Intervista a Giovanni Tamburini della salsamenteria Tamburini di Bologna
Se parliamo di cibo e passiamo da ‘Bologna la Grassa’ la salsamenteria storica Tamburini, situata in via Caprarie, è tappa obbligata. Seduti nel bistrot attiguo alla bottega, sorseggiando un profumato bicchiere di lambrusco iniziamo a chiacchierare con Giovanni Tamburini e ci immergiamo nell’atmosfera di Bologna dei secoli scorsi. Sentiamo le voci del mercato che nell’800 sorgeva in questo angolo di città, vediamo gli addetti alla bottega che lavano le carni nel torrente vicino e che le appendono ai ganci ancora visibili sopra le nostre teste.
All’improvviso un cliente della Corea ci interrompe, chiedendo una foto al nostro ospite e, come per magia, il passato e il presente si fondono senza più confini geografici. Dopo le foto all’interno ed all’esterno della bottega e la promessa di scriverci per mail, iniziamo l’intervista vera e propria.
Prende vita una lunga narrazione con dettagli personali e professionali di questo ‘mastro’ bolognese, la cui passione e professione sono un tutt’uno con la sua vita e la storia della sua famiglia, tra le più antiche di Bologna.
Mi parla subito dell’amicizia storica con Gabriele Cremonini con cui ha scritto il libro che mi regala ‘ Maiali si nasce salami si diventa’ edito da Pendragon. Cremonini era stato giornalista e narratore (scomparso nel 2015), aveva scritto per il teatro, la tv, la radio, la pubblicità e su quotidiani e periodici, aveva lavorato con Bibi Ballandi nell’organizzazione di eventi televisivi, per i varietà di Gianni Morandi, di Adriano Celentano, di Fiorello e stretto collaboratore di Lucio Dalla.
Nell’intervista scoprirete un mondo di sapori, di arte e tradizione antica che abbiamo il dovere di tramandare alle generazioni future.
Tamburini è un ‘cultore’ delle tradizioni di Bologna e se ne fa portavoce con il proprio figlio che ha ereditato quest’arte e con la Mutua Salsamentari 1876 di cui è stato presidente dal 1996 al 2013.
Qual è la storia dei Tamburini e della bottega storica?
“Sono bolognese e sono nato a centro metri da bottega storica che è attiva ormai da 3 generazioni.
Dove sorge la bottega si teneva il mercato denominato Le Pescherie vecchie, il cui nome deriva dal consumo molto diffuso di pesce a Bologna (soprattutto cefalo) che arrivava in 48h da Chioggia lungo i canali che attraversavano tutta la città. Un canale era proprio vicino alla bottega ed era utilizzato per lavare le carni. “
Come si legge nel libro ‘Maiali si nasce salami si diventa’: ‘Nella bottega di Tamburini di via Caprarie, a Bologna, si lavoravano 60 maiali al lunedì e 60 maiali al giovedì. Sembrava una baleniera: in 2 ore tutte le carni venivano tagliate per fare salami, mortadelle, cotechini. Sul limite del laboratorio stavano gli anemici clienti, in attesa di acquistare il cosiddetto quinto quarto, cioè tutte le carni rosse che venivano portate via in pochi minuti da persone che oggi verrebbero additate al minimo come vampiri.’ (pagg.71-72)
La storia dei Tamburini è strettamente legata a quella della famiglia Benni, nobili bolognesi che nel 1860 circa erano proprietari della bottega e amministratori del patrimonio del Principe Baciocchi, marito di Elisa Bonaparte. A Bologna si contavano 200 salumifici nel 1885 e la mortadella era esportata in tutto il mondo.
I fratelli Angelo e Ferdinando Tamburini, lavorarono presso la bottega dei Benni, da decenni punto di ritrovo dei gourmet dell’epoca finché nel 1932 rilevarono l’attività.
“Non ero ‘destinato a bottega’, perché mio padre era uno sposo tardivo e aveva un fratello, Angelo con 10 nipoti.
