un universo sonoro.

    Un casque audio qui vous localise dans une large pièce et crée un univers sonore en fonction de vos déplacements et de vos interaction

    Secondo François Fripiat, fondatore dello studio Demute

    Le son nourrit un rapport émotionnel plus fort que l’image. L’oeil est un instrument plus absolu que l’oreille. Par contre, le son permet d’accéder plus rapidement aux émotions, et de tromper plus facilement le cerveau que l’image.

    Parte delle informazioni sono condivise dall’intera classe, altre sono fruibili dal solo utilizzatore quando si avvicina o sfiora un oggetto.

    Quali piattaforme sono utili all’apprendimento?

    Nel settore delle piattaforme ha fatto scuola Google Expeditions che consente di ampliare i limiti della conoscenza fuori dalle aule scolastiche, integrando VR e AR. Leggiamo sul sito:

    With VR and AR, teachers are no longer limited by the space of the classroom. VR lets you explore the world virtually while AR brings abstract concepts to life—allowing teachers to guide students through collections of 360° scenes and 3D objects, pointing out interesting sites and artifacts along the way.

    A maggio 2018 Google ha lanciato anche la piattaforma Google Tour Creator che permette a costo zero di caricare le proprie fotografie a 360 gradi o utilizzare immagini da Google Steet View e renderle interattive, aggiungendo testo e immagini. Si possono realizzare dei tour virtuali personalizzati da fruire anche attraverso un cardboard. Al momento tuttavia non è possibile passare da un ambiente all’altro semplicemente visualizzandolo da cardboard. Seguiròi prossimi sviluppi e vi terrò aggiornati.

    Altra piattaforma molto completa e diffusa nel mondo della scuola a livello internazionale è ThingLink che, nata nel 2010, permette di creare tour virtuali sia per la didattica sia per il settore business con abbonamenti differenziati. L’utilizzo è user-friendly, anche se richiede strategia nella scelta delle foto, creazione del percorso o i percorsi nei quali guidare l’utente e narrare una location, un sito storico.

    Nella sezione didattica si possono coinvolgere gli studenti nella creazione del tour. La formazione è quindi interattiva con un livello di partecipazione inimmaginabile fino a pochi anni fa, utile per sviluppare la creatività e il pensiero critico.

    Qual è il vantaggio offerto dalla piattaforma? A parte l’integrazione con numerosi contenuti multimediali (note, tag, video in mp4, link a YouTube e Vimeo, Google Map, ecc.), a mio parere, la presenza di una community molto attiva di docenti a livello internazionale che può contribuire alla diffusione e all’apprendimento di colleghi meno esperti.

    Per approfondire vi invito a leggere l’articolo pubblicato da Ulla-Maaria Koivula, founder e CEO di ThingLink education and media technology company, su Medium in cui parla di ‘a narrated VR tour with sequential hotspot‘ come una ‘asynchronous shared VR experience’ ed evidenzia tre importanti vantaggi formativi:

    • accessibilità
    • flessibilità
    • risparmio

    La docente resta al centro dell’attività didattica, anche se l’esperienza coinvolge gli studenti anche fuori dall’ambito scolastico. Un’introduzione registrata può essere fruita in ogni momento, in ogni luogo e su ogni device, lasciando totale libertà e possibilità d’interagire all’interno dei gruppi. Le scuole non devono necessariamente affrontare importanti investimenti per l’acquisto di visori, perché i tour possono essere fruiti in piccoli gruppi o individualmente.

    L’incontro tra tecnologia e mondo classico

    Di piattaforme e di incontro tra nuove tecnologie e cultura umanistica in ambito didattico abbiamo parlato in occasione di Narrability, il convegno organizzato dall’Osservatorio di Storytelling a dicembre 2018. Al panel intitolato ‘Il racconto della cultura. L’incontro tra tecnologia e mondo classico.’ ho invitato Licia Landi, esperta di cultura classica, ricercatrice didattica e docente che da oltre 20 anni conduce attività di formazione e di ricerca all’Università di Verona.

    Grazie alla tecnologia i ragazzi diventano ricercatori e lavorando insieme possono essere produttori. Abbandoniamo la visione nozionistica e verticistica, lo studio diventa una partecipazione e i ragazzi assumono delle responsabilità. […] La tecnologia non ha un uso strumentale, ma diventa un vero ambiente di lavoro, di co-creazione e di riflessione.

    La dottoressa Landi ci ha parlato anche delle piattaforme che ha utilizzato da pioniera nell’ottica di ‘elaborare degli spazi nuovi e riprendere materiali che sono stati prodotti anche da altri. […] Ad esempio la foto 360 gradi diventa l’ambiente su cui costruire delle storie. ‘

    Se desiderate ascoltare lo speech potete trovare il video tra gli Atti del Convegno e su Youtube al minuto 22:11.

    Tendenze future

    Quale potrà essere il futuro, tenendo conto che, secondo AR Insider, alla fine del 2020, si prevedono 1.5 miliardi di smartphone e device compatibili con augmented reality e 3.4 miliardi nel 2023?

    A mio parere la diffusione della tecnologia sarà legata non tanto agli investimenti in device da parte delle scuole, ma soprattutto alle esigenze di formazione dei docenti che dovranno sempre più ampliare le conoscenze in ottica blended learning.

