Le storie in XR si occupano oggi di realtà virtuale ed incontrano Andrea Giglio che ho conosciuto grazie a Pyramid Cafè e alla Meta Oculus Community Italy®. Ci siamo ritrovati più volte ad eventi in AltspaceVR sia divulgativi sia d’intrattenimento come, ad esempio, le serate cinema o l’incontro con Paolo Nespoli di qualche settimana fa. Recentemente Andrea ha tenuto due incontri dedicati a XR e disabilità all’interno di AltspaceVR e Second Life e mi ha permesso di approfondire un tema che è ancora poco conosciuto.
Spesso la realtà virtuale e il social VR vengono accusati di allontanare dalla realtà, di isolare i giovani con effetti negativi sulla loro personalità. Non si considerano invece le opportunità offerte dalle tecnologie di creare connessioni virtuose, di mettere in contatto persone da tutto il mondo, nonostante diversità e problemi fisici.
Ne ho avuto la prova circa due anni fa quando ho partecipato ad una mostra di una pittrice e poetessa con problemi motori, organizzata da Francesco Spadafina in AltspaceVR. Ho avvertito chiaramente la gioia dell’artista di potersi muovere liberamente nello spazio immersivo e dialogare con tutti noi come fossimo ad un vernissage in presenza.
Chi è Andrea Giglio
Andrea Giglio è un XR Consultant, socio di Connected Reality Italy, docente di tecnologie immersive, modellazione 3D e sviluppo esperienze XR ed è specializzato sui temi di inclusione.
La storia di Andrea
Come sapete, nelle mie interviste cerco di conoscere i professionisti dal punto di vista umano e non solo lavorativo. Desidero capire e condividere con voi le loro esperienze, le loro emozioni. Ho scoperto uomini e donne davvero sensibili ed unici.
Conosciamo insieme i primi passi di Andrea nell’XR e le sue passioni per la realtà estesa. L’ho intervistato per voi.
Quando hai approcciatola VR e qualisono statele tue primeesperienze?
Il mio primo approccio con la realtà virtuale è stato all’inizio del 2017 quando ho preso parte al progetto “Virtual Reality Innovation” finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale della Provincia di Bolzano. Il progetto prevedeva la realizzazione di quattro prototipi di esperienze virtuali per la formazione in quattro settori differenti, quali la gestione delle riunioni aziendali, la sicurezza nell’organizzazione degli eventi, i progetti di vinificazione e i servizi relativi alle information technologies. Qualche prototipo faceva uso di riprese a 360, mentre altri erano esperienze VR interattive vere e proprie.
Ho letto che hai frequentato a Sidney corsi di modellazione e animazione 3D con Andrew Silke. Quanto ha inciso quest’esperienza formativa sulla tua professione?
Esatto, all’età di 31 anni ho messo letteralmente la mia vita in una valigia, ed, essendo l’ultimo anno in cui potevo fare il visto Working Holiday Visa, mi sono trasferito a Sydney. Il viaggio in Australia è stata un’esperienza cruciale nel mio percorso. Una volta arrivato a Sydney ho iniziato a cercare quali erano le offerte formative che la città poteva offrire ad un giovane modellatore 3D e ho scoperto che Andrew Sike, già supervising animator di colossal hollywoodiani quali Avatar, Gravity, Happy Feet e “Harry Potter e i Doni della More, Parte 2a” (per soddisfare la curiosità dei Potterhead, Andrew è responsabile della sequenza animata dei tre fratelli) aveva trovato una nuova vocazione nell’insegnamento. All’epoca Andrew aveva aperto il sito, ancora esistente, “Create 3D Characters”, una vera miniera per i giovani apprendisti in questo settore. Oltre a quanto ho appreso da un punto di vista tecnico, anche il modo in cui faceva docenza è stata un’esperienza unica. In puro Australian style, immersi da tavoli da surf e giganteschi pupazzi di Totoro provenienti dallo studio Ghibli Andrew faceva le lezioni private a casa sua, oltre ad essere docente alla Sydney University. Ad intervalli regolari organizzava nel suo giardino barbecue a cui prendevano parte studenti universitari, studenti privati e aziende locali; in questo modo i giovani avevano modo di mostrare i loro showreel e le aziende di scegliere i ragazzi più meritevoli. Rispondendo alla tua domanda l’esperienza con Andrew Silke è stata fondamentale per me, perché mi ha offerto un approccio alla creazione di contenuti digitali davvero unico, internazionale e collaborativo. Ancora oggi Andrew offre docenze online e chiunque può prenotare lezioni con lui.
Si parla molto di Metaverso come luogo adatto a giovanissimi e gamers, quasi un po’ distopico. Tu come lo vedi e come pensi si svilupperà?
Io sono molto positivo nello sviluppo dei Metaversi, quello che mi porta ad esserlo è l’entusiasmo che vedo in molte ragazze e molti ragazzi che si ritrovano nelle piattaforme virtuali. Sicuramente c’è molta disinformazione in merito alle tecnologie immersive collaborative, e poca attenzione viene data, ad esempio, alla realtà aumentata che già potremmo usufruire tutti attraverso i nostri smartphone. Tale disinformazione porta molti italiani ad un approccio scettico e a vedere le nuove tecnologie come un punto di rottura con la nostra tradizione. Forti della nostra storia e della nostra tradizione artistica penso che queste tecnologie siano un mezzo eccellente per portare questi saperi millenari in una nuova dimensione, dopotutto noi siamo il popolo che ha scoperto la prospettiva e ha pianificato spazi tridimensionali secoli fa. Quanto al timore che i nostri ragazzi saranno assorbiti giorno e notte nei loro visori, per me è una paura infondata. Se c’è un ottimo modo per evitare che i ragazzi passino ore ed ore a giocare ai videogiochi, questo modo sta nell’insegnare loro a realizzare i videogiochi. La chiave per me sta nella formazione al giusto uso e consumo di queste tecnologie che caratterizzeranno la vita di tutte e tutti.
Sei molto presente su piattaforme come AltspaceVR,Second Life ed altre.Quale preferisci e perché?
Penso che tutto dipenda dall’utilizzo che se ne vuole fare. Ogni piattaforma risponde ad esigenze specifiche. Spatial è ottima per le riunioni di lavoro, così come lo diventerà sempre di più Oculus Workrooms. È molto interessante la possibilità di poter interagire e toccare altri avatar offerta da VR chat. Quella che preferisco per interagire con altre persone e fare eventi serali e conferenze è sicuramente AltSpace VR, anche per le splendide comunità italiane che la caratterizzano. Ogni evento è fonte di arricchimento personale ed un ottimo strumento per il team building e la condivisione di saperi e passioni.
Per quanto riguarda Second Life penso che il valore aggiunto di questa piattaforma è la sua storia di oltre vent’anni che può essere un faro nella realizzazione di nuovi mondi virtuali. Penso che tutti noi possiamo imparare molto dai successi e dai momenti bui che l’hanno caratterizzata, così come dalla qualità intellettuale ed estetica dei suoi contenuti, particolarmente in momento in cui siamo chiamati a realizzare nuove comunità digitali. Abbiamo oggi la possibilità di trasportare gli stessi contenuti all’interno di esperienze immersive. Per quanto avveniristiche potranno essere le tecnologie, la qualità delle esperienze sarà infatti direttamente proporzionale ai loro contenuti.
Hai tenuto recentemente due speech in AltspaceVR e in Second Life su ‘Tecnologie immersive e disabilità’. Da quando e perché ti sei specializzato su questo tema?
Nel 2018 sono stato docente nel primo corso di realizzazione di contenuti di realtà virtuale ed aumentata. Pochi mesi dopo dal corso un mio corsista, e attuale collega, ha avuto un incidente grave ed ha dovuto passare un lungo periodo di riabilitazione. Mentre era all’ospedale ha avuto modo di capire quanto le tecnologie immersive potessero aiutare persone con disabilità, persone anziane e persone che devono fare riabilitazione. La sua esperienza ci ha aperto gli occhi su quello che potesse essere uno degli utilizzi migliori delle tecnologie immersive.
Quali vantaggi potrebbe offrire la VR a persone con disabilità fisica?
Veramente tanti. Le tecnologie immersive sono effettivamente degli abilitatori di esperienze, permettendo a persone disabili possibilità che gli erano finora precluse, quali nuotare, fare una scalata, andare in skate o in bicicletta, fare visite o escursioni.
Questi mezzi innovativi consentono alle persone su sedia a rotelle di pianificare percorsi accessibili all’interno delle aree metropolitane, in stazioni, supermercati o centri commerciali. Ciò porta a una notevole riduzione dell’ansia legata all’esplorazione di luoghi sconosciuti quando si troveranno a visitarli nella realtà. Tali esperienze sono anche utili a preparare anche i loro accompagnatori. Quando nella progettazione e nella creazione di spazi virtuali viene data attenzione a tutte le misure legate all’inclusività questa attenzione resterà con noi anche quando ci troveremo a costruire gli spazi reali.
Per persone ipovedenti la realtà virtuale offre la possibilità di vedere le immagini più chiaramente, mentre la realtà aumentata può aiutarle a riconoscere volti ed evitare ostacoli. Cruciale in questo caso anche lo sviluppo di interfacce ricche di informazioni utili in tempo reale. Feedback sonori o tattili consentono di fare esperienze a persone prive di vista.
Per persone con problemi d’udito infografiche sovrapposte al video delle esperienze virtuali possono permettere loro di capire quanto stanno dicendo le persone che le circondano o riconoscere dei suoni. In questo ambito sono già stati sviluppati dei guanti in grado di interpretare e tradurre il linguaggio dei segni.
Per persone anziane o affette da Alzheimer la realtà virtuale agisce da abilitatrice di esperienze, perché funge da switch on del loro cervello, facendoli sentire riconnessi alla vita. Per persone anziane non affette da disabilità, ma impossibilitate a muoversi, offre la possibilità di essere connessi da remoto in tempo reale, ad esempio, nella stanza dove si sta sposando il proprio figlio o la propria figlia.
In un’ottica di life reviewing la VR offre la possibilità di rivisitare luoghi legati ad episodi poco piacevoli della vita, avendo vicino un parente mentre si fa l’esperienza virtuale. Ciò può essere importante per andare a risolvere tutto quello che si è lasciato incompiuto nell’esistenza e recuperare finalmente un senso di pace.
La realtà virtuale può permettere alle persone anziane anche di viaggiare virtualmente nei luoghi che hanno visitato in passato, in cui si sono sposati, in cui hanno fatto il servizio militare, andando a riattivare dei ricordi, cosa importantissima, ad esempio, per chi soffre di demenza senile.
Può inoltre essere un valido strumento per far fare esercizio fisico in maniera avvincente e collaborativa, andando ad aumentare i riflessi in condizioni sicure.
Persone con autismo o Asperger possono apprendere abilità sociali e le abilità della vita in un ambiente che non avvertono essere minaccioso. Esistono inoltre visori in grado di rilevare le risposte emotive degli utenti. Ciò può rivelarsi utile per monitorare paralisi facciali, depressione, disturbi bipolari e Parkinson.
Le persone disabili si trovano spesso a dover dipendere da altre persone. In un interessante ottica di ribaltamento delle parti Maestro Games ha sviluppato un’esperienza in cui gli utenti vestono i panni di un direttore d’orchestra e un’orchestra virtuale dipende dai loro movimenti. Esperienze di questo tipo sono molto importanti per rafforzare un senso di autostima, calma ed empowerment.
Che percorso consiglieresti ad un/unagiovane che desideri specializzarsiin XR con focus su disabilità?
Anche se le tecnologie immersive permettono di sperimentare cosa voglia dire vivere con certe limitazioni è importante far provare la realtà aumentata o la realtà virtuale direttamente alle persone disabili per capire effettivamente quali siano i loro desideri e le loro esigenze. Una delle caratteristiche della realtà virtuale è una forte personalizzazione; una volta che vengono individuate le necessità di una specifica utenza sarà possibile realizzare degli spazi virtuali ad hoc nei quali tali bisogni verranno soddisfatti.
Sono stati stilati da Meta così come da altre compagnie una serie di criteri per rendere le esperienze più inclusive. Ogni creatore di spazi virtuali dovrebbe conoscerli e tenerli a mente mentre realizza i metaversi. Ad esempio, bisognerebbe mantenere l’azione delle esperienze virtuali frontalmente, impostare i visori in modo tale che l’altezza degli avatar corrisponda a quella di una persona seduta e dare l’accesso ad un secondo utente tramite controller dove la persona non è in grado di farlo indipendentemente.
Altrettanto importante è non considerare le disabilità un tabù e rappresentarle anche nei mondi virtuali.
Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di documentarsi bene sugli studi già effettuati sul tema della disabilità e delle tecnologie immersive. La virtual e l’augmented reality possono cambiare effettivamente la vita delle persone disabili. Vivere la nostra professione come una missione mirata all’inclusività rappresenta la perfetta fusione tra un sapere tecnico ed una responsabilità morale.
Come nasce il progetto narrativo “Women in the Metaverse”, dedicato all’empowerment femminile? Parto dall’inizio e vi narro il dietro le quinte e le motivazioni che mi hanno spinto a coinvolgere nove donne a raccontare la loro storia.
Era l’estate 2021 e avevo iniziato a condurre diverse interviste a persone e professionisti conosciuti nei mondi di social VR. Mi avevano affascinato le loro storie, la loro passione per la realtà estesa e i loro primi passi nella tecnologia.
È opinione diffusa che la XR sia popolata da gamer e da ragazzini, in particolar modo da persone di sesso maschile. In realtà ho conosciuto tante professioniste e fan di XR di tutte le età e di tutte le professioni. Ho scoperto un mondo di donne variegato ed appassionato che costruisce mondi immersivi, che lavora nel gaming, nella blockchain, nell’XR e in settori, anche molto tecnici, del Metaverso.
Da questi incontri e dalle prime interviste è nato il desiderio di approfondire, di dare voce a queste donne, di far emergere la loro professionalità per far capire alle ragazze che devono ancora scegliere le loro strade professionali e alle donne che magari hanno perso il lavoro a causa del covid o della crisi economica che esistono nuove opportunità.
In qualche modo ho voluto costruire ponti tra le generazioni, portare un contributo concreto all’empowerment femminile con un progetto fatto da donne per le donne.
Il progetto
Non vuole essere solo un ebook, ma un progetto articolato che mira a diffondere conoscenza ed esperienze alle lettrici e al pubblico femminile in generale.
Per prima cosa ho voluto fornire un panorama del Metaverso ad oggi con i cambiamenti in atto, le diverse definizioni date dagli esperti e le lotte tra i Big Player. Ho scelto alcune professioniste che ho conosciuto nei mondi di social VR o su LinkedIn e ho raccolto, in interviste mirate, le loro storie, i loro primi passi nella tecnologia, i loro dubbi, le loro emozioni e le scelte che hanno segnato le loro vite e le loro professioni.
Il ricavato dell’ebook torna alle donne attraverso un’associazione che promuove l’empowerment femminile e sostiene gli studi delle ragazze nel settore STEM.
La squadra
Le prime ad essere coinvolte sono state quattro professioniste che conosco e frequento da più di due anni in AltspaceVR: la formatrice Edu3D Francesca M.R. Bertolami, nota nei mondi virtuali come Eva Kraai, la docente Cristiana Pivetta, la travel blogger Bruna Athena Picchi e la community manager di Meta Oculus Community Italy® | ItaliaPetra Škachová.
Per dare una visione più completa alle lettrici ho consultato il mio network su LinkedIn e deciso di coinvolgere nel progetto “Women in the Metaverse” altre donne attive nel metaverso. Ho contattato nel mondo del gaming la player professionista Federica Campana, l’esperta di blockchain e NFT Sara Noggler (CEO di Polyhedra), l’esperta di XR Elisabetta Rotolo (CEO di MIAT), l’artista in VR Carli Susu e l’esperta di AR Katherina Ufnarovskaia (CEO di Augmented.City).
Il lavoro non era però finito. Dovevo organizzare la prefazione e la grafica della copertina.
Chi poteva scrivere una prefazione adatta a incoraggiare le donne a crescere nel settore della tecnologia? Un’altra donna che conosco e apprezzo da diversi anni, Linda Serra di Work Wide Women, da sempre impegnata nel promuovere l’empowerment femminile, diffondere la conoscenza del web e di materie tecniche presso le donne e, al contempo, difendere la diversity e l’inclusione.
Per la copertina sono stata molto indecisa se ingaggiare una mano femminile o se scelgliere un altro punto di vista. Ho voluto uno sguardo maschile sul mondo delle donne e ho contattato l’illustratore, Andrea Calisi, autore di immagini e copertine per Einaudi, Rizzoli, L’Espresso, Linus, Edizioni Corsare ed altri editori.
La progettazione
La squadra era completa e si poteva iniziare la seconda fase, la progettazione. Ho quindi pensato alla struttura narrativa da dare al progetto e mi sono ritrovata nel classico ‘narrative arc’ in 3 atti.
Come poter applicare l’arco narrativo al progetto “Women in the Metaverse”?
