• Il codice umano e l’AI

    L‘intelligenza artificiale (AI) può avere un impatto significativo sulle attività sociali come la musica oppure sulla scrittura e sull’arte, da sempre considerate esclusive dell’uomo, definito ‘codice umano’ da Marcus Du Sautoy ?

    Ho iniziato ad interessarmi alle applicazioni dell’AI fin dal 2016, quando, dopo aver ascoltato allo IAB lo speech del professor Giuseppe Riva, Direttore di interazione comunicativa e nuove tecnologie dell’Università Cattolica di Milano dedicato all’AI dal titolo “Intelligenza artificiale: l’intelligenza nella realtà”, avevo approfondito casi studio inerenti la musica. Avevo scritto un articolo e citato, ad esempio, MusicNet, un software realizzato da ricercatori dell’Università di Washington e gli esperimenti condotti all’interno del progetto ‘Google Brain’ creato da Google.

    Nel tempo sono stati fatti molti progressi e, come ci dice il matematico Marcus Du Sautoy nel suo libro ‘Il codice della creatività’ (ed. Rizzoli), oggi viviamo a stretto contatto con le macchine.

    Le nostre vite sono completamente dominate dagli algoritmi. Ogni volta che cerchiamo qualcosa su Internet, pianifichiamo un viaggio con il GPS, scegliamo un film raccomandato da Netflix o prendiamo un appuntamento online, siamo diretti da un algoritmo. Gli algoritmi sono la nostra guida nell’era digitale, ma pochi sanno che esistono da migliaia di anni prima dell’avvento dei computer e che stanno al cuore dell’essenza stessa della matematica. ‘ (p.698)

    L’AI non ha sostituito l’uomo, timore che spesso emerge nei convegni e negli articoli che vengono pubblicati nell’ultimo anno, ma lo ha supportato sempre più in attività complesse.

    Giornalismo

    Secondo Du Sautoy ‘l’ambito dove gli algoritmi di scrittura danno il meglio di sé è la trasformzaione di dati grezzi in articoli di giornale.

    L’intelligenza artificiale non prenderà il posto del giornalista o dello scrittore, ma svolge già oggi quei compiti nei quali l’uomo è meno efficiente, come analizzare fonti e verificarle proprio per la sua capacità di processare un numero infinito di dati e scrivere una grande quantità di articoli in tempi molto contenuti.

    Molte redazioni stanno usando gli algoritmi, come leggiamo in ‘Journalism AI – new powers, new responsibilities‘, il rapporto di Polis, think tank della LSE ( London School of Economics and political sciences) e Google News Initiative nel 2019. Si parla di giornalismo automatizzato o robotico. Di che cosa si tratta esattamente? In un articolo di Matteo Monti, ricercatore della Scuola Superiore Sant’Anna, pubblicato a marzo 2019 dall’agendadigitale.eu ho letto una definizione molto semplice ed esaustiva che condivido con voi:

    Questo nuovo metodo di produzione di news è basato sulla tecnologia NLG (natural language generation), che permette, in generale, la creazione di giornalismo testuale a partire da un insieme di dati strutturati digitalmente. Una tecnologia, questa, che prevede che un algoritmo raccolga e analizzi i dati in modo indipendente e poi scriva un articolo dagli e sugli stessi. (1)

    Il giornalismo automatizzato opera sia scrivendo e pubblicando autonomamente articoli di cronaca senza l’intervento di un giornalista, sia “collaborando” con un giornalista che può essere incaricato di supervisionare il processo o fornire input per migliorare l’articolo. (2)

    Tornando al rapportoJournalism AI’ di Polis che è stato condotto in 71 agenzie stampa in 37 nazioni emerge che:

    ‘artificial intelligence (AI) is a significant part of journalism already but it is unevenly distributed. AI is giving journalists more power, but with that comes editorial and ethical responsibilities.

    Quali sono i task nei quali l’AI può supportare il giornalismo in futuro? Nel report sono stati evidenziati questi dieci punti:

    Abbiamo parlato di giornalismo, ma quanto l’AI può influenzare anche la musica o l’arte e la scrittura?