    Interessante sul tema apprendimento ed extended reality è l’intervista pubblicata da Kathryn Minnick su Medium a Moon Park, un Program Manager di Google ARCore. Secondo Park ci sono ancora dei problemi tecnici di fattibilità per l’adozione diffusa della tecnologia in particolar modo a tutti gli istituti scolastici, ma è solo questione di tempo.

    Presto vedremo anche gli studenti italiani integrare le lezioni frontali del docente di chimica con esperienze immersive in extended reality? Ecco un esempio di esperienza in VR per la didattica di Mel Science proposto su Twitter dall’imprenditore Rimah Harb.

    Fonti:

    http://www.benhoguet.com/eleves-en-liberte-un-cas-decole-de-realite-augmentee-sonore/

    https://medium.com/age-of-awareness/the-classroom-of-tomorrow-99f90c569033

    https://arvrjourney.com/how-to-increase-your-virtual-instruction-time-without-putting-in-more-hours-b5cb1bceeb42

    https://edu.google.com/products/vr-ar/expeditions/?modal_active=nonF

  • L’arte prende vita in AR: il museo MAUA a Torino


    La mia passione per la realtà virtuale e aumentata applicata alla cultura visuale e storytelling urbano è cresciuta negli anni. Ricordate sicuramente quando nel 2015 il New York Times magazine introdusse una nuova forma di comunicazione narrativa in VR, testata dal NYT stesso e regalò ai lettori i cardboard per poterne fruire. Nello stesso periodo avevo partecipato al convegno, ‘Urban Augmented Reality fra Arte, Gaming, Storytelling‘, organizzato dal professor Lughi dell’Università di Torino al Castello del Valentino, evento durante il quale vennero presentate alcune esperienze italiane e internazionali in realtà aumentata, racconti che avevano coinvolto il pubblico in un’esperienza indimenticabile. Potete approfondire su Pulse al link.

    A settembre 2018, mentre stavo preparando il Google Day dedicato alla realtà mediata (VR e AR) con Work Wide Women, ho ricevuto su LinkedIn un messaggio e una richiesta di contatto. Era Joris Jaccarino, regista, curatore e manager culturale di Bepart che aveva letto informazioni sul workshop e desiderava presentarmi MAUA, il museo di Arte Urbana Aumentata, realizzato a Milano nel 2017. Il nostro incontro è avvenuto alla GAM di Torino e in quell’occasione ho scoperto un progetto di grande fascino che unisce arte e realtà aumentata, in particolare street art resa viva dall’AR. Le opere escono dai muri e prendono vita davanti a noi. Una magia.

    MAUA – è una galleria a cielo aperto, fuori dal centro di Milano, che consta di oltre 50 opere di street art animate con altrettanti contenuti virtuali fruibili attraverso la realtà aumentata.

    Joris era a Torino ad organizzare il secondo MAUA italiano che stava nascendo proprio in quei giorni. I numeri del museo di Torino sono davvero interessanti. La città è stata mappata in 4 aree:

    • Lungo la Dora “Alla ricerca dell’ACQUA: le fondamenta della città
    • Verso Sud “Alla ricerca del FUOCO: le stanze della fabbrica
    • Verso le montagne “Alla ricerca dell’ARIA: le pareti delle montagne
    • Verso Nord “Alla ricerca della TERRA: i muri interiori

    Sono state fotografate 300 opere, svolte 82 ore di workshop e coinvolti 123 ragazzi/e sul territorio, 57 digital artist e 39 street artist con la creazione di 46 murales in realtà aumentata.

    Dopo mesi di intenso lavoro il MAUA TORINO verrà inaugurato il prossimo 6 e 7 aprile al Parco Aurelio Peccei di Piazza Ghirlandaio.
    È stato realizzato grazie a una rete di partenariato composta da Bepart, come capofila, insieme ad altre sei realtà: BASE Milano, Avanzi – Sostenibilità per Azioni, Terre di Mezzo, PUSH., Camera – Centro Italiano per la fotografia, Iur –Innovazione sostenibile e l’associazione SAT – Street Art Torino.

    46 opere di street art animate in realtà aumentata diventano l’occasione per esplorare zone meno conosciute della città. Si parte scegliendo il proprio percorso. Poi, arrivati sul posto, l’esperienza prosegue in forma digitale: ogni opera, inquadrata con lo smartphone, ne genera una nuova e si trasforma in un lavoro di digital art, appositamente creato per il museo grazie a tecnologie di realtà aumentata.

    Vi chiederete che cosa mi abbia affascinato di questo progetto. Oltre alla tecnologia che amo, sicuramente lo scopo sociale di inclusione e di formazione. Un’opera partecipata e co-creata con il coinvolgimento di street artist, ragazzi, programmatori e i cittadini che possono fruire delle opere, partecipando ai tour organizzati o pianificando il proprio percorso. Un’opera educativa che mira a formare i più giovani alle nuove tecnologie e che promuove la riqualificazione delle aree meno conosciute delle città.

    Queste finalità sono state ampiamente illustrate da Giovanni Franchina, fondatore ed amministratore di Bepart, al convegno Narrability, che avevamo organizzato come Osservatorio di Storytelling lo scorso dicembre a Base Milano.

    In occasione della prossima inaugurazione del museo di Torino ho voluto fare una chiacchierata con Joris Jaccarino ed ecco l’intervista che desidero condividere con voi. Buona lettura!