Eroine: le lettrici che possono lasciare la comfort zone ed iniziare un cambamento
Mentori: le intervistate che accompagnano e guidano la trasformazione appena iniziata
Difficoltà da superare: la crisi del lavoro femminile, la scarsa conoscenza di nuove professioni, di materie tecniche e del Metaverso
Climax: perdita del lavoro o esigenza di cambiarlo, momento di grande confusione nella scelta di un nuovo percorso di studio.
Oggetto magico: l’ebook che aiuta a conoscere ed ispira. Favorisce un cambiamento ed il superamento dell’incertezza.
Un filo rosso collega tutte le storie. Alla fine di ogni intervista trovate una frase d’ispirazione che incoraggia le lettrici a iniziare o a proseguire il percorso.
Premio/tesoro: la conoscenza, la crescita dell’autostima e la scoperta di strade spesso ancora sconosciute.
Dono: il ricavato della vendita dell’ebook che verrà restituito alle donne attraverso un’associazione che promuove l’empowerment femminile e suporta le ragazze nelle professioni STEM.
Perché narrazione e Metaverso?
Vi chiederete perché ho scelto di parlare di narrazione e Metaverso e non delle classiche materie STEM.
Il mio interesse per i mondi immersivi non è nato nel momento in cui è diventato un hype con l’annuncio di Marc Zucherberg che ha fatto rebranding di Facebook in META e da quando tutti ne parlano: dagli psicologi ai sociologi, dagli influencer ai social media manager, ecc.
La passione e lo studio dell’XR erano iniziati molti anni prima. Già dal 2015 avevo portato i cardboard nei miei corsi di storytelling e avevo parlato di immersive e VR storytelling. Da allora ho approfondito questi temi, cercando di diffondere cultura. Dall’inizio del lockdown ho frequentato assiduamente i mondi immersivi di social VR grazie anche al mio META Quest che è arrivato proprio a marzo 2020.
Ho conosciuto molti professionisti tramite la rete e nelle fiere di settore, ma ho notato che la presenza femminile in Italia è ancora oggi poco diffusa. Ho pensato, quindi, di avviare un progetto di empowerment femminile con lo scopo di far conoscere alcune professioni legate al Metaverso ed ispirare le altre donne.
Metaverso o multiverso?
Si parla di Metaverso, ma in realtà siamo immersi in tante piattaforme differenti e a sé stanti che hanno specificità, regole e grafiche diverse. Tanti universi dove si muovono e sperimentano i brand più innovativi. Alcuni hanno adottato piattaforme già esistenti e tipicamente di gaming come Roblox, Fortnite, Zepeto, Decentreland, ecc., altri ne hanno costruite di proprietarie. Possiamo quindi assistere a spettacoli, interagire con gli amici e vedere, scegliere ed acquistare prodotti nei mondi immersivi, ad esempio nell’abbigliamento sportivo con Nike e Adidas, nel turismo con Vienna Tourist Board e Alpitour World, nella ristorazione e food con Wendy’s e Budweisers, nella larga distribuzione con Carrefour o nella consulenza con Accenture e così via.
Le esperienze possono anche uscire dai mondi virtuali e arrivare nel reale come è successo a Milano all’inizio di aprile nel Metabar, un temporary bar in piazza Sempione creato da Heineken per lanciare l’Heineken Silver, presentata a marzo in Decentraland. Uno spazio virtuale con buttafuori e baristi avatar in grado di intrattenere, suonare e interagire con gli avventori.
Ma chi frequenta il Metaverso e quanti lo conoscono?
Pare che sia già molto popolato a livello mondiale, circa 350 milioni di persone e 43 mondi digitali attualmente esistenti (vedi articolo de Il Sole 24 Ore). Questi dati sono forniti dalla recentissima ricerca di Vincenzo Cosenza aka Vincos che ha prodotto una mappa dei mondi digitali, rivolti ai consumatori.
Cosenza ha dato vita ad un Osservatorio sul Metaverso ‘con l’idea di studiare l’evoluzione degli spazi tridimensionali immersivi, raccogliere le migliori pratiche di branded experience e fare cultura attorno a questi temi’, come leggiamo sul sito.
Com’è la situazione in Italia? Secondo la ricerca di Sensemakers risulta che solo il 25% degli italiani sa cos’è il Metaverso, mentre il 41% ne ha appena sentito parlare. Significativa è la posizione delle donne intervistate nella ricerca: del 38% che risulta non interessato al metaverso il 45% è donna.
Di qui l’esigenza di fare cultura e d’invitare le donne non solo a frequentare i mondi virtuali, ma a comprenderne le applicazioni e le opportunità di lavoro.
Con le nove protagoniste dell’ebook ho avviato questo progetto di divulgazione e ho trovato l’appoggio di tante amiche ed appassionate che lavoreranno al mio fianco.
Vuoi partecipare anche tu e sostenere il progetto? Puoi contribuire sia acquistando l’ebook sulle maggiori piattaforme tra cui: Youcanprint, Amazon, Mondadori, ecc. sia facendolo conoscere alle tue amiche.
Entra con noi nel Metaverso e lasciati ispirare!
Vieni a conoscere l’iniziativa a Meet Digital Culture Center a Milano il 19 maggio dalle ore 18:30 in poi. Ti aspetto!
Conoscete il progetto narrativoStorie in XR e social VR ? Nato lo scorso agosto con il fine di far conoscere i professionisti che lavorano e vivono nel Metaverso attraverso le loro storie parla di esperienze in XR e mondi immersivi, di tecnologia e di sperimentazioni. Oggi incontriamo due artisti in un’intervista duplice, Stephen Black e Sayuri Okayama. Ho seguito uno speech di Stephen Black in occasione di un panel organizzato da Katherina Ufnarovskaia per da VR/AR Association dal titolo: “Bubiko foodtour: at the intersection of art, AR and food”. Da allora siamo entrati in contatto e mi sono appassionata alla loro storia che parla di tecnologia, food e tanta arte.
Stephen Black è un artista e produttore in realtà aumentata, scrittore e regista in spatial film. – Stephen Black is an AR Artist/producer, writer and OARC’s 2022 spatial filmmaker.
La duplice intervista è in lingua inglese. Enjoy!
When have you approached AR? Do you remember your feelings? Please tell us your first experiences.
SB: The first time I saw AR being used was at the National University of Singapore in about 2003. What I saw was very simple; when a tablet was held over a couple of colored blocks, some text appeared. It was explained to me that AR is something like a QR code, but with more possibilities.
SO: I had heard about Pokemon Go, but never tried it. The first experience with Bubiko and AR took place in Chiang Rai, Thailand where we used a simple AR app byHewlett Packard and were assisted by a boy about 10 years old who was really clever.In Hong Kong and Shenzhen I saw other people’s projects, many of which were demos. But I would say that the 19 Crimes wine label and app was the first AR experience that really brought everything into focus as it was simple, impactful and easy to use.
In 2012, Stephen worked with Eugene Soh on a project called SPOKEN, which was a virtual gallery. They showed the works of many artists and it seemed very interesting. But it was short-lived and this made me feel a bit strange. There was so much work involved and so many interesting artists but so little public response. And there wasn’t any discussion at all about money. Now I see that it was ahead of its time, and how it connects with what is being called the metaverse. Now I understand about how AR and VR are examples of spatial computing, but I am not very good with technical topics.
Is the XR useful for an artist to express his art? Do you prefer AR to VR?
SB: Although I have a long career as an artist, and have been focused on AR since 2015, it was only last year that I could finally begin to work with GeoPose AR in a purely artistic and conceptual way.
One project was simple: A Flock of Bagels, in which bagels swirl from the ground upwards, accompanied by a soundtrack by Antonello Arciuli.
Another project, Snake Lighter, was a collaboration with Daniel Bainbridge, a New York-based sculptor. We experimented with scanning his sculptures and eventually settled upon a piece called Monkey Mop Boy, which was something like a mask. Once I had the 3D model, I used it to form patterns which then became part of a site-specific installation. I must mention the technical support we received from XR Masters, Augmented.City and Scandy. This leads me to information that answers your question: there are many technical issues to be resolved when making art with XR.
Is XR useful for artistic expression? Yes, most definitely.
However the technical and financial aspects can be significant. VR is even more challenging. For me, the biggest challenge for both is that 3D models are required. I cannot yet make a simple 3D model, let alone a complex one. 3D model makers are artists, so my projects are always collaborative. And if the models are to move, there are artists who specialize in making motions. Again a collaboration! I should mention that with Bubiko we are using motion capture to make Bubiko’s motions more natural, and this is being done with the help of Mad Marker, building upon the work of Novaby who really helped us with the initial 3D realization of Bubiko.
I read that you have been researching and testing spatial cinema ideas since 2016. How did you approach this technology?
SB: I must mention that, from 2002-5 I was the creative director for an educational 3D game making startup in Singapore. So there I learned about spatial computing, which is the “parent” of VR, XR and AR. Unfortunately the CEO of that company, and my friend, passed away suddenly- on the day of our launch! Many possibilities vanished with his passing.
To make a long story short, when the Oculus was released in 2015, I took that as a signal to enter into the world of spatial computing.
But I am not a programmer. I began to act upon ideas for a VR startup that I had been developing. But when I looked at the production costs and numbers of users for VR, and then compared them to what was being planned for AR, it felt natural for me to ficus on AR. Everyone mobile phone in the world can display AR, and because we use reality itself as a background, it can be much less expensive to create dynamic AR experiences.
Initially, the only choice was to read, study, network and learn as much as possible about all kinds of AR. I knew that I wanted to tell stories using my background as a filmmaker, but was not sure how this would be possible. I also thought there would be interesting AR possibilities for dance and performance art.
Let’s talk about Bubiko’s project. Bubiko was a co-creation between you and Sayuri Okayama. When and where did you meet and start working together? Can you explain your project?
SB: Sayuri and I met in 2011, but we decided to become involved with AR in 2016. Although we were living in Bali, we suddenly encountered visa complications, and made the decision to become digital nomads, researching both the food of Southeast Asia and the possibilities of AR. We were in Kuala Lumpur when we made the first paper version of Bubiko and took her to a food fair. We photographed her as a way to visualize what it would be like when she was a proper 3D model being seen in AR. Eventually, our networking and collected knowledge led to a presentation at Sasin University in Bangkok. Some time after that I gave presentation and workshops at Hong Kong PolyU and in Shenzhen. In January 2019, the Bubiko project was invited to MIT for the first time.
Now, thanks to the support of many people, Bubiko is an active pioneer in the world of GeoPose-based AR. She starred in historic short film made with GeoPose AR. She is still very “underground” but she is moving towards becoming a start of spatial cinema, with a strong connection towards healthy food oaf all kinds, especially those of Southeast Asia. And yes, she is experimenting with an NFT.
SO: I decided to work on AR with Stephen because we were in a very unusual situation with a lot of uncertainty. AR seemed like it would be a constant, a goal. I thought that AR would be interesting when we thought of the Bubiko idea.
Stephen had been speaking with a VC about a VR project and there was funding that was being seriously discussed. But then, unexpectedly, we had a visa issue to solve and when that was finally settled, Stephen started showing me information about AR.
It seemed like AR would become very popular as all that was needed was a phone. We decided that AR would be a better choice, because it seemed like it would be easier to create content than VR, and for a bigger audience. This was before ARKIT and ARCcore were released. When these two platforms were released we felt we made the right decision.
My background is in hotels and travel so we decide to work with these ideas and Stephen combined his art background and experiences with Cartoon Network, and we just lept into the AR world with Bubiko Foodtour.
We were very clear about an idea we called “tabletop cinema”. We envisioned Bubiko appearing on a table, combining education and entertainment. We weren’t exactly sure how this would be possible, but we just kept researching food and AR. You can see some of our progress on Bubiko’s Instagram account. At first we used paper dolls, then thanks to Novaby and Flamingo Filters, we were able to start putting Bubiko on tables and elsewhere.
I should say that Stephen and I have been apart because of Covid, which makes things very challenging as I cannot leave Japan. But still we were able to create Bubiko: First Flight, a short film in which Bubiko flies through Bari, Italy and a nice little cafe. The film has been called as historically signifiant as the world’s first website.
We just take one day at a time. We have gone far with no funding. We are looking at NFTs. DAOs too. Bubiko is ideally positioned for the metaverse: AR and VR.
What are 3 words you would use to describe Sayuri? Tell us why you choose them. And what’s about yourself?
SB: I would say Sayuri is detail oriented, cautious and creative.
Detail oriented: because she excels at planning our trips and projects.
Cautious: because she is inherently shy as well as extremely concerned about preventing mistakes from happening. She does not automatically say “no” to new ideas, but will ask a lot of questions before she feels comfortable acting upon them.
Creative: Sayuri’s creativity and sensibility have made Bubiko’s appearance and mannerisms believable and charming. As we begin to work more with photos, videos and edutainment projects her creativity will further be on display.
For myself, I would say that I am lucky, hardworking and unexcitable.
Lucky because my backgrounds as an artist, photographer, filmmaker, producer and writer are now interacting and being fully utilized as I explore the new worlds of AR and VR. I am also especially lucky toe surrounded by so many positive and supportive individuals, organizations and companies. Sayuri and I are not with a big company, nor associated with a university nor receiving grant money; we are self-funded in a world where that is extremely unusual.
Hardworking: Sixteen hours a day, or more.
Unexcitable. I cannot say I am truly patient. But whether things are going great or terrible, I think I still plod on. When things go well, hopefully that is the result of the hard work and planning. When something bad happens, I know that that is a part of life and should not be cause for prolonged unhappiness.
In 2020 you created in Bari a spatial cinema experience called Bubiko: First Flight. “ and you worked with Augmented.City. How did this collaboration with Katherina Ufnarovskaia start?
I was invited to speak at the 2020 VIEW Conference in Turin, which is a remarkable event devoted to animation and motion graphics. In order to really showcase the potential of GeoPose AR, I wanted to make an AR installation in the venue, the OGR, which is a renovated train station. The idea was to have Bubiko flying around signs, videos, balloons and festive, VIEW-related 3D models.
However to do this, I needed technical support and more. I asked Jan-Erik Vijne, the Managing Director of the Open Augmented Reality Cloud, if he had any suggestions. He suggested Augmented.City, who are doing pioneering AR work in Bari, Italy. I first spoke with Vladimir Ufnarovskii, Katherina’s partner and soon we had a plan to prepare for the OGR.
However, Covid caused a few complications, and the physical VIEW was cancelled. But I was already in Italy, and so the decision was made to create something with the brand new AR testbed that AC made. Suddenly I was learning how their AR system worked, storyboarding, working with Novaby to create a blimp for Bubiko, looking at locations, and so much more. In less than two weeks we had the basics of a short film made with AR, a film which has been said to be as historically important as the world’s first website. Have a look at thisvideo.
I could talk at length about my writing and publishing experiences. But to keep it short, I wanted to create a publication that would allow me to connect to AR practitioners. I made it very clear that the book would be outdated almost immediately, and that anyone who bought it should contact me for the latest version, the most recent update.
Because I did not do marketing, I did not expect any sales. And this has proved to be correct! This does not make me unhappy! It means that now, if anyone does buy that book and writes to me, I will be forced to update it. And this will make me happy, because it will mean that I can create a version which is based on both on my recent real life experiences, as well as the latest developments in all of AR, not just GeoPose.
Next October VIEW CONFERENCE 2022 will return in Turin. If you were there which project would you present?
If I would be invited, I would share the results of the following projects: Snake Lighter, Flock of Bagels, Soda Bread in Time and Space, and, the latest AR adventures of Bubiko.
It would be wonderful to install these in the OGR.
Le storie in XR e social VR incontrano Elisabetta Rotolo, Chief Executive Officer & Founder di MIAT. Ci siamo conosciute su LinkedIn ed in particolare grazie alla VR/AR Association. Ho seguito un suo speech tenuto all’interno di ‘Metaverse’, evento dello scorso dicembre e da allora sono una fedele lettrice dei suoi articoli pubblicati su Artribune.
Chi è Elisabetta Rotolo
Elisabetta Rotolo è CEO, Founder, Creative-Executive Producer and Artistic Director at MIAT (Multiverse Institute For Arts & Technology).
La storia di Elisabetta
Scopriamo insieme i primi passi di Elisabetta nell’XR. L’ho intervistata per voi. Su sua richiesta l’intervista è in lingua inglese.
What were your first experiences in the XR and your impressions?
I started to take interest in emerging technologies and among them XR in 2016 after my MBA in the UK. I was undertaking a PhD because I was interested in understanding how serious games in VR could develop emotional intelligence to enable authentic and transformational leadership and how they could help creating and developing more and more Learning Organizations that are guided by authentic, widespread and shared leadership. From that moment I realized that XR technologies would become the next computing platform and that they would be disruptive across all industries, as well as transforming our lives: the way we learn, entertain, shop, experience, meet. For me it was immediately a very clear vision, as if what I saw, and had not yet developed, I already had at hand. It was natural.
Subsequently I returned to Italy and instead of returning to work within a company, after 20 years as Global Chief Brand Innovation and Communication Officer, I wanted to deepen these issues even more and after researching and touring in different countries in order to understand what was happening in the world. Then I founded MIAT – Multiverse Institute For Arts & Technology, where we train the talents of the future and design and produce immersive experiences based on strong research and with an Artech approach.
