Sotto i portici di corso Vinzaglio, nel cuore di Torino, potete scoprire Borgiattino, una bottega storica specializzata in ‘una storia di formaggi, vini e qualità‘, come leggiamo sul sito. Il primo incontro è avvenuto un sabato mattina di qualche mese fa in occasione di una degustazione di mozzarella di bufala piemontese e di quella campana. Avvolta da profumi e sapori sono stata accolta dal titolare, il sig. Luciano Guidotti che, subentrato al sig. Borgiattino in quest’avventura nella gastronomia di alta qualità, ha preservato il brand storico.
La storia della bottega è molto più complessa e affascinante di quello che possiamo immaginare. Siamo negli anni ’20 quando in una Torino laboriosa Carlo Borgiattino avvia l’attività che lascia poi ai due figli, una tradizione familiare, una vita casa e bottega che è arrivata fino a noi.
Quello che mi ha colpito non è tanto la varietà dei prodotti esposti, quanto il desiderio dei titolari di lasciare un segno, di emozionare, di diffondere cultura e una ricerca sapiente di prodotti da proporre ad un pubblico esperto ed attento alla qualità. Proprio a tal fine vengono organizzate le degustazioni e tour gastronomici per visitare le aree di produzione.
Al primo incontro sono seguite altre visite nei mesi successivi fino al 17 settembre scorso, giorno della premiazione dei Maestri del Gusto di Torino e provincia 2019-2020 a Torino Incontra. Proprio in quest’occasione, in attesa che Luciano ricevesse il premio, abbiamo fatto una breve intervista.
Buongiorno Luciano quando sono venuta in bottega mi ha mostrato la maniglia con le iniziali FB, mi racconta la storia legata a queste iniziali?
Una storia curiosa che è legata alle vicende familiari dei Borgiattino. Il negozio nacque nel 1927 dall’idea di Carlo Borgiattino che ebbe due figli: Candido (detto Dino) e Roberto. Quando si ritirò Carlo Borgiattino subentrarono i due figli ed ecco la ragione delle iniziali ‘FB’ ossia ‘Fratelli Borgiattino’. Dopo pochi anni, tuttavia, i due fratelli non andarono d’accordo e si divisero, pur restando nello stesso settore. Dino mantenne il negozio originale in corso Vinzaglio, portando avanti una tradizione che risale a 90 anni fa e Roberto aprì un negozio in via Accademia Albertina. La targa mutò quindi di significato da ‘Fratelli Borgiattino’ a ‘Formaggi Borgiattino. Gli anni passarono, ma a causa della difficoltà connesse all’introduzione della ZTL, Roberto decise di ritornare nella bottega del padre e quindi i due fratelli si riunirono.
Come si è scoperto la passione per i prodotti caseari, dal momento che ha un’estrazione di imprenditore in settore totalmente differente?
Anche questa è una storia interessante, perché è legata alla mia curiosità innata e alla mia passione per i formaggi. Provengo dal settore elettromeccanico che resta la mia attività professionale primaria, ma sono attratto da settori merceologici diversi.
Conoscevo Dino da quando era rimasto titolare unico del negozio e quando ebbe qualche problema di salute circa 15 anni fa decisi di rilevare l’attività. Assunsi anche le due commesse ‘storiche’ che collaboravano da 25 anni. All’inizio fu solo un hobby e il desiderio di avvicinarmi ad un mondo che da sempre mi affascinava, ma negli anni è diventata una seconda attività. Nella ricerca dei collaboratori pongo l’accento sulla curiosità, sul desiderio di conoscere ed apprendere la storia dei formaggi.
Borgiattino è conosciuto ed apprezzato per la scelta di accurata dei piccoli produttori con produzioni limitate dalla fontina d’alpeggio al Plaisentif, detto formaggio delle viole, tipico dell’alta Val Chisone e dell’alta Val di Susa, che si vende dalla terza domenica di settembre ed è disponibile solo fino a gennaio, al massimo a febbraio fino ad arrivare al Bettelmatt, il numero uno dei formaggi italiani. Piccole quantità per palati esperti.
