• Storytools o platforms? Quali scegliere in un mercato in trasformazione?

    Nel 2013 e in particolar modo durante il 2014 sono nati molti storytools dedicati alla comunicazione narrativa basati su foto e video con caratteristiche a volte molto simili. Il 2016 è un anno significativo per il mercato, perché abbiamo visto grande fermento. Se da un lato Steller e Pixotale stanno ampliando il loro mercato e Adobe ha trasformato le app in una piattaforma vera e propria con una sezione dedicata alla social graphics, alcune app storiche hanno ‘chiuso i battenti’.

    I primi segnali sono comparsi nel mese di giugno quando i CEO di Storehouse hanno annunciato lo ‘shutdown’. Sempre nell’estate abbiamo assistito alla chiusura di Thematic e Voicemap per arrivare a ieri quando abbiamo appreso l’intenzione di Twitter di abbandonare il progetto ‘Vine‘ nei prossimi mesi. Leggete l’annuncio nel blog su Medium.

    Stessa evoluzione ha colpito anche le platforms. Ricordate la ‘platform battle’ tra Meerkat e Periscope? E’ di una settimana fa la comunicazione di Meerkat che ha deciso di abbandonare i live broadcast per nuove attività.

    Queste decisioni mi colpiscono profondamente dal punto di vista sia umano sia professionale, in quanto, come ho segnalato durante il mio speech a Mashable Social Media Day del 21 ottobre scorso, la situazione del mercato è sempre più ‘liquida’ e la scelta è complessa anche dal punto di vista marketing. Un commento letto recentemente su Linkedin mi trova particolarmente d’accordo:

    Change appears to be the only constant on the Internet and social media.

    Altro elemento interessante da valutare è la spasmodica rincorsa tra le piattaforme che porta a una sempre maggiore riduzione di specificità. Ripercorriamo insieme le novità dell’estate 2016:

    • maggio Facebook lancia Facebook Live, live video streaming service che consente di girare video live dal mobile direttamente nelle News Feed
    • 2 Agosto nasce Instagram Stories. Si possono condividere foto e video in formato slideshow, creando una storia con testo e emoij nello stile Snapchat.
    foto ansa.it

    Whatsapp (Credit: Uff. st.)

    Proprio su questo tema potete leggere su ansa.it che ‘dopo Messenger, anche Whatsapp insegue Snapchat.

    La chat “verde” ha infatti annunciato nuove funzioni della fotocamera che consentono di scrivere, disegnare e aggiungere emoji su foto e video così da personalizzarli. […] Oltre a Whatsapp, sulla scia di Snapchat c’è anche Messenger, l’altra chat di Facebook. La funzione Messenger Day, in fase di test in Polonia, permette di condividere foto e video che si autoeliminano nel giro di 24 ore, proprio come il rivale.

    Ma, allora, dove sta la novità? Una platform è sempre più simile ad un’altra.

    Dobbiamo quindi rassegnarci ad utilizzare tutti le stesse platforms e social media in una totale omologazione? E le campagne adv saranno solo più appannaggio di Facebook? Assolutamente no.

    Il mio suggerimento è non adattarci a scelte predeterminate e quindi utilizzare tutti gli stessi social media e platforms, ma differenziarci, basando le nostre scelte sulle ‘personas’.

    Non aspettiamoci una ricetta magica, ma ricordiamo il principio di Seth Godin della ‘Purple Cow‘: ‘ Le P tradizionali come prezzo, promozione, pubblicità, posizionamento e altre che gli uomini di marketing usano non funzionano più. Oggi, all’elenco, c’è da aggiungere un’altra P: quella di Purple Cow, la Mucca Viola.[…].’

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    Come possiamo distinguerci in un mondo tutto ‘marrone’? Scegliendo anche storytools innovativi e utilizzando le platforms in modo differente.

    La fase di ascolto del brand diventa quindi prioritaria, così come capire dove le nostre personas si trovano per scambiarsi opinioni e condivisioni. Comprendere i loro gusti, i loro desideri e attivare i famosi ‘neuroni a specchio’ in modo da coinvolgere attivamente nella nostra storia.

     

    Le parole chiave da tenere sempre più presenti, sono tre:

    • sperimentazione. Non abbiamo paura di metterci in gioco, testando nuovi storytools e platforms,  così come stanno facendo i luxury brands di moda.
    • misurazione con le analytics. Solo la misurazione del sentiment ci permetterà di decidere quali siano le platforms più adatte a coinvolgere il nostro pubblico o ad ingaggiarne uno nuovo.
    • call to action. Utilizziamo sapientemente le call to action, creando un ‘puzzle’ ideale tra storytools, media e platforms.

    Resta quindi fondamentale la strategia digital che deve essere pensata con cura prima di avventurarsi nella creazione di un account su tools, platforms o social media. Ho individuato 7 punti che consiglio ai miei clienti, in particolar modo startups. Se desiderate saperne di più potete approfondire, consultando le slides del mio speech tenuto a SMAU Milano che trovate nella sezione ‘Workshop & Speeches’ del sito.

    slide di speech SMAU Milano

     

  • Digital reputation da curare e difendere?

    Come comportarsi sul web e sui social media per mantenere una buona digital reputation? Bisogna innanzitutto capire se e come appariamo online, facendo una brevissima ricerca sul principale motore di ricerca, Google come utente anonimo (sloggandoci da Google stesso). Se digitiamo il nostro nome o la ragione sociale in quale pagina compariamo? Quali dettagli della nostra vita privata e professionale sono indicati?

    Seguendo le indicazioni fornite da Google a questo indirizzo , verifichiamo le informazioni pubbliche del profilo Google Plus, ricordandoci sempre che possiamo scegliere cosa e con chi condividere.

