Storie in XR e social VR: Andrea Violetto

Ecco che le storie in XR e social VR continuano con lo psicologo del Metaverso, Andrea Violetto. Ho conosciuto da poco Andrea, grazie alla community Meta-Comitiva VR, a cui entrambi partecipiamo da tempo. Non ci siamo mai incontrati personalmente, ma mi hanno interessato i suoi post sui genitori 3.0 ed ho voluto approfondire l’impatto psicologico del metaverso sui giovani e soprattutto il ruolo che possono avere i genitori nell’educazione digitale.

Chi è Andrea Violetto

Su LinkedIn si presenta come: Psicoterapeuta a indirizzo Psicoanalitico. È founder di MetaPsi: il primo portale di Psicologia nel Metaverso.

L’ho intervistato per voi. La sua storia vi affascinerà certamente!

Andrea Violetto

Quando hai scoperto la realtà virtuale e quali sono state le tue prime esperienze? 

Il concetto di “realtà” concreta mi è sempre stato un po’ stretto e questo mi ha portato, nel corso della vita, a tuffarmi prima nei Libri (a partire dai mitici Librogame), poi nei Giochi di Ruolo fino agli MMORPG (videogiochi in cui si impersonano persone in altri mondi), per poi approdare all’inizio del 2022 allo strumento VR. Come per molte cose della mia vita è accaduto grazie ad un paziente, trasferitosi negli USA. Mi parlò di questa tecnologia durante una seduta in videochiamata: inutile dire che il giorno stesso ho acquistato il visore. Come è ovvio, ho iniziato con gli aspetti più lucidi (Beat Saber, Demeo, Pavlov) ma sono arrivato velocemente alla parte Social di questo strumento, che poi è quella che più mi interessa. 

Quali mondi di social VR hai sperimentato e preferisci frequentare?

In questi mesi ho avuto la possibilità di divertirmi molto, andando a prendere il meglio (per me) dalle piattaforme disponibili. Le chiacchere maggiori le ho fatte su AltSpaceVR (grazie agli amici di MetaComitiva), mentre su VRChat ho soprattutto provato le esperienze ludiche del lato social, in quanto lo trovo molto distopico e per questo anche molto divertente. Su Spatial invece la mia parte artistica viene incuriosita dalle mille esperienze possibili e quindi, quando ho un po’ di minuti, saltello da un mondo all’altro alla ricerca di pura estetica e competenza tecnica. 

Andrea Violetto
avatar di Andrea

Il mio preferito, però, rimane Horizon Worlds dove, grazie alla coerenza dell’esperienza, gioco, interagisco, vedo concerti e lanci di razzi spaziali in diretta.

Quando hai fondato MetaPsi, il primo studio di psicologia e psicoterapia realizzato nel Metaverso e com’è nata l’idea? 

Come ho detto sopra, ho cominciato a fare delle sedute in VR un po’ per rispondere alla curiosità di un mio paziente. Poi però, con il passare delle settimane, notavo come ci fossero degli aspetti della terapia che erano straordinariamente più efficaci (e altri meno, ovviamente). Ma nel complesso sentivo il disvelarsi di fronte a me di qualcosa di nuovo, inedito. Come fosse una nuova frontiera sulla quale ero approdato un po’ per caso, e da buon ligure direi che la cosa ha una sua coerenza: Colombo docet. Da lì, grazie alla frequentazione di molti gruppi di utenti (sia sui Social che direttamente in VR), alcuni mi hanno chiesto di provare questo nuovo strumento.

Mi sono guardato intorno e non ho trovato nessuno che facesse niente di simile.

metaverso metapsi
MetaPsi

Psicologia e VR è qualcosa che esiste: ci sono persone e aziende che fanno cose molto interessanti ed efficaci! La terapia, però, no.

Questo credo che sia da rimandare molto all’approccio: per poter lavorare in un mondo che si basa sul sogno e l’immaginazione ci vuole una corrente di pensiero specifica (la Psicoanalisi), ma quella corrente di pensiero tende ad avere una certa recalcitranza (ben motivata, in vero) a tuffarsi in ciò che è nuovo. 

Forse il fatto che essere uno psicoterapeuta a indirizzo psicoanalitico di adolescenti, mi ha dato la spinta che serviva per tuffarsi in questa avventura che per me, in primis, è un interesse clinico.