La bottega era gestita da mio zio che amava vestirsi da sarti famosi, ma si sporcava le mani in azienda, da mio padre che, invece, potrebbe essere definito un viveur dei tempi e dalla zia Maria (rimasta signorina) che si occupava dell’amministrazione. Come ho detto, lo zio aveva 10 nipoti, ma nessuno aveva dimostrato l’attitudine a seguire le orme dei parenti ed entrare in bottega. Finito il servizio militare mi trovai con i genitori e zii più anziani e iniziai a dare una mano nella salsamenteria. Era l’inizio del 1973, poi i parenti si ritirarono e mi trovai da solo nella gestione dell’attività dal 1977. Essendo stato in bottega nei primi 5 anni di vita, ho assimilato, senza volere, tutti i ‘saperi’ utili alla professione e mi sono mosso da subito con disinvoltura.”
Laureato in Economico di Scienze Politiche con un occhio alla tradizione e un occhio alla cultura gastronomica inizia a studiare da zero la rinascita del mercato come attrazione con il supporto anche di Massimo Montanari ( docente ordinario di Storia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna ed esperto mondiale di Storia dell’alimentazione) e Giancarlo Roversi (giornalista e scrittore, fondatore e direttore di riviste di cultura, turismo ed enogastronomia, dedicato alla ristorazione e alla buona cucina) avevano studiato il rapporto del cibo con il territorio bolognese.
Oltre a essere salsamentari la famiglia è stata anche di produttori?
“Siamo stati prima produttori e abbiamo la bottega storica da 3 generazioni. Dove è stato aperto il bistrot oltre i banchi frigo si vedono ancora i ganci dove appendevamo la carne e i salumi.”
E’ cambiato il gusto/consumo dei consumatori che frequentano la bottega storica?
“Possiamo definire i nostri consumatori ‘Esperti’. Già 100 anni fa servivamo tutta la società bolognese dai nobili e ricchi con consumo al taglio e meno abbienti con banco di 2a (cascami) comunque fresca perché nella bottega, oltre ai salumi, si vendeva anche la carne fresca. All’epoca non esisteva la larga distribuzione né tantomeno i frigoriferi. Il maiale veniva macellato d’inverno e i macellai veniva il 4 ottobre, festa del patrono San Petronio e andavano via per Pasqua.
Sono cambiano i gusti ed il consumo, perché è cambiata la società (meno lavori manuali e quindi minore esigenza di consumare grandi quantitativi di carni e grasso per scaldarsi). Durante la guerra i tedeschi venivano a macellare a Bologna, ma non abbiamo mai avuto problemi. Dopo la guerra i prezzi erano abbastanza bassi, ma il guadagno era assicurato dai volumi e dal desiderio di uscire dalle ristrettezze del periodo.
Veniamo agli anni 50 ed esattamente al ‘58 non esisteva la mensa nelle fabbriche e le donne avevano iniziato a lavorare. Lo zio è il primo a inventare la rosticceria – ‘piatti pronti per ingannare il marito’. Negli anni ‘80 della Milano da bere Tamburini organizza i primi catering con grandi buffet a domicilio. Nel 1995 ha avuto intuito di cogliere una nuova esigenza del mercato: le persone non andavano più a mangiare a casa, ma avevano necessità di un pranzo leggero da consumare nella pausa pranzo. Prende vita quindi l’idea del self service, ossia una rosticceria leggera per pausa pranzo. Dal 1985 iniziano anni di grave degrado urbano e si assiste alla diffusione sempre maggiore della grande distribuzione che pare segnare la fine delle botteghe storiche.”
Dopo un periodo di crisi nel 2005 apprendiamo che Tamburini prende la licenza per aprire il bistrot che nel giro di un anno si afferma come un punto d’incontro della movida bolognese. Per il futuro ci sono già nuovi progetti come aprire una sala sotto alla bottega, locale adatto a cene e ad ospitare band musicali. (Tamburini suona in una band)
Quali sono i personaggi storici passati dalla sua bottega?
“Francis Ford Coppola che era venuto in città per conoscere il culatello.”
Foto appese in bottega raccontano della vita di Bologna e tra queste possiamo notare proprio quella citata da Tamburini.
Eventi e momenti importanti della bottega?
“Natale Tamburini è stato per anni il momento clou con il coinvolgimento di un musicista che suonava dal vivo. 18 anni fa abbiamo creato il premio Ghost Buster di scoprire talenti del giallo. Ma sono solo degli esempi, potrei citarne molti di più…”
Quali razze storiche sono ancora utilizzate oggi in Emilia? Sa perché era stata abbandonata la razza mora romagnola?