If 23 million jobs are expected in XR with a 2100% growth in 2030, as indicated in your ‘Metaverse’ speech, what could be the role of VR or AR and why? There will be a greater investment in AR (see probable launch of Apple’s smart glasses) due to the high costs of the viewers, the scarcity of VR content, etc. or will there be a change dictated by Meta?
In recent years in the field of immersive technologies we are witnessing a real revolution dictated partially by the pandemic situation in which a large part of the world is pouring, but also by a change in attitudes and consumption that came with generational change and technological progress. In a short time, the major companies that produce VR / MR headset have reduced the size and costs of the latter, allowing the devices to reach both the homes and offices of companies.
The growing awareness of the AR and VR sectors has led to an exponential market growth. For example, during the Christmas period, the most downloaded App in the Apple store was Oculus. Consumer habits are changing rapidly.
Both AR and VR demand have reached new highs as, for example, the need for remote collaboration or participation in virtual events has begun to gain prominence in the commercial sector and new work habits. Meanwhile, the consumer segment continues to be driven by games as a primary use case, fitness has gained some traction within virtual reality, while media consumption remains popular within the consumer segment for the AR.
According to IDC, shipments of AR and VR headsets reached 9.7 million units at the end of 2021 and are projected to grow to 32.8 million units by 2025 with a compound annual growth rate (CAGR). 45.9%. While VR headsets will undoubtedly lead, AR will face substantial growth from 2023 to 2025 and will acquire a third of the share by the end of 2025.
Regarding the offer, 100% of the content productions are already made in digital contexts, pushing companies to redefine their business and digital offer, brand strategies, business, art and offer of cultural services. This has given rise to numerous new jobs and opportunities for both young people and individuals and companies who want to undertake up-skill programs. The jobs of the future that underpin the XR sector and the metaverse are of different genres such as: digital creators, directors for immersive content, XR producers and showrunners; XR developer, software engineers, UX / UI designers, Web developers, 3D artists, Animators, Motion Designers and VFX, creative technologists, blockchain engineers.
The two key factors that have further accelerated this surge in product sales with XR technologies are certainly the shift to remote work during the Covid-19 pandemic and the announcement of Facebook’s rebranding in Meta, which put the concept of metaverse in people’s minds, further pushing the demand for XR products, both in terms of devices and in terms of multimedia content and applications, the various business sectors. From healthcare to precision mechanics, from logistics to real estate , from art to culture to entertainment, up to education and the military sector, all activities are approaching and developing business projects and strategies related to emerging technologies.
To date, AR is more usable especially when you can experience it through devices such as smart phones or tablets. For example, the sectors in which AR is most popular and effective are numerous, for example:
Education: Games like ARchitect, a game that allows students to build 3D bridges, towers, and other structures while learning about strengths and materials, are just the beginning of a long list of opportunities for using AR in education. Inside and outside the classes.
Health: like the Eye4Care app, a platform that connects those in charge of home care with remote doctors (or nurses) by video.
Retail: with the try-on in AR adopted by global brands from Bulgari, Nike, Gucci.
Tourism, art and culture: with AR catalogs and AR tours of important monuments and points of interest such as on the KeyARt app or Google Arts and Culture AR, AcuteArt.
Entertainment: In the entertainment industry, it’s about building a strong relationship with your brand characters and the audience, as Niantic and Warner Bros did with Harry Potter Wizards Unite.
Repair and Maintenance: Repair and maintenance personnel are starting to use AR headsets and goggles as they go about their work to provide useful information on the spot.
The panorama of multimedia content that can be used in VR is also in clear quantitative and qualitative growth and is applied to the same sectors, allowing for superior immersion and smoother operation supported by ad hoc performing hardware. VR has been used by large companies in the field of corporate training with programs for their employees and training on soft skills as PwC did. VR can be used in product design and retail as Adidas did, it is functional to education by remote thanks to platforms such as ClassVR and Virbela, and much more as to socialize in VRChat and obviously entertainment with the numerous film productions and documentaries that are found on different platforms such as that of Oculus.
While VR is more immersive, AR today offers more freedom for the user and more possibilities for marketers because it doesn’t need to be a wearable headset.
Last June MIAT (Multiverse Institute For Arts and Technologies) opened in Milan, of which you are founder and CEO. How did the idea come about?
Last June we launched the first Immersive Storytelling Masterclass, which we will relaunch again this year and which is part of the offer of our immersive academy. The idea of MIAT, as I mentioned earlier, was born after an initial interest of mine in 2016 in order to understand the implications of these technologies in developing emotional intelligence and enabling authentic and transformational leadership.
Then, after in-depth research, I had confirmation of the fact that these technologies would change our personal and professional world, but at the same time I noticed that internationally there were no high-level artistic-creative contents applied to these technologies, with whom I have always had a nerdy approach. I noticed there were no hands-on trainings led by international professionals who teach at a theoretical, practical, experiential level and with a creative development approach to becoming the ArTech of the future, also being able to connect students to the market. Hence MIAT was born which is the first creative and educational hub for the arts and technologies where we offer, produce immersive experiences, train the talents of the future all based on strong research.
In MIAT we also have a creative center of immersive content, where we design and produce immersive, multi-platform experiences, including, for example, virtual worlds, NFTs, digital twins, immersive storytelling, documentaries and 360 videos, immersive projects to support marketing strategies. and communication, immersive art exhibition.
Our teams are international global-award winners, mainly Anglo-American, have a decade of experience in the immersive and metaverse sector, are digital creators, storytellers, XR developers, lead artists, filmmakers, immersive sound designers, 3D modellers, riggers, animators, producers creative and executive, digital curators, marketing, branding and communication experts.
Our immersive Academy is the first in the world where here we train the talents, the ArTechs of the future, both individuals and companies, where e teach them how to develop, understand emerging technologies and their potential, strategic use in business but also develop an artistic mind, creative-technological and strategic and create projects and contents with these technologies. Finally we teach what the metaverse is, how it will develop and how to maximise the positioning of a brand within the metaverse and acquire the skills necessary to respond to these rapid changes in the market. We have a unique and cutting-edge methodology that combines theory, hands- on, experiential, and sensory workshops, and creative design thinking.
Did you find it difficult to create this hub which includes an immersive studio and an e-tech Academy? How did you get over them?
Yes, I have found considerable difficulties. Initially, no one understood what I was talking about. Companies, organisations, investors, friends found it very cool, but they saw it as an incomprehensible and very distant world. In the UK, for example, there is a strong ecosystem and public and private financial support. In Italy, the ecosystem does not actually exist and neither does financial support. The VR in Italy has the logic of small investments with very short exit requests. If we look overseas or even just in Israel, they truly invest in innovation, even in projects that are on paper with $ 1.5 million chips to get start-ups up and running quickly. The phrase I always heard from investors or organisations when they saw MIAT was that it is a visionary project at least 10-15 years ahead of the market and that clearly, I would open it in the UK or the US. Personally, however, I believe in Italy, in my country, a country where talent and creativity are fundamental assets, which is why I decided to open MIAT here.
Nowadays we talk every day about the Metaverse that you defined as ‘multiverse’ in an article by Artribune. In the panel ‘Are we ready for MetaEducation?’ of the ‘Metaverse’ event organized last December by VR / AR Association you specified that: ‘The metaverse will be also an interoperable dynamic multi-user mirror world story-based & story-driven’. How would you explain it to the famous ‘housewife from Voghera’? What future can it have in the short term?
The first thing I would do is to let the housewife live and experience the metaverse. The simplest way to describe the metaverse is as a virtual world parallel to the real, physical world, in which people in the form of 3D avatars (their digital counterpart) will be able to move, interact, and perform any activity: work, play, socialize, buy, all virtually. Let’s just take a simple example of one of the many things you can do.
Imagine waking up one day: you start a virtual meeting with your colleagues or friends with your avatar, present your project or organise a visit to a museum. After the presentation or your visit, you will celebrate with your friends and colleagues at a party where a rock band will give their virtual concert, but before attending, run to your favorite shop and buy the dress or accessories for your evening. After you have chosen what best suits your Avatar, also based on your mood, you pay in cryptocurrency, which will be the currency of the metaverse where you are. After the party, you easily lend your outfit to a colleague or friend who wants to lend it to her daughter, happy to browse it during her concert on Roblox or Decentraland the following day.
Since now even the housewives of Voghera have a Facebook account, just imagine that the famous social network does not appear only in the form of a blank page but that it is a virtual world, with buildings, streets, plants, and people in which to immerse yourself and live just like if you went out the front door, but with an infinite number of possibilities and without ever leaving home. Now, for example, neither virtual reality viewers nor augmented reality applications are needed, all you need is a stable internet connection and a sufficiently powerful computer or smartphone and access the platforms as you access any website or application. In the short term, VR / MR will develop more and more and these technologies together with other emerging technologies such as artificial intelligence or holograms, for example, will create a strong sense of presence and interactivity.
Although in people’s minds the concept of metaverse is being consolidated, many platforms are already active and populated, so you don’t need to be a visionary to understand the potential. From a business point of view, it is already possible to access a virtual version of an office and interact with your colleagues just as if we were in the same room, it is possible to access a university campus or a digitally recreated classroom and actively participate to the lessons. Personally, I have several online meetings in a digital sea-like environment, when the temperature outside the home is below zero, it relaxes me, and they are often much more effective than continuous boring online meetings. As for social events, there are many events that have moved online due to the pandemic and in the metaverse instead of looking at a screen, you are immersed in first person.
The possibilities are endless and for now we have only seen the tip of the iceberg, also because it must be considered that the technological infrastructures to take full advantage of these advantages are not yet universally available. But they are developing fast. AR via mobile in all forms and for any purpose, street navigation, games, social media. MR (Hololens, etc) will start first in industrial fields like the computer did by first entering the offices before becoming a “personal” computer. MR for consumer (“personal MR”) will take time. Only towards the end of the next 5 years will we begin to see sales numbers of MR glasses reaching those who have VR headsets today.
Why should storytelling have a fundamental role in the metaverse?In your recent speech you said that ‘the metaverse needs to be conceived, designed and built by storytellers’.
To be habitable and usable to its full potential, the metaverse must be a dynamic virtual space, full of characters who can interact with each other or who ultimately have a well- defined and recognisable identity and history. Just as cities, regions and geographic states in the physical world are loaded with symbolism, traditions and culture, the metaverse will also have to emulate the physical world and therefore it is necessary that storytellers tell the history and origins of the virtual spaces that we will live.
There is an inherent need for interesting characters and meaningful virtual environments in which to immerse yourself. This brings new and complex narrative challenges:
Cities and environments: it is essential to give a history and a clear identity to the virtual environments in which users will immerse themselves, cities cannot be cold and distant, but intriguing and cohesive, to attract users and why not entertain them and arouse wonder and curiosity.
Engaging Learning Environments: Academics will find themselves replaced by AI teachers or become edutainers, working with developers, creatives and storytellers to create meaningful experiences for students to experience.
Immersive experiences: true, exciting, engaging, to also define how people will meet, live, share and socialise in the metaverse. The contents are not simply generated by storytellers: they also emerge from the interactions between users and favor the birth of entire communities with a precise identity. The storytelling approach to the metaverse is fundamental.
Story–Based Characters: With stories and values that can lead to interoperability in the metaverse. This will imply that people can move their Avatar from one platform to another, from one metaverse of origin to a completely different one.
An ethical approach will be essential. Although the metaverse is an anthropocentric virtual world, it is important that it is created with accessibility, diversity, equality and humanity in mind.
Accessibility: The metaverse should be accessible to meet various social needs.
Diversity: With physical limitations (such as geography, language, etc.), the real world cannot integrate various elements in one place to meet the needs of different people. However, the Metaverse has a space of unlimited extension and one in which to integrate different communities in different environments and achieve true diversity, diversification and integration.
Equality: In the metaverse, everyone can control custom avatars and exercise their power to build a fair and sustainable society
Humanity: The Metaverse could be an excellent approach for communication and cultural protection. For example, the Metaverse can provide storage and protection of cultural milestones and relics (Ubisoft rebuilt Notre Dame de Paris as a digital 3D model in Assassin’s Creed Unity)
There is a lot of talk about immersive education and universities are experimenting with the use of VR and AR. Last November Stanford University launched ‘Virtual people’, the first fully VR university course. In your opinion, what role can XR play in education and in the Italian school / university?
Due to the post-pandemic educational context, both teachers and students have reached a new level of understanding of technology in the service of education. And this also means that we have learned strategies to cope with the constraints imposed by distance, especially during synchronous lessons.
Immersive education has the potential to revolutionise education and modernise e educational processes which too often neglect the educational impact of non-traditional media. Immersive technologies allow you to take advantage of dynamic, interactive learning environments, to touch what you are learning with your own hands, complete with engaging experiences, all of which can be used intuitively via devices in both AR and VR.
The learning environment is not defined as a single virtual place where students meet but as a decentralized place capable of providing different stimuli to students. It is also an interoperable place where students will “teleport” to virtually any historical place or moment, experiencing firsthand what tends to be studied only in books.
Universities and educational institutions around the world are now on the same starting line. Obviously, there are realities that have infrastructures that are more ready and adapted to this technological transition, but I believe that it is necessary to innovate and experiment with new approaches and tools that can enable all types of activities possible with immersive technologies and above all that are for everyone. They should implement different technological experiences that promote the creativity and collaborative minds of students, increasing engagement and avoiding the risk of boring, ineffective frontal lessons. In Italy we must accelerate the digitisation processes and also the technological infrastructure.
What do you think about the Metaverse?
It is very important to me that those who will build the metaverse, individuals and companies adopt an ethical approach. We are facing a completely new anthropological moment in which having the ability to conceive and create immersive contents that is engaging, inclusive and that can inspire the human being and technologies that enable everyone to be able to experience them are central elements to be able to build a better future together.
Le storie in XR si occupano oggi di realtà aumentata ed incontrano Katherina Ufnarovskaia che ho conosciuto grazie alla VR/AR Association. Avevo seguito alcuni suoi interventi in panel dedicati al turismo, in quanto ricopre il ruolo di Co-Chair VR/AR Travel&Tourism Committee.
Chi è Katherina Ufnarovskaia
Katherina Ufnarovskaia è CEO e Business development alla start up Augmented.City e Co-Chair VR/AR Travel&Tourism Committee.
La storia di Katherina
Scopriamo insieme i primi passi di Katherina nell’XR e le sue passioni per la realtà aumentata ed il turismo. L’ho intervistata per voi.
Quando e come ti sei avvicinata all’XR? Quali sono i tuoi primi ricordi?
La mia storia con XR è iniziata nel 2011. Abbiamo iniziato un progetto di R&D con sensori di localizzazione per i dispositivi industriali geodesici. I professionisti che lavorano in questo campo devono prendere misure precise e determinare posizioni esatte, ovvero localizzarsi. Quindi per la prima volta ho toccato il tema della localizzazione e geoposizione che poi ha portato il nostro Team di specialisti di Computer Vision ad un’altra idea di progetto di XR: riconoscimento da cellulare di porte, di locali e facciate di edifici. Sono apparsi sul mercato i primi cellulari abilitati della funzionalità AR (ARkit/ARcore).
In ottobre 2019 ho creato una start-up con sede a Bari per fare qualcosa che non era mai stato fatto prima al mondo: realizzare il gemello digitale di una intera città in 3D. Per presentare il risultato del nostro lavoro a utenti e curiosi interessati all’argomento del “digital twin” abbiamo deciso di pubblicare, dopo sette mesi, un’app per turisti a Bari: AC Tourist. Questa soluzione AR fornisce informazioni su luoghi d’interesse, bar e ristoranti, utilizzando la tecnologia “AR Cloud”. La nostra app consente di visualizzare velocemente valutazioni e recensioni di esercizi commerciali, leggere approfondimenti relativi a luoghi del patrimonio storico artistico e culturale della città, o organizzare escursioni a tutti gli effetti senza la presenza di una guida turistica. E per la prima volta, la precisione con cui i riferimenti virtuali corrispondenti agli oggetti reali è nell’ordine del centimetro.
È importante sottolineare che il concetto di Realtà Aumentata non è una novità negli stretti circuiti di R&D. Ma la possibilità di “toccarla” per la maggior parte delle aziende è arrivata solo negli ultimi anni, grazie ai dispositivi più evoluti ed alle prime versioni di smart-glasses. Per tecnologie giovani come l’XR, un anno è un periodo lungo durante il quale la tecnologia comincia ad essere più conosciuta e popolare. Due anni fa era veramente difficile parlare di “digital twin” ossia modello digitale, la gente confondeva VR con AR. Oggi durante la pandemia la gente comune, nei mercati di consumo si è maggiormente interessata a questi argomenti. E anche a livello tecnico abbiamo fatto grandi progressi: ora la nostra XR è persistente e condivisibile, in parole semplici significa che tanti utenti simultaneamente possono osservare la stessa scena in realtà aumentata, quindi il contenuto non scompare dopo aver chiuso l’app. Questa funzionalità ha dato vita al cosiddetto Spatial Cinema.