A questo punto, volendo mantenere un assunto proprio dello strumento, cioè la possibilità di mantenere una certa distanza funzionale (che se mi mettessi a spiegare dal punto di vista clinico, queste righe  diventerebbero più un trattato di teoria psicoanalitica), ho deciso di creare questo portale che metta in comunicazioni pazienti e psicologi che vogliono lavorare in VR per poter dare ai primi la certezza di avere di fronte professionisti seguiti e di valore e, per i colleghi, l’assistenza tecnica e clinica necessaria.

Sul tuo sito vediamo che proponi diversi mondi immersivi (Spatial, AltspaceVR, Horizon Studio, ecc.). Perché questa scelta? Essendo un team avete ognuno un proprio mondo immersivo preferito?

Si, ad ogni Psicologo viene costruito uno studio in ognuno di questi Metaversi. La scelta ha diversi motivi. In primis per venire incontro ai pazienti che, magari, prediligono già un Metaverso rispetto ad un altro. Poi ogni mondo ha delle caratteristiche proprie che ogni professionista può scegliere (alcuni mondi sono più o meno immersivi, più o meno realistici, più o meno distopici, ecc). In generale poi, ognuno ha setting virtuale in cui si sente più o meno comfort e anche questi sono elementi davvero molto interessanti.

Andrea Violetto in Horizon
Andrea in Horizon

Nel mio caso, Horizon Worlds rimane il luogo che prediligo poiché, anche se sembra strano dirlo, lo trovo un ambiente molto romantico e, grazie alla sua coerenza grafica, molto rilassante.

Pensi che il metaverso possa essere utile alle generazioni Z e Alpha per la socializzazione o rischi di portare ad isolamento e a hikikomori in casi estremi? 

Non so dire se una cosa sia più o meno utile. Giudicare è qualcosa di cui proprio non sono capace. Quel che credo è che il concetto di Metaverso sia ineluttabile, soprattutto se parliamo di adolescenza (basti pensare a titoli come Roblox o Fortnite). E’ un flusso che va in quella direzione e, come diceva il saggio, non si può fermare il vento agitando le mani. Si può, però, conoscerlo, prevederlo e, perché no, trarne il meglio.

Oggi la socializzazione in VR è ancora agli albori, tranne quella ai videogiochi dove i ragazzi già interagiscono in quei (de facto) Metaversi con i coetanei, che essi siano conosciuti online o compagni di classe. Lì siamo già in una situazione ampiamente integrata.

I casi estremi ci sono e ci sono sempre stati. L’analisi va fatta a livello familiare e sociologico. Io non vedo un aumento dell’isolamento legato al VR: vedo una difficoltà di un sistema adulto che prende, come capro espiatorio per non mettersi in discussione, un progresso tecnologico che noi stessi abbiamo creato. E’ stato così per il rock, è stato così per i videogames, è stato così per Internet, è stato così per i Social… ma tutte queste cose sono la nostra normalità, oggi.

A quale età consiglieresti di approcciare la VR ed i mondi di social VR? L’eccessiva identificazione e somiglianza con gli avatar possono diventare un problema?  

Pirandello ci ha già ben raccontato quanto necessarie siano le nostre maschere. Non vedo processi come somiglianza e identificazione come problemi. Anzi. Come dico sempre ai miei pazienti, citando Alan Moore: “Nel mondo non esistono problemi ma solo possibilità.” Più noi abbiamo possibilità di maneggiare noi stessi, più cresce la possibilità di esprimerci… vedere problemi negli avatar sarebbe come vedere problemi nei jeans roy rogers degli anni 90 o dell’Eastpak della seconda metà degli anni ’10. Sono metodi espressivi di un soggetto o di gruppi di soggetti.

Certo, ci vuole attenzione e cautela. Il livello di immersività e stimolazione delle apparecchiature VR è un elemento non ignorabile, ma di cui non ha senso avere paura. Le aziende consigliano l’uso al di sopra dei 13 anni. Non so se sia giusto o meno, ma reputo quell’età una buona “safe line”. Poi, come tutto, molto dipende dalla modalità di utilizzo, ma non voglio spoilerare la prossima risposta.

Sui social parli di genitori 3.0. Quali competenze dovrebbero sviluppare e quali consigli ti senti di fare?

Gli stessi che do ai genitori che mi trovo di fronte in studio: siate curiosi, siate disponibili. Non pretendete di capire, ma pretendete da voi stessi di voler ascoltare. Fatevi aiutare se la situazione diventa faticosa e frustrante, perché fare il genitore è un’impresa impossibile. Un’impresa che deve essere fallimentare, ma con coscienza. Un genitore funzionante è un genitore che sa essere presente, partecipe, coerente e serenamente sconfitto dalla crescita dei propri figli.

