Ho conosciuto Cinque Quinti grazie ad un gruppo social di cui faccio parte. Martina Arditi aveva invitato le socie a partecipare ad un tour organizzato in Monferrato, per scoprire vigneti e borghi storici. Dopo qualche messaggio e telefonata ho raggiunto Cella Monte, non solo uno dei Borghi più belli d’Italia dal settembre 2018, ma anche il luogo in cui ha sede l’Ecomuseo della Pietra da Cantoni, che da anni studia gli infernot (o infernòt). Sapete di cosa si tratta? Se, come me, siete nati in Piemonte ne avrete sicuramente sentito parlare dai nonni e ne avrete visitato almeno uno. In occasione dell’incontro ho avuto il piacere di conoscere anche gli altri 4 fratelli, insieme hanno dato vita a Cinque Quinti, ovvero 5 giovani uniti non solo dalla parentela, ma anche dalla passione per i vigneti ed il vino tramandata dai nonni. Con grande entusiasmo, da diversi anni, stanno portando avanti l’attività agricola, con tante idee nuove ed un tocco fresco e innovativo. Conosciamo meglio i giovani Arditi.
Martina ciao, ci racconti chi era il famoso nonno che ha dato vita alla “saga familiare”?
I racconti che abbiamo sono di nostro nonno Mario, che quasi sognante parlava del suo papà Giuseppe Giorgio Camillo, nato a Cella Monte nel 1872 e venuto a mancare nel 1928, sposato con Giuseppina. Insieme hanno vissuto nel castello di Cella Monte con i loro 9 figli: Adele, Teresa, Gesuina, Francesca, Paolo, Carlo, Camillo, Demetrio e, appunto, nostro nonno Mario. Considerata la grandezza dell’abitazione, l’altra ala era abitata dal fratello di Giuseppe, Pio, con la moglie Santina.
L’agricoltura era il principale mezzo di sostentamento della famiglia e la produzione in eccesso veniva venduta. La cantina sotto alla nostra abitazione, in disuso dal 1956, era utilizzata per la produzione di vino. Da alcuni documenti storici abbiamo scoperto che la famiglia “Arditi del Castello” era particolarmente famosa per la qualità dei suoi vini, già ai tempi, distribuiti in tutta Italia. Tra gli anni ’50 e ’60 molte cantine private hanno deciso di chiudere, per dare vita alla cantina sociale, collaborare e dividersi le spese. Vi ho accennato che la nostra abitazione un tempo era un castello, ma vi starete chiedendo: davvero un castello? Eh già, siamo stati particolarmente fortunati ad aver ereditato l’unica fortezza rimasta in piedi dal 1100 circa; nel tempo è stata abitata da diverse famiglie nobili per arrivare nel 1700 ad essere proprietà degli Arditi e i nostri nonni l’hanno poi ristrutturata con un gusto molto contemporaneo, senza snaturarla.
Sai Simonetta, il commento che più ci ha emozionato durante il recente evento di IT.A.CÀ è stato quello di Andrea Cerrato, presidente di “Sistema Monferrato”:
Varcare la soglia della vostra corte è come fare un tuffo nel passato, ma nello stesso tempo c’è una grande energia positiva e coinvolgente.
È esattamente quello che proviamo noi quotidianamente ed è bello che le nostre mura trasmettano questo anche agli altri. Ti confesso, inoltre, che quest’inverno inizieremo qualche lavoro di miglioria nella cantina storica, non per la produzione vera e propria, questo purtroppo sarebbe complicato logisticamente parlando, essendo proprio nel cuore di Cella Monte, ma con l’obiettivo di trasformarla in una sorta di sala degustazione e di invecchiamento per i nostri vini.
È vero che vostro padre non ha continuato la tradizione di famiglia. Quando avete rilevato le vigne? Com’è cambiata la produzione negli anni?
Il nonno ha sempre spinto nostro papà Giuseppe ad allontanarsi dall’agricoltura e così, ottenuto il diploma di Ragioniere, dopo una prima lezione alla facoltà di Giurisprudenza, non andata molto bene, ha deciso di buttarsi nel mondo del lavoro, riuscendo in una brillante carriera. Partito da apprendista a soli 19 anni, è diventato con il tempo un manager affermato in un’importante azienda di legnami della zona. Tra un viaggio di lavoro e l’altro e l’impegno di 2 mandati come sindaco per il Comune di Cella Monte, ha sempre dato il suo contributo per portare avanti l’attività del nonno. Compresa, poi, la grande passione di Fabrizio e Michele, primo e terzo quinto, li ha aiutati e sostenuti nella decisione di rilevare l’attività, che nel 2010 è passata nelle loro mani. Fabrizio aveva 24 anni e Michele era poco più che ventenne, quindi come puoi immaginare le difficoltà sono state molte all’inizio. Grazie però ad alcuni importanti investimenti e agli sforzi profusi da tutta la famiglia, ma soprattutto trainati della profonda passione trasmessa dal nonno, gli uomini di casa hanno decuplicato il terreno tra quello di proprietà e quello gestito, in affitto o in conto terzi, passando quindi a lavorare da 7/8 ettari a quasi 100.