Qualche aneddoto legato alla bottega?
I clienti mi riportano che Carlo Borgiattino spesso facesse finta di parlare al telefono con l’Avvocato Agnelli. Nessuno sa se fosse vero o meno, tanto che è diventata ormai una leggenda. Quando si entrava in bottega Carlo era al telefono voltato di spalle e pronunciava queste parole: <<Sì senatore, d’accordo senatore, domani le mando tutto quello che ha ordinato>>.
Sappiamo che è sempre più forte l’attenzione al prodotto di qualità ed alla conoscenza della filiera. Come sono cambiati i gusti dei consumatori negli ultimi anni?
In 15 anni ho notato che è cresciuta l’attenzione del consumatore verso la provenienza e la produzione dei formaggi. Proprio per andare incontro a queste esigenze ho creato delle schede tecniche per ogni prodotto per diffondere cultura, oltre a fornire informazioni dettagliate nella bottega.
Se il cliente, ad esempio, vuole approfondire le differenze tra la Fontina d’Alpeggio e di latteria, mentre lo serviamo lo acculturiamo. Ecco un esempio delle informazioni che vengono fornite di volta in volta. Ogni forma è numerata e classificata con un simbolo del CTF, acronimo che significa controllo tutela fontina. La Fontina d’Alpeggio deve avere un numero inferiore a 500 altrimenti è di latteria. Dal punto di vista organolettico ed economico si acquistano e degustano due formaggi completamente differenti. La Fontina d’Alpeggio è prodotta a 1800-2000 metri e le mucche si cibano di fiori ed erba dei prati, mentre per la Fontina di latteria l’alimentazione è basata sul fieno, Sono particolarmente esperto di Fontina, perché personalmente cerco gli alpeggi in Vallée. Faccio parte anche della giuria preposta a nominare ogni anno la migliore Fontina d’Alpeggio della Valle d’Aosta. Viene fatta una selezione tra 500 tipologie di Fontina arrivando a sceglierne solo 10 tipi tra cui verrà eletta la migliore dell’annata. Ogni produzione è diversa dall’altra in base all’alimentazione, al momento dell’anno in cui viene prodotto il latte.
Il rapporto con il cliente è quello che distingue la piccola bottega dalla grande distribuzione. Non solo vendita, ma cultura di prodotto. A tal fine ho organizzato alcuni anni fa anche dei tour eno-gastronomici in Valle d’Aosta per portare i miei clienti a vedere i luoghi di produzione. Ad esempio, nel 2012 abbiamo visitato un’antica ex miniera di rame in Valpelline vicino ad Aosta. Si tratta di un centro di raccolta e stagionatura della fontina, capace di ospitare fino a 60.000 forme con annesso museo e degustazione di prodotto e vino. Abbiamo poi proseguito la vista anche al castello di Issogne, che ha ispirato il Borgo Medioevale del Castello del Valentino di Torino. Quindi abbiamo unito varie forme d’arte e cultura.
Ho rivisto più volte Luciano e ho scoperto che è una persona veramente eclettica con la passione per l’arte, la cultura e la scrittura. Ci ha regalato anche un suo racconto ispirato alla vita d’alpeggio, una storia che fa riscoprire i valori d’altri tempi, ricca di fascino e di modernità al tempo stesso.
Buona lettura!
Miele, formaggio e Buccia
“Io!?”
Quasi un urlo, risuonò per l’ampia stalla! Sembrava che riassumesse in se orrore, sorpresa e in fondo anche divertimento per la richiesta, anzi l’ordine che le era stato dato.
“Io!?” ripeté quasi ridendo.
“Nonna, ma stai scherzando! Come ti viene in mente! Mai e poi mai farò una cosa del genere!”