Scene di grafica 3D con personaggi animati possono essere inserite nel mondo reale. Quindi è possibile vedere, ad esempio, la scena di una battaglia storica 3D nel Colosseo.
Che cosa ti ha affascinata dell’AR? E quali esperienze reputi più interessanti e utili per i consumatori?
È difficile dire dove l’AR sia più utile, perché la possibilità di ottenere velocemente informazioni aggiuntive e vedere oltre il mondo reale è quasi essenziale in un mondo dove i processi e i tempi di vita aumentano di velocita ed efficienza ogni giorno di più. Ad oggi sono già noti i settori in cui si stanno implementando soluzioni basate sull’XR: turismo, entertainment, education, industria, edilizia/costruzione, marketing, arte, cultura, ed in campo militare.
Una galleria d’arte, un museo, un’industria, ma anche un comune cittadino possono facilmente creare una ricca esperienza interattiva basata sull’AR. Ad esempio:
Una mostra d’arte virtuale o una guida AR avanzata in un museo, senza l’uso di goffi dispositivi.
Un flusso di lavoro AR su un piano industriale o una piattaforma petrolifera per il controllo di gestione o per la formazione.
Una guida AR in un ristorante che può raccontare ai visitatori qualcosa sul cibo che stanno degustando
Giochi AR interattivi
Un nuovo entusiasmante strumento per mostrare a potenziali clienti come saranno i loro appartamenti.
Gli ambiti che personalmente preferisco sono il turismo, il mondo della formazione e dell’industria. Questo perché percepisco i vantaggi che può portare l’utilizzo dell’XR.
Ad esempio, noi lavoriamo in ambito scolastico con ragazzi tra i 10 ed i 17 anni, ed è molto motivante, perché sono immediatamente visibili gli effetti degli approfondimenti ai contenuti storici scientifici trasmessi con l’XR, oltre a suscitare un interesse che fa brillare gli occhi dei giovani.
I nostri figli, che siano bambini o adolescenti, mai come oggi hanno bisogno del nostro supporto per apprezzare e individuare i veri valori delle nostre radici, del nostro ricchissimo patrimonio culturale e la necessità di studiarlo. Alcuni argomenti possono risultare noiosi per i giovanissimi, spesso perché non si riesce a parlarne nella loro lingua.
È un dato di fatto che loro sono più tecnologici di noi; la tecnologia è il loro mezzo di comunicazione. Dobbiamo imparare anche noi a saperla utilizzare per trasmettere i veri valori della conoscenza.
Quali opportunità può offrire l’XR al settore turistico durante la pandemia e successivamente con la ripresa dei viaggi?
Spero che questi siano gli ultimi mesi di questa terribile pandemia. Ma ciò che rimarrà dopo questo periodo particolarmente strano è che la gente terrà molto di più alla propria privacy, alla salute ed alla sicurezza. L’utilizzo del proprio smartphone che può mostrare più contenuti di valore (rispetto all’utilizzo di dispositivi condivisi), sarà il trend di prossimi anni.
Avvicinare i turisti, soprattutto se giovani, a temi difficili da capire come la storia, la cultura e la religione non è facile. Una soluzione può essere quella di utilizzare un nuovo approccio come la Gamification. Possiamo raccontare questi concetti attraverso i loro personaggi animati preferiti. La tecnologia XR permette ai turisti di conoscere in modo più suggestivo il patrimonio storico di ogni piccolo luogo, elevando la qualità dell’esperienza del turista in generale. L’XR è uno strumento estremamente potente per promuovere e valorizzare il patrimonio artistico e culturale.
Grazie alle nuove tecnologie è possibile organizzare eventi da remoto in luoghi diversi nello stesso momento. Un artista non deve più viaggiare per mostrare alcune sue opere d’arte. Se esiste già una copia digitale (spazio 3D) della città, un artista facilmente può realizzare una mostra in realtà aumentata (senza dover pagare l’affitto di uno spazio espositivo).
Un’altra novità è rappresentata dalla guida gastronomica. Un personaggio 3D può presentarsi al tuo tavolo del ristorante e raccontare la storia del piatto che hai ordinato. Sembra una cosa fantastica specialmente se parliamo di un ristorante di cucina asiatica in occidente oppure per i turisti provenienti da paesi asiatici o arabi che ordinano un piatto europeo a loro sconosciuto.
L’app costruita con la collaborazione della città di Bari è stata presentata nell’estate 2020, ma ha già vinto premi prestigiosi come Huawei Innovation Contest 2019.
Il premio è stato vinto dalla tecnologia che abbiamo utilizzato e non dall’app. Fra poco non sarà necessario scaricare un’app per godere dei contenuti del Metaverso. La tendenza è arrivare alla webXR, cioè un utente dovrà solo aprire il link su un browser e utilizzare la camera del suo smartphone.
Quali caratteristiche innovative ha e quali altre città sono previste nel prossimo futuro? Facendo il download ho letto che sono disponibili San Pietroburgo e un quartiere di Amsterdam.
Ad oggi abbiamo spot in 167 città del mondo tra Italia, Stati Uniti, Olanda, Inghilterra, Russia, Turchia. Recentemente Ankara e Istanbul hanno ricevuto lo status di un test ben 3D grazie alla nostra app che ne ha realizzato il digital twin. Siamo motivati di non fermarci.
Quale sarà il ruolo dell’AR all’interno del Metaverso di cui tutti parlano negli ultimi mesi?
Il Metaverso è un’altra dimensione, uno spazio libero, ancora privo di censure per ampliare e migliorare il mondo reale. Il Metaverso è XR, ma globale. C’è ancora tanto lavoro da fare per sviluppare e consolidare il Metaverso. L’AR potrà essere uno strumento indispensabile per la sua fruizione, ma la tecnologia, di pari passo con la sua diffusione, ha ancora molti traguardi da raggiungere.
In futuro le riunioni che oggi si tengono via Zoom o altre piattaforme di videoconferenza molto probabilmente si terranno nel Metaverso, con una migliore interazione tra i partecipanti. Avremo un gemello digitale del nostro Business e amplieremo enormemente la nostra rete di relazioni commerciali e personali. Alcune aziende sono già al lavoro per creare ibridi basati su avatar di realtà virtuale e ambienti in realtà mista che trasformano il lavoro a distanza in un’esperienza significativa e produttiva. Il mondo dell’Education sarà stravolto da questo nuovo approccio, con innovative piattaforme che raggiungeranno milioni di studenti con modelli formativi molto più immersivi e performanti. Il Metaverso, che ormai tanti chiamano Multiverso, rappresenterà secondo molti una rivoluzione pari a quella che c’è stata con l’avvento di Internet negli anni ’90. I primi capaci di comprendere la portata di questa rivoluzione certamente ne trarranno enormi benefici.
Le storie in XR e social VR tornano in Italia ed incontrano Stefano Lazzari noto nel metaverso con l’avatar StexAuer. Ci siamo conosciuti in alcuni eventi in AltspaceVR, perché fa parte del gruppo Pyramid Cafè e di Meta Oculus Community Italy® | Italia. Affascinata dalla sua competenza su VR e mondi immersivi, ho scoperto di avere molte conoscenze in comune con lui. In fondo i mondi XR e social VR sono delle piazze virtuali dove il networking esce dalla rete e diventa reale.
Chi è Stex Auer
Stefano Lazzari aka Stex Auer è un Innovation evangelist, Media Content Manager e Social Media Strategist. Nel 2018 ha fondato Digitalguys.it, un network tra professionisti del digitale. A mio parere, risponde perfettamente all’archetipo dell’esploratore, perché fin dagli anni del boom di Second Life ha continuato a far ricerca e a tracciare nuove vie.
La storia di Stex
Scopriamo insieme i primi passi di Stex nell’XR e le sue passioni per i mondi immersivi. L’ho intervistato per voi.
Ciao Stefano, presentati ai nostri lettori con 3 parole chiave
Ah, partiamo difficile, Simo! ma è una sfida a pensare, e dunque l’accolgo ben volentieri e… fammici pensare… a few more minutes of waiting…ecco.
Traiblazer
Sono un trapper, un tracciatore di piste, ho vissuto da pioniere quando i modem pigolavano a 54 k, quando le pagine web erano grigie, i testi del minitel erano verde fosforo, quando la rete, tutto quello che stiamo vivendo era nei romanzi cyberpunk, e si faceva phreaking nelle cabine della SIP, ci si incontrava con Gomma e Caronia a COX18, si leggeva Decoder e Neural e si ascoltavano le Posse e i Talking Heads.
Chi è pioniere, pioniere resta, annusa il vento per sapere da che parte arriverà la pioggia, e legge le orme sul terreno per capire il futuro… con il GPS in tasca ovviamente. Spento. Tanto non serve.
Space cowboy
Dei miei trent’anni ho perso l’elasticità, ma perdio sulla tastiera vado veloce, molto veloce, e giù nel ciberspazio poco conta quanto l’entropia universale ha influito sul tuo corpo fisico. Il bello di essere un vecchio geek è che non c’è missione disperata che ti spaventi, non c’è ingaggio economico, o carriera che ti alletti o debba raggiungere o difendere. Un grande sogno e i soldi per realizzarlo. Io ci sto, vengo anche solo per divertirmi. Anzi, spesso solo per quello.
Zoomer
Sì, sono un Boomer, ma zip. Moses Znaimer è il nostro campione. everythingzoomer.com la nostra bandiera.
Una buona definizione di noi Zoomers italiani potrebbe essere quella di “Generazione de I Quindici” di cui io mi onoro di avere la prima edizione del 1964 e sulle cui solide fondamenta basa tutta la mia insaziabile sete di futuro. “il meglio deve ancora venire” ci diceva. Ed è il minimo che mi aspetto.
Ti definisci nel tuo profilo LinkedIn ‘Innovation evangelist’ che cosa significa per te l’innovazione?
Altra bella domanda. Mi sarebbe piaciuto lasciarmi trasportare dalla poesia e darti la risposta che più mi piace.
L’innovazione è “La lotta fra tradizionee invenzione,tra ordine e avventura“.
Queste belle, bellissime parole che mi commuovono alle lacrime non sono mie, sono di Guillaume Apollinaire, il poeta con cui ho condiviso la mia educazione sentimentale e la crescita del mio immaginario e delle visioni che solo la sensibilità al futuro ti sa dare.
Credo che la nostra sia stata la generazione che ha avuto la fortuna di vedere arrivare l’onda delle nuove tecnologie, e di averne costruito gli scenari che noi oggi viviamo… o subiamo, perché non siamo stati in grado di governarli. Questo sarà compito della generazione che ci segue e che avrà questa grande sfida da risolvere: fare andare il futuro dove è meglio, possibilmente con equità, inclusività e resilienza.
Per questo motivo e non per altro, per dare il testimone di questa corsa, dò la mia seconda definizione preferita:
“L’innovazione è la capacità di realizzarel’improbabile“
Queste sono le parole di Piero Bassetti, fondatore e guida della Fondazione Giannino Bassetti, che sintetizza molto bene il mio pensiero nella sua trasformazione da poetico a pratico, probabilmente più utile come strumento per manipolare il futuro. Diamoci una mossa!
Il tuo avatar ‘Stex Auer’ che definisci ‘gemello digitale’ è lo stesso fin dal 2006 quando sei entrato nel Metaverso? Perché hai scelto questo nickname?
Intanto sapere cos’è un gemello digitale, aiuta. Ci dice Wikipedia:
“Un gemello digitale è la rappresentazione virtuale di un’entità fisica, vivente o non vivente, di una persona o di un sistema anche complesso.”
Di me stesso ho spesso detto: “io sono tutti i miei dispositivi”, mettendo sullo stesso piano ogni forma nella quale si rappresenta la mia personalità, che sia un profilo social, un avatar, la mia persona.
Dunque sì, io sono me stesso in tutte le mie manifestazioni digitali o fisiche, Stex è Stefano, e lo è da sempre, e lo sarà: se ho tante espressioni corporee, ho un’ identità unica.
Anche il mio Nickname è in effetti il frutto di una fusione: Stex è un mio soprannome storico. Me lo diede la fidanzata di Alberto Marchisio negli anni ’90 una sera a casa sua, ragionando di musica (Alberto stava scrivendo per Castelvecchi “Trance & Drones” un libro sulla musica elettronica), mentre Auer era un “cognome di generazione” in Second Life, lo si poteva scegliere da abbinare al nome da una lunga lista. Cercavo Willer, Stex Willer, ma non c’era. Ho scelto Auer, suonava altrettanto bene. Da allora Stex e Stefano sono la stessa cosa. Stefano non mi chiama più nessuno, neppure mia moglie.
Ricordi le tue prime esperienze in XR e il tuo primo visore?
Certo che si! Sarebbe come non ricordarsi della prima bicicletta, del primo bacio. Mi ricordo, inquadrai la cover del libro di Steve Jobs, editato poco dopo la sua scomparsa, dove campeggiava il suo ritratto che si mise a parlare. Come un quadro a Hoghwarts. Fantastico. Il mio primo visore è stato un Oculus Rift, tutt’ora perfettamente funzionante a fianco del fratellino Quest. Che dire? Avevo gli occhiali appannati, metterlo fu un casino, e togliendomelo mi caddero a terra. Non un grande inizio. Ma poi è stato amore.
Eri appassionato di Second Life e all’epoca conoscevi già Magicflute Oh? Ci puoi raccontare qualche aneddoto curioso e/o divertente dei mondi virtuali che frequentavi?
Sì, ci siamo conosciuti in Second Life, negli anni del Boom della piattaforma. Cose mai viste. E ancora oggi rimane quella che più si avvicina al concetto di Metaverso… ma è un altro discorso. Dunque dicevo… certo non era l’unico mondo possibile, anche allora ci furono diversi esperimenti.
Uno riuscito era v-Side, un mondo oggi scomparso.
Sono entrato in vSide nel 2006, allora si chiamava ancora “The Lounge”. Bello graficamente, con molte possibilità di lavorare sul movimento e l’espressività dell’avatar: danzare, muoversi, esprimere emozioni con il corpo. Gli ambienti statici, ma pieni di luci e ombre, anche se le texture erano evidentemente fasulle e un po’ piatte, sembra di muoversi in ambienti profondi.
Un ambiente blindato, senza altra possibilità che giocare, ballare, fare shopping. In giro, nugoli di ragazzini dai nomi improbabilissimi e dal linguaggio fatto di “yo!” “lol” e poche altre parole acronimizzate, del tutto incomprensibili. Giocano a fare piramidi umane, balletti sincronizzati o cascano a terra dal ridere.
Me ne sono andato perchè non capivo letteralmente nulla di quello che si dicevano, Uno slang che mi ha condannato all’esclusione. Le poche volte che cercai di dialogare, mi sgamavano subito, usavo troppe parole…
Sei da vent’anni nel digitale e soprattutto nel content. Quali cambiamenti positivi e negativi hai notato e puoi evidenziare?
Cambiamenti, nel senso di evoluzione, tantissimi. Posso dirti tranquillamente che praticamente nulla di quello che erano le procedure e le tecnologie per lavorare nel digitale a fine anni ’90 e poi nel web del 2001 esiste oggi. La cosa che però mi preme sottolineare che nulla di quello che riguarda il mio lavoro esisteva prima. Letteralmente. Ce lo siamo praticamente inventato. Siamo stati in assoluto i primi a comunicare con il digitale. E questo mi fa pensare che molto probabilmente fra vent’anni, quando si farà questa domanda a chi oggi inizia il percorso delle VR/XR/AR si troverà a dire le mie stesse parole, e tutte le tecnologie che useranno, oggi semplicemente, non esistono.
Il digitale, per sua natura, è una cultura che non ha pratiche tradizionali, è continuamente in perpetual beta, l’instabilità è il suo stato naturale. Leggete Kevin Kelly, in “L’Inevitabile”, racconta bene questo stato. Non so se è bene o male.
Com’è nata l’idea di fondare nel 2016 il network Digitalguys.it? Quali esigenze può soddisfare?
Nasce dall’idea di mettere a fattore comune le conoscenze che avevano un gruppo di colleghi e amici per seguire sentieri fuori dai percorsi professionali convenzionali, esplorando percorsi nel digitale e nelle tecnologie poco battuti: in primo l’etica, e poi oggi, la virtualità. In futuro, vedremo!
Hai collaborato alla costituzione di Meet The Media Guru e ora sei all’interno di Meet – Digital Culture Center. Recentemente mi hai scritto: È ora che la tecnologia si rifletta nella cultura e non viceversa’. Ci spieghi il tuo pensiero e il tuo ruolo in Meet?
La mia storia professionale si è intrecciata con quella del Meet veramente in tempi non sospetti, all’alba di quegli anni ’90 in cui tutto è cominciato. Sin da subito la rivoluzione digitale si rivelò come un processo innovativo, nato tecnologico, ma che in effetti coinvolgeva tutti gli ambiti del nostro vivere. È così pervasivo, così facilitante, così leggero e così rapido, così adattabile a tutte le nostre attività che l’abbiamo fatto nostro con entusiasmo, senza troppo soffermarci sulle sue esternalità.