Con l’ingrandirsi dell’azienda sono aumentati i collaboratori e le responsabilità, l’organizzazione si è fatta più complessa per arrivare ad una chiave di volta nel 2015 quando, dopo una prima produzione di vino nata quasi per gioco, abbiamo dato vita a Cinque Quinti. Qui siamo entrate in gioco io e Francesca, che fino ad allora ci eravamo dedicate all’università, allo studio delle lingue e a diversi lavori principalmente in ambito marketing e comunicazione, che sono ancora la nostra prima occupazione.
Cinque Quinti è un brand della società agricola Fratelli Arditi, è la nostra creazione, alla quale ha collaborato anche il più piccolo di noi cinque, Mario, che tra la scuola e la passione per la chitarra ci ha sempre dato una mano nelle varie attività, soprattutto in occasione della vendemmia. Un tassello fondamentale, che non ho ancora menzionato, è stata la nostra mamma Manuela. Senza di lei, che ci ha cresciuto, supportato e sopportato (abbiamo tutti dei bei caratterini…) non saremmo qui a lavorare fianco a fianco.
Forse mi sto dilungando troppo, ci sarebbero tante cose da raccontare, ma direi di passare alla prossima domanda.
Ci spieghi che cosa sono gli infernot?
Gli infernot sono locali sotterranei costruiti scavando a mano una particolare roccia, la pietra da cantoni, ovvero una pietra arenaria di agevole escavazione. Sono un’appendice della cantina, priva di luce ed aerazione naturale, ubicata comunemente sotto le case, i cortili e talvolta sotto le strade dei nostri borghi monferrini.
Vere e proprie opere d’arte, capolavori architettonici, sono nati dalla tradizione e dal sapere contadino, realizzati nei lunghi inverni, non da esperti cavatori, ma da semplici agricoltori, diventati scultori monferrini, veri artisti rimasti anonimi nella quasi totalità dei casi. Sul territorio sono tanti gli infernot presenti: 47 sono quelli censiti a partire dal 2002 dall’Ecomuseo della Pietra da Cantoni in collaborazione con l’Istituto Superiore Statale “Leardi” di Casale Monferrato. Nel giugno del 2014 poi “I paesaggi vitivinicoli del Piemonte” (Langhe – Roero e Monferrato) sono diventati il 50° sito italiano iscritto nella Lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO, proprio grazie alla presenza degli infernòt.
Noi lo diciamo sempre, sono uno dei validissimi motivi per venirci a trovare!
Qualche ricordo di quando eravate bambini?
“Stüddia, stüddia!” ci diceva in dialetto nostro nonno. Lo ripeteva sempre, soprattutto quando non avevamo voglia di fare i compiti, quando facevamo i pigri e preferivamo rimanere in cortile a giocare a palla. Ancora oggi ce lo ripetiamo tra di noi e sorridiamo imitando il suo tono di voce.
Diciamo che ognuno, a modo suo, ha seguito il prezioso consiglio. Terminati gli studi canonici, scuole superiori per Fabrizio e Michele, universitari per me e Francesca, in questi ultimi anni siamo ritornati tutti tra i “banchi di scuola” specializzandoci in diversi ambiti riguardanti il mondo del vino e della sua comunicazione, aspetto assolutamente da non trascurare.
Io frequento il corso sommelier, Fabrizio ha terminato il corso Mastro di Cantina, che ora ha cominciato Michele, mentre Francesca, la creativa di famiglia, prova e sperimenta quotidianamente nuove soluzioni digitali che ci permettono di migliorare il nostro sito ed il nostro blog e di avere un e-commerce attivo e che spedisce in tutta Italia. Il più piccolo, Mario, ha terminato a giugno l’Istituto agrario e ora si trova in Australia per un’esperienza lavorativa davvero unica, alla scoperta di un mondo vitivinicolo così lontano e diverso dal nostro, ma che sicuramente tornerà utile a tutti.