Mentre sorridendo rispondeva così alla sua adorata nonna, le venne da pensare a cosa avrebbero detto i suoi compagni di liceo se l’avessero vista fare quello che sua nonna le aveva chiesto. Chiesto! La nonna era adorabile in tutto e per tutto, compreso il suo carattere burbero, brontolone con un fondo di intelligente ironia. La nonna non chiedeva mai, ordinava. Le venne in mente il suo povero nonno; anche lui aveva ubbidito alla nonna per tutta la sua vita, e lo aveva fatto con tutto l’amore che la nonna meritava. Dicevano che lei era il ritratto della nonna da giovane.
La nonna. In gioventù era stata bellissima. Così si vedeva nelle fotografie. Un corpo flessuoso e perfetto, con un volto delicato in cui spiccavano due occhi azzurri come il cielo di primo mattino, su all’alpeggio. Lunghi capelli neri, tanti e riccioluti. Adesso seduta su uno sgabello accanto alla sua mucca, stava mungendo con la stessa dolcezza con cui avrebbe accarezzato un bimbo. Il suo culone tracimava dallo sgabello! Era invecchiata, appesantita dal lavoro in montagna, dalla cura della sua malga. Una volta serviva solo per abitazione d’estate e rifugio di pastori, ma già da suo suocero era stata trasformata in una grande casa, poco sotto Pila. La nonna ripeté l’ordine, nel suo dialetto piemontese-aostano
” Siediti qui e impara a mungere!”
Imperativa, guardando di sotto in sù la sua bella nipote. Certo le parve molto appropriato il soprannome con cui l’avevano chiamata i suoi compagni di scuola , i suoi amici. Ormai anche in casa la chiamavano tutti così, quella gagna. Ed infatti per i suoi diciannove anni aveva un bellissimo corpo, alta e piena di armonia: dalla nonna aveva preso il colore azzurro degli occhi, che in più esprimevano una dolcezza mista a determinazione e carattere. Il volto, dall’ovale perfetto, era incorniciato da una massa di capelli ricci e biondissimi. “Miele” la chiamavano tutti.
“Ohi! Miele, non avresti potuto vestirti prima di scendere nella stalla!”
“Che dici, nonna! Sono vestita!”
Si, vestita! Pensò la nonna. “ Che ti sembra di essere vestita con quelle mutande blu e la pancia di fuori?!”
“ Mutande blu?! Nonna sono degli shorts di jeans! Ed ho sopra una camicetta corta…siamo d’estate!”
“se io fossi venuta così bardata nella stalla e ci fosse stato tuo nonno, mi avrebbe mangiata viva!”
“Aveva un grande appetito, il nonno!”
“Vieni qui, donna nuda, che t’insegno a mungere! Almeno fai qualcosa di buono”
Miele si sedette sulla paglia, di fronte alla nonna, guardandola con affetto e ammirazione. Brava la sua vecchietta! E che sveltezza nel muoversi, che agilità!
“Nonna, ma come fai ad essere così brava. Non dovresti stancarti troppo, non è che sei una ragazzina!”
“Perché no?! Intanto io non vado in giro in mutande blu come fai te! Sono ben coperta e attrezzata! E poi se non lo tiro giù io il latte, e non lo lavoro…il formaggio che hai mangiato ieri sera, ti era piaciuto o no?!
Miele ascoltava la nonna immaginandola ragazza quando con suo marito saliva alla malga per il pascolo. Sembrava che fossero passati secoli da allora, e la nonna ripeteva giorno dietro giorno gli stessi gesti: Il pascolo, la stalla, la mungitura, il latte, il formaggio. Come se le vite degli altri fossero state nuvole passeggere. Si chiese se la nonna aveva avuto dalla vita tutto ciò che aveva desiderato avere. Al liceo avevano più volte affrontato il tema della felicità, senza mai fare il punto di cosa significasse essere felici.
“Nonna, tu sei felice?”
E subito dopo Miele si pentì d’essersi fatta sfuggire di bocca questa domanda. Spostando il secchio del latte l’anziana e grossa donna si agitò sul panchetto facendolo scricchiolare pericolosamente. Guardò sorridendo la nipote e la vide in tutta la sua smagliante giovinezza.