    Ciao Joris ci racconti com’è nata l’idea di coinvolgere i giovani nel progetto MAUA?

    Mi è sempre piaciuta l’idea di creare arte in maniera partecipata. Per me il processo di creazione artistica deve essere democratico, condiviso, inclusivo. Ho cominciato durante gli anni dell’università, organizzai un laboratorio di cortometraggi per i ragazzi del mio quartiere, il Giambellino. Ogni fase era discussa e realizzata in gruppo, dalla sceneggiatura, alle riprese ed infine al montaggio. E’ un’esperienza che si è declinata in varie forme, dal laboratorio di Sociologia Visiva che ho tenuto alla Statale di Milano fino a MAUA.

    A valle delle due esperienze a Milano e a Torino, quali sono le maggiori difficoltà incontrate dai ragazzi durante lo svolgimento del progetto?

    Al di là delle problematiche strettamente tecniche, direi che la parte più difficile è quella di creare un’opera su una già esistente. L’artista digitale si trova a dover interpretare l’opera di un altro artista, con tutte le incertezze del caso. Proprio per questo motivo, a Torino abbiamo voluto fortemente coinvolgere più street artist possibili, facendoli interagire con i digital artist durante il workshop. Il confronto tra di loro ha dato vita a interessanti scambi di idee e narrazioni inaspettate. E’ stata un’esperienza arricchente per tutti.

    Una domanda tecnica: quali piattaforme utilizzate?

    Bepart è un cocktail di tecnologie che abbiamo assemblato, con lo scopo di fornire la migliore esperienza possibile della AR per l’utente. L’app permette di fruire contenuti in AR semplicemente inquadrando l’opera con la fotocamera del device. Si possono vedere questi contenuti anche non in presenza, ovvero inquadrando una foto come quelle del catalogo o delle cartoline. Inoltre è dotata di una mappa delle opere, cliccando sul pin si vede un’anteprima del contenuto digitale, i credit e una breve descrizione.  

    Quali caratteristiche devono avere i murales per entrare nel MAUA? Esiste una regola o solo la narrazione e la creatività guidano la scelta?

    Uno dei concetti alla base del progetto MAUA è quello della curatela partecipata. Per questo coinvolgiamo associazioni di quartiere attraverso cui dare vita a laboratori con gli studenti. Sono questi ultimi a mappare le opere di street art e a scegliere quelle che trovano più interessanti, basandosi non solo sul loro valore artistico intrinseco, ma anche sul valore esperienziale ed affettivo.

    Come funzionano i workshop attraverso cui prende forma MAUA?

    I workshop prendono l’avvio da una open call nazionale, un vero e proprio invito a prendere parte al progetto. Sono rivolti ai giovani dai 13 ai 35 anni. Vogliamo che MAUA non abbia valore solo come prodotto finale, ovvero il museo aumentato, ma anche come processo tramite cui i giovani possono acquisire competenze professionali specifiche e spendibili sul mercato del lavoro.


    Quali sono i momenti che ricordi con maggior intensità?

    Amo i momenti di esplorazione della città per cercare e mappare le opere. È come tornare bambini e giocare alla caccia al tesoro, scoprendo la città con occhi diversi. Magari sei in un posto abbandonato, ricoperto di cemento, senza nessuna attrattiva, giri l’angolo e ti trovi davanti a un bellissimo murales, colorato, vivo. C’è tutta la magia dell’infanzia e della scoperta.

    Quali sono i vostri progetti futuri e la prossima città di MAUA?

    Stiamo creando un progetto turistico per valorizzare e raccontare l’Oltrepo mantovano attraverso l’archeologia. Realizzeremo delle installazioni in AR lungo percorsi slow, ecosostenibili per favorire un turismo più consapevole.

    Per quanto riguarda MAUA, ci piacerebbe esportare il progetto ad altre città fuori dall’Italia, magari in America Latina. Buenos Aires, Rio? Vedremo.

  • Realtà mediata: rock your content

    Seguendo il Golden Circle di Simon Sinek partiamo dal perché. Perché ho iniziato a occuparmi di realtà mediata? Non sono una programmatrice, bensì una storyteller. Così inizia il mio speech alla Social Media Week di Milano dello scorso 14 giugno. Nella prima slide la fotografia di alcuni partecipanti a un corso di storytelling di qualche anno fa che indossavano un cardboard. Correva l’anno 2015 e mi occupavo da tempo di narrazione in particolar modo digitale e storytools. Nell’anno 2015 il New York Times aveva introdotto le storie immersive, dando vita al VR journalism. Era nata una vera passione che mi ha portato

    Credits: Roberto Morelli

    negli anni a studiare e a cercare nuove forme di comunicazione. Qual era la novità? Per la prima volta una testata giornalistica invece di portare le notizie ai lettori, li metteva al centro della storia e faceva vivere loro un’esperienza grazie al video 360. Da allora molti giornali tra cui Wall Street Journal, AlJazeera, NBC fino al Corriere 360 hanno seguito la via ormai aperta di un racconto immersivo.

