• Storie in XR e metaverso: Simonetta Pozzi

    Le storie in XR e metaverso riprendono con l’intervista che mi ha fatto tempo fa Bruna Picchi aka Athena. Bruna ed io ci siamo conosciute nei mondi di social VR ed esattamente in AltspaceVR grazie alla community Pyramid Cafè ed incontrate nella sede di MEET Digital Culture Center a Milano. Volete sapere qualcosa in più su di me? Ecco l’intervista ad opera di Bruna.

    Chi è Simonetta Pozzi

    Una storyteller un po’ geek, una formatrice e consulente che unisce la cultura classica alla tecnologia più evoluta. Da più di otto anni è una libera professionista che lavora nel corporate storytelling e nell’XR e Metaverse marketing. Socia di AIF (Associazione Italiana Formatori) è vicepresidente della delegazione Piemonte e Valle d’Aosta da circa due anni.

    Simonetta

    Ciao Simonetta, sono molto felice di aver avuto la possibilità, ancora una volta, di far sentire la mia voce nel tuo spazio digitale. Oggi, però, non in veste di intervistata, bensì di intervistatrice. Adesso la protagonista sei proprio tu, che hai accolto per settimane me e tanti altri appassionati di metaversi. Abbiamo raccontato le nostre storie, ma ora tocca a te.

    Intervista

    Quando parli di te stessa, citi due forme di narrazione che ti hanno sempre affascinata: il teatro e la fiaba. Opere teatrali e fiabe sono modi davvero particolari di raccontare le storie. Ma cosa suscita davvero la tua attenzione verso di essi? E quali sono le narrazioni che più ti hanno suggestionato in assoluto?

    Facciamo insieme un viaggio nel passato. Negli anni della mia infanzia mia sorella ed io avevamo un appuntamento fisso con mio padre la domenica mattina: la lettura delle fiabe. A volte inventava nuove storie ambientate in India dove aveva vissuto da giovane. Era un rito familiare che è rimasto impresso nella mia memoria. Come vedi le favole e le storie sono parte del mio DNA. A questo si è aggiunta la passione verso i miti e le metafore che risale alla mia tesi di laurea sui personaggi del teatro giapponese Noh di W.B.Yeats. È rimasta sopita per anni per il ruolo ricoperto in azienda come product manager fino ad un fatidico incontro con lo storytelling quando è rinata ancor più profonda.

    La tua formazione in Lingua e Letterature Straniere, decisamente umanistica, ha in qualche modo agevolato il tuo avvicinamento allo storytelling in ambito digitale?

    In realtà fino al 2012 mi sono occupata di marketing e vendite, in quanto, uscita dall’università ho vinto una borsa di studio in marketing internazionale alla SAA di Torino e ho iniziato a lavorare in un settore reputato decisamente maschile: le macchine da stampa.

    Dopo alcuni anni in aziende produttrici di rotative e trilaterali sono diventata product manager di direct marketing e riviste in una società editoriale, Seat Pagine Gialle. Solo dopo molto tempo mi sono avvicinata al digital storytelling.

    La passione per la tecnologia immersiva risale al 2015 quando ho iniziato a interessarmi del VR Journalism e portai i video a 360° nei miei corsi di storytelling. Capii che la narrazione stava cambiando e all’estero si utilizzava sempre più la tecnologia.

    Corso Buildyourway
    Credits: Roberto Morelli

    Quell’anno il New York Times regalò ai propri lettori dei cardboard e diede vita al giornalismo immersivo con i primi video che potevano essere fruiti con questi dispositivi in cartone. Tutto molto semplice, perché si inseriva all’interno di una sagoma appunto in cartone il proprio smartphone e, cercando il video era possibile, grazie a lenti speciali, ‘entrare’ nelle notizie.

    Da storyteller sono rimasta molto colpita da due video, uno del New York Times e uno di Nonny De La Peña, la pioniera del giornalismo in VR.

    The Displaced disponibile su YouTube parla di guerra attraverso gli occhi e la vita dei bambini. ‘War has driven 30 million children from their homes. These are the stories of three of them. ‘ Entriamo così in territori di guerra e vediamo la vita quotidiana ad esempio di Ana, una ragazzina di 12 anni che nel 2012 ha lasciato con la sua famiglia la Siria e vive in un campo profughi in Libano.

    Nonny De La P aveva parlato dell’emergenza fame a Los Angeles nel video Hunger in Los Angeles vediamo una persona che sviene mentre è in coda per ricevere del cibo.