Lo stupore della vita che non va mai come ti aspettavi andasse. 

Un figlio che fa ciò che vogliamo, che non ci sposta, che non ci stupisce, che non ci delude, che non ci ferisce, rischia di essere un figlio che non sta assolvendo ai suoi compiti evolutivi (non stupiamoci se poi la media d’età in cui i ragazzi escono di casa si aggira attorno ai 30 in Italia).
Per genitore 3.0 io intendo un genitore in grado di accettare la costruzione fuori dal suo controllo di un’identità propria dei figli, in grado di non ostacolarla ma di essere un porto sicuro a cui tornare. Sicuro e coerente con se stesso, nei pro e nei contro. Il web 3.0 sarà il futuro in cui noi saremo in possesso di tutto ciò che ci riguarda, anche digitalmente. A quel punto potremmo scegliere se provare a fermare il mare dell’evoluzione con folli barriere fallimentari pseudo-educative (penso al vietare i cellulare in classe, per esempio), oppure accettare che ciò che sta divenendo, come la soggettivazione dei ragazzi, ha bisogno di spazio. Quello spazio se lo prenderà comunque ma dipende dal genitore se sarà preso in maniera più o meno disfunzionale. Questa evoluzione è uno spettacolo e può essere ammirata.

Io lo faccio tutti i giorni e, ti assicuro, è uno spettacolo meraviglioso!

In questi ultimi mesi ci si interroga su etica nell’XR e metaverso. Quale pensi possa essere il giusto approccio? 

Argomento ostico e banale, nel contempo. La Psicoanalisi, per definizione, sospende il giudizio morale per potere concedere al paziente uno spazio in cui conoscere, esprimere e consapevolizzare importanti parti di inconscio e di rimosso. In queste “parti nascoste di noi”, che devono essere trattate con enorme cautela e tecnica, spesso ci sono elementi che noi (o anche il mondo intorno a noi) considera non etiche, immorali se non sbagliate o addirittura malvagie. Le parti primarie ci compongono e ignorarle non è una modalità vincente perché, come insegna benissimo Jung: “L’inconscio vince sempre”.

Cosa fare dunque? Oh non saprei proprio, ma credo che l’essere umano, nella meraviglia della sua imperfezione, può avere attraverso questo strumento (VR, XR, ecc) la possibilità di conoscersi ancora.

E ancora. Sarà un processo “pulito”? No, non lo è mai. Non può esserlo perché noi, gli attori di questo processo, non siamo puliti. Ci saranno dolori, errori e forse vittime lungo la strada e questo è insopportabile per le nostre menti. Ma se si crede a concetti come l’evoluzione, l’inconscio collettivo, la relatività dell’esperienza umana e molti altri, ci si pone in un posizione di curiosità e attenzione, che porta cautela e riduce rischi e danni.

Come? Ognuno deve fare la sua parte. Un racconto giapponese parla di un incendio nel bosco e un leone che fuggendo incontra un colibrì che vola verso il fuoco portando una goccia d’acqua nel becco. “Che fai?” chiese il leone. “Vado a spegnere l’incendio” rispose determinato il colibrì. “Ma come? Con una singola goccia d’acqua?” gli domanda stupito il leone. “Io faccio la mia parte” ribatte il colibrì, senza smettere di volare. Ecco credo che, esattamente come si dovrebbe essere gentili col prossimo per rendere il mondo gentile, sia utile essere curiosi e attenti anche verso questa nuova rivoluzione. Una delle tante che la nostra razza ha vissuto e vivrà.

Io ci sono a fare la mia parte. Tu mi sembra ci sia. Speriamo di trovare anche tanti dei tuoi lettori!

One thought on “Storie in XR e social VR: Andrea Violetto

  • Reply Petra Skachova Gennaio 18, 2023 at 12:57 pm

    Ho avuto il piacere di conoscere personalmente Andrea Violetta e posso solo confermare la sua professionalità, capacità e l’essere pionieri – in fondo ci vuole coraggio per iniziare a mettersi in gioco ed esercitare il proprio lavoro in un’altra dimensione. Ne so qualcosa e stimo Andrea per la sua capacità nel riuscirci. Interessante lettura, grazie Simonetta.

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