    Musica

    Nel campo musicale mi ha incuriosita l’esperimento condotto da Damien Riehl , un legale specializzato in copywright e Noah Rubin, un programmatore. Hanno creato un algoritmo che compone melodie:

    ‘by brute force all mathematically possible melodies and write them to MIDI files. We provided the application with various parameters to mathematically exhaust every popular melody that has ever been — and are mathematically possible. When those MIDI files were written to disk, they were copyrighted automatically. We have also designated all newly created files (to which we have legal rights) to the Creative Commons CC0.

    Il loro obiettivo è quello di proteggere i musicisti ‘from being sued for copying songs they don’t remember hearing.’

    Su Wikipedia leggiamo che MIDI è l’acronimo per:

    Musical Instrument Digital Interface e si indica il protocollo standard per l’interazione degli strumenti musicali elettronici, anche tramite un computer.

    Se desiderate potete vedere il video dello speech che Damien Rieh ha tenuto al TEDx di Minneapolis alla fine dello scorso gennaio e consultare il sito.

    Manga

    Proprio in questi giorni ho letto un articolo su Leganerd.con in cui si parla di Paidon, manga scritto e disegnato da un’intelligenza artificiale. Makoto Tezuka figlio del famoso mangaka Osamu Tezuka, scomparso nel 1989, ha fatto studiare all’AI sessantaquattro opere del padre per creare una storia totalmente ispirata al suo mondo. Ha poi completato il lavoro, i dialoghi e le illustrazioni personalmente.

    Poesia

    E se le poesie fossero scritte dall’intelligenza artificiale? Ho provato un interessante esperimento dell’artista e scenografa londinese, Es Devlin che ha realizzato e messo online nel 2019 PoemPortraits, progetto che combina poesia, intelligenza artificiale e design, creato in collaborazione con Google Arts e Culture e il programmatore Ross Goodwin. Leggiamo sul sito:

    An experiment at the boundaries of AI and human collaboration. Donate a word to become part of an ever evolving collective poem and create your own POEMPORTRAIT.

    Mi sono divertita a giocare con l’algoritmo e ho scelto la parola ‘love’, digitandola nel campo indicato. L’AI ha elaborato ‘on over 20 million words of 19th century poetry is generating your unique POEMPORTRAIT.

    Nello step successivo l’applicazione mi ha chiesto se desidero attivare la fotocamera per realizzare un selfie oppure proseguire con solo testo.

    Foto 1

    Avendo optato per solo testo questa è la poesia creata per me dall’algoritmo. Il verso può essere salvato in .png (foto 2) e scaricato oppure entrare a far parte di un poema collettivo (vedi foto 3)

    Foto 2
    Foto 3

    Ho provato anche a scegliere l’altra opzione ossia a scattare una foto. I versi sono apparsi sul mio ritratto in stile video mapping 3D e lo sfondo poteva essere nei toni del rosso o del blu in modo random.

    Siete curiosi e desiderate provarlo? Ecco il link al sito e di seguito il video su YouTube in cui viene descritto il progetto.

    PoemPortrait era stato presentato già nel 2018 come installazione al Summer Party delle Serpentine Galleries di Londra e aveva riscosso molto successo tanto che, come abbiamo visto, nel 2019 era stato deciso di renderlo disponibile sul web. Potete trovare maggiori informazioni nella video-intervista su YouTube.

    Fonte: https://youtu.be/e-NUHIqmgUI

    Sempre nel 2018 la collaborazione tra il programmatore Ross Goodwin e l’artista Es Devlin aveva dato vita ad un’altra installazione molto particolare come ‘Please Feed The Lions’. Era una scultura interattiva posta in Trafalgar Square a Londra commissionata dal London Design Festival, Google Arts & Culture e The Space. Il leone, realizzato in un rosso fluorescente, ruggiva e, grazie a un algoritmo di deep learning sviluppato da Ross Goodwin, componeva una poesia collettiva generata dalle parole digitate su un tablet dai passanti.

    Perché un leone proprio a Trafalgar Square? Nel 1867 quattro leoni sono stati posti alla base della colonna di Nelson come icone britanniche e Trafalgar Square è stata da sempre considerata un luogo simbolo per meeting politici e raduni. La prima manifestazione importante si tenne nel 1848, con il raduno dei cartisti che chiedevano il suffragio universale.