I cambiamenti avvengono in corso d’opera e non è facile riconoscere quando è il caso d’intervenire. È il dilemma di Collongridge:
“Quando il cambiamento è ancora facile non ne comprendiamo la necessità. Quando il bisogno di un cambiamento è evidente, è ormai difficile e costoso introdurlo.”
Ebbene è ora di iniziare a ragionare sul futuro della nostra società digitale a tempo, prima che sia troppo difficile e costoso farlo. Noi crediamo che per poter effettuare questo cambiamento, il driven sia la cultura che deve condurre, e non farsi più condurre dalla tecnologia.
Intelligenza Artificiale, Virtualità, Robotica, Blockchain, cosa ne vogliamo fare?
Parte del mio lavoro al MEET è proprio questo, ed è quello che ho sempre fatto: esplorare, guardare lontano. L’altro è comunicare quello che si è visto e metterlo in pratica.
Che percorso consiglieresti ad un giovaneche desideri approcciarsi all’XR?
“El niño que no estudia no es un buen revolucionario“, mi diceva Castro. Io da giovane studente negli anni ’70 ho cercato (malissimo) di attuare l’idea di studio come pratica rivoluzionaria, come esplorazione non convenzionale della realtà, come servizio alla comunità. Forse questa visione non è così obsoleta come sembra, e comunque merita a chi oggi inizia un percorso, una riflessione su come uscire dall’area di comfort dei propri interessi e di proseguire oltre.
In fondo, niente di diverso da quello che ha detto Jobs: “stay hungry, stay foolish”
In una serata in AltSpace VR ci hai parlato della tua idea di Metaverso dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto etico. Quali sviluppi possiamo aspettarci a breve?
A breve prevedo grandi spostamenti di denaro. Gli imperi si stanno muovendo sullo scacchiere del Metaverso, qualunque cosa sia nella testa dei grandi investitori. Credo che di etica tocchi a noi parlarne, ma con meno, molto meno soldi. Conto che ad ascoltarci ci siano ragazzi affamati e pazzi.
Le storie in XR hanno un respiro internazionale nel 2022. Chi frequenta i mondi di social VR e si occupa di XR conosce bene Carlos J. Ochoa Fernández che ho avuto il piacere d’intervistare per voi. Il nostro incontro è nato grazie alla VR/AR Association e in particolare all’Education Committee di cui Carlos è Co-Chair. Da formatrice ed appassionata di extended reality ho iniziato a seguire i suoi speech e a partecipare agli eventi da lui organizzati. Nel 2019 ho avuto anche l’occasione di ascoltarlo dal vivo a Piacenza all’evento ‘Scuola e virtuale’ dedicato all’education.
Per la prima volta l’intervista sarà in lingua inglese, ma ‘stay tuned’, perché ne seguiranno altre. Ampliamo i nostri orizzonti per conoscere e comprendere i cambiamenti in atto nella formazione e nella comunicazione.
Incontriamo Carlos J. Ochoa Fernández – Let’s meet Carlos J. Ochoa Fernández
Founder and CEO of ONE Digital Consulting, President VRAR Madrid Chapter, Co-Chair of VR/AR Education Committee, Immersive Learning Founding Member, ICICLE X-Reality for Learning and Performance Augmentation SIG, Member of Smart Cities Experts Group of AENOR (Spain).
Engineer from Madrid Polytechnic University, MBA from Babson College, Postgraduate in Innovation and Entrepreneurship by Maryland University, Master in Digital Marketing for International Business Development (ICEX) and ITC & Gis Certificate by Siemens Data-Technic Schule (Germany).
With over 30 years of International experience in the Innovation and New Advance Digital Technologies in ITC Industry and Digital Education. Leading successful organizations (SIEMENS, Sagentia, Altran, Founder and CEO of E_Learning Consulting, ONE Digital Consulting & SmartEducationLabs) with a balanced strategic mission and innovative business development vision.
Author of many publications, articles, and the White Paper “Best Practices in VR in Education” and “State of Art of XR in Education 2020” by VR/AR Association.
And now Simonetta and Carlos will talk about XR, VR education and many other topics.
Let’s start with ‘WHY’, as Simon Sinek’s Golden circle ‘docet’. Why did you approach XR?
Throughout my long professional career, I have been a very restless person, always attracted by emerging technologies and their application to the real world from different perspectives.
Especially in projects where the integration of complex solutions and technological convergence was required.
It was during my time at Siemens, when developing the Forest Plan project of the Community of Madrid, on environmental protection in forests and natural parks, we had the need to develop a simulation model of intervention and prevention of forest fires, evaluating its impact and subsequent reconstruction over the years.
To do this, we used different technologies, a GIS (geographical information system), integration of digital terrain models, cadaster data, land uses, and satellite images at different times of the year, in order to carry out evaluations and simulations, etc. At this time, together with engineers from different universities, we have already developed a very complex three-dimensional visualization and simulation system. Integrating vector, raster and alfa-numeric data in the same model.
At the Polytechnic University, I specialized in geodesy and photogrammetry and later, I expanded my studies in information technology and geographic information systems for two years, at the Siemens University in Germany. Which allowed me to have a very powerful knowledge and vision of three-dimensional environments, their integration with gis and subsequent modeling for simulations and impact studies.
I subsequently specialized in urban planning and cultural heritage, applying 3d reconstruction technologies, animations and virtual reality technologies in the development of various R&D projects in Europe.
This is the evolution and why I entered the world of Virtual Reality. What is synthesized and summarized in one of my favorite projects: The Virtual Reconstruction of the Islamic City of Cuenca, and its evolution over the years to the present.
When have you tried on your first headset? Do you remember your feelings? Do you have any funny memories to tell us?
Yes, of course, I remember those very first experiences. Recently a colleague from the VRAR association reminded me of it. It was around 1993, more or less, at a computer fair in Madrid. When I put on my first VR helmet, that giant device, full of cables, was super heavy and uncomfortable, to say something. The experience was like getting into a diver’s scuba diving suit.
I remember perfectly that I was in the middle of a deserted street, it seemed like the Wild West… I walked around for a while, and approached a mirror of that stage, and I began to move my arms and I could not see myself reflected. I automatically decided to take off the case and respond to the technical staff…this doesn’t work. If I don’t see myself, it’s not real… They were left with a face of absolute frustration… I left disappointed. I have to confess that I am very much an engineer, I like to touch, feel, and apply… I leave the metaphors for my intimate world.
In that time, my team and I at Siemens, worked with stereo graphics images from satellites with 3d glasses and silicon graphics workstations, overlaying vector maps in 3d for urban planning and environmental simulation…there were really exciting times.Have a look at this video.
You wrote the “White Paper” of “Best practices in VR Education” for the international VR/AR Association. You are a co-chair of VR/AR Education Committee and speaker in many conferences and workshops about innovation and immersive realities. What are the benefits of XR in education? Do you think that virtual education will have a great impact in 2022 in Spain and in Europe?
This is a question I ask myself year after year. And 5 years have passed since my presentation at the International Conference on Innovation in Education ICERI 2016, Are we ready for disruptive education with VRAR?
After all this time, many hours of investment, effort and evangelization around the world, I see that there is still a long way to go. It is an experience that is sometimes rewarding and sometimes frustrating.
Sometimes I have the feeling that we take two steps forward and one step back. And I keep wondering why. Why do we keep talking about the same things as 5 years ago, repeating the same slogans and set phrases… without too many promises kept?
But the lessons learned should make us reflect, listen more to the user’s needs, their priorities, in short, listen to reality, and not work and theorize about an imaginary or desired reality. This doesn’t work like that, and it’s very similar to what’s coming up with the Metaverse at the current time.
There are experiences, exemplary use cases… but acceptance and implementation take a long time, more than expected. Changes in the educational system require time, and a clear and well-defined value proposition. Beyond slogans about advantages and benefits, what is needed is evidence that supports the use of immersive technologies in the classroom and later, to see opportunities to replicate these successful models. But always from a global perspective, integrating technologies and not observing them in an isolated way. And it is here, for many reasons, that it is worth exploring and analyzing carefully.
How our ecosystem is configured, where we want to go, what are the real needs of the stakeholders, what is the implementation plan, the training plan, the budget and the sustainability plan that guarantees future investments based on results obtained. And this process, in public education, is very complicated to establish, beyond pilot programs, a lot of will, effort and investment.
During the last 20 years, I have had the opportunity to work with a large number of international educational institutions, publishers, governments, etc., assisting them in their digitization processes and the results are seen over time.
The basic pillars are well defined, and if we go down this path, the results, I am completely sure, will exceed expectations.
To support this conviction, I would like to highlight two of the most representative activities that we have carried out this year from ONE Digital Consulting: The VR/AR Train the Trainers program, with the participation of more than 1.000 teachers from all over the world, and the project “Music with the 5 senses” with the Reina Sofia Music School, to bring classical music and values closer to young people from 13 to 17 years old, to schools.
More than 1,000 students from different educational centers in Madrid have already experienced in first person, with a truly outstanding acceptance.
Education and training are the basis of everything, and especially when we want to implement new changes in the society.
The Covid-19 pandemic caused a disruption in education. We have experienced an important adoption of VR and AR in some schools and universities (Università degli Studi di Napoli ‘Parthenope’ and Politecnico of Turin). Someone started to teach in metaverse (Altspace VR, etc.) What are the most important changes we should make in educational strategy and in learning methods?
‘Education is a system; teaching is an action; learning is a process.’ Terry Heick.
Yes, it is true that Covid has had a direct impact on all aspects of our daily lives and, of course, on the educational system. Revealing the great weaknesses that it maintains, the problems of sustainability and technological adaptation, methodologies and responsible adoption of devices, connectivity and accessible content.
It has been a global experience, where the answer has been: save yourself.
In the face of great challenges, small solutions. This has helped certain institutions, or rather I would say, individual evangelizers, have been able to find solutions that would allow virtual access to classes, monitoring and tutoring. And with more or less success, some institutions/teachers have entered the world of collaborative virtual platforms, learning with their students to get the best possible performance and results. Discovering how to apply them, improve performance and maintain contact with students, in the best possible way. And all this, expanding the local ecosystem and having the opportunity to share experiences with teachers and students from all over the world. Something completely unimaginable just two years ago.
I would not dare to call these platforms Metaverse, since they were not born under that architecture or functionality, but they have served to learn to interact in a virtual environment, interact in a community and carry out activities that would have been impossible otherwise.
During these exciting times, some truly pioneering experiences have been developed worldwide, in which I have been lucky enough to actively participate and collaborate. As the first virtual congress of AWE in 2019; the first virtual congress of Educators in VR in Altspace, with thousands of participants from all over the world connected 24-hour online sessions throughout a week; or the experience of ILRN and its virtual platform in Virbela. An authentic global virtual campus, with classrooms, work centers, meeting rooms and experiences, open to Universities and Communities from all over the world.
Now, with the progressive return to the new normal, it is time to carefully analyze what we have learned, and how to apply a hybrid learning model and how to restructure teaching and learning methodologies in this new context.
At this point, many contradictions and discussions between presence and virtuality appear. And this is not the debate.
Generally speaking, Schools and Universities must train us as citizens and future entrepreneurs or employees of organizations in the real world. And this real world is rapidly changing towards collaborative, multidisciplinary, virtual and global organizations. Where their main activities are developed focused on projects, with teams built specifically focused on that project. They start and ends very fast, and rebuilt based on the specific needs of every kind of project. Therefore, presence does not make sense and in many cases, it is expensive and unfeasible, since these multidisciplinary teams are spread all over the world, in addition to not adding value to the client.
Obviously, educational institutions, their leaders and governors, have to be aware of this, or else, the educational system, the years lost and the degrees obtained will not serve to get a job in the digital society, reasons for frustration and drop out.
In this context, the current staff and their role must also be redefined. They must become change agents, intrapreneurs in their organization, and be trained in new methodologies and ways of working that are closer to today’s societies, more digitized and transformed, in order to take on its new challenges and not frustrate students on their way to find work after years of study, effort and sacrifice.
Thus, a redefinition of the educational system at a global level, a methodology review of teaching and learning methods is urgently required. Combining real life experiences, with ethics and essential foundations of philosophy and science.
And why do I say this? Many of the current challenges of the human being have already been raised by the classics, and if we read and listened to them more often, they would help us to solve future situations much better, which have been repeated throughout the history and evolution of man on earth.
Regulation, transparency, and ethics for meta-humans, a challenge for real humans.
What would you suggest to a young person who wants to approach immersive realities?
My personal recommendations would be the same that I make to the students who carry out their internships in our company ONE Digital Consulting center.
First, open your senses well and be willing to get excited and excited by living and experimenting unique experiences. If you’re not going to do something extraordinary, forget it. You better not to try.
Study, read and participate in reference forums and events, which allow you to complement your education and skills, and identify your future road to success. Looking for that space, where your commitment, contribution of value and knowledge, will make you feel that you are doing something truly unique and transcendent.
Do not get carried away by siren songs, bloggers and easy marketing mega trends, there are no shortcuts. Effort, work, study and the network will be your allies. These can be anywhere in the world and you can be one of them.
Study and let yourself be advised by experts, mentors who will help you develop this new career, which requires time and being constantly up to date.
Practice, enjoy and unleash the imagination where no one has gone before. There you will have your reward and it will be excellence.
Immersive realities, is the convergence of several advanced technologies, where you must find the best journey peers to complement your value proposition. You will find them on the net, groups of experts… there are innumerable channels of experts with incredible talent, you must be there.
During the summer of 2021 the metaverse became a buzzword and attracted many brands. What should we expect in the future?
We live in challenging and confusing times. A very harsh reality, where great inequalities appear between countries, cultures, regions… which makes us a much more fragile society than we initially thought. And this has its impact on the economy, personal development, customs, quality of life, and of course on education…etc. You have to be prepared to act and deal with unpredictable situations at all times. Be alert to signs, changes, migrations, pandemics, climate change, new forms of work, coexistence, leisure, communication, and personal relationships. This opens opportunities and in turn, closes doors.
The digital transformation agenda has been disrupted. There will no longer be a beginning and an end. It is a permanent state of adaptation to the social ecosystem that is in permanent transformation.
Although it is true that apparently many of these changes are not visualized, they are perceived as a tsunami, which arrives almost without warning and devastates everything.
The phenomenon of the Metaverse is a clear example of this. Something that everyone talks about, and very few know, understand, and are able to visualize it and materialize it in the future.
But there is no doubt that new business models are being developed, regardless of existing rules and regulations, where winning is the fundamental objective, at any cost. After great phrases, words, and marketing actions, strong trends appear that impose their fashions or part of them. In any case, this would be part of another very dense chapter, and for now, I do not want to go much further. But I am especially interested in some aspects, in particular those related to education.
And education is the basis of everything. Educate in, by, and for.
I recently had the opportunity to host the Metaverse at Education panel at the VRARA Metaverse Summit. “Are we ready for MetaEducation” was a complete success, with more than two hours of debate, 5 speakers, 60% women, and more than 200 online attendees. Here we talk about the current state of the ecosystem, the progress made in these two years, and the impact it was having on the world of education. We reviewed the benefits and barriers, as well as relevant critical aspects, on security, identity, bullying, harassment, equality, etc… a very interesting debate that opens the doors for us to work on these new horizons that are opening up before us and that I have allowed myself to go back into new immersive spaces and define the interrelationships between emotions, expressions and their temporary or ephemeral materialization in micro-universes.
Last but not least, I would love to share my very first experience around what I call “Metaphorical MicroUniverses”.
Last year I received a commission from the Escuela Superior de Música Reina Sofía to record a classical music concert with works by Mozart, Tchaikovsky, and Respighi. In order to make it reach schools, during the pandemic, through immersive virtual reality experiences.
To do this, we recreate 13 unique experiences, around each of the themes of the three musicians. Contextualizing them around an immersive story and narrative, with the story of a luthier, who explained the history of the construction of a violin, until reaching the interpreter who manages to get the best sound out of unique wood.
More than 2,500 hours of work, recorded with 3 360º cameras, many hours recording sessions, ambisonic sound, more than 20 different locations, 3D models and recreations, virtual environments, and their integration into an immersive space, which recreates these “Metaphorical MicroUniverses”, which have already toured several schools in Spain with truly extraordinary success.
An experience that can only be enjoyed from this space in virtual reality, and that is the context where we continue working on new immersive experiences… that will soon see the light.Have a look at this video in YouTube.
Le storie in XR continuano nel 2022 e ampliano gli orizzonti con nuove idee e sviluppi. Oggi si dedicano all’arte in realtà aumentata con un manager culturale, Joris Jaccarino che ho conosciuto grazie a LinkedIn. Era l’anno 2018 e il mio Google Day sull’XR organizzato a Google Italia grazie a Work Wide Women era alle porte. Per fare un po’ di promozione pubblicai un post sul seminario in LinkedIn, parlando della mia passione per la realtà estesa e dei casi studio che avrei analizzato con i partecipanti. Incuriosito dal mio post, Joris mi contattò per presentarmi MAUA – Museo di Arte Urbana Aumentata-.