    Nel 2016 un’altra novità interessava il mondo del giornalismo e il grande pubblico: veniva introdotta la realtà aumentata. Il magazine Focus proponeva ai lettori alcuni contenuti e approfondimenti fruibili solo con lo smartphone. Nello stesso anno esplodeva la passione per Pokémon Go e tutti vagavamo per le città a caccia di Pokémon e di Pokéstop che erano presenti anche in attività commerciali di grande traffico. Ora che il gioco ha perso un po’ di smalto e solo i più fanatici continuano a seguire gli aggiornamenti possiamo comunque riconoscere a Pokémon Go di aver avuto il grande merito di far conoscere la AR al grande pubblico. Dal 2016 è nato un grande interesse anche presso gli sviluppatori verso  ArKit e ArCore, le due piattaforme rispettivamente Apple e Google di realtà aumentata e verso gli utilizzi giocosi in Snapchat.

    Il Content Marketing ha dovuto prendere atto dei nuovi contenuti che si sono diffusi negli ultimi anni in un mondo ‘always on every where on‘, come ha sottolineato al Netcomm Forum di maggio il presidente NetComm, Roberto Liscia. In questa ‘tempesta tecnologica cambia lo scenario competitivo’ con soluzioni personalizzate, UX e VR anche nei punti vendita. La virtualità è uno dei temi centrali, perché aumenta l’interazione con il cliente. Ma come sta cambiando il consumatore?

    Roberto Liscia, presidente NetComm

    Fornisce alcune evidenze Maresca di Google. Il consumatore, oltre a essere omnichannel e sempre più mobile, è:

    • curioso
    • cerca l’eccellenza su Google
    • impaziente.

    Le tecnologie vanno incontro a queste esigenze con la realtà aumentata che consente di acquisire informazioni in mobilità e di procedere dalla visione al processo d’acquisto, inquadrando un oggetto, ad esempio, con Google Lenses.

    Possiamo dire di essere costantemente immersi nella realtà mediata quasi senza accorgercene? Sicuramente sì!

    Applicazione SketchAR

    Si moltiplicano le applicazioni di realtà aumentata che ci consentono di misurare lo spazio intorno a noi, usando lo smartphone, di vedere oggetti ambientati prima dell’acquisto,  come Ikea Place o Amazon AR View , di configurare grazie al VR la nostra crociera personalizzata su uno schermo olografico come con MSC Crociere, di imparare a disegnare con SketchAR oppure di visitare un appartamento che intendiamo affittare o acquistare senza recarci sul luogo, ma vedendolo in video 360.

    La realtà virtuale trova utili applicazioni in campo scientifico e tecnico. Se da un lato i dipendenti della NASA o di importanti compagnie automobilistiche quali ad esempio del gruppo Volkswagen seguono corsi di addestramento con la VR nei reparti di produzione e di logistica , dall’altro i medici studiano gli organi del corpo umano nella cosiddetta “cyberanatomia”, la simulazione di un intervento chirurgico che prepara il medico ad operazioni complesse.

    Gli studenti possono apprendere la storia, la geografia e addirittura il latino senza spostarsi dalla loro aula, ma viaggiando con i visori grazie a Google Expeditions oppure a Thinglink, piattaforma interattiva che permette a publisher, marketer, brand, blogger e formatori di creare contenuto ad alto engagement in foto e video 360 o in realtà virtuale. Nei musei italiani e stranieri si stanno diffondendo sia i visori per vivere esperienze immersive (vedi ad esempio al Mudec di Milano era possibile visitare virtualmente lo studio del pittore Mirò) sia applicazioni in AR che consentono, inquadrando l’opera  con lo smartphone, di acquisire maggiori informazioni sull’autore e sul periodo artistico.

    Tanti settori tante soluzioni tecnologiche che vengono in nostro soccorso per semplificarci la vita, allontanandoci dal mondo reale (VR) in ‘presence‘ oppure arricchendolo di informazioni e d’interattività (AR). Secondo Chris Milk, founder di  VRSE and VRSE.Works la realtà virtuale può essere definita: ‘the ultimate empathy machine‘.

    VR is difficult to explain because it’s a very experiential medium. You feel your way inside of it. It’s a machine, but inside of it, it feels like real life, it feels like truth. And you feel present in the world that you’re inside and you feel present with the people that you’re inside of it with.

     

    La ricerca di Google del 2017 sul gradimento delle esperienze VR e di questa nuova forma di comunicazione (adv) ci dice che:

    VR enables viewers to better see, hear, feel and identify with what others are experiencing.

    Passiamo quindi da ‘Story telling a ‘Story living’, ossia a  ‘experiencing stories and brand messages through VR‘.

    Stiamo assistendo da un lato alla diffusione di esperienze legate al Web VR che consente di vivere la realtà virtuale nel brower a prescindere dal tipo di visore di cui si dispone, dall’altro ad una riduzione di prezzo dei visori che si stanno orientando verso la soluzione standalone. Grande apertura al mercato e attenzione ha riscosso il lancio di Oculus Go da parte di Facebook durante incontro annuale F8 con i programmatori, così come i post in 3D lanciati ad aprile.

    Oltre ad aggiornarci sugli ultimi upgrade presentati in occasione delle riunioni con gli sviluppatori da Facebook, Google, Microsoft dobbiamo valutare quali applicazioni possiamo utilizzare per rendere innovativi e coinvolgenti i nostri contenuti.

    Nell’ultimo anno ho raccolto molti esempi in eventi ed esposizioni alla costante ricerca di suggerimenti e di nuove idee per le aziende di medie dimensioni. Per le grandi aziende esistono molte soluzioni dalla formazione elearning ad hoc alle app create per fidelizzare i pubblici più giovani e tecnologici.

