• Social media: essere presenti è la scelta migliore?

    La comunicazione online è sempre più frammentata tra le molteplici social media ed applicazioni tanto che si parla di micromoments, di istanti sempre più brevi e coinvolgenti per conquistare pubblici esigenti ed infedeli . Quali piattaforme è meglio suggerire ai nostri clienti? È consigliabile coinvolvere i pubblici in una narrazione di marca diffusa sui social? Tanti dubbi ci assalgono in questo periodo di iperconnessione e di information overload.

    Dall’ultimo report Digital 2020, realizzato da We are social in collaborazione con Hootsuite si evince che a livello mondiale il numero di utenti attivi è sempre più elevato su social platform diverse, alcune ancora sconosciute in Italia.

    Come tempo d’utilizzo e numero di utenti predominano sempre Facebook, YouTube e WhatsApp, ma altri social stanno crescendo come TikTok e il nuovissimo Byte.

    Nel report si legge:

    Registriamo una crescita significativa nell’utilizzo di TikTok (800 milioni di utenti attivi al mese, di cui “solo” 300 milioni fuori dalla Cina). Importante anche la crescita dell’utenza raggiungibile su Pinterest (12%) anche grazie all’aggiunta di regioni e paesi precedentemente assenti dalle opzioni di targetizzazione.’

    Strategia multicanale

    Sul web si parla sempre più di omnicanalità e di strategia multicanale? Che cosa significa esattamente? Nel blog di Osservatori.net viene data una definizione precisa:

    ‘La omnicanalità non è altro che la gestione sinergica dei vari punti di contatto (o touchpoint) e canali di interazione tra azienda e consumatore per ottimizzare quest’esperienza del consumatore. I punti di contatto sono gli asset a disposizione dell’azienda per costruire una relazione lungo il processo di acquisto (advertising, pre-vendita, pagamento e post-vendita). Possono essere fisici (retail, call center) oppure online (social media, mobile app, sito di e-commerce). La gestione integrata di questi punti di contatto è alla base di una strategia omnicanale.’

    Che cosa valutare

    Da formatore e consulente mi interrogo spesso sui consigli da fornire ai miei clienti o discenti. In base alla mia esperienza non è proficuo aprire più canali social soprattutto se si è una realtà di medie e, ancor più, di piccole dimensioni. Nella situazione odierna di infobesity e di calo della soglia d’attenzione che, secondo una ricerca di Microsoft, è arrivato a 8 secondi è necessario:

    • valutare se si ha il budget adeguato per poter seguire in modo continuativo e professionale uno o più piattaforme.
    • focalizzarsi su poche piattaforme e studiare molto attentamente i propri pubblici.
    • acquisire competenze di marketing utili per scelte strategiche adatte allo specifico settore di mercato.
    • affidare le nostre pagine e profili a social media manager specializzati e sempre aggiornati con competenze sui diversi canali che intendiamo sviluppare. Sconsiglio sempre la scelta del famoso ‘cuggino’, perché spesso si rischia di non ottimizzare i propri investimenti. Non ci si improvvisa esperti soprattutto in un mercato in evoluzione e in una miriade di canali da seguire.
    • scegliere per la propria comunicazione una narrazione coinvolgente da diffondere sul sito/blog e sui canali online oltre che sull’offline.
    • creare contenuti unici per le diverse piattaforme, ma con linea editoriale coerente.

    Le personas

    Prima di definire un piano editoriale si deve partire sempre dall’individuare le nostre personas, creando più profili dettagliati. Poniamoci da subito queste domande:

    • chi sono? Quali caratteristiche hanno? A quale generazione appartengono?
    • quali sono i valori in cui credono? In quale momento di vita si trovano?
    • quali sono i social che frequentano più assiduamente e che cosa condividono nelle loro comunità online?