Il nonno Mario lo vediamo ancora lì, seduto sulla panchina in cortile, con il suo gelato “Camillino” a spronarci a fare bene, ad impegnarci in qualunque cosa dovessimo fare. Un ricordo vivo nella nostra memoria che cerchiamo di onorare ogni giorno e custodiamo con affetto nei nostri cuori.
Cella Monte è considerato uno dei Borghi più belli d’Italia. Che cosa rappresenta per voi?
Per prima cosa una grande emozione! Adoriamo il nostro paese, è un borgo incantato. Siamo cresciuti per quelle strade, godendoci tante primavere di assoluta libertà, giocando in bicicletta d’estate, trascorrendo magnifiche giornate d’autunno sul trattore con il nonno e passando gli inverni a lanciarci palle di neve.
Ora per noi vuol dire visibilità, nuovi turisti provenienti non solo da città vicine, ma da tutta Europa.
Il primo grande passo verso un risveglio del settore terziario si è avuto quando siamo stati riconosciuti Patrimonio Unesco nel 2014. Ci sono sempre più persone desiderose di scoprire e riscoprire le tradizioni monferrine, appassionati di vino e della buona cucina che vengono a trovarci.
Certo, il paese è davvero piccolo e bisogna anche attrezzarsi per poter accogliere nel modo migliore questa nuova e crescente domanda, partendo dal potenziamento delle strutture ricettive che sono ancora poche, ma sono certa che miglioreremo. A tal proposito, abbiamo da poco attivato una partnership con il bed and breakfast “Dalla Nonna”, proprio a due passi dalla nostra sede. Una nuova ed emozionante avventura!
Uno dei fratelli è partito da pochi giorni per l’Australia. Uno scambio di culture vinicole? Perché non ha scelto ad es. Napa Valley in California?
Durante il quarto anno di scuola superiore Mario era stato in Colorado, un’esperienza unica che gli ha aperto decisamente nuovi orizzonti. In quei 12 mesi ha avuto la possibilità di spostarsi molto, crescere, sperimentare, così al suo rientro era già deciso a pianificare una seconda importante avventura. Fin da subito si è mostrato interessato all’Australia, un Paese che offre la possibilità di ottenere un visto chiamato Working Holiday, ovvero la possibilità lavorare e viaggiare per un anno intero. Questo continente ha l’estensione dell’Europa, un’immensità tutta da vivere! Hanno una buona cultura vitivinicola che Mario avrà la possibilità di toccare con mano, vendemmiando per diversi produttori nell’Hunter Valley e seguendo i lavori in cantina. Che dire, beato lui!
Ho letto che la produzione di vino con le vostre etichette è nata 3 anni fa. Quali progetti per il futuro?
Tantissimi! Siamo partiti con 750 bottiglie di Vino Rosso della vendemmia 2015, in realtà una Barbera del Monferrato, ma proprio perché non eravamo partiti con l’intenzione di metterle sul mercato, non abbiamo potuto per legge scriverlo sulle etichette, abbiamo quindi lasciato la denominazione generica vino da tavola.
L’anno successivo abbiamo quasi duplicato la produzione con 1400 bottiglie e stiamo per imbottigliarne una piccola selezione di 600, sempre di uva barbera che ha fatto 20 mesi di tonneau, “Roverò”, una vera chicca che sarà pronta da assaggiare intorno al prossimo febbraio e non vediamo l’ora!
La società agricola Fratelli Arditi è nata come produttore di uva, cereali, girasoli, e un ettaro di tartufaia, oltre i pioppeti, quindi non abbiamo ancora una cantina nostra, ma collaboriamo con alcune aziende vicine e seguiamo il processo di vinificazione dall’inizio alla fine. Una nostra aspirazione è di renderci completamente indipendenti, speriamo di poterlo fare presto. Come ci diciamo e ripetiamo spesso: un passo alla volta!
Da poche settimane siamo anche diventati fattoria didattica. Michele ha frequentato i corsi indispensabili per l’ottenimento del patentino e nei prossimi mesi inizieremo i lavori di ristrutturazione di una parte dell‘azienda che dedicheremo alla degustazione e alle attività istruttive.
Insomma, abbiamo in cantiere tante novità che trasformeranno non solo alcuni locali dell’azienda ma anche le nostre giornate, perché il lavoro si intensificherà e diversificherà sempre di più.
Concludo Simonetta confidandoti che spesso, purtroppo, la burocrazia che sta dietro a questa tipologia di progetti non è semplice e non è per nulla incoraggiante, ma noi ci crediamo e lavoreremo sodo per portare tanti nuovi turisti a scoprire le bellezze di Cella Monte e del Monferrato, offrendo vini di qualità, senza mai trascurare la tradizione!