In quei giorni si trovava a Torino per avviare un nuovo progetto in AR ed organizzammo di trovarci alla caffetteria della GAM (Galleria Arte Moderna). Restammo a chiacchierare a lungo di AR, di cultura e di progetti in XR, sorseggiando un caffè. Rimasi affascinata dal MAUA non solo dal punto di vista artistico, ma soprattutto per l’impatto sociale che poteva avere sui giovani. Da allora non ci siamo più persi di vista.
Chi è Joris Jaccarino
Joris Jaccarino è regista, curatore e manager culturale. Laureato in Filosofia, ha unito le sue ricerche nei campi dell’arte e del linguaggio dell’immagine a metodologie partecipative di co-creazione, gestendo dal 2009 il laboratorio di sociologia visiva e del cinema per l’Università Statale di Milano. Nel 2014 co-fondatore di Bepart – the public imagination movement, che si occupa di realtà aumentata a favore dell’arte negli spazi urbani. Si occupa principalmente di ideare, sviluppare e curare progetti di arte pubblica e partecipativa.
La storia di Joris
Scopriamo insieme com’è nato l’amore di Joris per l’arte e la realtà aumentata. L’ho intervistato per voi.
Ciao Joris, mi puoi raccontarequando e come ti sei appassionato di realtà immersivee soprattutto di AR?
Fin da piccolo ero stregato dalle immagini, mi affascinavano la fotografia e la sua capacità di raccontare ed evocare storie, il cinema e la sua forza di portarti in altri mondi e il teatro per il suo coinvolgimento fisico ed emotivo. Nella realtà aumentata e nelle tecnologie immersive ho visto in potenza molti di questi elementi e ho voluto provare a elaborare il linguaggio artistico e creativo di questi nuovi strumenti
Ci sono degli episodi che hanno segnato il tuo percorso e che vuoi condividere?
Sono figlio di una scultrice e un pittore, ho vissuto fino ai quindici anni in Argentina dove i miei genitori hanno fondato Willaldea con la Comuna Baires, una comunità teatrale che accoglieva attori e artisti provenienti dalla capitale, dall’Europa e dal Nord America. Ho frequentato le scuole argentine in un ambiente variopinto tra arte, pittura, natura e teatro.
A 16 anni, nel ’95, siamo tornati a vivere in Italia, a Milano, a causa della crisi economica che ha colpito il paese sudamericano in quegli anni. Mi sono laureato in filosofia alla Statale di Milano; nel frattempo frequentavo corsi di fotografia e cinema e studiavo il linguaggio dell’immagine, creando una mia personale poetica visiva. A Istanbul ho creato video assieme ai ragazzi dei quartieri periferici; a Roma ho fatto l’assistente alla regia, a Milano ho fondato il Laboratorio di Sociologia Visiva all’Università Statale. Nel tempo ho curato la regia di cortometraggi e documentari. Nel 2014 ho fondato Bepart, che si occupa di realtà aumentata applicata all’arte negli spazi urbani, da lì ho iniziato a ideare, progettare, coordinare e realizzare progetti che combinano fisico e digitale, narrazioni, partecipazione e arte pubblica.
Mi ha colpito il tuo percorso che dalla laurea in filosofia arriva alla realtà aumentata. Come si coniugano una materia classica con la tecnologia immersiva?
Filosofia e tecnologia convivono in me come la ricerca di un “giusto” equilibrio tra l’umano e la tecnica. Con gli occhi speculativi della filosofia ho iniziato a guardare il fenomeno nella sua complessità e sopratutto ho imparato a progettare, ovvero a guardare in maniera strutturata e problematica verso il futuro. In parallelo, avevo la necessità di sperimentare, di “sporcarmi le mani” nel fare. Ho così portato avanti questo doppio binario: quello del “sapere” della ‘sofia’ e quello del “fare” della tecnica, l’uno e l’altro si sono intrecciati e scambiati linfa vitale. La visione d’insieme, complessa ed etica della filosofia si è scontrata con l’esperire e si è incarnata attraverso l’emozione, l’errore e la pratica. Questa ricerca è tutt’oggi viva quando creo o realizzo dei progetti, è una continua ricerca ansiosa e preoccupata di un equilibrio responsabile e sostenibile in cui al centro ci sia l’essere umano.
Nel 2014 sei stato uno dei fondatori di Bepart – the public imagination movement, che si occupa di diffondere la realtà aumentata a favore dell’arte negli spazi urbani. Com’è nata l’idea?
Eravamo un gruppo di amici provenienti da mondi differenti, con la voglia di metterci in gioco e di fare progetti artistici per le città. La AR ci ha affascinato per la sua natura interdisciplinare, in cui possono convivere la pittura, la scultura, la fotografie, il video e la narrazione legata a spazi e oggetti fisici, il tutto in un unico medium.
Questo connubio ci ha permesso di sviluppare un nuovo linguaggio espressivo e di modificare i paradigmi delle esperienze di fruizione degli spazi urbani. L’ambiente percepito e quello digitale si sommano e convivono, permettendo utilizzi in differenti ambiti dall’educazione all’intrattenimento, dalla formazione alla progettazione; Bepart è questa voglia di sperimentare e provare… e creare comunità. Ad ogni progetto, infatti, si crea una comunità provvisoria che lascia in eredità delle relazioni forti.
Maua è un progetto di museo diffuso in città totalmente diverse (MAUA di Milano, Torino, ecc.) con un impegno davvero importante di coinvolgimento dei giovani dalla scelta delle opere da aumentare allo studio e alla realizzazione. Quale città ricordi con più piacere?
Mi sono affezionato molto alle città e alle persone con cui abbiamo realizzato questi progetti. L’impegno per realizzare un MAUA – Museo di Arte Urbana Aumentata – è molto grande, richiede tempo, esplorazione, studio e il supporto di tanti partners locali. MAUA è una forma di museo in cui la città è il luogo d’esposizione, in cui la curatela è dei cittadini stessi, sono le persone che se ne prendono cura e si impegnano a portare bellezza e generare interesse negli spazi pubblici.
Il MAUA è stato realizzato a Palermo, Milano, Torino e Waterford (Irlanda), ha coinvolto oltre 500 creativi e artisti che si sono occupati dell’ideazione e della realizzazione dei contenuti del museo. L’insieme delle opere di street art, delle opere digitali e dei territori tracciano nuovi “percorsi aumentati” prenotabili dal pubblico attraverso lapiattaforma. Si tratta di un’esposizione che esce dal classico spazio museale e si addentra nelle strade di un paesaggio urbano che ha le sue storie da raccontare. Realizzare un MAUA significa dunque scoprire la città, conoscere tante persone e cercare l’origine delle storie dei muri e dei suoi cittadini. Mi è difficile sceglierne una, perché di ognuna mi porto nel cuore i volti, le sue opere e le sue atmosfere.
Hai qualche episodio che desideri narrarci?
Durante il workshop del primo MAUA di Palermo conobbi l’artista australiano Chips Mackinolty, un veterano della poster-art internazionale. In quel periodo stava lavorando a un grande progetto creativo nell’antico mercato della Vucciria, nel quale con dei poster riproponeva sui muri e sulle strutture delle bancarelle la frutta, la verdura e i prodotti tipici oramai spariti dal commercio. Le sue opere, analogiche e materiche, riuscivano però a richiamare e anticipare la realtà aumentata; guardare alcuni suoi lavori alla Vucciaria mi faceva pensare che lui fosse un antesignano di questa tecnologia. Partecipò al workshop di realtà aumentata con grande curiosità, ma ciò che veramente mi colpì fu che un uomo di sessant’anni decidesse di mettersi in gioco con la realtà aumentata riuscendo a collaborare con una giovane creativa. Era una situazione molto buffa, due mondi agli antipodi che si incontravano, tra analogico e digitale, giovane e anziano, emisfero australe e boreale. Avevano metodi e visioni molto differenti, ma erano attratti dalla differenza dell’altro e seppero ascoltarsi profondamente. Mi affascinano coloro che continuano ad avere il coraggio di mettersi in gioco, di non dare mai nulla per scontato, neppure di se stessi.
Parli spesso di arte o processi partecipati.Puoi spiegarci meglio?
È una nostra cifra stilistica. Molti dei nostri progetti prevedono processi partecipati in cui i cittadini vengono coinvolti sin dalle fasi progettuali, facendo in modo che siano attori protagonisti. Per noi rappresenta un nodo importante per avvicinare maggiormente le persone alla cultura e all’arte, in questo modo l’appropriazione della bellezza della città avviene già in fase di creazione del progetto. Cerchiamo sempre di coinvolgere anche le fasce sociali più deboli o ai margini, per favorire la fruizione culturale di tutta quella fetta di popolazione che generalmente non frequenta i musei o spazi culturali. Il nostro intento è quello di dare la possibilità di un incontro reale, strutturando processi ragionati che coinvolgono attivamente e fanno discutere e riflettere. Nel prendere parte attiva alla creazione, si generano vere opportunità ‘di fare cultura’ e si legittima la capacità di sognare di ognuno di noi e di progettare il mondo in cui viviamo.
Perché un giovane artista dovrebbe scegliere la realtà aumentata per esprimere la propria arte?
L’AR crea uno spazio ibrido dove reale e virtuale convivono in un unico ambiente del quale è difficile definire i confini. Digitale e reale si fondono dando luogo ad una nuova sintassi, una nuova struttura logica, nuovi schemi di pensiero e di associazioni di idee. In questo ambiente ibrido le leggi della fisica sembrano sparire e lo spazio viene gestito dalle logiche dell’emozione; il visivo non è più solo immagine, ha caratteristiche simile ai sogni o alle allucinazioni in cui reale e fittizio convivono nello stesso spazio visivo, sostanzialmente ha il potere di far emergere l’invisibile. Questa tecnologia è portatrice di un nuovo linguaggio e, come ogni linguaggio, possiede una sua grammatica e una sua struttura che crea pensieri. Come ogni tecnica possiede, utilizza e scopre le possibilità del linguaggio che sperimenta, diventa cioè un modo di indagare il reale e di “sognare” il futuro del presente.
Che cosa significa diventare un ‘bepartist’?
Gli artisti e i creativi di oggi utilizzano sempre di più questo linguaggio ibrido tra fisico e digitale. Noi mettiamo a disposizione le nostre applicazioni e il nostro team di sviluppo per programmare e realizzare le tecnologie secondo le esigenze progettuali o degli artisti. In questo modo gli artisti possono concentrarsi maggiormente sulla loro opera ed essere affiancati da un team di professionisti per lo sviluppo dell’infrastruttura tecnologica.
Quali sono i progetti futuridi Joris?
Stiamo iniziando un progetto molto interessante e ambizioso in collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci: ora stiamo chiudendo la prima fase che è coinvolgere nuovi artisti. Abbiamo appena pubblicato una call for artists che scade tra pochi giorni, qui il link e le modalità per applicare. A questo seguirà una residenza artistica per la produzione di una mostra diffusa in realtà aumentata sui temi e le opere di Leonardo.
Le storie in social VR incontrano Claudio Pacchiega. Se frequentate i mondi immersivi da anni conoscete molto bene il suo avatarSalahzar Stenvaag. Già attivo in Second Life fin dal 2008 con attività di mentoring è noto al grande pubblico come facilitatore di Edu3D.
Ho avuto il piacere d’imbattermi in Salahzar due anni fa in AltspaceVR e, ritrovandolo spesso agli incontri di Pyramid Cafè, ho iniziato ad apprezzare la sua competenza tecnica e disponibilità. Mi ha incuriosito in particolare la sua capacità di mettere in connessione il mondo umanistico con quello tech.
Chi è Claudio Pacchiega
Claudio Pacchiega è un analista programmatore esperto in vari linguaggi di programmazione e in AI ed è diventato per hobby e per passione un divulgatore o facilitatore nei mondi virtuali, founder di Edu3D. Ha una lunga esperienza che sicuramente vi affascinerà, in quanto attraverso la sua storia personale viaggerete nel tempo oltre che nei mondi immersivi.
La storia di Claudio
Scopriamo insieme com’è nato l’amore di Claudio per la realtà virtuale e il social VR. L’ho intervistato per voi.
Quando ti sei approcciato per la primavolta alla realtà immersiva?Quali sono i tuoi ricordi più vivi?
La primissima volta che ho visto la realta’ immersiva credo che fosse da piccolo, quando divoravo tonnellate di libri (all’età di 8 -10 anni), in particolar modo quelli di scienza e di fantascienza. La mia fantasia è cresciuta in modo esponenziale portandomi a pensare a situazioni improbabili o futuribili e da lì fare il passo per cercare di crearne io stesso era breve…
Trascorrevo intere giornate nella mia immaginazione, inventandomi storie e figurandomi come i personaggi potessero interagire in contesti non convenzionali. Sin da quel periodo ricordo distintamente che avevo portato come progetto a scuola l’idea di fare una “Enciclopedia fatta da bambini per i bambini” con il contributo di ciascuno secondo le proprie possibilità. Ancora ho conservato qualche foglio dattiloscritto (ho imparato ad usare la macchina da scrivere quando avevo 11 anni) con una serie di concetti, anticipando credo di decenni la nascita di Wikipedia.
Nell’adolescenza sono anche stato un esperto giocatore di “Dungeons & Dragons”(un sistema di RolePlaying che si giocava con dadi su tabelloni con la ricostruzione di castelli, labirinti e segrete), diventando master (colui che progettava le avventure) per una nutrita compagnia di amici con i quali organizzavamo serate gioco in cui ci inventavamo degli ambienti totalmente virtuali e cercavamo anche di portarli oltre che nei cartelloni da gioco con i soldatini dipinti anche in castelli reali.
Ricordo ancora con entusiasmo le partite giocate dal vero nel Castello di Fenestrelle e poi anche al parco La Mandria di Venaria Reale dove usavamo le biciclette come “destrieri”.
Poi ho fatto varie esperienze di vita più o meno complesse fino a partecipare in maniera attiva ad organizzazioni pacifiste come, ad esempio, Servas.
In quest’associazione si organizzavano ogni anno delle assemblee mondiali che radunavano a volte anche migliaia di associati e le cui spese di organizzazione, volo, pernottamento costavano tantissimo. A quel punto ho visto che esisteva Second Life, eravamo nel 2007 e ho cominciato ad interessarmi a questo mondo per poterlo utilizzare per organizzare incontri mondiali efficaci e ridurre i costi. Ma vedendo che la mia associazione era poco propensa non solo a queste soluzioni avveniristiche, ma anche soltanto all’uso di Internet l’ho abbandonata gradualmente e mi sono tuffato in quest’esperienza virtuale da assoluto outsider individualista.
SecondLife offriva infatti la possibilità a chiunque di poter realizzare, costruire e progettare praticamente qualunque cosa concepibile e anche poter sperimentare rapporti sociali e personali con persone che vivevano in paesi lontanissimi con fusi orari improbabili. Era in pratica un universo sterminato in cui si potevano trovare cose nuove ed interessanti ad ogni login: dai paesaggi mozzafiato a persone interessanti e disponibili in ogni dove e a qualunque ora.
Vivevo pressochè almeno 7 ore al giorno in questo ambiente, di fatto avendo una vita parallela pronunciata e i miei sogni avvenivano per lo più in quanto avatar iperrealistici con avventure iperboliche. Per un certo periodo di tempo è stato qualcosa di molto più reale della mia vita ordinaria quotidiana, che peraltro non era disturbata da questa “schizofrenia”, ma spesso arricchita e le ottime esperienze positive nei mondi virtuali riuscivano ad aiutare anche la “prima” vita, dandomi fiducia in me stesso e la capacità di affrontare meglio le avversità.
Nei mondi virtuali ho assistito allo sbocciare di persone che nella vita reale pensavano di non essere adeguati o insignificanti e che invece in questo ambiente sono riusciti a diventare creatori, artisti, persone interessanti e a costruire progetti personali e collettivi di alto livello. La mia stessa parabola non differisce, da persona timida e incapace di parlare in pubblico ho sviluppato anche grazie alle esperienze virtuali capacità, faccia tosta e competenze che hanno avuto un impatto nella mia realtà personale. Sono anche entrato in contatto con personaggi famosi, studiosi di antropologia come Tom Boelstorff, ma anche, ad esempio, docenti universitari e strutture militari americane che usavano i mondi virtuali per simulare ambientazioni socioeconomiche critiche.
Tom Boestorff, ad esempio, aveva dedicato anni di vita ad esplorare i mondi virtuali, all’inizio SecondLife, ma poi anche altri universi di giochi virtuali collettivi come World Of Warcraft e molte altre piattaforme. La sua tesi principale era che i mondi virtuali non fossero alternative alla “realtà vera” ma autentiche estensioni della vita degli esseri umani (tesi peraltro che negli ultimi due anni è diventata molto realistica a seguito della pandemia).
Durante la fase di novità e scoperta, credo che questo periodo di “droga da mondi virtuali” sia comune a molti che decidono di vivere spesso in modo esclusivo in un universo virtuale autocontentuto ed autoreferenziale.
Ad un certo punto, a partire dal 2013 circa ho ridotto progressivamente l’uso della realtà immersiva fino al momento attuale in cui la uso in maniera estremamente controllata e solo quando ce ne sia effettivamente il bisogno. Ogni cosa va colta nel momento giusto, e soprattutto in modo non estremizzato, lasciandosi sempre aperta la mente per altre opportunità.