    L’ascolto dei pubblici è sempre più importante, perché la comunicazione non è più a una via, ma a più voci. Come afferma Joseph Sassoon nel suo libro ‘Web Storytelling (Franco Angeli, 2018, pag.18):

    Il fatto che nel Web la comunicazione sia multidirezionale, l’emergenza di tribù e community dotate di potere, la traslazione del controllo verso gli utenti e la molteplicità di formati e piattaforme mediali disponibili comportano, anche dal punto di vista delle marche, una profonda trasformazione dei modi di fare storytelling. Il mutamento più grande concerne la possibilità, assolutamente inedita, che il pubblico contribuisca ai racconti marca con contenuti creati autonomamente (user generated content).

    Consideriamo anche che i comportamenti dei Millennials sono diversi da quelli della generazione Z, quindi la nostra comunicazione e narrazione dovrà tenere conto di questi aspetti.

    I concorrenti

    Altro tema da non dimenticare è l’analisi dei concorrenti e del tipo di comunicazione che hanno adottato sulle piattaforme. Hanno preso posizione rispetto ai grandi temi del momento: sostenibilità, ambiente, cause sociali, ecc? Il brand activism ha assunto un ruolo molto rilevante per i brand internazionali, ma coinvolge anche aziende di medie dimensioni. Se desideriamo prendere una posizione dobbiamo essere coerenti non solo nella nostra comunicazione esterna, ma anche interna verso di dipendenti e con le nostre scelte di prodotto, materiali, ecc. e dobbiamo interrogarci anche su quale impatto sociale la nostra azienda possa avere sul territorio.

    Analytics

    Nel caso in cui siano già attive pagine o account, bisogna partire dai dati e valutare con attenzione le performance, facendo anche degli A/B test. Sulla base delle analytics verificare quindi se il TOV (tone of voice) è adeguato allo stile della nostra comunicazione online e offline, se le immagini sono coordinate tra sito/blog e social, se il font scelto è quello più adatto, ecc.. Se si decide poi nel piano strategico d’introdurre le Stories di Instagram, molto apprezzate dal pubblico dei social, si possono usare programmi per personalizzare le copertine come, ad esempio Canva. Ricordiamoci, comunque, che devono essere programmate e realizzate in modo professionale e devono seguire un piano editoriale preciso.

    Attenzione agli errori

    Ogni post deve essere accuratamente controllato prima di andare online, perché un errore può compromettere il lavoro di mesi e nei casi più gravi rovinare la reputazione di un brand. Un caso recentissimo è accaduto alla TIM in Twitter dove per errore è stato pubblicato un post con il vincitore sbagliato del Festival di Sanremo, sezione nuove proposte.

    Il post incriminato è stato immediatamente cancellato e sostituito con quello corretto, ma la rete non dimentica e subito qualcuno del pubblico ha diffuso lo screenshot e sottolineato l’errore.

    Fattore tempo

    Un elemento molto importante da considerare è il fattore tempo: i risultati non possono essere ottenuti in pochi mesi, ma con costanza, attenzione e ascolto del mercato che è in continua evoluzione. Consiglio sempre di valutare le performance sul lungo periodo (dai sei mesi a un anno), per poter avere una visione più ampia sulla base anche di aree test. Una campagna che poteva essere adeguata e dare risultati mesi fa, può rilevarsi non più efficace e deve essere sostituita con nuove idee grafiche e di contenuti. Prendiamo ispirazione dai più bravi del nostro settore a livello internazionale per arricchire la nostra comunicazione di nuove idee.

    I contenuti

    In merito ai contenuti la narrazione deve essere reale o verosimile e può essere declinata sulle varie piattaforme, creando delle series che coinvolgano i pubblici e che contengano una call to action forte per far migrare gli utenti da una piattaforma all’altra o invitarli a partecipare al racconto.

    Per meglio comprendere l’utilizzo in contemporanea di più piattaforme vi rimando alla series declinata su Steller e Facebook per il luxury outlet The Place di Biella di Ermenegildo Zegna. Due storie parallele dal punto di vista maschile e femminile, due personaggi che si amano e si incontrano, appuntamenti che si susseguono nel The Place Café o nell’Oasi Zegna.