    Dal 2015 non ho mai messo di studiare ed aggiornarmi, portando i cardboard ed ora i visori nei miei corsi per far comprendere le opportunità della VR e dei mondi immersivi. Ho cercato di approfondire le modalità narrative più adatte al metaverso e recentemente ho iniziato a costruire ambienti immersivi per aziende con l’aiuto di partner tecnici.

    Corso in VR

    Ricordo molto bene il tuo intervento al Magic Flute Show, in cui parlasti di storytelling. Che ruolo può avere nei mondi immersivi? Come cambia la narrazione?

    La narrazione cambia profondamente, perché nei mondi immersivi siamo protagonisti e non semplici fruitori. Questo è già successo da tempo nella VR, in quanto siamo al centro della scena e possiamo essere condotti per mano ad approfondire o vedere alcuni particolari che magari ci sarebbero sfuggiti o a provare emozioni che lo storyteller desidera farci vivere. Sono diventati fondamentali i suoni, le dimensioni degli ambienti e tanti accorgimenti tecnici che possono aiutare ad arricchire l’esperienza. La storia e l’ambiente non devono essere semplicemente visti attraverso un visore o da desktop, ma vissuti in prima persona e ognuno dei partecipanti può avere un’esperienza differente.

    Nei videogame ben realizzati e coinvolgenti era ed è fondamentale la storia e l’intreccio dei personaggi. Questo si ripete a maggior ragione nei mondi immersivi, in cui i protagonisti siamo noi e possiamo vivere nuove avventure.

    Posso citare ad esempio LuccaLand in Decentraland. Si tratta della trasposizione virtuale della città toscana, realizzata in Coderblock per l’edizione Lucca Comics 2022. Un ambiente dallo stile medievale da usare senza la necessità di indossare visori 3D.
    All’interno del mondo, i giocatori possono scegliere e personalizzare il proprio avatar, esplorare la cittadella, cimentarsi in diverse sfide, incontrare personaggi tra edifici in pietra, torri e ponti levatoi, e prendere parte all’avventura principale, portando in salvo la Dea Speranza, Hope, il tema dell’edizione 2022.

    Altro esempio molto interessante è stato il lancio del film ‘The Gray Man’ su Netflix avvenuto in Decentraland. Si indossavano i panni di agente segreto e si doveva compiere un’avventura.

    Decentraland

    È da tempo che frequenti i metaversi. Come è stata la tua prima esperienza? Come ti aspetti (o speri) che evolveranno la tecnologia e i mondi virtuali?

    La prima esperienza è stata quasi 3 anni fa in AltspaceVR quando ci siamo conosciute per la prima volta. All’epoca gli avatar erano più simili ai personaggi dei videogame e poco definiti. Approcciai la piattaforma con molta curiosità e seguii i primi incontri. Era un mondo decisamente nuovo per me che ero però abituata da anni alla VR. Mi muovevo in maniera goffa e cercavo di comprendere i vantaggi di entrare in AltspaceVR.

    AltspaceVR

    Al primo approccio ho preso parte ad uno degli incontri del gruppo Italiani su Altspace , un momento didattico informativo sulla piattaforma condotto dal founder Simone Bennati (aka Bennaker). Successivamente ho iniziato a frequentare gli eventi ed ho conosciuto Francesco Spadafina aka Magic Flute Oh e la community di Pyramid Cafè. All’epoca della pandemia e con il mio primo visore Quest1 ho trovato una community molto attiva con eventi ed incontri ben organizzati che mi hanno fatto sentire meno l’isolamento ed aperto un nuovo mondo di amicizie.

    Da allora ho partecipato alle mostre in Mozilla Hubs di MEET Digital Culture Center, agli eventi internazionali di VR/AR Association in AltspaceVR, alla fashion week del 2022 in Decentraland e ho ripreso a frequentare Second Life che avevo abbandonato molti anni fa e conoscere Craft World OpenSim, di cui ignoravo l’esistenza.

    Second Life

    Nei mondi immersivi ho anche tenuto alcuni speech: in AltspaceVR durante il Pyramid Cafè di aprile 2022 dedicato al VR Storytelling, in Second Life e Craft Word alla fine del 2022 per presentare l’ebook ‘Women in the metaverse’ edizione italiana.