    Pensiamo solo al settore beauty dove da anni Sephora, Rimmel e L’Oréal sperimentano applicazione in AR che permettono, grazie al riconoscimento facciale, d’indossare nuovi rossetti o provare nuovi fard o fondotinta. Altri esempi nel settore retail sono offerti dai fashion e luxury brand Lacoste  o da Burberry con l’app realizzata in ARKit (Apple).

     

    Di seguito alcune applicazioni che mi hanno interessato e che ho potuto vedere realizzate in diversi eventi ed esposizioni da Futurland a Talent Garden Calabiana, alla Maker Faire di Roma, dal Fuori Salone di Milano al  Technology Hub a Milano e infine al Salone del libro di Torino:

    • la business card in AR che consente di vedere tutti i link social
    • l’arte e grafica in AR
    • i santini e i manifesti di propaganda elettorale in AR
    • le favole imbustate e animate grazie all’AR nel progetto  ‘L’imbustastorie’ al Salone del libro di Torino

     

    Che cosa succederà nel prossimo futuro? Secondo Matt Coleman, the head of innovation for the Magnify World AR and VR expo:

    We really believe that AR and VR is the next computer platform that everyone will be using in the future and it should be as big as the Internet in the coming years

    Non ci resta che seguire con grande attenzione gli sviluppi e introdurre nei nostri piani di marketing le applicazioni più vicine al nostro business per essere tra i primi a cogliere queste nuove opportunità.

    L’appuntamento è il 5 ottobre prossimo per un workshop dedicato al VR e AR nel Google Day organizzato da Work Wide Women presso la sede milanese di Google. Sarà un momento teorico-pratico in cui proveremo i visori e ci metteremo in gioco in un laboratorio: utilizzeremo la fotocamera per immagini Ricoh Theta e creeremo tour VR grazie a piattaforme online.

     

     

    Fonti:

    -www.viar360.com

    -https://www.youtube.com/watch?v=JcMOyMudH88

    -https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-09-27/burberry-turns-to-apple-for-augmented-reality-fashion-app

  • La tecnologia sta cambiando la nostra vita quotidiana: AI, VR e AR.

    Durante l’ultimo IAB a Milano è stato fornito a tutti i partecipanti un cardboard sponsorizzato da SKY Sport HD, iniziativa che ha incuriosito la platea e che è stata un segnale forte dell’interesse rivolto al mondo della tecnologia VR. Marco Montemagno ha spiegato l’utilizzo e ha invitato i presenti a provare il dispositivo seguendo le istruzioni fornite.

    Nella mattinata si è tenuto anche uno speech dedicato all’AI dal titolo “Intelligenza artificiale: l’intelligenza nella realtà”, tenuto da Giuseppe Riva, Direttore di interazione comunicativa e nuove tecnologie dell’Università Cattolica di Milano. E’ stato più volte sottolineato che l’intelligenza artificiale farà presto parte del nostro quotidiano.

    Riva ha anche parlato di Marketing delle Intenzioni 2.0 e ha sottolineato il valore degli investimenti fatti nel settore VR e AI da parte di Facebook e di altri players.  L’attenzione è posta sul mondo dei chatbot e dei robot sociali.

    Tutti i grandi players stanno investendo sull’intelligenza artificiale intesa non solo come robots, ma come machine learning, chatbot, computing cognitivo, servizi di traduzione simultanea come Skype translator. Sul tema chatbot ho scritto recentemente un post che potete leggere a questo link. Le applicazioni sono le più svariate e non sono prerogativa solo più di tecnici e nerd, ma impattano sulla nostra vita in quasi tutti i settori dalla medicina, all’industria fino alla musica.

    Proprio sul tema musica ho recentemente ho letto un post interessante in Ansa.it su MusicNet, un software realizzato da ricercatori dell’Università di Washington, dedicato alla musica che non solo ‘comprende la struttura di base della musica ma può anticipare le note di una registrazione’.

    AI per la musica

    AI per la musica

    L’obiettivo è comprendere anche i gusti del fruitore e suggerire quindi la musica più adatta ai suoi interessi. Qui il link per vedere un esempio, ma potete anche iscrivervi al canale di Youtube dell’Università e andare sul sito.

    Proprio sul sito leggiamo gli obiettivi che i ricercatori si erano dati:

    • Identify the notes performed at specific times in a recording.
    • Classify the instruments that perform in a recording.
    • Classify the composer of a recording.
    • Identify precise onset times of the notes in a recording.
    • Predict the next note in a recording, conditioned on history.

    Esperimenti sulla musica sono in corso anche presso un nuovo dipartimento, chiamato Magenta, interno al progetto ‘Google Brain’ creato da Google e presentato a giugno scorso al Moogfest di Durham. L’obiettivo è:

     design algorithms that learn how to generate art and music

    quindi creare una macchina ‘dotata di creatività’, applicando l’intelligenza artificiale ai più svariati rami dell’arte dalla pittura alla musica, etc.  E’ stata composta una musica che potete ascoltare a questo link.  Si tratta di un brano semplice che, tuttavia, dà l’idea di quale possa essere lo sviluppo futuro. Andando ad approfondire sul sito di Magenta ho letto che  ha anche la finalità di costruire una community di artisti, coders e ricercatori di machine learning e  ‘biggest challenge: combining generation, attention and surprise to tell a compelling story.’ in ottica di storytelling.