    Attimi di vita, di fashion e di food che si intrecciano, coinvolgendo i lettori, chiamati a partecipare nel condividere e mettere like alla pagina Facebook e nell’immaginare il seguito della storia d’amore.

    Due storie che si incrociano- ‘Attimi’ di The Place – Biella
  • Twitter: 140 caratteri tra live tweeting e chatbot

    In un momento di criticità aziendale Twitter si dimostra ancora una volta un social media di grande interesse e molto seguito a livello mondiale. Sono una fan attiva dall’aprile 2009 quando un amico, Enrico, mi ha invitata sulla piattaforma che in Italia era diffusa soprattutto tra i giornalisti e alcuni personaggi dello spettacolo. Chi apriva un account era visto un po’ come un pioniere.  Il meccanismo alla base del social era considerato complesso. L’idea di dover contenere i propri pensieri o commenti in 140 caratteri erano vista come una limitazione, abituati come eravamo a chiedere l’amicizia e a poterci esprimere liberamente su Facebook. La passione per l’uccellino blu è cresciuta e il live tweeting è diventata una ‘pratica’ molto diffusa.

    Nei giorni scorsi l’annuncio di un piano di ristrutturazione che porterà a ridurre la forza lavoro del 9% e a chiudere la sede milanese mi ha fatto riflettere e cercare di approfondire i servizi che nel tempo si sono evoluti. Sono passati alcuni anni dalla mia intervista per Seo-Academy su Buzz-marketing Italia, intervista dove già esprimevo la mia passione per i 140 caratteri.

    twitterConoscete la storia di Twitter? Ho letto che l’idea nacque un giorno mentre Jack Dorsey era al parco seduto sull’altalena e mangiando cibo messicano. Pensò ad un servizio che permettesse di comunicare con un ristretto numero di persone attraverso degli SMS. Non so se sia una leggenda, ma potete leggerlo su Wikipedia.

    ‘Il primo nome del progetto fu twttr, nome ispirato all’allora già fortunato Flickr ed ai 5 caratteri di lunghezza dei numeri brevi per l’invio degli SMS negli USA. Gli sviluppatori scelsero inizialmente il numero “10958” come codice breve per l’invio dei messaggi, numero che fu presto rimpiazzato dal più semplice “40404”. Lo sviluppo del progetto iniziò ufficialmente il 21 marzo 2006 quando Dorsey alle 21.50 PM (PST) pubblicò il primo Tweet: «just setting up my twttr»‘. Il social media ha goduto di una grande fortuna grazie al real time e alla diffusione che ha avuto negli ultimi 2-3 anni.

    Sempre su Wikipedia apprendiamo che ‘la popolarità di Twitter ha visto una svolta con l’edizione del 2007 del South by Southwest festival: nei giorni dell’evento l’uso di Twitter è triplicato passando da 20.000 ad oltre 60.000 Tweet al giorno. […] Alla fine di settembre 2013 Twitter ha superato 230 milioni di utenti attivi mensili.’ La crescita è stata continua fino ad arrivare ai 317 milioni di utenti, come riportato dall’azienda nella relazione del Q3 2016 con un aumento del 3% rispetto allo scorso anno.

    Grazie al real-time, che è una caratteristica fondamentale, il social media si è dimostrato di grande utilità sociale, ad esempio, in caso di catastrofi naturali come il terremoto, prima della nascita del Safety Check di Facebook e durante i tragici eventi di Parigi, mettendo in contatto persone che offrivano il loro aiuto e le loro case a chi scappava dai luoghi coinvolti nelle esplosioni.

    In campo politico è stato molto utilizzato per coinvolgere e creare proseliti. Pensiamo a Barack Obama che ha 70,3K di followers sull’account presidenziale. Anche durante le ultime elezioni americane ha ricoperto un ruolo di rilievo, tanto che leggiamo sul blog ufficiale di Twitter:

    People in the U.S. sent 1 billion Tweets about the election since the primary debates began in August of last year.