    Da storyteller che si occupa di marketing mi aspetto un’evoluzione dei social media che stanno già integrando al loro interno gli avatar come Instagram e recentemente Whatsapp. Assisteremo ad un avvicinamento ai mondi immersivi da parte di aziende medie che vorranno sperimentare e magari aprire una nuova sede nel metaverso. Sta cambiando il nostro modo di lavorare in team, d’interfacciarci, di partecipare ad eventi e assistere a concerti e di relazionarci con i brand che ci coinvolgeranno sempre più in esperienze e nel gaming, creando community e non solo fan.

    Il marketing dovrà tenere presente questo nuovo touchpoint tanto che nei mondi immersivi vengono presentati, ad esempio, prodotti in 3D o capsule di moda che possono essere successivamente acquistati nel mondo reale. Siamo solo all’inizio come alla nascita del web e il web, dicono gli esperti, si andrà a definire meglio nei prossimi 5 anni. Già ora si vedono tante sperimentazioni interessanti che spesso uniscono più piattaforme, riducendo sempre più la separazione tra digitale e reale, come dice il filosofo Floridi, in una realtà ‘phygital’.  

    Ti lancio un piccola sfida! Prova a convincere in sole due righe una persona scettica, a proposito della realtà virtuale, a entrare in un metaverso.

    Indossa un visore o scarica sul tuo pc una piattaforma e seguimi nel metaverso. Per poter comprendere le opportunità offerte dalla realtà virtuale e dai mondi immersivi è necessario sperimentare in prima persona. Potrai scoprire una narrazione che ti affascinerà e coinvolgerà, senza pensare di sostituire la realtà in cui viviamo, ma integrandola con nuove esperienze.

    Grazie Simonetta per aver raccontato qualcosa di te. Ti ringrazio nuovamente per avermi dato l’opportunità di avere un nuovo scambio con te.

    Ci vediamo presto nel metaverso!

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    Nota Informativa importante:

    L’intervista è stata pubblicata per la prima volta all’interno dell’ebook “Women in the Metaverse. Stories of women who inspire women” pubblicato a giugno 2023 e disponibile su Youcanprint, su Amazon e su tutte le maggiori piattaforme online. L’ebook italiano (2022) e inglese (2023) fanno parte del progetto di empowerment femminile che ha l’obiettivo di tornare alle donne con una borsa di studio dedicata a donne che hanno intrapreso studi STEAM attraverso l’associazione Zonta Club.

  • Universo freelance tutto da scoprire

    Variegato sia per età sia per competenze, l’universo freelance sta assumendo un ruolo di primo piano in uno scenario lavorativo in profonda evoluzione. Perché il focus su questa professione? Sono freelance da quasi sette anni e il mio percorso ha visto la collaborazione con molti colleghə: dai grafici ai SMM, dai creativi ai videomaker, ecc. Ho partecipato alla nascita dei primi coworking con Lab 121 e ho frequentato Coworking Europe, ampliando i miei orizzonti a livello internazionale.

    Sono entrata a far parte di network italiani e quattro anni fa sono diventata co-founder di Freelance Network Italia. Nel tempo ho imparato ad apprezzare i lati positivi di questa professione: flessibilità, imprenditorialità, creatività. Senza dubbio il lockdown ha portato a una riduzione del business e/o un cambiamento soprattutto per chi come me collabora con aziende di medie-grandi dimensioni, ma la ripresa è iniziata e tutti noi guardiamo con ottimismo al futuro del freelance. 

    Coworking Europe
    Speech a Coworking Europe 2015

    La grande ‘fuga’

    Recentemente negli Usa si parla di «Great Resignation», una fuga dal posto fisso dopo due anni trascorsi in in smart working forzato che ha reso sempre più difficile il rientro in ufficio. Le cifre sono significative:  4 milioni negli USA e 1 milione in Uk ad agosto.  Dai dati risulta che l’85% aveva già un altro lavoro, ma molti hanno deciso anche d’intraprendere l’attività di freelance spinti da un desiderio di flessibilità, libertà e crescita personale. La tendenza si è sentita forte e chiara anche in Italia soprattutto nel nord ovest dove c’è stata un’impennata di dimissioni  (85% in più rispetto al 2020). In totale hanno abbandonato il posto di lavoro 480 mila italiani. Tra questi alcuni hanno deciso di fare il ‘grande salto’ ed aprire la partita iva.

    Ma chi popola questo universo freelance? Quali caratteristiche ha?

    Le risposte arrivano dalla ricerca ‘The Global Survey on Freelancing’  che è stata presentata durante il Freelance Business Month e a cui ha partecipato anche Freelance Network.