    Sempre a proposito d0621-vemily-01-technology-music-computers-emily_full_600i Musical Intelligence potete ascoltare gli esperimenti realizzati da David Cope che è Dickerson Emeriti Professor at the University of California a Santa Cruz.Potete ascoltare alcuni esempi nel sito di Cope, sito nel quale trovate un racconto molto interessante sui suoi Experiments.

    Ecco un esempio pubblicato sempre sul sito:

    ftp://arts.ucsc.edu/pub/cope/visions1.mp3

    ‘I began Experiments in Musical Intelligence in 1981 as the result of a composer’s block. My initial idea involved creating a computer program which would have a sense of my overall musical style and the ability to track the ideas of a current work such that at any given point I could request a next note, next measure, next ten measures, and so on. My hope was that this new music would not just be interesting but relevant to my style and to my current work. Having very little information about my style, however, I began creating computer programs which composed complete works in the styles of various classical composers, about which I felt I knew something more concrete.’

    Tra i trend in crescita nel 2017 sono da osservare con grande attenzione anche Virtual Reality, Augmented Reality e Mixed Reality. Vediamo in cosa differiscono in modo molto semplice facendo riferimento a Wikipedia.

    • Virtual reality: è il termine utilizzato per indicare una realtà simulata.[…] attualmente il termine è applicato solitamente a qualsiasi tipo di simulazione virtuale creata attraverso l’uso del computer, dai videogiochi che vengono visualizzati su un normale schermo, alle applicazioni che richiedono l’uso degli appositi guanti muniti di sensori (wired gloves) e infine al World Wide Web.
    • Augmented reality: intende mescolare la percezione della realtà circostante con immagini generate al computer, in grado di fornire informazioni aggiuntive all’utente senza impedirgli di muoversi ed interagire con l’ambiente nativo. […] Il cruscotto dell’automobile, l’esplorazione della città puntando lo smartphone o la chirurgia robotica a distanza sono tutti esempi di realtà aumentata. […] Gli elementi che “aumentano” la realtà possono essere aggiunti attraverso un dispositivo mobile, come uno smartphone, con l’uso di un PC dotato di webcam o altri sensori, con dispositivi di visione (per es. occhiali a proiezione sulla retina), di ascolto (auricolari) e di manipolazione (guanti) che aggiungono informazioni multimediali alla realtà già normalmente percepita.
    • La realtà aumentata mista è una forma particolare di realtà aumentata in cui sullo schermo sono visualizzate sia le immagini reali che le immagini virtuali. Non si tratta soltanto di informazioni aggiuntive, in questo caso sono presenti sullo schermo anche degli ologrammi.

    Riassumendo la VR mira a “sostituire” il mondo reale, mentre la AR mira ad arricchire la realtà di informazioni utili per l’espletamento di compiti complessi.

    Secondo Mark Rosner, CRO di AppLovin la realtà virtuale può risultare un’esperienza molto coinvolgente ed emozionante, ma esiste un problema legato alla scarsità di contenuti. Al contrario la AR dominerà le nostre vite a brevissimo. Leggete l’articolo pubblicato su Venturebeat.com per comprendere meglio le ragioni.

    There’s a good chance that one day AR, broadly speaking, will be the dominant medium in our lives. […] People might be distracted by the possibilities of VR, but the truth is AR is already ahead of VR, and it’s early days. We’re going to see more applications of AR that can be monetized well’.  

    Quali saranno gli sviluppi futuri? Che cosa ci possiamo aspettare dal nuovo anno che è alle porte? 

    aug

    Dall’infografica pubblicata da Goldman Sachs sull’ecosistema VR e AR possiamo notare quanto siano numerose le aziende che operano nella ricerca e nelle applicazioni. Come afferma Heath Terry,  Internet Research, Goldman Sachs Research

    We’re going from a world where people give machines rules to a world where people give machines problems and the machines learn how to solve them on their own.

    Vi consiglio di vedere il video pubblicato sul sito, nel quale Terry afferma che, guardando all’impatto dell’intelligenza artificiale e machine learning possiamo ipotizzare già solo nel prossimo decennio ‘hundred of billions of dollars in cost savings and revenue opportunities‘.

    Questa accelerazione è dovuta, secondo Terry, a tre fattori: proliferation of  DATA, growth in speed in compute power, open source algorithms.

    L’intelligenza artificiale è già presente nella nostra vista quotidiana quando guidiamo la nostra automobile o aggiungiamo tag alle foto degli amici, ma ha un peso determinante in tutti i settori dell’industria, quali ad esempio healthcare e retail.

     

    Un esempio dell’impatto sulla nostra vita quotidiana è offerto dalla nuovissima tecnologia di Amazon Go, presentata in questi giorni. Il punto vendita hi-tech è stato aperto a Seattle, il primo di una lunga serie. Pare infatti che Amazon parli di 2.000 nuovi negozi. Leggiamo sul sito di Amazon:

    amazongo

    ‘We created the world’s most advanced shopping technology so you never have to wait in line. With our Just Walk Out Shopping experience, simply use the Amazon Go app to enter the store, take the products you want, and go! No lines, no checkout.’ 