    Qualcuno obietterà che l’università di Oxford University ed in particolare il professor Philip Howard ha evidenziato, in base ad una ricerca, che ‘33% of pro-Trump traffic was driven by bots and highly automated accounts, compared to 22% for Clinton.’, sottolineando che è stato fatto largo uso di chatbot. Potete approfondire a questo link. Essendo utilizzato da moltissimi politici e giornalisti, Twitter era in prima linea.

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    Quali sono oggi i principali utilizzi di Twitter? Eccone alcuni:

    • live tweeting durante gli eventi, tanto che i social media team sono sempre più chiamati a conversare e commentare gli eventi live. Dalle trasmissioni televisive, alle partite di calcio, ai convegni che coinvolgono influencers a livello internazionale, Twitter ricopre sempre un ruolo di spicco. Ricordate l’ultimo festival di Sanremo con il record dei 2,7 milioni di tweet?  Vedremo di seguito i risultati di un importante convegno appena concluso a Milano.
    • propaganda politica di numerosi partiti che dialogano con i simpatizzanti grazie al cinguettio.
    • live broadcast con Periscope, dando la possibilità di assistere a eventi, a dietro le quinte di sfilate, produzioni, corsi live, momenti particolari di un brand.
    • assistenza a clienti tramite i bot. Utilizzo non recente che, tuttavia, sta assumendo sempre più peso. Proprio Twitter ha segnalato due servizi da seguire: EvernoteHelp e PizzaHut.

    Ovviamente sono andata a curiosare e ho cercato di approfondire.  In merito a Evernote, l’atwitter5pp per prendere appunti e archiviare note, ho appreso sul sito che Twitter ha commentato la collaborazione con Sprout ed Evernote:

    ‘These features are designed to help businesses create rich, responsive, full-service experiences  that directly advance the work of customer service teams and open up new possibilities for how people engage with Businesses on Twitter’.

    I messaggi di benvenuto automatici ‘What brings you to @evernotehelps today?’ e le risposte sulla chat consentono al team di customer service una notevole velocità ed efficienza, evitando ripetizioni infinite e poco proficue.

    Oltre ad abbreviare i tempi rendono più soddisfacente l’esperienza del cliente che si sente subito accolto ed aiutato.

    Per quanto concerne invece il servizio di PizzaHut, l’utilizzo di Twitter DM consente di prenotare la pizza da ogni luogo ed in ogni momento. Non si parla più di ordinare soltanto una pizza, ma di una ‘ordering experience’.

    Su Sproutsocial.com potete approfondire i contenuti che performano meglio su Twitter: foto e video nativi che aumentano l’engagement e catturano l’attenzione dei followers. Bisogna, tuttavia, considerare che il social engagement è in ‘a continual communication cycle’ con il customer care e consentono di aumentare la vostra brand reputation, come potete vedere nel grafico sotto riportato (fonte: Sprout-Social-Guide-Twitter-Social-Customer-Care).

     

    Oltre al customer care l’utilizzo di punta è il live tweeting di eventi e di convegni nazionali ed internazionali. Come vi anticipavo recentemente ho analizzato le statistiche fornite da The Fool srlBanca Mediolanum relative al convegno World Business Forum che si è svolto a Milano l’8-9 novembre scorsi e sono veramente interessanti (5.106 tweet con 35 mio di impression). Per vedere l’infografica completa potete andare al link.

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    Utilizzi innovativi si stanno facendo strada, basandosi sull’AI. Un caso è, ad esempio,  LnH AI, un “artificial intelligence based musical band”  che, leggiamo in un articolo di Wired.it,  ‘sfrutta l’Intelligenza Artificiale per creare brani — anche se sarebbe

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    meglio chiamarle basi — considerando le richieste dell’utente, che arrivano tramite tweet.’  Se approfondiamo sul sito possiamo trovare alcuni esempi dedicati all’heavy metal, ma pare che si stia evolvendo anche in altri generi musicali quali il jazz e il blues.