    Condotta da Agile Talent Collaborative e il Department of Psychology, University of Toronto su ca. 1900 freelance a livello mondiale, la survey ha messo in evidenza dati interessanti per capire l’universo freelance.

    Siamo tutti freelance?

    La ricerca precisa che i freelance sono ‘independent professionals’, facendo una netta distinzione tra i freelance e quelli che vengono definiti “gigsters” ossia ‘ independents providing a range of non-professional services or “gigs” and made famous by Uber and other riding services.’ Spesso nell’universo freelance vengono incluse anche figure che non sono professionisti specializzati, ma è necessario separare queste attività.

    I numeri dell’universo freelance a livello mondiale

    Nel 2016 la società McKinsey & Co aveva fatto una stima dei lavoratori freelance e ne aveva indicati 160 milioni a livello mondiale, considerando tuttavia sia i freelance veri e propri sia i ‘gigsters’. Negli ultimi anni abbiamo assistito sicuramente ad un aumento dei freelance a causa della crescita economica globale e della pandemia che ha costretto a lavorare da remoto. Secondo la nota piattaforma freelance, Upwork, che ha condotto una survey negli Stati Uniti sui freelance a tempo parziale e full time la popolazione USA si aggira sui 60 milioni. Nell’indagine dell’Università di Toronto si prendono in considerazione i dati della ricerca sui trend di internet, Mary Meeker, e si stima una numerosità di 15 milioni a livello mondiale.

    Identikit del freelance

    Sulla base dell’analisi proviamo a stendere un profilo del freelance ed immaginarlo come personas da ingaggiare per un progetto:

    • maschio
    • nella fascia d’età dai 40 anni in su
    • vive in Europa o nel nord America
    • ha una buona cultura tecnica/universitaria
    • ha scelto di diventare freelance a tempo pieno
    • è abbastanza soddisfatto del suo lavoro e ha un atteggiamento positivo

    Possiamo dire che appare ben diverso dallo stereotipo diffuso fino a qualche anno fa che lo vedeva come una persona un po’ ‘sfigata’ costretta per necessità a scegliere la libera professione e a sentirsi un po’ isolata, a volte sfruttata ed emarginata.

    freelance e smart working
    Freelance e smart working _Photo by bruce mars on Unsplash

    Dati demografici

    Andiamo nel dettaglio della ricerca per approfondire. Dal punto di vista demografico la fascia più numerosa è rappresentata da +50 (31%) mentre l’85% ha dai 30 anni in su. Una minima parte è rappresenta dai ventenni e trentenni. Questo ci porta a pensare che i freelance possano avere una significativa esperienza sia d’azienda sia di libera professione.

    dati demografici Survey on Freelancing
    Fonte: ‘The Global Survey on Freelancing

    C’è una sensibile predominanza del sesso maschile che copre Il 63% della popolazione freelance.

    Vivono soprattutto in Europa/Russia (46%) e in nord America (18%).

    Dall’analisi emerge che c’è stato un aumento dei freelance negli ultimi 3 anni (26%). Circa un 22% dei rispondenti è freelance da più di 10 anni. Hanno, pertanto, una buona esperienza lavorativa come liberi professionisti.

    Formazione dell’universo freelance

    Il livello di scolarizzazione è elevato, perché circa il 49%  ha una preparazione tecnica o universitaria e ben 42% una preparazione post-universitaria tipo MBA o PhD.

    Da notare la specializzazione soprattutto nel tech (33%), nella consulenza marketing (20%), nell’adv/marketing (19%). I 3 settori rappresentato il 72% del totale.

    Dati sul settore Global survey
    Fonte: ‘The Global Survey on Freelancing

    Un dato interessante riguarda la scelta: un 64% dei rispondenti dichiara di essere diventato freelance a tempo pieno per scelta. Non si tratterebbe quindi di una decisione imposta dalla perdita del lavoro o dalla crisi economica e sociale che ha contraddistinto gli ultimi anni.