    Potete vedere le funzionalità in un video su YouTube. Una tecnologia che rivoluzionerà il mondo della vendita al dettaglio, in quanto consentirà di raccogliere una quantità immensa di data sui consumatori oltre che facilitare la gestione del negozio.

    Dove andrà a finire però la relazione umana? Già i grandi supermercati e le casse automatiche hanno ridotto moltissimo l’interazione, togliendo quel momento di socializzazione che era il plus del piccolo esercizio. E il personale che normalmente lavora nei centri commerciali si ritroverà a cambiare presto lavoro?  Tanti quesiti che al momento non hanno una risposta, anche perché il fenomeno è solo all’inizio. Tuttavia è una tendenza che era già apparsa durante l’ultimo Expò a Milano. Ricordate l’esperienza del supermercato del futuro proposta da Coop dove era stato possibile utilizzare le etichette interattive che fornivano informazioni sui prodotti?  A settembre in occasione della presentazione del Rapporto Coop 2016 il presidente della Gdo, Marco Pedroni ha annunciato la riapertura del supermercato all’interno del Bicocca Village (vedi Ansa.it del 9 settembre).

    Vediamo quindi le previsioni contenute nella ricerca Ericsson ConsumerLab su ‘Hot consumer trends 2017′. Secondo la ricerca il video online è in continua crescita anno dopo anno ed in particolar modo i video VR accanto ai live broadcast e le video calls. Le immagini avranno un peso sempre maggiore, in quanto impieghiamo solo 13 millesimi di secondo per identificare un’immagine secondo uno studio del MIT .

    That is about 10 times faster than we are able to move our eyes.

    La tecnologia VR e AR sarà fondamentale per l’update di Microsoft Windows 10 nel primo quarter del 2017, tanto che più del 40% degli internet users evoluti vorrebbe un computer con VR/AR come interfaccia principale.

    Come possiamo notare dall’infografica pubblicata nel sito di Ericsson,  l’intelligenza artificiale  è posta al centro perché non è più considerata come pure fantascienza, ma è ormai ovunque. Anche se il 50% degli intervistati sono convinti che i robots possano presto comportare la perdita di posti di lavoro, non possiamo più farne a meno, in quanto consentono di semplificare la nostra esistenza.

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    Fonte: Ericsson ConsumerLab

     

    La metà degli intervistati desidera utilizzare la tecnologia VR e AR per le attività quotidiane e non solo per il gaming e vuole interagire con oggetti virtuali (vedi trend n.4).

    Soffermatevi sul trend n.8: Augmented Personal Reality.  Come precisa la ricerca agli inizi del 2016 pochi consumatori avevano sperimentato la realtà aumentata, ma, grazie anche alla diffusione del gioco Pokémon GO, nel corso dell’anno la AR è diventata una buzzword. I consumatori desiderano usare la tecnologia per vivere esperienze sempre più immersive e customizzate.  Curiose le risposte degli intervistati sugli usi degli occhiali AR: un 41% vorrebbe cambiare l’ambiente circostante aggiungendo fiori, uccellini o un 34% vorrebbe eliminare elementi di disturbo quali graffiti, spazzatura.

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    L’evoluzione sta avvenendo sotto i nostri occhi e comporterà una capacità di adattamento non facile per le generazioni meno digitalizzate. Sono già evidenti i timori nei confronti nelle nuove tecnologie, anche se il cambiamento è ormai inarrestabile.

     

  • Con la realtà aumentata i prodotti prendono vita

    Ho letto recentemente un articolo molto interessante sulla realtà aumentata, applicata al marketing e desidero condividere con voi alcuni esempi e riflessioni sul tema. Abbiamo già parlato di immagini che si animano grazie al QR, ad app che possono fornirci approfondimenti, farci immergere in una vera e propria storia.

    Ricordate  Le notti di Tino di Bagdad’, un’opera trasmediale di Coniglio Viola? Si tratta di un interessante progetto sperimentale di videoarte, sviluppato in Realtà Aumentata e presentato al Salone Internazionale del Libro nel 2015 e tuttora attivo. Se volete potete approfondire al mio post su Pulse.

    coniglio viola

    La tecnologia in grande evoluzione, coinvolge vari settori dall’arte al giornalismo, al marketing.  Ci consente di leggere ricette direttamente dalla bottiglietta di sugo, di vedere un video promo dall’etichetta di un prodotto, di leggere una rivista e, puntando con lo smatphone su una pagina, accedere ad altri contenuti online .

    Le possibilità sono infinite e sono le nuove frontiere della comunicazione narrativa, perché, come gli esperti di marketing ci ricordano costantemente, i clienti non comprano un prodotto, ma un’esperienza, i valori, una narrazione nella quale identificarsi. Le aziende cercano sempre nuove vie per coinvolgere ed emozionare, ma dovrebbero ricordare sempre i principi espressi dal grande esperto di marketing, Seth Godin nel suo Marketing in 4 passi, recentemente  postato sul suo blog.

    Marketing in four steps’:  vediamoli insieme:

    • The first step is to invent a thing worth making, a story worth telling, a contribution worth talking about.
    • The second step is to design and build it in a way that people will actually benefit from and care about.
    • The third one is the one everyone gets all excited about. This is the step where you tell the story to the right people in the right way.
    • The last step is so often overlooked: The part where you show up, regularly, consistently and generously, for years and years, to organize and lead and build confidence in the change you seek to make.