    Per realizzare la base musicale basta inviare un tweet a @Inh_ai con un formato prestabilito come quello indicato sul sito e che leggete sotto:

    @lnh_ai Dancing robots /compose /g heavy-metal /t 160 /r 0.2

    LnH AI compone la canzone con il titolo ‘Dancing robots’, nel genere heavy metal e con il tempo indicato di 160 BPM come richiesto. Come precisato nell’articolo di Wired.it già citato, ‘trova una “seed track” utilizzando la programmazione neuro linguistica e il titolo fornito. LnH sfrutta modelli di deep learning per ciascun genere: utilizza questi modelli e un piccolo campione della traccia base per comporre una canzone.’

    Nuove e più consolidate applicazioni rendono la piattaforma sempre molto attuale ed interessante, nonostante il momento di confusione e di cambiamenti organizzativi che sta attraversando in questi ultimi mesi. Facciamo tutti i tifo per Twitter!

  • Storytools o platforms? Quali scegliere in un mercato in trasformazione?

    Nel 2013 e in particolar modo durante il 2014 sono nati molti storytools dedicati alla comunicazione narrativa basati su foto e video con caratteristiche a volte molto simili. Il 2016 è un anno significativo per il mercato, perché abbiamo visto grande fermento. Se da un lato Steller e Pixotale stanno ampliando il loro mercato e Adobe ha trasformato le app in una piattaforma vera e propria con una sezione dedicata alla social graphics, alcune app storiche hanno ‘chiuso i battenti’.

    I primi segnali sono comparsi nel mese di giugno quando i CEO di Storehouse hanno annunciato lo ‘shutdown’. Sempre nell’estate abbiamo assistito alla chiusura di Thematic e Voicemap per arrivare a ieri quando abbiamo appreso l’intenzione di Twitter di abbandonare il progetto ‘Vine‘ nei prossimi mesi. Leggete l’annuncio nel blog su Medium.

    Stessa evoluzione ha colpito anche le platforms. Ricordate la ‘platform battle’ tra Meerkat e Periscope? E’ di una settimana fa la comunicazione di Meerkat che ha deciso di abbandonare i live broadcast per nuove attività.

    Queste decisioni mi colpiscono profondamente dal punto di vista sia umano sia professionale, in quanto, come ho segnalato durante il mio speech a Mashable Social Media Day del 21 ottobre scorso, la situazione del mercato è sempre più ‘liquida’ e la scelta è complessa anche dal punto di vista marketing. Un commento letto recentemente su Linkedin mi trova particolarmente d’accordo:

    Change appears to be the only constant on the Internet and social media.

    Altro elemento interessante da valutare è la spasmodica rincorsa tra le piattaforme che porta a una sempre maggiore riduzione di specificità. Ripercorriamo insieme le novità dell’estate 2016:

    • maggio Facebook lancia Facebook Live, live video streaming service che consente di girare video live dal mobile direttamente nelle News Feed
    • 2 Agosto nasce Instagram Stories. Si possono condividere foto e video in formato slideshow, creando una storia con testo e emoij nello stile Snapchat.
    foto ansa.it

    Whatsapp (Credit: Uff. st.)

    Proprio su questo tema potete leggere su ansa.it che ‘dopo Messenger, anche Whatsapp insegue Snapchat.

    La chat “verde” ha infatti annunciato nuove funzioni della fotocamera che consentono di scrivere, disegnare e aggiungere emoji su foto e video così da personalizzarli. […] Oltre a Whatsapp, sulla scia di Snapchat c’è anche Messenger, l’altra chat di Facebook. La funzione Messenger Day, in fase di test in Polonia, permette di condividere foto e video che si autoeliminano nel giro di 24 ore, proprio come il rivale.

    Ma, allora, dove sta la novità? Una platform è sempre più simile ad un’altra.

    Dobbiamo quindi rassegnarci ad utilizzare tutti le stesse platforms e social media in una totale omologazione? E le campagne adv saranno solo più appannaggio di Facebook? Assolutamente no.

    Il mio suggerimento è non adattarci a scelte predeterminate e quindi utilizzare tutti gli stessi social media e platforms, ma differenziarci, basando le nostre scelte sulle ‘personas’.