    Freelance revolution

    Nell’indagine si parla di una vera e propria ‘rivoluzione freelance’ e si sottolineano alcuni vantaggi che le aziende stanno considerando nell’ingaggiare i lavoratori autonomi:

    • poter contare su esperti on demand a costi e tempo definiti come indica Miles Everson, CEO di MBO Partners con il termine cost advantage
    • non dover impiegare risorse e tempo nell’attrarre, selezionare e assumere dipendenti a tempo pieno
    • disporre di esperti molto qualificati per un tempo limitato quando magari non ce li si potrebbe permettere a tempo pieno
    • poter accedere a piattaforme dove in modo trasparente si possono consultare e contattare i freelance per competenze

    Il freelance permette di colmare la mancanza di alcuni talenti interni alle organizzazioni e rappresenta una forza lavoro flessibile e adattabile.

    freelance in azienda
    Freelance in azienda_Photo by Marvin Meyer on Unsplash

    Anche se Stati Uniti ed Europa contano il maggior numero di freelance si può affermare che la rivoluzione freelance sia un fenomeno globale a causa dei cambiamenti nella domanda e nell’offerta di talenti e della crescita di un ecosistema a supporto rappresentato da community, agenzie, piattaforme e servizi specifici per i liberi professionisti.

    Puoi approfondire i dati anche qualitativi nel documento finale della ricerca (Global Survey on Freelancing final report 9.20 (2).pdf)

    Qual è la situazione del mondo freelance in Italia?

    Secondo il report “Osservatorio sulle Partite IVA” realizzato dal Dipartimento delle Finanze e aggiornato al terzo trimestre 2021 sono state aperte 107.024 nuove partite Iva con un incremento dell’1,4% rispetto allo stesso periodo 2020, di cui il 66,2% operato da persone fisiche.

    Anche in Italia c’è una forte predominanza numerica di sesso maschile  che resta stabile rispetto agli ultimi anni (62,5%). Da rilevare invece che il 48,8% delle nuove aperture è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 30,6% da soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni. Si nota un calo rispetto a pari data del 2020 in tutte le classi: dal -6,2% delle due classi più giovani al -1,8% della più anziana.

    Dai dati dell’Osservatorio emerge una tendenza più marcata tra le giovani generazioni che non cercano più il posto fisso, ma aprono partita iva e spesso si uniscono in startup.

    freelance al lavoro
    Freelance al lavoro_Photo by bruce mars on Unsplash

    A livello territoriale il 49,2% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 20,3% al Centro e il 29,7% al Sud e Isole. Rispetto allo stesso periodo del 2020 i principali incrementi di avviamenti sono avvenuti al Nord: Friuli V.G. (+34,1%), Lombardia (+29,8%) e Veneto (+13,5%), mentre quasi tutte le Regioni centro-meridionali evidenziano flessioni

    Se prendiamo in esame i dati dell’anno 2020 si evince che sono state aperte circa 464.700 nuove partite Iva con una consistente diminuzione rispetto al 2019 (-14,8%) per effetto dell’emergenza sanitaria. Altro dato utile per le nostre considerazioni: il 72,2% delle partite Iva è stato aperto da persone fisiche.

    Generazione Z vs. universo freelance

    Per capire l’universo freelance è utile prendere in esame anche l’atteggiamento delle generazioni che si stanno affacciando al mondo del lavoro e quindi anche alla professione freelance.

    generazione Z e futuro
    Generazione Z e futuro_Photo by Simon Maage on Unsplash 

    Secondo la ricerca di BNP Paribas Cardif  ‘Generazione Z: un futuro che guarda al passato’, condotta dall’Istituto AstraRicerche la Generazione Z in Italia che va dai 14 ai 24 anni, rappresentando l’11% della popolazione italiana, è abbastanza ottimista sul futuro. Il 31% degli intervistati inserisce il lavoro  tra le priorità e il 32% già lavora. Solo il 9% è NEET cioé né studia né lavora. Altro dato interessante è rappresentato dalla visione futura sul lavoro:  il 51%  in particolare nelle grandi città si vede con un lavoro stabile e da dipendente, ma quasi il 30% si vede in un’attività autonoma quale freelance, consulente o in una start-up.

    Fonti:

    Global Survey on Freelancing final report 9.20 (2).pdf

    https://www.mef.gov.it/ufficio-stampa/comunicati/2021/Osservatorio-sulle-partite-IVA.-Sintesi-dellaggiornamento-del-terzo-trimestre-2021/

    https://www1.finanze.gov.it/finanze3/osiva/contenuti/Sintesi_annuale_dati_2020.pdf?d=1613137800https://torino-corriere-it.cdn.ampproject.org/c/s/torino.corriere.it/economia/21_novembre_01/mi-dimetto-cambio-vita-40-mila-fuga-aziende-71933380-3b19-11ec-b785-0d6e92ed304d_amp.html