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    Google infatti precisa che ‘Nel tuo profilo troverai alcune schede sotto la foto di copertina. Puoi decidere se rendere visibili o meno queste schede alle persone che visitano il tuo profilo, modificando le impostazioni. I visitatori possono vedere soltanto i contenuti che condividi pubblicamente o direttamente con loro.’  Prestiamo quindi particolare attenzione alle informazioni che diffondiamo in rete per tutelare la nostra privacy e salvaguardare la nostra reputation.

    Dalla ricerca sui manager del progetto Le@d 3.0 Academy commentata in un articolo su Repubblica.it si evince che l’e-reputation (reputazione digitale) rientra tra i 6 macro gruppi di competenze strategiche di leadership manageriale a livello europeo con ‘le competenze digitali di base, quelle di e-communication (comunicazione digitale), di e-teamworking (lavoro di squadra digitale), di e-entrepreneurship (managerialità digitale), di e-innovation (innovazione digitale) e di e-lifelong-learning (apprendimento permanente digitale’.

    Sul diritto all’oblio e la difesa della reputazione online si era espressa l’Unione Europea che aveva diffuso alcune regole per il trattamento delle informazioni personali su internet. Risale al 13 maggio 2014 la sentenza della Corte di Giustizia europea  sul “diritto all’oblìo”, che impose proprio a Google delle regole a tutela della privacy. Se, come abbiamo detto, cercate su Google il vostro nome e trovate dei contenuti che considerate dannosi o lesivi per la vostra privacy, potete chiedere la rimozione del link attraverso un modulo online. La richiesta verrà presa in carico, esaminata e se ritenuta valida approvata e il contenuto incriminato coi vostri dati personali scomparirà dalle pagine di Google e quindi non potrà essere rintracciato liberamente dagli utenti.

    privacy

    Per approfondire i temi di protezione dei dati in rete, diritto all’identità e privacy consultate la Dichiarazione dei diritti in Internet, elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet. Il testo, la cui prima stesura risale a ottobre 2014, è il frutto del lavoro di una  commissione voluta dal presidente della Camera Laura Boldrini e presieduta dal giurista Stefano Rodotà.

    E’ la reputazione una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito e perduta senza colpa. W.Shakesperare

    Le attività che le persone svolgono in rete vanno dall’informazione all’intrattenimento, all’organizzazione della vita quotidiana. È abbastanza inevitabile, nello svolgimento di queste attività, “lasciare delle tracce». Come viene vissuto dalle persone questo aspetto della loro esperienza digitale? Spesso non si rendono conto dei rischi che si possono correre legati alla reputazione digitale e alla sicurezza (furto d’identità, di denaro, etc).

    La reputazione è a rischio anche sui social media, soprattutto da quando comunichiamo in mobilità, alla fermata dell’autobus, al ristorante mentre ceniamo con amici e in mille altre occasioni in cui il nostro livello di attenzione cala sensibilmente. Di seguito qualche consiglio che potrebbe sembrare scontato, ma spesso è disatteso:

    • prima di postare, taggare, mettere like pensiamo che siamo in piazza, ma non la piazza della nostra città, in una piazza molto più vasta. Vi potrà far sorridere quest’immagine, ma spesso ce ne scordiamo.
    • ‘targettizziamo’ il nostro pubblico, ossia creiamo dei gruppi ristretti a cui poter far vedere i contenuti di Facebook più personali;
    • evitiamo le pubblicazioni imbarazzanti e fortemente personali;
    • non esprimiamo opinioni molto polemiche o aggressive pubblicamente (facciamolo all’interno di un gruppo ristretto di amici selezionati);
    • non postiamo foto compromettenti nostre o di altri che vengano taggati.
    • presentiamoci quando chiediamo una nuova amicizia o contatto.

    Prestate particolare attenzione all’utilizzo di app di streaming live che consentono di essere online in diretta, quali Periscope, Meerkat, Facebook Live oppure Snapchat.  Restano online il tempo necessario per essere visti da persone che potrebbero essere importanti per il nostro futuro.

    Durante i corsi di formazione cito sempre il caso di una ragazza americana della Florida che, in stato di ebrezza, si è ripresa con Periscope alla guida della propria auto.

    Sui pericoli delle platforms si è concentrata anche la giornalista e social media trainer Sue Llewellyn durante il MoJoCon (Mobile Journalism Conference) di Dublino. Ha creato una vera e propria lista sotto l’acronimo:  s.p.e.c.t.r.e.

    • Sicurezza: “Safety should be rule number one in whatever you’re doing.” – durante le riprese bisogna essere sempre concentrati,
    • Privacy: “Privacy is a massive issue, we all have a right to a private life and be private if we so wish.”. Attenzione a non diventare i nuovi paparazzi
    • Etica: “Thinking about the situations when it is appropriate to livestream is one of the challenges facing the media industry today.” Considerate bene cosa e quando riprendere.
    • Copyright: è necessario rispettare i diritti di copyright per cui verificate prima di trasmettere live.
    • Trolling: “Trolling on social media has long been an issue for online journalists” e questo problema è sorto anche sulle piattforme
    • Rischi reputazionali: “At the very best you could bore your followers or your friends. At worst… you could lose trust.” Prestate attenzione a ciò che succede durante le riprese, potrebbe compromettere la vostra reputazione
    • Traumi emozionali. Prestate attenzione ai contenuti che trasmettete live perché possono suscitare emozioni troppo forti negli spettatori.

    I social media e le platforms offrono grandi opportunità, ma devono essere utilizzati con grande consapevolezza.