    Non aspettiamoci una ricetta magica, ma ricordiamo il principio di Seth Godin della ‘Purple Cow‘: ‘ Le P tradizionali come prezzo, promozione, pubblicità, posizionamento e altre che gli uomini di marketing usano non funzionano più. Oggi, all’elenco, c’è da aggiungere un’altra P: quella di Purple Cow, la Mucca Viola.[…].’

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    Come possiamo distinguerci in un mondo tutto ‘marrone’? Scegliendo anche storytools innovativi e utilizzando le platforms in modo differente.

    La fase di ascolto del brand diventa quindi prioritaria, così come capire dove le nostre personas si trovano per scambiarsi opinioni e condivisioni. Comprendere i loro gusti, i loro desideri e attivare i famosi ‘neuroni a specchio’ in modo da coinvolgere attivamente nella nostra storia.

     

    Le parole chiave da tenere sempre più presenti, sono tre:

    • sperimentazione. Non abbiamo paura di metterci in gioco, testando nuovi storytools e platforms,  così come stanno facendo i luxury brands di moda.
    • misurazione con le analytics. Solo la misurazione del sentiment ci permetterà di decidere quali siano le platforms più adatte a coinvolgere il nostro pubblico o ad ingaggiarne uno nuovo.
    • call to action. Utilizziamo sapientemente le call to action, creando un ‘puzzle’ ideale tra storytools, media e platforms.

    Resta quindi fondamentale la strategia digital che deve essere pensata con cura prima di avventurarsi nella creazione di un account su tools, platforms o social media. Ho individuato 7 punti che consiglio ai miei clienti, in particolar modo startups. Se desiderate saperne di più potete approfondire, consultando le slides del mio speech tenuto a SMAU Milano che trovate nella sezione ‘Workshop & Speeches’ del sito.

    slide di speech SMAU Milano

     

  • Digital reputation da curare e difendere?

    Come comportarsi sul web e sui social media per mantenere una buona digital reputation? Bisogna innanzitutto capire se e come appariamo online, facendo una brevissima ricerca sul principale motore di ricerca, Google come utente anonimo (sloggandoci da Google stesso). Se digitiamo il nostro nome o la ragione sociale in quale pagina compariamo? Quali dettagli della nostra vita privata e professionale sono indicati?

    Seguendo le indicazioni fornite da Google a questo indirizzo , verifichiamo le informazioni pubbliche del profilo Google Plus, ricordandoci sempre che possiamo scegliere cosa e con chi condividere.

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    Google infatti precisa che ‘Nel tuo profilo troverai alcune schede sotto la foto di copertina. Puoi decidere se rendere visibili o meno queste schede alle persone che visitano il tuo profilo, modificando le impostazioni. I visitatori possono vedere soltanto i contenuti che condividi pubblicamente o direttamente con loro.’  Prestiamo quindi particolare attenzione alle informazioni che diffondiamo in rete per tutelare la nostra privacy e salvaguardare la nostra reputation.

    Dalla ricerca sui manager del progetto Le@d 3.0 Academy commentata in un articolo su Repubblica.it si evince che l’e-reputation (reputazione digitale) rientra tra i 6 macro gruppi di competenze strategiche di leadership manageriale a livello europeo con ‘le competenze digitali di base, quelle di e-communication (comunicazione digitale), di e-teamworking (lavoro di squadra digitale), di e-entrepreneurship (managerialità digitale), di e-innovation (innovazione digitale) e di e-lifelong-learning (apprendimento permanente digitale’.