    Fonte: by karyne.barwick – Instagram

    Come funzionava l’installazione? I passanti erano invitati a dar in pasto al leone una parola a loro scelta digitata su un tablet. Immediatamente il leone ruggiva con la voce ‘imprestata’ dalla vocalist Jade Pybus, mentre sullo schermo posto all’interno delle fauci appariva una strofa generata dalla parola stessa. Come leggiamo nella pagina del sito Google Arts and culture:

    The poetry is generated by an artificial neural network model that has learnt to write by reading millions of words of 19th century poetry. The specific algorithm is known as a long short-term memory (LSTM) recurrent neural network (RNN), and it works by learning to predict the next text character (letter, space, or punctuation) over and over again…’

    Durante il giorno la strofa appariva su uno schermo posto all’interno della bocca del leone e alla sera il poema collettivo veniva proiettato sul leone stesso e sulla colonna di Nelson grazie al video mapping.

    Quale sarà il futuro dell’AI e della scrittura? Riprendiamo ancora il pensiero del matematico Marcus Du Sautoy:

    Il Grande scrittore automatico resta ancora una fantasia umana. […]Ci sono talmente tante storie da raccontare che scegliere quelle degne di essere ascoltate è ancora una sfida; solo un creatore umano comprenderà per quali ragioni un’altra mente umana potrebbe volerlo seguire nel suo viaggio creativo. Senza dubbio, i computer ci assisteranno nel nostro viaggio, ma saranno i nostri telescopi e le nostre macchine da scrivere, non i narratori. ‘ (pag. 4504)

    Nel frattempo le sperimentazioni continuano e sempre più artisti, scrittori e designer realizzano e studiano nuove opere co-create con l’AI o realizzate dall’algoritmo in autonomia. Non resta che stare a guardare come conviverà il codice umano con l’AI e dare un senso al futuro.

    Negli ultimi mesi ho continuato ad approfondire temi legati alla scrittura e all’intelligenza artificiale. Nei prossimi convegni esamineremo insieme altre case studies internazionali che mi hanno interessato e che desidero portare alla vostra attenzione.

    Fonti:

    (1) (2) https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/giornalismo-automatizzato-usi-e-rischi-dellintelligenza-artificiale-nelle-news/

    https://leganerd.com/2020/02/27/paidon-il-manga-scritto-e-disegnato-dallintelligenza-artificiale/

    https://thenextweb.com/neural/2020/02/26/ai-penned-manga-paidon-to-be-published-this-week/

    https://drive.google.com/file/d/1utmAMCmd4rfJHrUfLLfSJ-clpFTjyef1/view

    https://artsexperiments.withgoogle.com/poemportraits?_ga=2.33161846.992826029.1556786810-799000725.1554196893

  • Slow News vs. Snapchat Stories: nuovo giornalismo?

    Si parla molto di nuove frontiere del giornalismo e si assiste alla nascita di nuovi filoni e di sperimentazioni anche sulle social platforms. Le news sono veloci e spesso poco approfondite. Stanno tuttavia nascendo tendenze contrapposte. Vediamole insieme.

    Da una parte si tende a tornare al longform, al giornalismo di grandi inchieste e contenuto, dall’altra a catturare l’attenzione dei lettori, andando nei luoghi dove si trovano, quindi sui social media o platforms.

    Non si leggono più i classici? Allora si fanno delle versioni ridotte, una sorta di ‘bigino’ dell’opera. Vedi la proposta apparsa con il claim ‘Best seller da leggere nel tempo di un fim’. Il lettore è, in effetti, sempre più distratto da un’overload information sul web e quindi abituato a dedicare pochissimo tempo alla lettura e all’approfondimento.

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    Si cerca l’attenzione dei Millennials sulle platforms, come Snapchat o Telegram, per cui vediamo apparire bot e nuove Stories delle principali testate giornalistiche straniere e da pochissimo anche italiane.

    A proposito della ‘leisurely revolution’ torniamo ad uno speech molto interessante dell’ultimo Festival del Giornalismo ‘Slow news: la rivoluzione lenta’. Al panel hanno partecipato Alberto Puliafito, direttore del Blogo, Rob Orchard, cofondatore Slow Journalism Company e Peter Laufer, SOJC Università dell’Oregon e Antonio Talia, Informant.