“Non mi sono mai preoccupata di esserlo! Posso però dirti che sono stata tanto infelice ed è stato quando è morto tuo nonno! Era in grado di fare uno dei più gustosi formaggi della vallata, Faceva una fontina, a pasta semicotta con il giusto grasso, e poi dopo tre mesi ti leccavi le dita!!”
“Formaggi?!-esclamò Miele- ma non rimpiangerai il nonno solo per i formaggi?!”
“Miele mia, che ne sai te di quanto bisogna essere bravi per fare bene ciò che si fa! Tuo nonno, con me faceva tutto benissimo! Anche il formaggio. Lui aveva imparato da suo padre, da suo nonno e per generazioni non hanno fatto nient’altro che fare formaggi. E te, Miele mia, con le tue mutande blu che ne sai di come si fanno i formaggi?”
“A scuola mi hanno insegnato tutto sul formaggio! I latini lo chiamavano formaticum, e si dice che il primo caciaro sia stato un pastore che si chiamava Aristeo, e che era figlio di Apollo e di una ninfa che si chiamava Cirene.!”
“Ecco perché tuo padre ti ha mandato a scuola! Ma non era meglio se ti avesse insegnato a mungere, e poi professoressa che ne sai dei formaggi?!”
“ Sai nonna che ho tradotto dal greco un passo di Aristotele dove nella sua Storia degli animali racconta di come i pastori siciliani facevano il formaggio! E poi ne ho letto sul Columella che descriveva nel primo secolo dopo Cristo, nel suo De Rustica, la fabbricazione del formaggio. Persino Plinio il vecchio riporta un lungo elenco di formaggi napoletani”
“Si, “i napuli” ora sanno fare anche i formaggi!”
“Chi parla male dei “napuli” ?
Una voce profonda e giovane s’intromise tra le due donne. Sulla porta apparve un giovane, alto quasi due metri, rosso fuoco di capelli. Con la propria mole chiudeva quasi del tutto la porta della stalla.
“Buon giorno nonna!”
“ Alfredino!, il mio dottorino preferito, nonostante sia napoletano- esclamò la nonna- entra che così conosci Miele! Accidenti a te! Ma lo sai che ci hai fatto prendere una spavento con quel tuo vocione!”
Miele fu costretta ad alzare il viso fino a scorgere nella penombra il volto di questo ragazzone, e si ritrovò la sua piccola mano stritolata nella mano di lui. Pensò che non aveva mai visto un ragazzo così bello e così rosso di capelli, con splendidi occhi verdi. Lì per lì le venne un po’ d’affanno.
“E così tu saresti la nipotina cittadina tanto bravina a scuola! Ma è vero che ti chiami Miele?!”
Alfredo non parlava, tuonava! Miele s’infastidì per quest’approccio poco gentile e non seppe cosa rispondere. Poi riprese fiato e chiese con disinvoltura se lui lo chiamavano Arancio, visti i suoi colori.
“Arancio, ma chi te l’ha detto!? Persino in ospedale i colleghi mi ci chiamano così! E poi siccome non vado mai via dai reparti dopo aver visitato i malati, qualcuno mi chiama anche Buccia, il dr Buccia. E questo perché mi appassiono e cerco di star loro vicino finché posso”
Quasi ignorandoli la nonna riprese a mungere; i due, come se Eros li avesse folgorati, cominciarono una lunga chiacchierata sulla loro scuola, su cosa lei si aspettava dalla vita, sul futuro dei suoi studi, mentre Buccia le raccontava di come avrebbe voluto specializzarsi e poi lavorare a Torino, insomma….. non la finivano più.
La nonna li guardava sorridendo. Da brava vecchia montanara, anzi quasi da antica malgara presagi il futuro, pensando che il miele con una buccia d’arancio su una fetta di fontina fosse un piatto divino che le avrebbe dato tanta felicità!!