Dagli anni ‘90 la congrega del buon salame si occupava di ricerca di razza estinte. Ancora nell’800 il maiale era della razza appenninica che era meno grassa. Tra le razze autoctone locali esisteva la ‘mora romagnola’ che ha rischiato di estinguersi a causa della bassa resa. Stesso destino aveva la ‘cinta senese’ che era piccolo e muscoloso con una specie di gilet nero del maiale (vedi dipinto Buongoverno nella sala comunale di Siena). Erano razze di sapore più intenso più simile al cinghiale con crescita lenta poco adatte all’allevamento intensivo.
Si usava dire che all’epoca le famiglie ‘investissero’ in maiale, perché ogni famiglia allevava in proprio un maiale da macellare e produrre i salumi. La ricchezza di Bologna era dovuta all’epoca non tanto all’allevamento del maiale quanto a quello del baco da seta. Aveva infatti mantenuto per molti anni il monopolio della produzione della seta in Europa e le costruzioni dei palazzi nobiliari erano legate proprio a questa ricchezza.
Alla fine del secolo XVII esistevano a Bologna 119 mulini da seta. Partendo dai canali l’acqua raggiungeva le cantine di interi isolati e, sfruttando la pendenza del terreno, alimentava con una distribuzione a rete centinaia di ruote idrauliche di torcitoi e filatoi. Alla fine del secolo XVI la produzione serica dava da vivere a circa 24.000 persone su 60.000 abitanti e i prodotti venivano esportati sul grande mercato internazionale in Francia, nelle Fiandre, in Germania, in Inghilterra. Il prodotto che si afferma maggiormente a Bologna è il velo da seta. Di questo tessuto abbiamo numerose testimonianze tra cui una piccola galleria di dipinti. Un dipinto raffigurava una nobile con allacciato al capo un velo bianco tenuto fermo con un filo di ferro. Il velo di seta è bianco, sottile e trasparente. La seta era un prodotto molto costoso che si potevano permettere in pochi, solo i nobili, un esempio è la famiglia dei Bentivoglio. La supremazia della famiglia Bentivoglio iniziò nel 1401 dopo la cacciata del Legato Pontificio, quando Giovanni I Bentivoglio si alleò con i Visconti di Milano e divenne Signore di Bologna, Gonfaloniere di Giustizia e si attestò con Sante Bentivoglio fino al 1462 e soprattutto con Giovanni II Bentivoglio fino al 1506.
Con la cacciata dei Bentivoglio, Bologna rimase per quasi tre secoli (fino al termine del Settecento) stabilmente inglobata nello stato della Chiesa.
Conosce leggende legate alle razze storiche?
C’è una leggenda legata alla mora. Si racconta che un malvagio possedesse una coppia di mora e non volesse farli accoppiare con lo scopo di far estinguere la razza. Gli americani con l’occupazione rapirono adamo ed eva e li portarono in America per cui i discendenti sono nati in America e la razza non si è estinta.
La legatura dei salumi con iuta era una pratica diffusa nell’800 e fino a quando?
La produzione è ancora in gran parte manuale. Importante il ruolo dell’uomo soprattutto nel riconoscere le carni. Un’altra fase che è ancora manuale è la legatura.
Che cosa ci può dire in merito alle spezie utilizzate nella produzione dei salumi?
La vicinanza di Venezia con i canali permetteva di avere spezie a prezzi interessanti, spezie che arrivavano dall’India. Si usavano comunque come base sale e pepe. Per reperire le spezie utili alla produzione della mortadella Tamburini si appoggiò all’azienda locale Sant’Unione. Ad esempio per la produzione del salame si usavano sale, pepe nero, vino bianco. Si mettevano in un canovaccio bagnato nel vino con aglio e poi strizzato. L’uso del pistacchio nella mortadella era stato introdotto solo da un produttore per andare incontro al gusto dell’Italia centrale.
Il tempo scorre veloce. Dal nostro viaggio nel passato abbiamo portato con noi la passione per le tradizioni più vere del nostro territorio. Il viaggio prosegue nella magia dei sapori con altri protagonisti del food. Seguiteci per scoprire insieme altre botteghe ed altri mestieri antichi in giro per l’Italia.