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    Esiste grande rumore di fondo su internet e il valore della singola notizia diventa quasi insignificante. Molto spesso le persone mettono like su Fb senza leggere nulla’, afferma il moderatore del panel.

    In effetti è un problema ben noto: si leggono il titolo (di qui l’importanza sempre maggiore assunta dal ‘title’) e poche righe introduttive per poi riservarsi di approfondire. Spesso, però, non si va oltre al titolo. Per contrastare questa tendenza alcune testate online stanno tornando al longform e soprattutto a edizioni ridotte e approfondimenti a pagamento, giusto per distinguersi e dare valore alla notizia.

    Durante il panel ci si è proprio soffermati sul valore giornalistico, affermando che consiste nella spiegazione del contesto; il giornalista deve unire i puntini, essere un curatore di contenuti per dare un valore. Il movimento dello Slow Journalism è in controtendenza, perché, rispetto alla notizia consumata in real time, non approfondita, propone il Delayed Gratification magazine, con uscita trimestrale e ‘picking out what really mattered and returning to events with the benefit of hindsight so we can give you the final analysis rather than the first, kneejerk reaction.’ Non solo longform, ma anche fotografie e molte infografiche per rendere le storie più reali e visive.

    Notizie e titoli che spesso non sono comprensibili al grande pubblico, afferma Antonio Talia, e precisa che ‘queste notizie potrebbero essere trasformate in storie e la differenza è notevole. Le notizie sono delle commodities, una storia è un qualcosa che risponde ad un bisogno ben preciso del nostro cervello di calare tutto quanto in una struttura narrativa. Quindi in qualche modo abbiamo bisogno di una trama, di personaggi, di uno sviluppo e di una conclusione.’ Questo significa restituire al lettore una dimensione di lettura che consente di comprendere meglio anche il contesto in cui si svolgono i fatti e comporta anche un fattore economico per l’industria giornalistica, in quanto i contenuti veloci sono gratuiti.

    Il contrasto tra clickbaiting e notizie estremamente veloci e approfondimento vero giornalistico si gioca sul migliorare al massimo lo sfruttamento che il lettore può fare del suo tempo. Questo si può fare solo dando contenuti di qualità, lenti tanto nella produzione che nella fruizione’, precisa ancora Talia.

    Di contro possiamo notare che sempre più testate si stanno avvicinando a piattaforme nuove come Telegram e Snapchat. Durante il panel dell’8 giugno alla Social Media Week su ‘Generazione Snapchat: istruzioni per l’uso’, la giornalista Martina Pennisi de Il Corriere della Sera ha parlato della nuova esperienza su Snapchat e dei risultati ottenuti.

    La sezione ‘Discover’ di Snapchat è per ora aperta solo alle testate anglofone, ma se aprissero alle testate italiane potrebbe essere interessante’, afferma la Pennisi.

    Il Corriere inizia l’avventura sulla nuova piattaforma in occasione della vigilia della finalissima di Champions League fra Real Madrid e Atletico Madrid. Leggiamo sul video.corriere.it che hanno scelto di narrare ‘ un evento molto sentito in tutta la città che ci ha permesso di raccontare suoni e colori con il ritmo tipico della sempre più nota applicazione. Il Corriere è la prima testata italiana a sbarcare su Snapchat dopo le esperienze di Bbc, New York Times e Al Jazeera.

    Altra story è stata dedicata al concerto di Laura Pausini a San Siro. In questo caso la giornalista che racconta la storia in prima persona, una giovane che parla ad altri giovani con il loro linguaggio.

    Per il momento ‘il Corriere sta sperimentando, afferma nel panel la Pennisi, ‘ma hanno avuto ottimi riscontri, perché le storie sono state molto seguite e le persone scrivevano in privato non potendo commentare su Snapchat.’ ‘E’ un esperimento che guarda al futuro. E’ il mezzo che fa crollare barriera tra media e persone, più immediato ed easy. ‘

    ‘L’importante è dare un filone narrativo, essendo testate giornalistiche. La interazione che manca nel commento porta a pubblicare di più. Se ti diverti comunicando ci stai di più’.