    Sul diritto all’oblio e la difesa della reputazione online si era espressa l’Unione Europea che aveva diffuso alcune regole per il trattamento delle informazioni personali su internet. Risale al 13 maggio 2014 la sentenza della Corte di Giustizia europea  sul “diritto all’oblìo”, che impose proprio a Google delle regole a tutela della privacy. Se, come abbiamo detto, cercate su Google il vostro nome e trovate dei contenuti che considerate dannosi o lesivi per la vostra privacy, potete chiedere la rimozione del link attraverso un modulo online. La richiesta verrà presa in carico, esaminata e se ritenuta valida approvata e il contenuto incriminato coi vostri dati personali scomparirà dalle pagine di Google e quindi non potrà essere rintracciato liberamente dagli utenti.

    privacy

    Per approfondire i temi di protezione dei dati in rete, diritto all’identità e privacy consultate la Dichiarazione dei diritti in Internet, elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet. Il testo, la cui prima stesura risale a ottobre 2014, è il frutto del lavoro di una  commissione voluta dal presidente della Camera Laura Boldrini e presieduta dal giurista Stefano Rodotà.

    E’ la reputazione una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito e perduta senza colpa. W.Shakesperare

    Le attività che le persone svolgono in rete vanno dall’informazione all’intrattenimento, all’organizzazione della vita quotidiana. È abbastanza inevitabile, nello svolgimento di queste attività, “lasciare delle tracce». Come viene vissuto dalle persone questo aspetto della loro esperienza digitale? Spesso non si rendono conto dei rischi che si possono correre legati alla reputazione digitale e alla sicurezza (furto d’identità, di denaro, etc).

    La reputazione è a rischio anche sui social media, soprattutto da quando comunichiamo in mobilità, alla fermata dell’autobus, al ristorante mentre ceniamo con amici e in mille altre occasioni in cui il nostro livello di attenzione cala sensibilmente. Di seguito qualche consiglio che potrebbe sembrare scontato, ma spesso è disatteso:

    • prima di postare, taggare, mettere like pensiamo che siamo in piazza, ma non la piazza della nostra città, in una piazza molto più vasta. Vi potrà far sorridere quest’immagine, ma spesso ce ne scordiamo.
    • ‘targettizziamo’ il nostro pubblico, ossia creiamo dei gruppi ristretti a cui poter far vedere i contenuti di Facebook più personali;
    • evitiamo le pubblicazioni imbarazzanti e fortemente personali;
    • non esprimiamo opinioni molto polemiche o aggressive pubblicamente (facciamolo all’interno di un gruppo ristretto di amici selezionati);
    • non postiamo foto compromettenti nostre o di altri che vengano taggati.
    • presentiamoci quando chiediamo una nuova amicizia o contatto.

    Prestate particolare attenzione all’utilizzo di app di streaming live che consentono di essere online in diretta, quali Periscope, Meerkat, Facebook Live oppure Snapchat.  Restano online il tempo necessario per essere visti da persone che potrebbero essere importanti per il nostro futuro.

    Durante i corsi di formazione cito sempre il caso di una ragazza americana della Florida che, in stato di ebrezza, si è ripresa con Periscope alla guida della propria auto.

    Sui pericoli delle platforms si è concentrata anche la giornalista e social media trainer Sue Llewellyn durante il MoJoCon (Mobile Journalism Conference) di Dublino. Ha creato una vera e propria lista sotto l’acronimo:  s.p.e.c.t.r.e.

    • Sicurezza: “Safety should be rule number one in whatever you’re doing.” – durante le riprese bisogna essere sempre concentrati,
    • Privacy: “Privacy is a massive issue, we all have a right to a private life and be private if we so wish.”. Attenzione a non diventare i nuovi paparazzi
    • Etica: “Thinking about the situations when it is appropriate to livestream is one of the challenges facing the media industry today.” Considerate bene cosa e quando riprendere.
    • Copyright: è necessario rispettare i diritti di copyright per cui verificate prima di trasmettere live.
    • Trolling: “Trolling on social media has long been an issue for online journalists” e questo problema è sorto anche sulle piattforme
    • Rischi reputazionali: “At the very best you could bore your followers or your friends. At worst… you could lose trust.” Prestate attenzione a ciò che succede durante le riprese, potrebbe compromettere la vostra reputazione
    • Traumi emozionali. Prestate attenzione ai contenuti che trasmettete live perché possono suscitare emozioni troppo forti negli spettatori.

    I social media e le platforms offrono grandi opportunità, ma devono essere utilizzati con grande consapevolezza.