    I valori, un prodotto o servizio realmente utile, il customer care diventano fondamentali, così come le storie ‘worth telling’. Non tutte le storie sono di valore e non tutte possono essere trattate con Virtual reality o Augmented reality. Riflettiamo anche sui costi per produrre contenuti di buona qualità in tecnologia VR, costi ancora proibitivi per la maggior parte dei brand. Facciamo, tuttavia, un passo indietro e chiediamoci se conosciamo davvero la differenza tra realtà aumentata e virtuale. E la mixed reality? Spesso si fa molta confusione. Per chiarirci le idee andiamo a consultare Wikipedia:

    Per realtà aumentata (o realtà mediata dall’elaboratore in inglese augmented reality, abbreviato “AR”), si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi.

    La realtà virtuale (in inglese virtual reality, abbreviato VR) è il termine utilizzato per indicare una realtà simulata. […] L’avanzamento delle tecnologie informatiche permette di navigare in ambientazioni fotorealistiche in tempo reale, interagendo con gli oggetti presenti in esse. […]attualmente il termine è applicato solitamente a qualsiasi tipo di simulazione virtuale creata attraverso l’uso del computer, dai videogiochi che vengono visualizzati su un normale schermo, alle applicazioni che richiedono l’uso degli appositi guanti muniti di sensori (wired gloves).

    Mixed reality (MR), spesso riferito a hybrid reality, è un mix tra il mondo reale e virtuale per produrre environment dove oggetti fisici e digitali co-esistono e interagiscono in real time.

    Leggiamo anche in un interessante post di Focus.it che con mixed reality ‘possiamo osservare il mondo reale che ci circonda traendone informazioni utili (in AR), ma anche vedere e muovere oggetti virtuali come fossero reali’

    Vediamo insieme qualche caso studio interessante nel settore della realtà virtuale e aumentata. 

    msc

    Nel mese di maggio 2016 la MSC Crociere ha proposto il nuovo catalogo immersivo in 360 VR. Accluso al catalogo cartaceo viene fornito un cardboard brandizzato che consente, come precisa la app di:

    • esplorare le nostre destinazioni ed escursioni
    • salire a bordo delle nostre navi
    • osservare gli interni delle cabine, il teatro, le piscine, la palestra e l’esclusivo MSC Yacht Club;
    • scoprire in anteprima le nuove Ammiraglie MSC Meraviglia e MSC Seaside.

    Avevo testato l’applicazione, disponibile per iOS e Android e consentiva, effettivamente, di essere virtualmente nella sala colazione e in vari ambienti della nave. Per le destinazioni al momento rimandava al catalogo online.

    AR4

    Un catalogo in AR dedicato all’arredamento era stato creato da Ikea già nel 2013 in USA. Su Youtube è possibile vedere il video Ikea USA e  il video del 2015 di Ikea Australia. Grazie all’applicazione i clienti potevano inquadrare con lo smatphone il proprio ambiente da arredare, scegliere complementi d’arredamento del brand Ikea e posizionarli prima di procedere all’acquisto. Una modalità nuova e coinvolgente per aiutare gli utenti nella fase decisionale. Capita sicuramente a tutti di non riuscire a visualizzare un’ambientazione e l’app si è rivelata  una risorsa molto valida.

    focusUn altro esempio interessante è l’edizione di agosto della rivista Focus che, grazie alla applicazione “Focus Realtà Aumentata”, disponibile gratuitamente per iOS e Android, consente di approfondire i contenuti della rivista cartacea, navigando tra foto a 360°, video e render 3D. Come leggiamo nell’articolo di Focus è sufficiente  scaricare l’app e ‘puntarla sulle pagine con l’icona AR+, copertina compresa, e sullo schermo dello smartphone partirà l’esperienza in realtà aumentata.’

    Nel settore beauty è interessante la nuova app realizzata da Rimmel London che, secondo un articolo di Forbes dello scorso luglio, consente con un sistema avanzato di tracking di ‘detect make-up on the subject being scanned before colour-matching it with cosmetics by Rimmel. The user can then steal the look by seeing it on themselves in a virtual sense via their smartphone cameras, and even clicking to buy the corresponding products.’ Una sorta di Shazam per la bellezza.

    Altri casi di brand che hanno utilizzato la AR per commercials negli ultimi anni sono evidenziati in un video pubblicato a giugno 2016 su Youtube. Ad esempio, Heinz ha utilizzano la realtà aumentata per fidelizzare il consumatore, prolungando l’esperienza d’acquisto.

    AR2

    L’utente poteva inquadrare con lo smartphone la bottiglia, ricevere ricette e video-tutorials. Le ricette venivano integrate settimanalmente e, una volta terminata la bottiglia di ketchup, il consumatore restava fedele al brand per poter usufruire ancora delle ricette.

    Altro noto brand citato nel video è Wheaties, il primo produttore americano di cereali per colazione dal 1920. Dal lontano 1934 aveva iniziato a inserire fotografie di atleti nel packaging con lo slogan, “The Breakfast of Champions.”, negli anni successivi aveva spostato la foto dei campioni sul fronte della scatola dei cereali, dandole sempre più rilievo ed infine, grazie alla realtà aumentata, ha puntato sul coinvolgimento dei consumatori.

    Buona visione!