In modo particolare ho smesso di occuparmi di SecondLife, in quanto essendo un “prodotto” legato al consumismo ha avuto la grave pecca di riportare all’interno dei mondi virtuali la (brutta) situazione del mondo reale in cui tutto si compra, si vende a prezzi anche non irrisori con la conservazione di quell’ideologia del Capitalismo e della Proprietà Intellettuale che generava disuguaglianze, privilegi, persone VIP, Ricche e Famose, che strideva con il mio ideale che si era strutturato via via verso un’ottica di Condivisione della Conoscenza a titolo gratuito, dell’eguaglianza fra le persone e delle possibilità economiche. Ideali che meglio si potevano concretizzare in altri mondi virtuali e con premesse “Educative” dove con educative si intende l’acquisizione di nuove conoscenze la condivisione di queste con gli altri (vedi oltre).
Chi è Claudio PacchiegaakaSalahzar Stenvaag? Perché hai scelto questo avatar?
Sono un analista programmatore (tradotto lavoro con i computer) in vari linguaggi di programmazione fra cui spicca Java, Scala, Python. Mi sono sempre interessato all’informatica e alle possibilità di amplificazione delle capacità umane offerte dai computer e da Internet. Ho però anche studiato la parte umanistica dando esami di Filosofia, Geografia Umana e mi sono interessato a problemi di antropologia, psicologia e linguistica.
Ultimamente sto lavorando molto nel campo dell’Intelligenza Artificiale, dell’analisi del testo attraverso Reti Neurali Profonde. L’attività nei mondi virtuali l’ho visto progressivamente come hobby e passione da abbinare al mio lavoro nei momenti di svago, sufficientemente distante dall’attività giornaliera, che mi consente di aiutare gli altri e di costruire insieme progetti comunità e risultati di forte qualità. Inoltre ciò mi ha dato il lessico per poter parlare con ragazzi e persone di altre generazioni, rendendomi meno rigido e di aperte vedute.
Il fatto di essere diventato un divulgatore o facilitatore nei mondi virtuali e specialmente usando la voce, anche questo è quasi casuale. Il tutto è legato al fatto che una volta mentre mi stavo appassionando, spiegando a voce un concetto in un’area pubblica, alcuni amici mi hanno sentito e mi hanno convinto che fosse un vero peccato non sfruttare quel dono, facendo degli incontri e dei corsi a voce (in quel momento le lezioni si svolgevano per lo più via chat ed in modo scritto). Notavano infatti come la mia voce, il tono e il modo che avevo di raccontare le cose fosse profondamente coinvolgente ed empatico e meritava di essere messo a frutto senza timidezze. E offrire alle persone dei percorsi di autoformazione e dotarsi di obiettivi nei mondi virtuali era qualcosa di utile e necessario.. Come dicevo nella risposta precedente, dopo pochi mesi di libero vagare nel mondo virtuale le persone che utilizzavano i mondi virtuali solo per puro divertimento, potevano facilmente disamorarsi e annoiarsi, e che fosse consigliabile che ognuno si proponesse uno scopo e/o un progetto creativo da realizzare. Anche banale come ad esempio creare una opera d’arte personale. Utilizzare i mondi virtuali da mero utente toglieva almeno il 70% della bellezza di questi ambienti relegandoli a semplice passatempo (nulla di male in questo, ma esistono infiniti altri passatempi più interessanti). Introdurre invece un elemento progettuale anche su obiettivi semplici e non accademici consente invece di costruire una rete sociale che rimane incisa nella storia.
Al momento dell’ingresso nei mondi virtuali ero però reduce da anni di riunioni, incontri con Skype che duravano ore, problemi e confronti con i rappresentanti della comunità Servas in Italia, il cui obiettivo era spesso quello di creare zizzania, litigare e di non arrivare a risultati condivisi, per questo avevo maturato una sorta di diffidenza verso le comunità italiane piene di pettegolezzi e di inutili ‘drama‘. Per questo motivo quando sono entrato in SeconfLife e ho dovuto scegliermi un nome ho scelto il nome fra quelli proposti che rendesse meno probabile affiancarmi ad un italiano. Salahzar era un nick che usavo già da qualche anno pubblicando blog di fotografie e poesie sugli ambienti dell’epoca. Il nome originario avrebbe dovuto essere Salazar e doveva essere il nome del 4° re magio, personaggio fittizio che però rappresentava un personaggio outsider, fuori dagli schemi, la h l’avevo aggiunta perchè di Salazar ne esistevano già troppi, mentre Stenvaag era un cognome fra quelli nella rosa delle scelte che tutto sembrava fuorchè italiano. Presto, vagando per SecondLife, ho assunto le sembianze di una specie di pirata con bandana, capelli spettinati, vestito medievale e mantello, che pensavo mi rappresentasse adeguatamente. Di fatto questo avatar non l’ho più cambiato anche dopo anni in SL, e mi sono un po’ rifiutato di dedicare tantissimo tempo a curare il mio aspetto, cosa che rischiava da sola di occupare intere giornate oltre a costare decisamente diversi Euro.
Pertanto anche ora il mio aspetto è diventato abbastanza casuale, anche se nel mondo di Vircadia, partendo da una foto, qualche allievo mi ha costruito un avatar relativamente somigliante al mondo reale (in meglio ovviamente come sempre accade in questi casi).
Da informatico che cosa hai trovato di utilesia per i tuoicolleghi più tecnici sia per newbies?
Le due parti che possono generare interesse in un tecnico sono:
la parte di resa grafica degli oggetti tridimensionali, dei colori delle ambientazioni
la parte di scripting, la capacità cioè di fare in modo che i modelli 3d inseriti nei mondi virtuali siano in grado di reagire a stimoli interattivi (al tocco, all’avvicinarsi di avatar o a logiche particolari) o comunque di generare situazioni dinamiche e di movimento, cosa che effettivamente e specialmente se esperite da un visore VR consentono di vivere veramente un mondo virtuale, distinguendolo da un semplice paesaggio di natura morta.
Questa capacità di far vivere muovere, parlare e rispondere a quanto accade attorno a loro agli oggetti aggiunge quel carattere di realtà, di sorpresa e di meraviglia che consente di sfruttare al meglio questi mondi sia dal punto di vista artistico che educativo e anche per quanto riguarda la creazione di incontri e dibattiti. Per quanto riguarda la costruzione 3d SecondLife è iniziata, partendo da una costruzione degli oggetti detta “a prim” che consentiva di agire a chiunque non avesse nessuna competenza grafica. Il metodo costruttivo si chiamava “prim torture” per la capacità di ottenere forme complesse partendo da forme banali. Ricordo ancora in SecondLife delle gare di costruzione in cui si dovevano costruire in tempo reale e in pochi minuti strutture complesse come un cane, una casa o altro, eventi che prendevano il nome di primtionary.
Parlando di esperienze vivide infatti ricordo ancora l’emozione quando ho visto per la prima volta in un video in inglese come da un cilindro, una ragazza faceva vedere in pochi minuti come si potesse costruire una casa e dei ponti sull’acqua oppure come costruire un tavolino partendo da un prim. Vedere questo genere di tutorial ha condizionato come vedrete la mia esperienza virtuale successiva. E la prima idea di costruire video tutorial.
Purtroppo questo modo di costruire esiste solo in SL e non può essere utilizzato in altri mondi virtuali, per cui ben presto non appena è stato possibile ci siamo concentrati sulla possibilità costruttiva offerta da Blender un programma pass partout gratuito opensource che fin dalle origini ha consentito di produrre materiale per SecondLife (all’inizio soltanto come sculpted prim) e in seguito in maniera coerente e standard con altre architetture come quelle in uso attualmente (AltSpaceVR, VRChat, Sansar, Vircadia etc).
Per quanto riguarda lo scripting invece, ad esempio, una delle cose che interessava sempre le persone erano gli script interattivi al tocco. Risultavano utilissimi per attività di gestione delle riunioni e degli incontri: gli script tenevano conto degli interventi in una riunione, delle presenze, tavole che si allargavano automaticamente per far accomodare avatar che arrivavano oppure ancora i famosi script per cui ero diventato noto in SL fin da subito per costruire delle lavagne in cui rappresentare testualmente appunti e annotazioni che consentivano ad esempio di utilizzare lingue diverse dall’inglese. Oppure uno script che consentiva di realizzare Wiki 3D con nodi 3d rappresentati da nodi per una rappresentazione di mappe concettuali cooperative.
Mi hai raccontato delle tue esperienze in Second Life soprattutto nella realtà Vulcano come mentor. Com’è nata l’idea e come si è sviluppata?
Qui è un po’ più complesso. Andiamo con ordine per non mischiare le varie cose e scusate la dissertazione storica virtuale che copre il periodo 2007-2011 circa (ve l’ho detto che mi piace anche la Storia?):
1. Mentori in SL. In SecondLife nel 2008 c’era una community gestita dalla Linden Lab (Società che aveva creato SL), che formava persone che volontariamente davano assistenza ai newbie che erano appena entrati nel “gioco”. Questo ruolo denominato “Mentor” era un “lavoro” praticamente a tempo pieno in cui cercavamo di risolvere tutti i problemi delle persone che cercavano di utilizzare la piattaforma e avevano problemi. Per entrare occorreva fare un corso relativamente impegnativo con lezioni in DaD diremmo oggi, valutazione, prove sul campo etc.
Niente di semplice insomma, occorreva essere fortemente motivati, ma era considerato un ruolo prestigioso che dava apparentemene alcuni privilegi, primo fra tutti essere in contatto diretto con gli dei che avevano progettato il mondo. Per esempio in quanto Mentore io ho partecipato in prima persona alla traduzione del viewer in lingua italiana. Ad un certo punto la Linden ha sospeso il programma di mentoring per cui si è ingenerato molto caos e diversi ex-mentori si sono costituiti in associazioni locali e private (ad esempio i mentori italiani) su base volontaria oppure appoggiati a land finanziate da “imprenditori” virtuali che cercavano di condizionare i newbie a frequentare le loro isole. Una delle attività dei mentori era anche di organizzare dei corsi per usare la piattaforma.
2. ALI Accademia delle Land Italiane. Nel 2008 io insieme ad altre persone formatori attivi in SL avevamo costituito una prima alternativa locale per aiutare gli italiani attraverso dei corsi. Esistevano associazioni simili in lingua inglese sviluppate da volontari in altri angoli di SL, ma erano spesso un po’ rigide e con protocolli interni abbastanza complessi. ALI nasceva da una idea di comunità leggera, che sarà poi il cavallo di battaglia delle mie iniziative future. Il nome derivava dalla presenza di un catalogo delle land Italiane, organizzato e gestito da OpenSource Obscure, che cercava di censire le land Italiane. ALI cercava di dare a queste land la possibilità di avere dei volontari mentor che aiutassero gli italiani nei loro problemi di uso della piattaforma.Questa prima associazione organizzava corsi di building, di scripting su base settimanale.
3. Vulcano. Vulcano ha avuto una storia complessa ed intrigante. Nata per caso a seguito del fatto che Grillo in quel periodo era entrato in SL e aveva scritto un articolo a proposito di una mitica isola chiamata Vulcano. Dato che esisteva un’isola con quel nome molte persone si sono incontrate in quella sim e hanno dato luogo a questo interessante esperimento di autogestione di una risorsa virtuale. Purtroppo quest’esperienza non è finita nel modo migliore, ma ha lanciato una modalità di gestire il metaverso che prima era sconosciuta, legata alla cooperazione, alla libera iniziativa e capacità di autoregolamentazione individuale.
Ha condotto, ad esempio, alla costruzione di una sorta di “senato” organizzativo che redigeva un manifesto di mutua coesistenza civile, regolamentando le costruzioni e gestendo le “spese” che alla fine erano denaro sonante da consegnare mensilmente alla Linden per l’affitto del luogo virtuale (all’epoca si parlava di 300-500 euro al mese).
Pur essendoci una gerarchia sociale non banale in Vulcano non esisteva la figura del Mentore, ma piuttosto una serie di Helper che aiutavano e controllavano che tutto si svolgesse correttamente. Io in particolare non ho mai svolto la funziona di Helper in Vulcano, ma avevo partecipato ad alcune sessioni di questo “senato” che poi erano incontri liberi e aperti a tutti. Ognuno poteva partecipare in Vulcano, presentando un progetto di carattere non privato (era vietato, ad esempio, costruire case e abitazioni) e poteva disporre di un patrimonio gratuito di 50 prim o di 150 prim se presentava un progetto.
“””Detta in assoluta sintesi, il senso di chi si avvicina a Vulcano è quello di essere libero di realizzare i propri progetti completamente originali potendo creare cooperativamente delle installazioni e soprattutto sperimentare queste “creazioni” in una comunità di pari. Ognuno può utilizzare fino a 50 prim senza particolari formalità, può fare un progetto con circa 150 prim inserendo un manifesto di presentazione del progetto. E comunque collaborare alla vita della Comunity in modo tollerante ed integrato. Non ci sono capi e le decisioni vengono prese in modo comunitario attraverso riunioni periodiche e il sito internet openvulvano.wikispaces.com.”””
4. PyramidCafè. Era uno dei tanti progetti in Vulcano, creato da Francesco Spadafina (MagicFlute) e da altri. Intendeva aggregare i vari costruttori anarchici di Vulcano, cercando di dare loro la possibilità di avere una vita sociale rappresentata inizialmente dal Cafè dove i vari lavoranti potevano incontrarsi per discutere e confrontarsi in modo libero ed eventualmente progettare nuovi lavori insieme.
Ricordiamo che Vulcano si basava su progetti ed esperienze spesso individuali o comunque scarsamente comunicanti. Pyramid aggregava persone con l’idea di creare eventi a carattere sia informativo, che anche educativo. Ero stato contattato da Magic per portare l’esperienza che avevo iniziato in ALI, all’interno di Vulcano. Ero poi diventato e lo sono tuttora un owner di PyramidCafè. L’idea era che Pyramid fosse un gruppo di persone il cui intento era quello di condividere la conoscenza attraverso eventi ed occasioni di incontro. Nel tempo Pyramid aveva gestito e organizzato eventi sui più disparati temi come, ad esempio, valute sintetiche e virtuali, Internet delle Cose, interviste ad antropologi Italiani come Mario Gerosa (giornalista che si è occupato spesso di temi legati ai mondi virtuali) ecc.
Ti ho conosciuto per la tua attività su EDU3d. Perché è nata questa comunità di praticae con quale finalità?
A partire dal 2011 ho cominciato a collaborare con INDIRE (ente del Ministero dell’istruzione Italiana), che aveva deciso di investire nella creazione di un universo virtuale molto simile a SL, ma utilizzando tecnologie opensource, la piattaforma OpenSim.
L’universo virtuale (nel gergo chiamato GRID) costruito era destinato esclusivamente ad insegnanti e alle loro classi e si chiama (esiste tuttora) Edmondo. In questa grid venivano erogati dei corsi di alfabetizzazione ai mondi virtuali e per alcuni di questi ero stato contattato per organizzare e gestire corsi di building e di scripting. La mia attività in quella piattaforma si è svolta fino agli anni 2017- 2018. Successivamente INDIRE ha preferito gestire in modo autonomo le formazioni agli insegnanti e soprattutto pare che si sia indirizzata ad altri filoni di realtà virtuale per bambini (Minecraft) con una collaborazione con Microsoft.
Sempre in quel periodo sono entrato direttamente in contatto con la grid italiana di OpenSim, inizialmente Cyberlandia, successivamente l’attività si era trasferita in Craft, come efficacemente spiegato da Licu (Raffaele Macis) in un’intervista. Insieme ad alcuni amici toscani e simpatizzanti in SL fondammo un gruppo di lavoro denominato OSITA (OpenSim ITA) in cui ci proponevamo di aiutare le persone ad utilizzare OpenSim, e soprattutto cercavamo di confezionare OpenSim in un modo tale da poter essere utilizzato come Kit didattico nelle scuole. OSITA è presto confluita in PYRAMIDOSITA, cogestendo quest’iniziativa con Pyramid.
Nel frattempo, essendo venuti in contatto con molti insegnanti e volontari, avevamo deciso che l’esperienza di Edmondo poteva essere resa meno rigida e meno legata alle scadenze e ai finanziamenti ministeriali e offerta in termini di puro volontariato all’interno della grid CRAFT, con la collaborazione diretta con Raffaele Macis con un programma liberamente scelto sulla base delle necessità didattiche delle persone interessate. Fu così che insieme con Giliola Giurgola fondammo Edu3D che via via è diventato una fucina sempre crescente soprattutto di corsi su Blender, di scripting e in generale di “sopravvivenza nei mondi virtuali“, ma anche disquisizioni di matematica, poesia, corsi sul pensiero laterale, progettazione e costruzione di Escape Room.