    Il Corriere è tra le testate presenti anche su Telegram, dove cerca di organizzare il flusso di notizie fornite all’utente, approfondendo gli interessi al momento dell’iscrizione al bot. Dal momento che le storie restano online per 24 ore, la fruizione è velocissima e caratterizzata più da immagini, emoticons, video di max. 10 secondi che non di testo. ‘Si tratta dunque di una narrazione «usa e getta», destinata all’oblio, dove l’unico tempo possibile è il presente.’ si legge nell’articolo pubblicato su Corriere.it:

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    Così Snapchat sta cambiando il giornalismo digitale. L’esperienza del «Corriere»’. Perché allora scegliere di comunicare in una modalità così differente dal longform e dal giornalismo classico? Vediamolo insieme:

    • i numeri degli utenti sono estremamente interessanti: ‘i 150 milioni di attivi di Snapchat trascorrono sull’app 20–30 minuti al giorno’ e appartengono a una fascia d’età 16–24 anni,
    • l’immediatezza e il linguaggio easy che piace ai giovani,
    • la possibilità di sperimentare, perché la durata di sole 24 ore consente anche di sbagliare e non essere perfetti. Non è la perfezione che cercano i fan di Snapchat, ma la genuinità della storia, contenuti unici e dedicati solo a loro.

    I live hanno dunque una potenzialità enorme per quel che riguarda le breaking news… un uno-molteplice in grado, potenzialmente, di fare vedere tutto ciò che sta realmente accadendo in quel momento, di fare parlare tutti e tenere fuori chi invece potrebbe in qualche modo inquinare e diluire la narrazione con foto d’archivio o interventi non vissuti in prima persona.’ leggiamo sempre nell’articolo del Corriere.

    Ma cerchiamo di approfondire e capire quali notizie forniscono su Snapchat gli altri giornali italiani ed internazionali. Bisogna distinguere tra le testate giornalistiche che hanno accesso alla sezione Discover (partner) e quelle che sono escluse e possono essere seguite. In Discover i giornali, come ad esempio Daily Mail, possono pubblicare contenuti complessi arricchiti da video, testo e foto, paragonabili a quelli online classici. Non possono creare storie, ma vengono sfogliati orizzontalmente o con scrolling. I giornali fuori dal Discover hanno caratteristiche molto simili tra di loro, riconducibili a:

    • temi legati all’attualità come eventi, concerti, momenti da condividere
    • utilizzo di emoticons e geolocalizzazione
    • pochissimo testo
    • nessun filtro simpatico, mantengono una certa sobrietà
    • mix di foto e spesso micro interviste.

    Vediamo ora qualche esempio di quotidiani internazionali e nazionali. Iniziamo dal Washington Post che fa largo uso dei video nelle sue stories. Vedete sotto il breve reportage/storia del comizio elettorale di Sanders. Sempre il Washington Post crea delle storie di pubblica utilità, facendoci scendere nella metro ora a Washighton D.C., ora a Mosca. Un vero e proprio viaggio accompagnati dalla giornalista.

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    Invece BBC News punta sull’attualità con una storia su Pelè e una sulla cerimonia funebre per Muhammad Alì (Cassius Marcellus Clay Jr.) che sta avvenendo in questi giorni in Kentucky.Per i funerali ha realizzato una storia/reportage con mini interviste, foto dalla città natale e dal Memorial Center. Torniamo in Italia e concentriamoci sulle storie realizzate dal quotidiano Repubblica, storie dedicate a eventi d’attualità come concerti o il festival RepIdee 2016 che si sta svolgendo presso il Maxxi e l’Auditorium Parco della Musica composte da brevi interviste, spettacoli e musica. Repubblica ricorre alla platform anche per avvicinare i giovani alla politica, comunicando in un modo totalmente innovativo i risultati elettorali delle ultime elezioni comunali (dati e speech finale del Direttore).

    Riassumendo, possiamo affermare che non esista una formula unica o vincente, ma tante sperimentazioni accanto al giornalismo tradizionale che continuerà a sopravvivere, nonostante la digital disruption. Penso che le testate giornalistiche non possano che trarre vantaggio da questa varietà, riuscendo a soddisfare le nuove esigenze dei consumatori.