Devo ringraziare parecchi volontari fra i quali, ad esempio, Eva Kraai e Michelangelo Tricarico con cui abbiamo organizzato parecchi corsi e continuiamo a farlo con un calendario spesso fitto di eventi. I corsi non si sono limitati a OpenSim, ma negli ultimi anni abbiamo fatto parecchio sui nuovi mondi in realtà virtuale (Mozilla HUBS, AltSpaceVR, VRChat, Vircadia).
I partecipanti hanno apprezzato il carattere pragmatico e “laboratoriale” tipico dei nostri corsi, nei quali cerchiamo di dare gli strumenti metodologici sperando di costruire una buona comunità di pratica, vale a dire una community in cui non ci sono insegnanti, ma facilitatori ed amici che stimolano vicendevolmente i partecipanti nelle attività da fare e si cerca di affrontare argomenti anche ignoti in modo cooperativo. In questo senso si usa pesantemente anche una metodologia di classe capovolta che prevede che il programma stesso venga approfondito dagli stessi partecipanti che quindi sono posti in un’ottica di partecipazione attiva in cui loro stessi ricercano le informazioni e partecipano coadiuvando il facilitatore del corso, scambiandosi trucchi e suggerimenti ed utilizzando anche Facebook, Google classroom o altri sistemi comunicativi.
Edu3d non si propone in modo istituzionalizzato, ma come incontro fra amici che vogliono approfondire un argomento tecnico, scambiandosi e rendendo pubblici le ricette, gli strumenti e il meccanismo d’uso degli stessi attraverso tutorial, video, schede riassuntive, consigli e stimolandosi l’un l’altro vedendo cosa viene fatto dai vari partecipanti.
Voi di EDU3d vi ponete non tanto come docenti, quanto più come facilitatori che accompagnano e supportano gratuitamente in esperienze in varie piattaforme. Quali percorsi ti senti di suggerire per iniziare i primi passi nel social VR e costruire mondi?
Esattamente, a me non piace per nulla essere considerato un professore onnisciente, ma al massimo come una persona che aiuta e stimola. Il percorso principale devono svolgerlo i partecipanti, seguendo i loro ritmi e le loro necessità. Ognuno ha un’agenda differente e non esiste un modo di spiegare che vada bene a tutti. La cosa principale è che chi voglia fare qualcosa nei mondi virtuali, ma ritenga di essere ignorante o di non avere gli strumenti, inizi cercando di capire bene dove vuole arrivare e come gestire il proprio tempo, facendosi aiutare, ma anche aiutando gli altri. Non fa parte del nostro DNA, in quanto in Edu3d non disideriamo incontrare persone che vogliano solo sfruttare i nostri corsi senza dare niente in cambio alla collettività collaborando e mettendo a disposizione di tutti competenze e conoscenze che non sono ovvie. Non ci interessano persone che si limitino ad ostentare quanto sanno fare senza spiegare in modo chiaro come lo hanno fatto o che lo fanno per un fine esplicito di lucro.
Se mi chiedi un percorso da cui possono partire persone interessate a queste tematiche direi che dipende un po’ come dicevo dai loro obiettivi e dagli strumenti tecnologici che intendono utilizzare. Noi offriamo dei percorsi e cerchiamo di individuare i punti di contatto fra tutti. Chi vuole contattarci ci trova facilmente su Facebook nei gruppi Edu3d, Edu3d Blender, Edu3d VR.
Quasi tutti i nostri percorsi passano attraverso Blender, perchè rappresenta un po’ l’ABC per tutte le costruzioni virtuali. Quindi è fondamentale imparare ad usare Blender, magari non ad un livello complesso, ma sufficiente per fare cose elementari come, ad esempio, delle monete o dei semplici pupazzi animati. Avevo fatto un paio di anni fa un corso cosiddetto LowPoli che consentiva di fare oggetti in modo molto stilizzato e in pochissimo tempo. Poi se volete dedicarvi ad AltSpaceVR, oppure a VRChat oppure se volete programmare i visori di realtà virtuale o anche i Google Cardboard dovete avere competenze di Unity.
Se volete invece la soluzione è più “facile” e consolidata e sperimentata da anni in varie scuole italiane potete imparare ad usare OpenSim ed entrate nella Grid Craft, dove trovate una community di persone che vi possono aiutare. Non solo Edu3d, ma anche altre realtà di volontari e anche ad esempio MdM, il museo del Metaverso. Sempre una soluzione semplice ed immediata è offerta da Mozilla Hubs oppure da FrameVR.
Per chi vuole invece una soluzione ricca ed articolata che contempla sia i visori che un accesso dal PC, il corso di Vircadia che stiamo tenendo direi che è fortemente indicato. Vi consentirà di creare e scriptare costruzioni 3d, manichini, avatar etc.. di alta qualità in modo relativamente facile. Ma dovete anche avere un pc abbastanza serio, no quindi a pc vecchissimi o privi di scheda grafica.
In realtà è difficile dire a priori quale sia il percorso più adatto, perché occorre verificare caso per caso. Noi in Edu3d abbiamo affrontato non dico tutti quelli possibili, ma buona parte. Abbiamo anche esplorato soluzioni con minecraft o con minetest, utili, ad esempio, a scuola con i bambini.
A questo proposito ho notato che da parte di molti vi è un pregiudizio estetico verso le piattaforme con avatar grossolani come peraltro è ad esempio Altspacevr. C’è da dire però che diversi percorsi non hanno minimamente bisogno di avere una grafica iperrealistica e anzi il fatto di ridurre le pretese a modelli LowPoli spesso li rende molto più facili da realizzare e da gestire e quindi fattibili.
Alcune università stanno sperimentando nuovi corsi in VR ed in mondi immersivi di social VR. Dal momento che sei uno sperimentatore da anni quali sono le piattaforme più indicate al settore edutainment e formazione a tuo parere?
La principale premessa che vorrei fare è che il mondo VR, al momento attuale perlomeno della sua evoluzione, non è adatto nè raccomandabile per eseguire dei corsi full-immersion di lunga durata. Non credo, ad esempio, che sia una buona idea organizzare un intero corso universitario (8h al giorno per 5 gg alla settimana) interamente su piattaforma VR.
Il peso degli attuali visori infatti produce alla lunga, ma in alcuni casi bastano anche solo 5 minuti, dei disagi abbastanza gravi a molte persone. Un’iniziativa in VR deve essere ristretta in un tempo molto limitato non più di due ore continuative, meglio meno. Si dovrebbero utilizzare questo tipo di esperienze in casi abbastanza particolari quando si vuole dare un’impressione realistica molto forte, ma non bisogna abusarne.
Anche l’immersività via PC senza visore non dovrebbe essere intesa come esclusiva. L’accesso a mondi via pc come OpenSim, Vircadia, SecondLife etc, consente di usarli per un tempo maggiore, per esempio anche 3-4 ore, o perfino tutto il giorno, ma in generale non raccomanderei un uso esclusivo per giorni o settimane. Gli incontri di questo tipo devono essere intervallati da altri sistemi, se possibile in presenza diretta, altrimenti utilizzando altri strumenti di condivisione schermo o di teleconferenza come Zoom o altri.
Fra le piattaforme più semplici da usare in VR ritengo che le migliori siano quelle multipurpose come AltSpace, Mozilla HUBS, Vircadia, VRChat. Darei sempre la priorità a progetti OpenSource anzichè i progetti proprietari, perchè proprio nel mondo di Realtà Virtuale e simili, si è già visto diverse volte che imprese private che avevano fatto ottimi prodotti sono scomparsi dalla sera alla mattina oppure hanno cominciato a chiedere una fee per l’uso dei prodotti che è difficilmente compatibile con un uso educativo nelle scuole e università dove i finanziamenti sono spesso insufficienti o totalmente assenti.
Si parla molto di metaverso in questi ultimi mesi, ma c’è molta confusione. Ci dai una tua definizione? Dove muovere i primi passi?
Esiste confusione perchè, come spesso accade, questo è diventato all’improvviso un Hype e cioè una parola usata soltanto per scopi commerciali. Si chiama con un nome nuovo (peraltro in realtà esistente da più di 15 anni) qualcosa di fumoso su cui si vuole in primo luogo recuperare i soldi investiti negli ultimi 7 anni. Il metaverso esiste almeno in maniera compiuta dal 2003 (SecondLife nasce in quel momento) ed è definito come un luogo virtuale gestito direttamente dagli utenti senza una finalità inserita artificiosamente dall’esterno.
Ora vedo che con il termine Metaverso si sta cominciando ad indicare un mondo virtuale basato su concetti esplicitamente finanziari, ad esempio sulla moneta tipo bitcoin o blockchain. In questo universo si stanno cominciando a gestire transazioni finanziarie legate ad opere d’ “arte” come la nave messa in vendita su Sandbox venduta per 650000 $.
Nave in vendita in Sandbox
Opera che per noi “veterani” dei mondi virtuali appare di qualità abbastanza scadente. In questi stessi mondi virtuali stanno cercando di reintrodurre il concetto di ambiente esclusivo “per pochi eletti”, e, ad esempio, il mondo Facebook Horizon (ora forse Meta Horizon), è attualmente disponibile solo in US e Canada, ed è stato disponibile solo ad invito negli ultimi 2 anni e mai accessibile dall’Italia (Ma dalla Tanzania si ad esempio).
Si stanno proponendo anche dei “pass” per poter entrare in alcune parti VIP di questi mondi, ad esempio nel già citato mondo Sandbox diverse aree sono accessibili solo comprando un “pass” che costa ben 1500 $. Ora se hai fatto caso a quanto ho detto prima a proposito del mondo capitalistico che SecondLife aveva cercato di istituire capirete perchè mi pare che questa nuova tendenza sia sempre più assurda. Purtroppo nel momento in cui dovesse fallire c’è il rischio che l’intero universo dei mondi virtuali potrebbe tornare nel dimenticatoio per altri 10 anni come era successo con l’hype equivalente che era nato attorno a SecondLife nel 2007 e 2008.
Se volete sapere cosa sia veramente il metaverso io mi accontento della definizione che ne dà Wikipedia in inglese con una mia piccola aggiunta. Notate cosa dice a proposito dell’Hype:
Il metaverso è la prossima generazione di Internet, che supporta ambienti virtuali persistenti 3D online, utilizzando i PC convenzionali, oppure i visori realtà virtuale e aumentata.[[ mia aggiunta: Nel metaverso è possibile interagire direttamente con l’ambiente E con gli altri utenti. ]]
Aspetti del Metaverso sono già stati implementati in piattaforme di mondi virtuali come Second Life. Alcune prossime generazioni del metaverso coinvolgono l’integrazione tra spazi virtuali e fisici ed economie virtuali.
Il termine “metaverso” ha le sue origini nel romanzo di fantascienza Snow Crash del 1992 come portmanteau di “meta” e “universo”. Da allora ha guadagnato notorietà come una parola d’ordine per la promozione, e come un modo per generare hype per scopi di pubbliche relazioni, facendo affermazioni vaghe per progetti futuri.
Le storie in social VR incontrano Afredo Peluso, aka ‘alfryalfa’. Chi si cela dietro al suo avatar? Scoprirete a poco a poco il suo personaggio come ho fatto io in questi ultimi due anni, frequentando gli incontri di Pyramid Cafè e le serate cinema nel mondo da lui creato. Ho avuto l’occasione di conoscere molte persone che lavorano ed interagiscono nei mondi immersivi che non sono tecnici, nerd e gamer.
Curiosi ed appassionati che affiancano al loro lavoro di tutti i giorni il desiderio di ampliare le loro competenze, di esplorare nuovi mondi, anzi di costruirli a loro immagine e somiglianza. Un universo in cammino verso il lifelong learning e il metaverso.
Chi è Alfredo Peluso
Alfredo Peluso si definisce un ‘patito di tecnologia’. In realtà nasce come geometra e lavora alle Poste Italiane, ma, accanto al suo lavoro ufficiale, si dedica con competenza alla costruzione di mondi in social VR che realizza con grande passione e fantasia.
La storia di Alfredo
Scopriamo insieme com’è nato l’amore di Alfredo per la realtà virtuale e il social VR. L’ho intervistato per voi.
Alfredo alla sua scrivania
Quando sei entrato nella social VR? Raccontaci i primi momenti e lemotivazioni che ti hanno convinto
Il mio primo approccio in VR risale al 2016. Avvenne per caso in una concessionaria “Mini” dove mi fu regalato un cardboard (contenitore di cartone con due lenti dove s’inseriva lo smartphone per poterlo utilizzare). La prima app Android che installai era una simulazione di montagne russe a 360°, dopodichè passai a dei visori in plastica rigida sempre per smartphone, sperimentando altre mini app fino ad acquistare nel 2019 l’Oculus Go e infine l’attuale Quest 2 che hanno alzato di molto l’asticella.
I primi visori
Il motivo che mi ha convinto ad entrare nel mondo del VR fin dal principio è stata quella sensazione di benessere e di distacco provvisorio dal mondo reale che ogni tanto serve per non pensare alle cose brutte che succedono al di fuori.
Perché hai scelto il nickname ‘alfryalfa’?
Mi fu dato il nickname “alfryalfa” da amici molto prima del VR, poichè sin da piccolo ero una specie d’inventore e modificavo qualsiasi cosa sia a livello elettronico che meccanico e quindi unirono il mio nome “accorciato” alla parola “alfa”. A parer loro ero e sono tutt’ora l’alfa delle modifiche, quando in realtà sono un normalissimo e umilissimo Alfredo 🙂
Qual èla tua attività principalee come pensi chele esperienzein VR possano essere utili?
Utilizzo la VR principalmente per app social , soprattutto con “AltspaceVR” che, oltre avermi fatto conoscere tante belle persone inclusa te, Francesco Spadafina, Petra Skachova, Enrico Ciliberti e molti altri (non è una sviolinata), mi ha ispirato a creare per la prima volta dei mondi in 3D con l’intento di avere dei punti fissi di ritrovo .
Uno fra tutti il Cinema che nel periodo di lockdown credo sia stato molto utile per far sentire la gente meno sola.
Al cinema in AltspaceVR
Faccio anche altri utilizzi come, ad esempio, visitare dei luoghi virtualmente prima di intraprendere dei viaggi (con Wander) e fare un pò di allenamento con app e giochi sportivi (Beat Saber, Ping pong, Fit xr, The climb, Boxe, ecc.).
L’utilità che spero prevalga oltre a quella social è nel campo lavorativo. Mi aspetto che nel prossimo step tecnologico si possa lavorare anche con dei robot comandati a distanza in modo che la pazienza del robot rimane invariata versoqualsiasi tipo di umano gli capiti di fronte (questo è più che altro un mio desiderio dato che lavoro in ufficio postale ahah).
Come riuscire a coinvolgere i giovani ad entrare in social VR ed ad adottare la VR non solo in ottica gaming? Pensiamo ai concerti, alla creazione di mondi per il business, ecc.
Per coinvolgere più giovani (e non solo) al mondo VR tenderei a pubblicizzarlo di più sia in Tv che su Internet in generale, ma soprattutto tramite dei locali dedicati sparsi in tutte le regioni. Credo che con l’esperienza in prima persona i visori si diffonderebbero dappertutto in un attimo.
La creazione di eventi in diretta tipo concerti, partite, cinema dove una persona non può andarci fisicamente secondo me attirerebbe di molto la loro attenzione.
Ormai sei diventato un esperto nella creazone di mondi in Altspace VR. E’ la piattaforma che preferisci e hai avuto esperienze anche in altre come Mozilla Hubs, ecc?
Prima di Altspace VR ho utilizzato Rec Room e VRChat (a mio parere più per adolescenti) e Horizon Venus (app di eventi un pò statica e limitata). Al momento, in attesa di vedere Horizon Worlds la mia favorita rimane Altspace sia per la varietà di mondi da visitare e sia per la gente (più matura) che ne fa utilizzo.
Quale dei tuoi mondi creati di recente preferisci e perché?
Il mondo che preferisco di più tra quelli che ho fatto è il “mega campfire with traslator” iniziato due mesi fa nel giorno in cui è venuto a mancare un mio caro zio, una specie di paradiso dedicato a lui dove, dopo ore ed ore di lavoro, son riuscito a mettere la sua immagine trasparente tra le stelle.
Grazie a quest’illusione chiamata Vr per lo meno posso andarlo a trovare quasi ogni sera. A parte questo lato (un pò personale) ha una funzione sperimentale molto utile per abbattere le barriere linguistiche, cioè un traduttore con didascalie in tempo reale che in pochissimo tempo ha attratto quasi 4000 persone e ne conta quasi 300 che lo hanno salvato tra i preferiti. Spero tanto che questa funzione si diffonda in tutti i mondi e in tutte le app social così che saremo tutti dello stesso mondo.
Alfredo con alcuni della community Meta Oculus Community Italy
Quali sviluppi potrà avereil metaverso a tuoparere?Se ne parla molto, ma in realtà si dice tutto e il contrario di tutto.
Secondo me il metaverso può avere dei risvolti positivi solo se viene ben strutturato e regolato per creare soprattutto posti di lavoro e rendere gli stessi più divertenti da svolgere e quindi più rimunerativi. Son fiducioso solo per questo aspetto e un pò meno per gli altri, perché la VR è un di più che non sostituisce e non dovrà mai sostituire la realtà.